AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 aprile 2022, n. 222
Attività di lavoro per società italiana e attività di ricerca svolta in Italia durante il periodo di permanenza all’estero – Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero – Articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010,n. 78
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante, cittadina italiana, dichiara:- di essere in possesso di una laurea specialistica conseguita in Italia e di un dottorato di ricerca rilasciato combinatamente da un’università italiana e da una svizzera;- che da ottobre 2012 risiede all’estero dove ha svolto documentata attività di ricerca e docenza presso università e centri di ricerca pubblici e privati. In particolare, ha svolto attività di ricerca per 24 mesi continuativi (dal 1° settembre 2014 al 31 agosto 2016) presso un’Università svizzera, per 4 mesi (dal 1° novembre 2017 al 31 marzo 2018) presso un Istituto svizzero e per 18 mesi (dal 1° aprile 2018 al 30 settembre 2019) presso un’Università francese. Ha svolto, inoltre, attività di ricerca e docenza per 18 mesi (dal 1° aprile 2020 al 31 agosto 2021) presso un’Università svizzera;- di avere prestato, durante il periodo in cui ha svolto la detta attività di ricerca e docenza all’estero, anche attività di lavoro subordinato part time (20 ore a settimana), dal 27 dicembre 2016 al 18 aprile 2018, in modalità a distanza per la società italiana ALFA, e di avere svolto un soggiorno di ricerca temporaneo, dal 1° marzo 2017 al30 giugno 2017, presso l’archivio di una Fondazione in Italia;- che dal 1° aprile 2022, svolgerà attività di ricerca presso l’Istituto BETA in Italia, avendo stipulato un contratto di lavoro subordinato come collaboratore scientifico full-time a tempo determinato (3+2 anni);- che a partire dalla stessa data s’impegna a risiedere fiscalmente in Italia per almeno tre anni ivi prestando l’attività lavorativa in modo prevalente. L’Istante chiede se ha la possibilità di accedere agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero di cui all’articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010, come modificato dall’articolo 5, comma 4, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito nella legge 28 giugno 2019, n. 58). In particolare, chiede di conoscere se sono ostativi alla fruizione di tali incentivi:1) la prestazione di attività lavorativa subordinata part-time con modalità a distanza contestualmente allo svolgimento di attività di docenza e ricerca all’estero e lo svolgimento di un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia, per i periodi sopra rispettivamente indicati;2) l’aver svolto attività di ricerca e docenza all’estero per un periodo di due anni continuativi (dal 01.09.2014 al 31.08.2016) non coincidente con i due anni immediatamente precedenti il rientro in Italia (01.04.2022).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che non sia ostativo alla fruizione del beneficio fiscale previsto dall’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010:1) l’aver prestato attività lavorativa in Italia contestualmente alla prestazione di lavoro all’estero sussistendo le altre condizioni richieste, in quanto le due prestazioni svolte presso società e istituti di ricerca in Italia non hanno comportato né il trasferimento della residenza in Italia, né l’interruzione dell’attività di ricerca all’estero. Infatti, la prima attività, in regime di lavoro subordinato per la società italiana ALFA, è stata svolta part-time in modalità a distanza, parallelamente alle attività di ricerca dottorali e post-dottorali svolte fisicamente all’estero. La seconda attività di ricerca, svolta presso la Fondazione in Italia, era finalizzata all’acquisizione di fonti d’archivio necessarie al lavoro di ricerca post-dottorale svolto all’estero, che ha preceduto e seguito il soggiorno di ricerca a Venezia;2) l’avere prestato comprovata attività di ricerca e docenza all’estero per 24 mesi continuativi sebbene non coincidenti con i 24 mesi immediatamente precedenti il rientro in Italia, non essendo tale condizione normativamente prevista ed essendo tale interpretazione coerente con quanto chiarito nella circolare n. 17/E del 23 maggio 2017,punto 1.2 (“Documentata attività di ricerca o docenza all’estero).L’Istante ritiene, quindi, di soddisfare, all’atto del trasferimento della residenza fiscale in Italia dal 1° aprile 2022, i requisiti per l’accesso agli incentivi fiscali di cui all’articolo 44, del d.l. n. 78 del 2010.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disciplina gli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019, e convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che trovano applicazione, ai sensi del comma 5 del citato articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019, «ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto» e, pertanto, sono rivolte ai soggetti che acquisiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020.Il comma 1 del citato articolo 44 prevede che «Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato».
Ai sensi del comma 3, «Le disposizioni (…) si applicano (…) nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi d’imposta successivi sempre che permanga la residenza fiscale in Italia».
Come precisato con circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, Parte II, paragrafo 1.2, per quanto concerne i requisiti soggettivi, in base a quanto disposto dall’articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010, i docenti e ricercatori possono beneficiare della tassazione agevolata, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato; b) essere stati non occasionalmente residenti all’estero; c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università; d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia; e) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.In relazione al periodo di permanenza all’estero la norma non specifica la durata, mentre pone un particolare accento circa la durata dell’attività di ricerca o docenza che deve comune e non sulla base dei periodi di residenza fiscale. Per l’attività di docenza, invece, può essere calcolato sulla base della durata degli anni accademici. Si osserva che in relazione al secondo quesito posto, relativo alla possibilità di essere esclusa dalla fruizione del beneficio in argomento stante la mancata coincidenza dei 24 mesi in cui ha svolto l’attività di ricerca e docenza all’estero con quelli immediatamente precedenti il rientro in Italia, l’Istante ha già autonomamente individuato la soluzione nella prassi, laddove la citata circolare n.17 del 2017 (Parte II, paragrafo 1.2) precisa che “Per quanto concerne l’attività svolta all’estero richiesta dal requisito sub c), … l’attività di docenza e ricerca non necessariamente deve essere stata svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali qualificate attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Per la docenza il periodo di ventiquattro mesi si ritiene compiuto se l’attività è stata svolta per due anni accademici continuativi”.
Considerato che ai sensi dell’articolo 11, comma 4, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), come modificato dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, «Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell’articolo 5, comma 2» ovvero circolari e risoluzioni nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti (cfr. circolare n. 9/E del 2016, par. 3.1.2 e circolare n. 4/E del 7 maggio 2021, paragrafo 2.1), il quesito deve essere dichiarato inammissibile.
La normativa in esame risponde alla duplice esigenza di porre rimedio al c.d. fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese.
Condizione necessaria per l’applicazione dell’agevolazione in commento, tra le altre, è che il ricercatore acquisisca e mantenga la residenza in Italia Per quanto riguarda il requisito della residenza fiscale nel territorio dello Stato, la norma precisa che la stessa si applica ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, il quale considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile.
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
La disposizione non si rivolge soltanto ai cittadini italiani che intendono rientrare in Italia, ma interessa in linea generale tutti i ricercatori residenti all’estero che, trasferendosi nel territorio nazionale, possono favorire lo sviluppo della ricerca in Italia, in virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche.
Il comma 3-quater, inserito nell’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010 dall’articolo 5, comma 4, lettera b) del d.l. n. 34 del 2019, prevede che «I docenti o ricercatori italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».
La perfetta sovrapponibilità della lettera di tale disposizione con quella recata dall’articolo 16, comma 5-ter, del d.lgs. n. 147 del 2015 – anch’esso introdotto dal medesimo articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019 – consente di fare riferimento ai chiarimenti forniti sul punto con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, paragrafo 5, laddove si precisa che tale disposizione consente ai soggetti che non risultano iscritti all’AIRE o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore ai due periodi d’imposta precedenti il rientro (articolo 16, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 147 del 2015) di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, al fine di evitare che restino esclusi dall’agevolazione i contribuenti che, pur avendo effettivamente trasferito la propria residenza all’estero, non abbiano provveduto a cancellarsi dall’anagrafe nazionale della popolazione residente o vi abbiano provveduto tardivamente. Pertanto, tale onere probatorio compete anche all’Istante, che non ha dichiarato di essersi iscritta all’AIRE per un periodo di tempo superiore rispetto ai due periodi d’imposta precedenti il rientro.
Nella citata circolare n. 17/E del 2017, è stato altresì chiarito che per integrare il requisito della attività all’estero, la norma richiede che essa sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato, per quanto riguarda l’attività da svolgere in Italia non dispone nulla in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti dei docenti e ricercatori.
Si deve, pertanto, ritenere che non assuma rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, che, per l’attività di ricerca, può essere una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca (cfr. circolare 8 giugno 2004, n. 22/E). Con riferimento al primo quesito, concernente lo svolgimento di attività per società, enti ed istituzioni italiane durante la permanenza all’estero, si osserva quanto segue.
Con la citata circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (Parte II) è stato precisato che gli incentivi in esame risultano applicabili ai soli redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del TUIR ed ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’articolo 50 del medesimo TUIR, nonché ai redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 53 del TUIR, che si considerano prodotti nel territorio dello Stato. L’agevolazione è riferita esclusivamente ai redditi derivanti da rapporti aventi ad oggetto attività di docenza e ricerca svolte in Italia e non ad altri eventuali redditi che il lavoratore dipendente o l’esercente arti e professioni consegua in Italia.
Per individuare tali redditi si rinvia ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato previsti dall’articolo 23 del TUIR, il quale considera prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo se prestati nel territorio dello Stato. A tal riguardo per “luogo di prestazione” dell’attività lavorativa bisogna avere riguardo al luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato.
Con la citata circolare n. 17/E del 2017 è stato evidenziato che il requisito, che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere verificato in relazione a ciascun periodo d’imposta e risulta soddisfatto se l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno.
Il medesimo documento di prassi chiarisce, inoltre, che nel caso in cui un docente o ricercatore, trasferisca la propria residenza in Italia per svolgervi la propria attività, ma continui a svolgere attività di ricerca o docenza anche all’estero, potrà fruire dell’agevolazione in esame per i soli redditi di lavoro dipendente o autonomo prodotti in Italia in qualità di docente o ricercatore, mentre deve assoggettare ordinariamente a tassazione in Italia, in quanto soggetto residente, anche i redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo prodotti all’estero in qualità di docente o ricercatore, tenendo conto, se esistenti, delle norme convenzionali e fruendo del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero ai sensi dell’articolo 165 del TUIR. L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui il docente o il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi di imposta successivi, sempreché permanga la residenza fiscale in Italia. Nel caso in cui, nel suddetto periodo, il docente o il ricercatore trasferisca la propria residenza all’estero, il beneficio fiscale viene meno a partire dal periodo d’imposta in cui egli risulti non più fiscalmente residente in Italia. Nel caso di specie, fermo restando la residenza all’estero, nel presupposto dichiarato ed assunto acriticamente in questa sede, che l’Istante abbia svolto, dal 27 dicembre 2016 al 18 aprile 2018, l’attività di lavoro dipendente part-time per la società italiana, dall’estero e in modalità a distanza, si potrebbe ritenere che la stessa abbia prodotto tali redditi fuori dal territorio italiano. Inoltre, con riguardo al soggiorno di ricerca temporaneo, dal 1° marzo 2017 al 30 giugno 2017, presso l’archivio la Fondazione in Italia, se ne deduce che avendo l’Istante prestato attività di ricerca in Italia per un periodo inferiore a 183 giorni, il 2017 non può essere assunto come periodo d’imposta in cui ha prodotto reddito da docenza o ricerca nel territorio dello Stato in modo prevalente. L’Istante, quindi, verificati tutti i requisiti richiesti dalla norma, non oggetto di esame in questa sede, potrà fruire degli incentivi di cui all’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010, come modificato dal d.l. n. 34 del 2019, dal periodo d’imposta 2022 e per i successivi cinque periodi d’imposta al permanere della residenza in Italia. Da ultimo, si fa presente che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale dell’Istante riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000, restando impregiudicato il potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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