Agenzia delle Entrate – Risposta n. 326 del 8 giugno 2022
Atto costitutivo di comunione di terreni tra colottizzanti. Applicazione dell’agevolazione ex articolo 20 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ed
effetti ai fini dell’applicazione dell’IVA e delle imposte dirette.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
Alcune società e persone fisiche, tra le quali l’istante, hanno posto un quesito relativamente alla tassazione, ai fini delle imposte indirette e dirette, di un atto di “messa in comunione”, rappresentando quanto segue.
L’istante proprietario di terreni appartenenti a un’area produttiva di x mq ricadente in zona “Y”, attualmente divisa in sette proprietà.
L’istante rappresenta che fino al 2020, tale area produttiva “Y” era molto più ampia, in quanto includeva altre proprietà ed era assoggettata dal P.R.G. del 2003 al Piano attuativo unitario esteso all’intero ambito.
Questa eccessiva ampiezza, tuttavia, ha paralizzato per anni ogni iniziativa a causa dei dissenzienti: il piano presentato dalle ditte riunite nel “Consorzio industriale Z”, pur approvato con delibera consiliare del 2010, è stato sottoscritto esclusivamente da queste ultime, nonostante l’invito sindacale alle ditte non aderenti (dissenzienti) a sottoscrivere la Convenzione entro 180 giorni, ex articolo 4, comma 5, legge regionale 21 ottobre 2008, n. 12.
Per superare tale immobilità, detto Consorzio, del quale fa parte anche l’istante, ha proposto al Comune di variare il P.R.G. per consentire l’attuazione di una porzione autonoma della zona “Y”. Il Comune ha accolto la proposta “Variante n. 27” al P.R.G., adottata e approvata con delibera del 2020, che ha ridotto la zona “Y” alle aree dei proponenti, a fronte del loro impegno unilaterale a versare la somma di euro tot. prima del rilascio del primo titolo edilizio.
I proprietari dell’intera zona “Y” ridotta intendono procedere all’urbanizzazione e all’edificazione, rafforzando il vincolo consortile, mediante attribuzione al Consorzio del mandato collettivo con rappresentanza finalizzato ai successivi frazionamenti, vendite, distribuzioni di spese e ricavato.
L’istante osserva, al riguardo, che tale soluzione operativa non è, tuttavia, sufficiente a garantire efficacemente la causa urbanistica della formazione del Consorzio. In particolare, considerato che i consorziati hanno acquistato i terreni in tempi diversi e per importi unitari diversi, alcuni dei quali si trovano solo parzialmente nella ridotta nuova zona “Y”, appare “estremamente difficile garantire l’equità e soprattutto la corretta imputazione delle spese e del ricavato in base a frazionamenti e vendite eseguiti di volta in volta sui lotti urbanizzati”.
Al fine di superare le sperequazioni del passato e le difficoltà di frazionamento futuro, in attuazione del prossimo convenzionamento del PUA, i consorziati hanno ipotizzato di procedere alla creazione di un lotto comune unico di x mq, trasformando la proprietà esclusiva degli attuali terreni (anziché in singoli lotti da formare con difficili redistribuzioni) in titolarità di quote indivise di un unico grande ambito, stabilite con criteri esclusivamente finalizzati a neutralizzare la sperequazione suddetta, soprattutto quella derivante dalla riduzione dell’area di sedime edificabile, subita da alcuni dei co-lottizzanti nell’interesse di tutti i consorziati per effetto della riduzione della zona “Y”.
Tale soluzione raccoglie la condivisione di tutti i consorziati, non solo per la sua valenza attuativa della par condicio, ma anche per la riconoscibilità e immediatezza delle imputazioni (tutte le spese tecniche e per appalti, e tutto il ricavato dalle vendite, verrebbero facilmente distribuiti e imputati dal Consorzio man mano che procederà all’urbanizzazione e alla vendita dei lotti, evitando dispute e ritardi al momento della formazione dei lotti) e, infine, per la sua capacità di garantire al Consorzio, come soggetto giuridico di creazione comune e dotato di rappresentanza, un effettivo potere contrattuale relativamente alla vendita dell’intera area unitariamente per conto di tutti gli attuali co-lottizzanti, superando la resistenza di coloro che sono stati penalizzati.
Solo la fusione catastale e giuridica che definisca la quota indivisa di competenza di ciascun co-lottizzante in base alla riduzione dell’area edificabile frattanto intervenuta e che, quindi, reintegri il rapporto di proporzionalità, appare idonea – a parere dell’istante – a permettere una conduzione ordinata ed efficace delle trattative negoziali con i terzi.
Premesso quanto sopra, l’istate chiede di conoscere quali siano le conseguenze fiscali in termini di imposte indirette e dirette dell’indicato atto di “messa in comunione”. In particolare l’istante chiede:
- posto che il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 non contempla espressamente l’atto di “messa in comunione” avente finalità perequative, sussiste obiettiva incertezza circa la riconducibilità o meno del suddetto atto nell’ambito applicativo dell’articolo 20 della legge 28 gennaio 1977, 10, ai sensi del quale «Ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla presente legge si applica il trattamento tributario di cui all’articolo 32, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. Il trattamento tributario di cui al primo comma si applica anche a tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi (…)» e, quindi, se sia applicabile l’imposta di registro nella misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali. La prassi dell’Agenzia delle Entrate ha riguardato, invero, gli atti di ricomposizione fondiaria mediante cessioni reciproche di terreni fra co-lottizzanti e non l’operazione sopra prospettata, che elimina lo squilibrio fra co-lottizzanti mediante la “messa in comunione” dei loro terreni e la corretta determinazione della loro quota di comproprietà pro-indiviso;
- posto che il negozio di “messa in comunione” costituisce un contratto atipico, comunque diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’articolo 1322 del codice civile, sussiste obiettiva incertezza circa la riconducibilità o meno di tale atto (privo di scopi speculativi e con funzione ripartitoria/distributiva) tra gli atti di cessione a titolo oneroso o permutativi rientranti nell’ambito di applicazione dell’Iva (ex artt. 2 e 11 del DPR 633/1972);
- sussiste obiettiva incertezza circa l’idoneità o meno dell’indicato atto a determinare l’emersione di plusvalenze immobiliari tassabili ai sensi degli articoli 67, comma 1, lett. b) e 68 del TUIR.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’istante osserva che la prospettata operazione di fusione dei terreni in un ambito comune unico, senza pagamento di conguagli in denaro, determina sul piano giuridico il passaggio da una pluralità di proprietà individuali alla comproprietà pro-indiviso dell’intera area edificabile “Y”.
Gli attuali proprietari dei lotti acquisirebbero, infatti, una quota di proprietà indivisa corrispondente al valore attuale della loro proprietà individuale, adeguato e attualizzato, per controbilanciare la riduzione dell’area di sedime edificabile subita da alcuni soltanto dei co-lottizzanti.
Essi ritengono che tale operazione non possa essere fiscalmente intesa come un insieme di reciproche permute, bensì come la semplice unificazione delle proprietà esclusive in una proprietà comune, senza realizzare reciproci trasferimenti di proprietà da un contraente all’altro per la formazione dei lotti.
L’istante ritiene, inoltre, che sia da escludere uno scopo realizzativo dell’operazione in esame, avendo quest’ultima un’esclusiva finalità di semplificazione urbanistica, di neutralizzazione delle sperequazioni causate dalla riduzione dell’area edificabile “Y” (variante al P.R.G.) con incidenza diversa sui terreni di proprietà dei singoli contribuenti, nonché di risoluzione immediata delle sperequazioni derivanti dall’attuazione del Piano attuativo da convenzionare con il Comune.
L’effetto realizzativo verrà, invece, posticipato al momento in cui l’intera area sarà alienata dal Consorzio a terzi, in nome e per conto dei co-lottizzanti. Solo in tale momento, ciascun comproprietario rileverà il valore monetario della quota di proprietà indivisa di sua spettanza.
Sulla base di quanto sopra, l’istante ritiene che la “messa in comunione” dei terreni in un unico lotto, immediatamente successiva al convenzionamento del PUA, avendo scopo perequativo e funzionale alla gestione e alienazione unitaria dell’intera area ad opera del Consorzio, rappresenti un’operazione intermedia, non idonea a produrre effetti realizzativi fiscalmente rilevanti.
Premesso quanto sopra, l’istante ritiene, in relazione al quesito di cui al punto 1), concernente l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, che alla luce della prassi dell’Agenzia delle Entrate, concernente gli atti di ricomposizione fondiaria mediante cessioni reciproche di terreni fra co-lottizzanti, vista la sostanziale assimilabilità delle fattispecie, l’atto di “messa in comunione” in esame possa essere ricondotto nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 della citata legge n.10 del 1977, con conseguente pagamento dell’imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale (cfr. risoluzioni 11 gennaio 2019, n. 1/E; 1° giugno 2015, n. 56/E; 4 gennaio 2012, n. 1/E).
In relazione al quesito di cui al punto 2), concernente l’applicazione dell’imposta sul valore tengono che l’operazione di “messa in comunione” dei terreni non rientri nel campo di applicazione di tale tributo, avendo l’operazione una funzione di redistribuzione, meramente ripartitoria/distributiva e non una funzione di scambio negoziale di proprietà (scambio escluso per definizione da una fusione di tutte le proprietà in un unico lotto). Ciò, in considerazione anche della circostanza che non è previsto il pagamento di conguagli in denaro (cfr. risoluzioni nn. 1/E del 2019 e 56/E del 2015 cit.).
Infine, in relazione al quesito di cui al punto 3), concernente l’imposizione diretta, che l’operazione di “messa in comunione” dell’area risultante dalla fusione dei terreni, con contestuale determinazione delle quote di proprietà pro-indiviso, non abbia natura realizzativa-permutativa, ma meramente ripartitoria-distributiva. Come tale, non può determinare il sorgere di plusvalenze in capo ai singoli co-lottizzanti, ai sensi degli articoli 67, comma 1, lett. b) e 68 del TUIR. L’operazione realizzativa si configurerà solo successivamente, con l’alienazione dell’area da parte del Consorzio in nome e per conto dei comproprietari pro-indiviso dell’area. Dunque, l’operazione prospettata dai co-lottizzanti non determinerebbe alcun salto d’imposta in quanto i comproprietari verserebbero le imposte dirette, individualmente dovute, al momento del trasferimento a titolo oneroso del loro diritto di proprietà sull’area.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In virtù del principio di alternatività IVA/registro recato dall’articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, occorre preliminarmente verificare se la suddetta operazione rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ossia se sussistono i presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale di cui all’articolo 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate“.
Con riferimento al quesito di cui al n.2), avente a oggetto il trattamento IVA dell’operazione di “messa in comunione”, vale a dire di trasformazione della proprietà esclusiva degli attuali terreni in titolarità di quote indivise di una proprietà comune, senza pagamento di conguagli in denaro, si ritengono applicabili i principi enunciati dalla risoluzione n. 1/E dell’11 gennaio 2019, secondo cui “il negozio di «redistribuzione», considerata la tipicità causale della fattispecie negoziale, la quale svolge una funzione meramente ripartitoria/distributiva e non una tipica funzione di scambio negoziale” non rientra nel campo di applicazione dell’IVA (cfr. in tal senso anche la risoluzione n. 56/E del 1° giugno 2015).
Da quanto evidenziato dall’istante, infatti, anche la fattispecie qui in discussione non sembra consistere in uno scambio negoziale di proprietà fra le parti, possedendo invece natura meramente redistributiva e ripartitoria di un’area edificabile senza la previsione di conguagli in denaro.
Sul punto, si segnala che la stessa risoluzione n. 1/E del 2019 precisa che l’esclusione da IVA non opera “nell’ipotesi in cui sia previsto l’obbligo di versamento di conguagli in denaro ed uno dei lottizzanti, in danno dei quali si attua la redistribuzione, sia un soggetto passivo di imposta che pone in essere la cessione nell’esercizio di un’attività di impresa. In tal caso, infatti, l’operazione sarà soggetta ad IVA, con applicazione dell’aliquota ordinaria (in linea con i chiarimenti contenuti nei documenti di prassi: cfr. risoluzioni 3 gennaio 1983, n. 250666, 16 dicembre 1986, n. 220210, 17 dicembre 2004, n. 156, 4 gennaio 2012, n. 1)“.
Con riferimento al quesito n. 1) concernente l’imposta di registro, con il quale si chiede l’applicazione, alla fattispecie in esame, della norma agevolativa di cui all’articolo 20, comma 2, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (“Legge Bucalossi” sulla edificabilità dei suoli), come modificato dall’articolo 1, comma 88 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si osserva quanto segue.
Ai sensi del citato articolo 20, «1. Ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla presente legge si applica il trattamento tributario di cui all’art.32, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.601. La trascrizione prevista dall’art.15 della presente legge si effettua a tassa fissa.
2. Il trattamento tributario di cui al primo comma si applica anche a tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi (…)».
Ai sensi del richiamato articolo 32, comma 2, il trattamento tributario agevolato consiste nell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa e nell’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale.
A seguito delle modifiche al suddetto articolo 20, operate dall’articolo 1, comma 88 della citata legge n. 205 del 2017, l’agevolazione in esame risulta applicabile non solo ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo già previsti dal comma 1, ma anche agli atti “preordinati” alla “trasformazione del territorio” recepiti in accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici.
Parimenti, sono agevolabili gli atti “attuativi” ossia posti in essere in esecuzione delle suddette convenzioni e/o atti unilaterali d’obbligo. Tali atti esecutivi devono esprimere la capacità di realizzare direttamente e immediatamente la funzione di trasformazione del territorio, così come disciplinata e prevista dall’accordo o dalla Convenzione.
La risoluzione 24 ottobre 2018, n.80/E, nel fornire chiarimenti interpretativi in ordine alla disposizione in esame, ha tuttavia precisato che il regime agevolativo previsto dal citato comma 88 non possa essere esteso ad atti che, sebbene genericamente preordinati alla trasformazione del territorio, non abbiano ad oggetto interventi edilizi riconducibili a quelli previsti dalla disciplina individuata dalla legge n. 10 del 1977 e successive modifiche, tra i quali rientrano invece, tra l’altro, le cessioni di aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione connesse all’intervento edilizio, ovvero (cfr. in tal senso risoluzione n. 56/E del 2015) gli atti aventi ad oggetto la redistribuzione di aree tra colottizzanti volti ad eliminare gli effetti distorsivi derivanti dalla Convenzione di lottizzazione, senza intenti speculativi (risoluzioni 4 gennaio 2012, n. 1/E; 1° giugno 2015, n. 56/E; 11 gennaio 2019, n.1/E).
Al riguardo, considerata la funzione meramente ripartitoria/distributiva dei trasferimenti, con la citata risoluzione n.1/E del 2019 è stato, infatti, ribadito che “gli atti di ridistribuzione, se posti in essere dai soggetti che hanno assunto gli obblighi connessi con l’attuazione della Convenzione di lottizzazione, possono beneficiare del regime di favore di cui all’articolo 32 del DPR n. 601 del 1973“. Ciò, al fine di riequilibrare la capacità edificatoria dei singoli lottizzanti eliminando gli effetti distorsivi derivanti dalla Convenzione di lottizzazione.
Nella fattispecie in esame, in base agli elementi deducibili dall’istanza e dai documenti prodotti, quale la bozza dello stipulando “atto costitutivo di comunione volontaria per l’attuazione di p.a.c. di iniziativa privata ambito Zona Y industriale e artigianale di nuovo impianto“, emerge che l’istante con i colottizzanti ha presentato al Comune, nel 2021, l’istanza di approvazione di un nuovo strumento urbanistico attuativo, comprensivo di schema di Convenzione urbanistica (punto 5). Tale bozza prevede, inoltre, che “10) il Comune di z ha adottato il predetto strumento attuativo con delibera … e lo ha approvato con delibera … n. … del , pubblicata sul B.U.R. n. … del …; esecutiva ai sensi di legge; 11) in seguito all’approvazione, è stata stipulata dalle ditte proprietarie e dal Comune la Convenzione urbanistica rep. ; 12) Successivamente, al fine di coordinare ed attuare gli interventi urbanistici, i proprietari hanno costituito un nuovo consorzio denominato e hanno deliberato di mettere in comunione tutti i terreni di loro proprietà, interni al perimetro attuale della lottizzazione …, attribuendo al Consorzio un mandato collettivo con rappresentanza
contenente l’attribuzione dei poteri necessari a frazionare, trasformare, urbanizzare, vendere in nome e per conto di tutti, i lotti industriali ricavati e distribuire, secondo le rispettive carature, i corrispettivi tratti dal mercato e le correlate spese, anche tecniche e professionali. E ancora “16) per la realizzazione del progetto di lottizzazione si rende necessario, tra i lottizzanti, redistribuire la superficie complessiva edificabile tra tutti i proprietari del comparto, in proporzione alla superficie da ciascuno di essi pre-posseduta, al fine di ottemperare all’esigenza di una corretta attuazione edilizia e, in special modo, al fine di riequilibrare lo “ius aedificandi” dei proprietari dei lotti maggiormente incisi dai programmi urbanistici, ricostituendo, a favore di ciascun lottizzante, le rispettive percentuali edificatorie, calcolate, in base alla superficie a ciascuno spettante, …: il tutto senza alcuna alterazione, per eccesso o per difetto, degli equilibri preesistenti, neanche dal punto di vista patrimoniale…”.
L’istante e i colottizzanti convengono “di costituire tra essi una comunione di diritti reali esclusivamente finalizzata all’attuazione coordinata e perequata del piano attuativo di iniziativa privata indicato in premessa e di quanto previsto dalla Convenzione urbanistica stipulata con il Comune di z in data …, riequilibrando con ciò i diritti di ciascuno, e facendo assumere a ciascuno una quota di comproprietà, su ciascun lotto interessato, nella medesima proporzione a ciascuno spettante in relazione alla superficie di pregressa rispettiva competenza, …”.
Nel presupposto dell’effettiva stipula della Convenzione tra il Comune e l’istante insieme agli altri colottizzanti, richiamata nello stipulando atto di messa in comunione, quale elemento essenziale della fattispecie agevolativa, nel caso di specie, si ritiene che il suddetto atto costitutivo della comunione volontaria tra colottizzanti dei diritti di proprietà per l’attuazione del P.a.c. di iniziativa privata, rientri nell’ambito applicativo dell’agevolazione in parola, in quanto funzionalmente connesso e collegato alla Convenzione, e assimilabile alla fattispecie sopra indicata relativa alla redistribuzione di aree tra colottizzanti volta ad eliminare gli effetti distorsivi derivanti dalla Convenzione di lottizzazione, senza intenti speculativi.
Come dichiarato dall’istante, tale atto persegue la finalità perequativa, essendo volto alla eliminazione degli effetti distorsivi causati dalla diversa condizione delle loro proprietà individuali a causa della riduzione della capacità edificatoria subita per effetto della riduzione dell’area produttiva “Y” e a risolvere le sperequazioni derivanti dal convenzionamento del PUA.
Essa, in sostanza, realizza la funzione ripartitoria/distributiva riconosciuta agevolabile dalle sopra citate risoluzioni, pur configurando una operazione alternativa rispetto alla assegnazione di porzioni aggiuntive ai co-lottizzanti incisi dalla Convenzione di lottizzazione da parte dei co-lottizzanti che non sono stati penalizzati (essendo rimasta invariata l’estensione del loro lotto edificabile).
Considerato che il citato atto di messa in comunione è privo di intenti speculativi, che non comporta pagamento di conguagli in denaro e che risulta funzionalmente connesso con la Convenzione di lottizzazione, in quanto intende rimuovere gli squilibri patrimoniali derivanti dalla sua attuazione, si ritiene possa essere ricondotto nell’ambito di applicazione del citato articolo 20 della legge n. 10 del 1977, con conseguente applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale.
Con riferimento al quesito di cui al n. 3) si precisa che, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del decreto presidenziale 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), « sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente (…).
b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante».
Il successivo articolo 68, commi 1 e 2, stabilisce che 1. «Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.
2. Per i terreni di cui alla lettera a) comma 1 dell’articolo 67 acquistati oltre cinque anni prima dell’inizio della lottizzazione o delle opere si assume come prezzo di acquisto il valore normale nel quinto anno anteriore. Il costo dei terreni stessi acquisiti gratuitamente e quello dei fabbricati costruiti su terreni acquisiti gratuitamente sono determinati tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere ovvero a quella di inizio della costruzione. Il costo dei terreni suscettibili d’utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili. Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e di successione».
Nel caso di specie, la messa in comunione dei terreni in un unico lotto fa assumere ad ognuno dei proprietari “una quota di comproprietà, su ciascun lotto interessato, nella medesima proporzione a ciascuno spettante in relazione alla superficie di pregressa rispettiva competenza” (cfr. bozza dell’atto costitutivo di comunione volontaria prodotto dall’istante), senza che sia previsto il pagamento di conguagli in denaro.
L’atto costitutivo della comunione, pertanto, non ha effetti traslativi e né permutativi, in quanto implica una sorta di surrogazione dei diritti già vantati da ogni compartecipe sulla superficie di pregressa rispettiva competenza con la quota di comproprietà su ciascun lotto interessato. Pertanto si può ritenere che tale atto non determini l’applicazione dei citati articoli 67, comma 1, lettera b) e 68 del TUIR.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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