AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 20 gennaio 2022, n. 37
Articolo 42-bis del D.L. 30 dicembre 2019 n.162 – Autoconsumo da fonti rinnovabili
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
S.p.A. è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Gli indirizzi strategici ed operativi del … sono definiti dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il esercita funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico, di carattere regolamentare, di verifica e certificazione relativa al settore dell’energia elettrica, nonché attività correlate in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.
La richiesta di chiarimenti oggetto della presente istanza è relativa al trattamento delle somme che il dovrà corrispondere a favore degli autoconsumatori collettivi e delle comunità energetiche in forza delle disposizioni normative al riguardo.
La definizione di Autoconsumo collettivo e di Comunità energetiche è stata introdotta con la Direttiva UE 2008/2001 del dicembre 2018 rispettivamente negli articoli 21 e 22.
Il fine di tale direttiva è la promozione delle forme di energia da fonti rinnovabili che rappresenta uno degli obiettivi di politica energetica dell’Unione europea. Infatti, favorire il maggior ricorso all’energia da fonti rinnovabili costituisce una parte importante dell’insieme delle misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell’Unione Europea nel quadro dell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici.
L’articolo 42 bis del D.L 30 dicembre 2019 n. 162, meglio conosciuto come decreto milleproroghe, nelle more del completo recepimento della direttiva UE 2018/2001 (da attuare entro giugno 2021), ha consentito l’attivazione dell’autoconsumo collettivo e l’attuazione delle comunità energetiche ricalcando la definizione data dal Legislatore europeo a tali fattispecie.
La novità essenziale della nuova disciplina consiste nell’abilitare tutti i consumatori finali, comprese le famiglie, a diventare piccoli “venditori” di energia rinnovabile, per l’energia non autoconsumata, trasformandoli da soggetti passivi a consumatori attivi, detti anche “autoconsumatori'”.
Fino all’avvio di questa nuova disciplina, un utente poteva produrre l’energia e consumarla in proprio, ma era obbligato a cedere l’eventuale surplus alla rete.
La normativa in commento consente una partecipazione attiva dei clienti finali d’energia elettrica favorendo la condivisione dell’energia con tutti i soggetti che risiedono nello stesso edificio o condominio, includendo non solo i nuclei familiari, ma anche eventuali esercizi commerciali, officine, supermercati, banche ed uffici vari, purché non abbiano la produzione e vendita di energia elettrica come oggetto principale della propria attività.
Con la pubblicazione delle regole tecniche da parte del …, avvenuta il 22 dicembre 2020, è divenuta operativa in Italia, ancorché in via sperimentale, la disciplina delle comunità energetiche, oggetto della direttiva europea 2018/2001, recepita in prima battuta dal DL 162/19 e successivamente tradotta sia dall’Autorità di settore (ARERA) che dal MISE in norme attuative rispettivamente dello scorso 4 agosto (delibera Arerà n. 318/2020) e 16 settembre.
Il corrisponde ai referenti delle configurazioni di autoconsumo collettivo o di comunità energetica, le seguenti somme:
la tariffa incentivante in forma di tariffa premio sull’energia condivisa (nella misura di 100 C/MWh per autoconsumo collettivo e 110 C/MWh per la comunità energetica);
il ristoro delle componenti tariffarie e di quelle connesse al costo dell’energia che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa in quanto energia istantaneamente autoconsumata;
il corrispettivo per la vendita dell’energia, qualora il referente abbia esercitato la facoltà di cessione al con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 387/2003 (“Ritiro dedicato”).
Per gli impianti fotovoltaici che hanno goduto del superbonus di cui all’art 119 del decreto Rilancio (DL34/2020), si fa obbligo all’autoconsumatore collettivo ed agli enti non commerciali che hanno posto in essere una comunità energetica di cedere l’energia non consumata al che quindi dovrà corrispondere un corrispettivo per la vendita di energia elettrica non condivisa.
Considerato il contenuto della Risoluzione n. 18 del 12 marzo 2021 in cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti relativamente al trattamento fiscale da riservare alle somme erogate da S.p.A. a condomini composti solo da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni, che aderiscono alle configurazioni di cui al citato articolo 42-bis del decreto legge n. 162 del 2019;
e tenuto conto della disposizione di cui all’articolo 119 comma 16-bis del DL 34/2020 in base al quale si prevede che “l’esercizio di impianti fino a 200kW di potenza da parte di Comunità energetiche costituite in forma di Enti non commerciali, e di Condomini, che aderiscono alle configurazioni di cui all’art. 42 bis del DL162 2019 (conv. In Legge n.8/2020), non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale […]”, l’Istante presenta i seguenti quesiti:
QUESITO N. 1: trattamento IVA da riservare alle somme corrisposte al “referente” della configurazione (autoconsumo collettivo o comunità energetica) a titolo di:
– tariffa premio incentivante;
– di ristoro di componenti tariffarie TRAS-e BTAU, nonché delle perdite di rete evitate (nel seguito il “Ristoro”);
– corrispettivo per la vendita dell’energia (nel seguito il “Corrispettivo”), nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 387/2003 (“Ritiro dedicato”);
QUESITO N. 2: trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette da riservare alle somme di cui al punto 1, erogate dal :
– al referente, proprietario dell’edificio, quale persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione;
– alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali.
– al produttore che svolge attività d’impresa in qualità di referente di un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, nel caso in cui i punti di connessione del suddetto gruppo siano ubicati all’interno del medesimo edificio le cui unità immobiliari appartengono ad un unico soggetto.
Soluzione proposta dal contribuente
A parere dell’Istante, l’incentivo per l’Energia elettrica condivisa, nella forma della Tariffa premio autoconsumo, rappresenta un contributo pubblico non soggetto all’applicazione dell’IVA, stante l’assenza di rapporto sinallagmatico, ma rilevante ai fini delle imposte dirette soltanto per i soggetti che svolgono attività di impresa per i quali si rende applicabile la ritenuta di cui all’articolo 28 del DPR 600/73.
Tali conclusioni sono suffragate da orientamenti espressi dall’Amministrazione Finanziaria in materia di trattamento fiscale di sovvenzioni erogate dal , così come previste da precedenti decreti.
In particolare, con riferimento alla tariffa incentivante disciplinata dall’art. 7 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, la quale costituiva un contributo a fondo perduto per la costruzione di impianti idonei alla produzione di energia rinnovabile, risultando indipendente dalla produzione e/o immissione dell’energia sul mercato, l’Amministrazione Finanziaria con Circolare n. 46/E del 19 luglio 2007 aveva qualificato la tariffa in esame come fuori dal campo di applicazione dell’IVA, così affermando: “Non si ravvisa, nel caso di specie, alcun rapporto sinallagmatico tra le prestazioni poste in essere dal soggetto che eroga il contributo e quelle poste in essere dal soggetto che lo riceve, che, infatti, non è tenuto a prestare alcun servizio o a cedere alcun bene in contropartita. Il soggetto beneficiario della tariffa si limita a produrre energia elettrica che utilizza direttamente per soddisfare il proprio fabbisogno energetico o vende al gestore di rete cui è collegato, mentre il soggetto attuatore non ricava evidentemente alcuna utilità diretta dall ’attività del soggetto al quale corrisponde la tariffa Attesa l’assenza del presupposto oggettivo, l’esclusione da Iva opera anche nel caso in cui il soggetto realizza l’impianto fotovoltaico nell’esercizio di attività di impresa, arte oprofessione.” (cfr. Circolare 46/2007, § 6).
Con riferimento alla persona fisica che utilizza l’impianto al di fuori dell’attività commerciale e ai soli fini privati, la predetta circolare aveva chiarito altresì che: “Dal punto di vista tributario, in tale fattispecie la tariffa incentivante percepita dal responsabile dell’impianto non assume alcuna rilevanza, sia ai fini Iva, in assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi del tributo, sia ai fini delle imposte dirette, configurando un contributo a fondo perduto non riconducibile ad alcuna delle categorie reddituali di cui all’art. 6, comma 1, del Tuir In particolare, la tariffa non è riconducibile alla categoria dei redditi diversi, in quanto non rientra in alcuna delle ipotesi contemplate dall’art. 67 del Tuir. Nella fattispecie, infatti, l’assenza di una specifica obbligazione a carico del soggetto che riceve il contributo esclude anche che lo stesso possa configurare un reddito derivante “dalla assunzione di obblighi di fare non fare, o permettere” di cui al comma 1, lettera 1), del richiamato art. 67 del Tuir. Tale non rilevanza reddituale della tariffa premio incentivante è stata recentemente confermata ai fini dell’imposizione diretta, per le persone fisiche che non svolgono attività d’impresa, arte e professioni che partecipano in qualità di condomini all’autoconsumo collettivo dall’agenzia delle entrate nella risoluzione n. 18 del 12 marzo 2021. Irrilevanza fiscale da estendere anche alla comunità energetica costituita in forma di ente non commerciale.
Tuttavia, in base alla prassi vigente (fra tutte Circolare n. 46/2007 e Risoluzione n.84/2012) e al disposto di cui all’articolo 119, comma 16-bis del DL 34/2020, l’irrilevanza fiscale ai fini dell’imposizione diretta della tariffa premio deve essere riconosciuta fintantoché la potenza complessiva degli impianti utilizzati nella configurazione non supera i 200 kW. Qualora siano impiegati nella configurazione, uno o più impianti aventi una potenza cumulata complessiva superiore ai suddetti limiti, sul presupposto che l’esercizio di impianti di potenza superiore realizzi una attività di impresa, l’intero contributo costituirà un componente positivo del reddito di impresa ai sensi dell’articolo 85 del TUIR e pertanto sarà soggetto alla ritenuta ex art.28 del DPR600/73.
L’articolo 119 del Decreto rilancio (DL 34/2020), dispone che l’esercizio di impianti fino a 200 kW non costituisce attività commerciale abituale se effettuato da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomini che aderiscono alle configurazioni di cui all’art 42 bis del D.L. 162/2019.
Pertanto, si ritiene che il dovrà operare la ritenuta ex art 28 del DPR 600/73 sia per i soggetti, residenti e non, che operano nell’esercizio d’impresa, sia per i soggetti diversi che realizzano o utilizzano un impianto di potenza superiore a 200 kW.
Ristoro di oneri contenuti nella tariffa
In merito al trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di rimborso di componenti tariffarie, si evidenzia che le componenti tariffarie oggetto di ristoro sono state corrisposte da ciascun cliente finale aderente ad una delle configurazioni in oggetto, sulle fatture di acquisto dell’energia, ma che per ragioni perequative – ben espresse nella delibera ARERA 318/2020 – devono essere restituite.
Trattasi in particolare, come indicato nella delibera ARERA, di “importi o di componenti già versati oggetto di restituzione da parte del “, a fronte dell’evitata trasmissione dell’energia in rete che questi impianti permettono. Trattandosi quindi di un contributo aggiuntivo, tali somme, rappresentando mera movimentazione finanziaria, sono fuori campo IVA ex art 2 del DPR 633/72.
Il …, come illustrato all’art 8 dell’Allegato A della delibera ARERA 318/2020, quantifica tale contributo mensilmente e lo stesso viene sommato alla tariffa incentivante.
Da un punto di vista reddituale, come chiarito dalla Risoluzione 18/E del 12 marzo scorso, il ristoro di tali componenti tariffarie, se percepite da persone fisiche che non svolgono attività d’impresa, arte o professione ed enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale, sono fiscalmente irrilevanti.
Per contro, tale componente concorrerà a formare reddito sia ai fini Ires che Irap se percepito da soggetti che svolgono attività d’impresa ovvero da soggetti che utilizzano impianti di potenza complessiva superiore a 200 kW.
Corrispettivo per la vendita di energia
La vendita dell’energia, da parte delle Comunità energetiche che agiscono in qualità di ente non commerciale che svolge esclusivamente un’attività istituzionale avente fine sociale non lucrativo, e dell’auto consumatore collettivo, in veste di ente non commerciale, condominio o persona fisica non svolgente attività d’impresa abituale o di lavoro autonomo, residente o non residente, si ritiene non soggetta ad IVA per le motivazioni contenute nella più volte citata circolare 46 /E al solo paragrafo 9.2.1.
La citata circolare chiarisce, infatti, che l’attività di produzione e vendita di energia elettrica non costituisce attività commerciale o professionale abituale in quanto gli impianti di energia rinnovabile di potenza complessiva non superiore a 20kW sono destinati ad uso privatistico. Tale uso privato rappresenta l’obiettivo delle configurazioni oggetto del presente interpello in quanto il fine dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche è quello di promuovere l’autoconsumo dell’energia da impianti fotovoltaici ubicati nello stesso edificio o condominio, e nelle vicinanze dei propri membri, per le comunità energetiche, ancorché per tali configurazioni la produzione di energia rinnovabile è, ope legis, autorizzata con impianti di energia rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW.
L’esclusione ai fini Iva deve essere riconosciuta infatti anche per la comunità energetica costituita come ente non commerciale che persegue esclusivamente un beneficio ambientale, economico e sociale ed il cui impianto, come appena rappresentato, è ubicato nelle vicinanze dei propri membri.
L’articolo 119, comma 16-bis del Decreto rilancio (DL 34/2020) ha, infatti, riconosciuto che l’esercizio di impianti nell’ambito delle configurazioni in oggetto e nel limite di 200 kW non costituisce attività commerciale abituale e pertanto è esclusa da IVA. Tale dimensione di potenza degli impianti comporta la decommercializzazione di tale attività a parere della scrivente, a tutti i soggetti che non svolgono attività di impresa.
Ai fini delle imposte dirette, tenuto conto dei chiarimenti espressi nella recente risoluzione n. 18 del 12 marzo 2021, i corrispettivi derivanti dalla vendita di energia costituiscono reddito diverso ai sensi dell’art 67, comma 1, lettera i) del TUIR, per il referente /proprietario dell’edificio nella veste di persona fisica non imprenditore, che ha aderito all’autoconsumo collettivo, limitatamente alla quota parte dell’energia elettrica prodotta ed immessa in rete eccedente l’energia elettrica condivisa, fintantoché la potenza complessiva non supera i 200 kW.
Nel caso in cui il referente/proprietario dell’edificio sia un soggetto IVA che svolge per professione abituale un’attività commerciale, artistica e/o professionale, il corrispettivo per la vendita di energia è soggetta ad IVA, ancorché in regime di reverse chcirge ex art 17, 6 comma DPR 633/72.
Ai fini delle imposte sul reddito, laddove il referente/proprietario dell’edificio svolga attività commerciale, l’energia elettrica prodotta ed immessa in rete costituisce ricavo e concorrerà a formare reddito ai fini Ires ed Irap.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 42-bis del D.L 30 dicembre 2019 n.162 (decreto Milleproroghe) ha introdotto, nelle more del completo recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni degli articoli 21 e 22 della medesima direttiva, una disciplina transitoria che prevede, in particolare, la possibilità di attivare configurazioni sperimentali di “gruppi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili” e di “comunità energetiche rinnovabili” (di seguito anche “configurazioni sperimentali”) nei limiti e alle condizioni previste nel medesimo articolo.
Gruppo di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili è un insieme di almeno due clienti finali i cui punti di prelievo dell’energia sono ubicati all’interno del medesimo edificio o condominio e che agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato, al fine di produrre energia elettrica rinnovabile da impianti di potenza non superiore a 200 kW ubicati nel medesimo edificio o condominio, per il proprio consumo avendo anche facoltà di immagazzinare o vendere le eccedenze non consumate.
Gli impianti di produzione possono essere di proprietà del cliente finale facente parte del gruppo, del Condominio o di un soggetto terzo e possono essere gestiti da un soggetto terzo purché questo rimanga soggetto alle istruzioni dell’autoconsumatore di energia rinnovabile. Inoltre, l’attività di produzione e vendita dell’energia elettrica non deve costituire l’attività commerciale o professionale principale dei soggetti che partecipano all’autoconsumo collettivo, i quali possono essere sia persone fisiche che giuridiche.
Comunità energetica è un soggetto giuridico la cui finalità principale è quella di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari. I componenti della Comunità energetica sono persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e industriale principale. Gli impianti di produzione aventi una potenza complessiva non superiore a 200 kW devono essere di proprietà o detenuti dalla comunità di energia rinnovabile e possono essere gestiti dalla comunità medesima o da un suo membro o da un produttore terzo.
Al fine di incentivare la diffusione delle due iniziative già recepite, in attuazione del comma 9 del citato articolo 42-bis del decreto Milleproroghe, con il decreto del Ministero dello Sviluppo economico 16 settembre 2020 è riconosciuta una tariffa incentivante in forma di tariffa premio per l’energia elettrica prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili facenti parte delle configurazioni di autoconsumo collettivo ovvero di comunità energetiche rinnovabili e che risulti condivisa (cfr. articolo 3) erogata dal …
Come precisato con la risoluzione 12 marzo 2021 n. 18/E, la predetta tariffa è finalizzata ad incentivare l’autoconsumo istantaneo da parte dei soggetti che aderiscono alle configurazioni (cioè gli “autoconsumatori collettivi” o i membri della comunità energetica) e non la cessione di energia, al fine di ridurre l’immissione in rete di energia non autoconsumata. La predetta tariffa è, pertanto, applicata al minor valore, calcolato per ciascuna ora, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali della configurazione.
Il …, inoltre, effettua la restituzione delle componenti tariffarie che ARERA ha riconosciuto tecnicamente non applicabili, quali la tariffa di trasmissione (TRAS-E) e la componente variabile della tariffa di distribuzione (BTAU) per le basse tensioni. Per le sole configurazioni di autoconsumo collettivo è previsto altresì il ristoro di una somma a titolo di perdite di rete.
Il riconosce, altresì, un corrispettivo per la vendita dell’energia condivisa dal Gruppo di autoconsumatori e dalle Comunità energetiche, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resti nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 387 del 2003.
I quesiti posti dall’Istante concernono le suddette somme che il … dovrà corrispondere al referente delle suddette configurazioni sperimentali.
“Referente” è il soggetto a cui viene conferito congiuntamente dai produttori e dai clienti finali presenti all’interno della configurazione mandato per la gestione tecnica ed amministrativa della richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione e a sottoscrivere il relativo contratto con il … per l’ottenimento dei benefici previsti dal suddetto servizio.
Nel caso di un “gruppo di autoconsumatori'” di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, referente può essere il condominio, il proprietario dell’edificio non svolgente attività di impresa ovvero il soggetto gestore uno o più impianti di produzione. Nel caso di una Comunità di energia rinnovabile, referente è la comunità stessa.
QUESITO N. 1
L’istante chiede di conoscere il trattamento IVA da riservare alle somme corrisposte al “referente” della configurazione (autoconsumo collettivo o comunità energetica) a titolo
– tariffa premio incentivante;
– ristoro di componenti tariffarie TRAS-e BTAU, nonché delle perdite di rete evitate (nel seguito il “Ristoro”);
– corrispettivo per la vendita dell’energia (nel seguito il “Corrispettivo”), nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 387/2003 (“Ritiro dedicato”);
Al riguardo si rappresenta quanto segue.
Tariffa premio incentivante
Il comma 2 dell’articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 ha introdotto la possibilità di attivare l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ovvero di realizzare comunità energetiche rinnovabili.
Al fine dell’incentivazione di tali configurazioni, il comma 9 del predetto articolo 42-bis ha disposto che «(…) con decreto del Ministro dello sviluppo economico è individuata una tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni sperimentali di cui al comma 2, sulla base dei seguenti criteri:
a) la tariffa incentivante è erogata dal Spa ed è volta a premiare l’autoconsumo istantaneo e l’utilizzo di sistemi di accumulo;
b) il meccanismo è realizzato tenendo conto dei principi di semplificazione e facilità di accesso e prevede un sistema di reportistica e di monitoraggio dei flussi economici ed energetici a cura del (…);
c) la tariffa incentivante è erogata per un periodo massimo di fruizione ed è modulata fra le diverse configurazioni incentivabili per garantire la redditività degli investimenti (…)».
La predetta tariffa è stata individuata dal decreto 16 settembre 2020 del Ministero dello Sviluppo economico che ha stabilito che «(…) I ‘energia elettrica prodotta da ciascuno degli impianti a fonti rinnovabili facenti parte delle configurazioni di autoconsumo collettivo ovvero di comunità energetiche rinnovabili e che risulti condivisa ha diritto, per un periodo di 20 anni, ad una tariffa incentivante in forma di tariffa premio pari a:
a) 100€/MWh nel caso in cui l’impianto di produzione faccia parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
b) 110€ ÌVl Wh nel caso in cui l’impianto faccia parte di una comunità energetica rinnovabile».
Conformemente alle disposizioni comunitarie, l’Amministrazione finanziaria, in diversi documenti di prassi, tra i quali la circolare n. 34/E del 2013, ha chiarito che un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive e tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto.
Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione.
La corretta qualificazione di una somma come corrispettivo o contributo richiede, pertanto, un’attenta analisi dell’accordo/provvedimento che ne prevede l’erogazione.
Come chiarito nella predetta circolare n. 34 del 2013, la qualificazione di una erogazione quale corrispettivo ovvero quale contributo deve essere individuata innanzi tutto in base a norme di legge, siano esse specifiche o generali, nonché a norme di rango comunitario. In particolare, può affermarsi che l’Amministrazione non opera all’interno di un rapporto contrattuale quando le erogazioni sono effettuate in esecuzione di norme che prevedono l’erogazione di benefici al verificarsi di presupposti predefiniti.
Tanto premesso, si ritiene che la tariffa incentivante in esame sia esclusa dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto configura un contributo a fondo perduto che trova la sua origine nel decreto del MISE, percepito dal soggetto referente del gruppo di autoconsumo collettivo o dalla comunità energetica in assenza di alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore.
Infatti, nel caso di specie, dall’analisi delle norme sopra riportate emerge che l’importo erogato non rappresenta un prezzo o un corrispettivo per la fornitura di energia (come il termine tariffa lascerebbe intendere), ma una somma collegata all’ “energia elettrica prodotta da ciascuno degli impianti a fonti rinnovabili (…) e che risulti condivisa “, tesa alla “remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili ” e volta a “garantire la redditività degli investimenti”, al fine della promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabile in attuazione delle disposizioni degli articoli 21 e 22 della direttiva UE 2018/2001.
Non si ravvisa, nel caso di specie, alcun rapporto sinallagmatico tra le prestazioni poste in essere dal soggetto che eroga il contributo e quelle poste in essere dal soggetto che lo riceve che, infatti, non è tenuto a cedere alcun bene in contropartita.
Tale conclusione è in linea anche con quanto chiarito dalla circolare n. 46 del 2007 in relazione agli incentivi per gli impianti fotovoltaici previsti dall’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
Ciò posto, attesa l’assenza del presupposto oggettivo, la predetta tariffa premio incentivante erogata dal al referente della configurazione non assume rilevanza ai fini IVA, sia nel caso in cui il referente del gruppo di autoconsumo collettivo di energia rinnovabile sia una persona fisica non svolgente attività di impresa, arte e professione, fattispecie in cui peraltro è assente anche il presupposto soggettivo, sia nel caso in cui il referente del gruppo di autoconsumo collettivo sia un produttore che svolge attività d’impresa e, infine, anche nel caso delle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali.
Ristoro di componenti tariffarie
Il comma 6 dell’articolo 42-bis del decreto4egge n. 162 del 2019 ha disposto che «Sull ‘energia prelevata dalla rete pubblica dai clienti finali, compresa quella condivisa di cui al comma 4, lettera b), del presente articolo, si applicano gli oneri generali di sistema ai sensi dell’articolo 6, comma 9, secondo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19».
Il comma 9 del predetto articolo 42-bis ha previsto che la tariffa incentivante, individuata dal decreto del MISE e precedentemente descritta, dovrà tenere conto anche dei seguenti ulteriori criteri:
«d) il meccanismo è realizzato tenendo conto dell ‘equilibrio complessivo degli oneri in bolletta e della necessità di non incrementare i costi tendenziali rispetto a quelli dei meccanismi vigenti;
e) è previsto un unico conguaglio, composto dalla restituzione delle componenti di cui al comma 8, lettera b), compresa la quota di energia condivisa, e dalla tariffa incentivante di cui al presente comma. »
Pertanto, il … effettua, oltre all’erogazione della tariffa premio incentivante, anche la restituzione di alcune componenti tariffarie secondo quanto stabilito dal richiamato comma 8 dell’articolo 42-bis che, alla lettera b), prevede che l’Autorità di regolazione per l’energia, reti e ambienti (ARERA) «individua, anche in via forfetaria, il valore delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia, che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa, in quanto energia istantaneamente autoconsumata sulla stessa porzione di rete di bassa tensione e, per tale ragione, equiparabile all’autoconsumo fisico in situ».
Si tratta, come indicato nella delibera ARERA, di «importi o di componenti già versati oggetto di restituzione da parte del … » a fronte dell’evitata trasmissione dell’energia in rete che questi impianti permettono e costituiscono, pertanto, come chiarito nella citata risoluzione n. 18/E del 2021 un “contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate”. Tali somme sono volte a premiare l’autoconsumo di energia rinnovabile che, come risulta dalla delibera ARERA n. 318 del 2020, comporta alcuni benefici riconducibili, allo stato attuale, alla riduzione del transito sulle reti e, conseguentemente, alla riduzione delle perdite di rete e, in prospettiva, anche alla riduzione dei costi di connessione alla rete e alla riduzione della necessità di potenziamento delle reti esistenti o di realizzazione di nuove reti.
Anche in tal caso, si ritiene che le componenti tariffarie restituite siano escluse dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto configura un contributo a fondo perduto che trova la sua fonte nel decreto-legge n. 162 del 2019, percepito dal soggetto referente del gruppo di autoconsumo collettivo o dalla comunità energetica in assenza di alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore.
Infatti, come nel caso della tariffa premio incentivante, dall’analisi delle norme sopra riportate e secondo quanto chiarito nella risoluzione n. 18/E del 2021, l’importo erogato non rappresenta un prezzo o un corrispettivo per la fornitura di energia, ma un “contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate “, che va a ridurre il costo dell’energia rinnovabile autoconsumata, sempre al fine della promozione dell’uso di tale energia, in attuazione delle disposizioni degli articoli 21 e 22 della direttiva UE 2018/2001.
Ciò posto, il trattamento ai fini IVA delle somme erogate da a titolo di restituzione delle componenti tariffarie ai “referenti” delle configurazioni di cui all’articolo 42-bis è analogo a quello riguardante l’erogazione della tariffa premio incentivante, precedentemente descritto.
Corrispettivo
L’articolo 3, comma 2 del decreto 16 settembre 2020 del MISE prevede che «L ‘intera energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al con le modalità di cui all’art. 13, comma 3 del decreto legislativo n. 387/2003, fermo restando l’obbligo di cessione previsto per l’energia elettrica non autoconsumata o non condivisa, sottesa alla quota di potenza che acceda al Superbonus».
Il richiamato articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che «Per quanto concerne l’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, nonché da impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima fonte, agli impianti di acqua fluente, ad eccezione di quella ceduta al Gestore della rete nell’ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34 90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione, essa è ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di rete alla quale l’impianto è collegato. L ‘Autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell ‘energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato».
Come chiarito nella risoluzione n. 18/E del 2021, «per effetto di tale ultimo richiamo, il riconosce un corrispettivo per la vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al medesimo (cd. “Ritiro dedicato “). In base a quanto previsto nelle “Regole tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa ” del 22 dicembre 2020, predisposte dal …, le somme sono corrisposte al “referente ” delle configurazioni sperimentali vale a dire al soggetto demandato congiuntamente dai produttori e dai clienti finali presenti all’interno dell’autoconsumo collettivo o della comunità energetica, alla gestione tecnica ed amministrativa della richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione e alla sottoscrizione del relativo contratto con il per l’ottenimento di benefici».
L’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19/05/2020, al comma 16-bis prevede che «L ‘esercizio di impianti fino a 200 kW da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomini che aderiscono alle configurazioni di cui all’articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n.8, non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale (…)».
Ciò premesso, nel presupposto che, come prescritto dalla norma, gli impianti di energia rinnovabile delle configurazioni di cui al predetto articolo 42-bis abbiano una potenza complessiva non superiore a 200 kW, l’attività di vendita di energia da parte dei soggetti indicati al comma 16-bis dell’articolo 119 non configura lo svolgimento in via abituale di attività commerciale.
Pertanto, nel caso in cui “referente” del gruppo di autoconsumo collettivo sia un condominio, per il tramite dell’amministratore o di un suo legale rappresentante oppure una comunità energetica costituita sotto forma di ente non commerciale, le somme a questi corrisposte dal a titolo di corrispettivo, a fronte della vendita di energia rinnovabile, sono escluse dal campo di applicazione IVA per carenza del presupposto oggettivo.
Per motivi di ordine sistematico e in coerenza con la ratio della norma, la medesima soluzione si ritiene applicabile anche all’ipotesi in cui il “referente” del gruppo di autoconsumo collettivo sia il proprietario di un edificio, non in condominio, persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione.
Una soluzione diversa, infatti, determinerebbe una differenza ingiustificata tra il trattamento fiscale previsto per il soggetto proprietario dell’edificio, persona fisica non esercente attività di impresa o di arte e professioni, in qualità di “referente” del gruppo di autoconsumo collettivo e quello previsto a carico del medesimo soggetto che partecipa, in qualità di associato, alla comunità energetica. Pertanto, si ritiene che l’ambito applicativo del predetto comma 16-bis ricomprenda anche tale fattispecie.
Inoltre, nella diversa ipotesi in cui il “referente” del gruppo di autoconsumo collettivo sia un produttore di energia elettrica che svolge attività d’impresa o arte e professioni, non rientrando tale fattispecie nel perimetro di applicazione indicato dal comma 16-bis dell’articolo 119, l’energia venduta al si assume ceduta nell’ambito di un’attività commerciale e, conseguentemente, le somme erogate dal a titolo di corrispettivo per la vendita di energia saranno assoggettate ad IVA, comportando per il “referente” l’adempimento di tutti gli obblighi connessi.
Le predette indicazioni sono in linea con le soluzioni individuate dalla circolare n. 46 del 2007, per il trattamento dei ricavi derivanti dalla cessione alla rete dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del d. lgs n. 387 del 2003.
Alle predette cessioni di energia, l’IVA verrà applicata in regime di reverse charge, per quanto disposto dall’articolo 17, comma 6, lett. d-quater) del d.P.R. n. 633 del 1972.
QUESITO N. 2
Ai fini delle imposte dirette, l’Istante chiede di conoscere il trattamento fiscale delle somme che il dovrà corrispondere: al referente, proprietario dell’edificio, quale persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione, alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali.
– al produttore che svolge attività d’impresa in qualità di referente di un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, nel caso in cui i punti di connessione del suddetto gruppo siano ubicati all’interno del medesimo edificio le cui unità immobiliari appartengano ad un unico soggetto.
In ordine alle somme corrisposte dal … al referente quale persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione, si osserva che con la citata risoluzione n. 18/E del 2021, sono stati forniti chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile alle predette somme sia pure limitatamente alla ipotesi di condomini, composti solo da persone fisiche (non esercenti attività d’impresa, arti e professioni), che aderiscono alle configurazioni di cui al citato articolo 42-bis. E’ stato, tra l’altro, rilevato che per le configurazioni di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili attivata nell’ambito di un edificio in condominio, in base a quanto previsto dalle regole tecniche predisposte dal , il referente è il condominio stesso che agisce per il tramite dell’amministratore del condominio o di un suo rappresentante. Le somme corrisposte dal … al condominio saranno poi attribuite a ciascun condomino, in base ai criteri stabiliti dalle delibere assembleali. In tale contesto, è stato, pertanto, precisato che nei confronti dei clienti finali, persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni della configurazione:
– la “tariffa premio”, in quanto applicata al minor valore, calcolato per ciascuna ora, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata, non assume rilevanza reddituale;
– le componenti tariffarie restituite non sono fiscalmente rilevanti, trattandosi, in sostanza, di un “contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate”;
– il corrispettivo per la vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al medesimo, è, invece, fiscalmente rilevante, configurando un reddito diverso di cui all’articolo 67, comma 1, lett. i), del citato TUIR.
Al riguardo, va, peraltro, rilevato che il predetto corrispettivo viene erogato con riferimento sia alla energia auto-consumata collettivamente sia all’energia in eccedenza in quanto non oggetto di autoconsumo collettivo. Pertanto, per quanto concerne i soggetti diversi da quelli che producono reddito d’impresa, quanto affermato nella citata risoluzione relativamente alla rilevanza fiscale del corrispettivo per la vendita di energia attiene necessariamente alla energia eccedente l’autoconsumo istantaneo.
Si ritiene che ad analoghe conclusioni si possa pervenire, per motivi di ordine sistematico e in coerenza con la ratio della norma, anche all’ipotesi in cui il “referente” del gruppo di autoconsumo collettivo sia il proprietario di un edificio, non in condominio, persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione.
In ordine alle somme corrisposte dal alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali, si evidenzia quanto segue:
Tariffa premio incentivante
Con riferimento alla “tariffa premio” erogata alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale non si ravvisa rilevanza reddituale della stessa ai fini IRES.
Ristoro di componenti tariffarie
Anche con riferimento al trattamento ai fini IRES delle somme erogate da a titolo di restituzione delle componenti tariffarie agli … alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale, in analogia a quanto detto in merito all’erogazione della tariffa premio incentivante precedentemente descritto, si ritiene non assumano rilevanza fiscale.
Corrispettivo
Riguardo agli enti non commerciali, i proventi derivanti dalla vendita di energia concorrono a formare la base imponibile ai fini IRES, essendo gli stessi riconducibili allo svolgimento di attività commerciale, sebbene effettuata in forma non abituale in forza dell’articolo 119 comma 16-bis del DL 34/2020.
Pertanto, tenuto conto della disposizione di cui al citato all’articolo 119 comma 16- bis del DL 34/2020, che dispone che “l’esercizio di impianti fino a 200kW di potenza da parte di Comunità energetiche costituite in forma di Enti non commerciali … non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale”, i proventi derivanti dalla vendita dell’energia sono riconducibili alla categoria dei redditi diversi ai sensi dell’art. 67, comma 1 lett. i), ovvero tra i “redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.
In ordine al caso in cui referente sia il produttore di energia elettrica che svolge attività d’impresa, si evidenzia quanto segue.
In merito alla tariffa incentivante, si osserva che nel caso in cui referente sia il produttore di energia elettrica che svolge attività d’impresa, la tariffa incentivante costituisce un componente positivo di reddito. Conseguentemente, sul contributo erogato a titolo di tariffa incentivante alle imprese l’Istante è tenuto ad effettuare la ritenuta prescritta dall’articolo 28, secondo comma, del DPR n. 600 del 1973 (Circolare 46/E del 19 luglio 2007).
Viceversa, il soggetto attuatore S.P.A. non è tenuto a effettuare la ritenuta prescritta dall’articolo 28, secondo comma, del DPR n. 600 del 1973 nell’ipotesi in cui eroghi i contributi in esame agli enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale, poiché, in base a quanto sopra affermato, detti proventi non possono essere considerati contributi corrisposti ad imprese, non qualificandosi in capo al percettore quali redditi d’impresa (cfr. risoluzioni 8 maggio 1980, n. 8/531, 5 giugno 1995, n. 150, 4 agosto 2004 n. 108, Risposta 15 settembre 2021, n. 586).
Relativamente alle somme che vengono restituite in quanto costituenti componenti tariffarie tecnicamente non applicabili, trattasi di somme che, se percepite nell’ambito dell’attività di produzione di energia, costituiscono componenti positivo di reddito d’impresa.
In ordine al corrispettivo per la vendita di energia, trattasi di un corrispettivo corrisposto dal … a fronte dell’energia prodotta e immessa in rete che resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al medesimo.
Tali somme rappresentano i corrispettivi che concorrono alla formazione del reddito di periodo, ai sensi dell’articolo 85 del Tuir, in relazione alla quantità di energia prodotta ed immessa in rete.
Si evidenzia, inoltre, che ai sensi dell’articolo 119 comma 16-bis del DL 34/2020, “l’esercizio di impianti fino a 200kW di potenza da parte di Comunità energetiche costituite in forma di Enti non commerciali, e di Condomini, che aderiscono alle configurazioni di cui all’art. 42 bis del DL162 2019 (conv. In Legge n.8/2020), non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale”.
Ne deriva che qualora il , ritenendone sussistenti i presupposti di legge e secondo le valutazioni di propria competenza, erogasse le suddette somme – a titolo di tariffa premio, ristoro di oneri ed eventuale remunerazione dell’energia ritirata dal …- ai referenti delle configurazioni di Autoconsumo collettivo o Comunità energetica che utilizzino uno o più impianti aventi una potenza cumulata complessiva superiore al suddetto limite di 200 kW, tutta l’attività energetica dovrebbe considerarsi quale attività commerciale abituale con la conseguenza che tali somme concorrerebbero a formare reddito d’impresa.
Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi in precedenza esaminati, assunti acriticamente così come illustrati e documentati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione.
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