La Corte di cassazione sez. penale con la sentenza n. 24557 del 5 giugno 2013, ha statuito che l’aumento fittizio del capitale della societa da parte dei manager fa scattare la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi della ‘231’ e quindi il sequestro sui beni dell’azienda.
La Corte Suprema ha ribaltato l’ordinanza con cui il Tribunale di Bologna aveva annullato la misura cautelare del sequestro preventivo per equivalente disposta dal Gip nei confronti dei beni nella disponibilità di una società ovvero di una serie di società interamente controllate dalla prima. Il provvedimento del Gip era stato adottato ai sensi del Decreto legislativo n. 231/2001, nell’ambito di una vicenda in cui i dirigenti ed amministratori, secondo il Procuratore della Repubblica, avevano commesso il reato di formazione fittizia di capitale, di cui all’art. 2632 cod. civ. (capo F) dell’imputazione), per avere, tra il 28/02/2006 ed il 11/07/2009, aumentato fittiziamente il capitale sociale della U., incrementato fraudolentemente del 78,63% del valore conferito, pari ad euro 199.718.038, mediante la rilevante sopravvalutazione della partecipazione in C. s.p.a., conferita in U. il 28/02/2006 (partecipazione già appartenente alla C., ad A.M. ed a M.M.) e l’attribuzione gratuita di una nuova azione ogni dieci possedute, attraverso il passaggio a capitale della riserva sovrapprezzo azioni, fraudolentemente formata con l’anzidetta rilevante sopravvalutazione.
Con l’accoglimento del ricorso della Procura e cassata la decisione del tribunale che aveva disposto il dissequestro sui beni di un’azienda i cui manager erano finiti nel mirino degli inquirenti per aumento fittizio del capitale sociale. Ciò perché, secondo i giudici di merito, la società non aveva ricavato alcuna utilità dall’attività illecita. La Cassazione è stata di diverso avviso. La responsabilità della persona giuridica non è esclusa se l’ente ha avuto un interesse concorrente a quello dell’agente che ha commesso il reato presupposto.
Gli Ermellini nelle motivazione alla sentenza hanno evidenziato che la responsabilità della persona giuridica non è affatto esclusa laddove l’ente abbia avuto un interesse concorrente a quello dell’agente o degli agenti che, in posizione qualificata nella sua organizzazione, abbiano commesso il reato presupposto. L’aumento fittizio del capitale societario da parte dei manager fa scattare la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi della «231» e quindi il sequestro sui beni dell’azienda.
Infatti, in tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche e delle società, l’espressione normativa, con cui se ne individua il presupposto nella commissione dei reati «nel suo interesse o a suo vantaggio», non contiene un’endiadi, perché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse «a monte» per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato «ex ante», sicché l’interesse ed il vantaggio sono in concorso reale. Ha quindi violato la legge la motivazione contenuta nell’ordinanza di dissequestro del tribunale che non ha considerato in nessun modo che la misura cautelare reale era stata disposta dal giudice per le indagini preliminari anche perché i falsi valori patrimoniali, che avevano incrementato il patrimonio della società, dovevano essere qualificati come profitto del reato di formazione fittizia del capitale, tratto dalla stessa impresa. Profitto, questo, sempre confiscabile, ricorda in fondo alla sentenza la Cassazione, ai sensi della «231».
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