La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 28257 depositata il 30 giugno 2023, intervenendo in tema di bancarotta fraudolente documentale ha ribadito:
a) che alle diverse configurazioni del dolo nelle due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale non corrisponde una sostanziale diversificazione nell’onere probatorio per l’accusa, perché è pur sempre necessario escludere in entrambi i casi la rilevanza di un atteggiamento psicologico di mera superficialità dell’imprenditore fallito (v., già, Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008, dep. 13/01/2009, Vianello e altri, Rv. 242550, in motivazione);
b) che anche in relazione alla bancarotta documentale correlata alle modalità di tenuta delle scritture contabili, l’affermazione di responsabilità non può derivare dalla mera constatazione dello stato delle scritture contabili, da cui si faccia derivare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; al contrario, è necessario, con metodo inferenziale, chiarire dalle modalità della condotta contestata la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare l’oggettiva impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento degli affari e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, considerato che, in tal caso, viene integrato l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice, di cui all’art. 217, comma secondo, l. fall.;
c) che non comporta alcun automatismo l’approdo ermeneutico formatosi con riguardo all’amministratore che rivesta tale ruolo solo formalmente, secondo cui il prestanome degli effettivi gestori della società fallita risulta senza alcun dubbio il destinatario dell’obbligo relativo alla regolare tenuta e conservazione dei libri contabili, sancito dall’art. 2392 cod. civ., non essendo egli esonerato dal dovere di vigilanza sull’operato di soggetti terzi, eventualmente delegati, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, cod. pen.;
d) che, infatti, non può affermarsi la responsabilità dolosa per condotte incriminate dalla legge fallimentare sulla base della mera carica ricoperta e dell’integrazione dell’elemento materiale del reato, come osservato anche da Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta Stefania, Rv. 282280, che ha ribadito la necessità di dimostrare l’effettiva e concreta consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare un ingiusto profitto a taluno, pena il travolgimento del principio costituzionale della personalità della responsabilità penale;
e) che, in altri termini, pur non essendo necessario che l’amministratore formale si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità, è, nondimeno, necessario che l’abdicazione dagli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità che i soggetti a cui ha consentito di gestire la società alterino fraudolentemente la contabilità, impedendo o rendendo più difficile agli organi fallimentari la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari della fallita, oppure la sottraggano agli organi fallimentari o la omettano in danno dei creditori o per un ingiusto profitto e, ciò nonostante, decida di non esercitare i suoi poteri-doveri di vigilanza e controllo per evitare che ciò accada;
f) che, pertanto, il giudice deve fornire adeguata motivazione circa la possibilità, non soltanto astratta e presunta, ma reale, della conoscenza, da parte del prestanome, dello stato delle scritture ovvero della loro preordinata omessa tenuta, in guisa tale da cagionare l’effetto di impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi di dolo specifico, di procurare un danno al ceto creditorio o un ingiusto profitto a taluno.
La vicenda ha riguardato l’amministratore formale di una società fallita accusata di bancarotta fraudolente documentali per non aveva adempiuto l’obbligo di regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili. In primo grado l’amministratore formale veniva condannato per il suddetto reato. Avverso la decisione del Tribunale, l’ex amministratore formale, proponeva appello. I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata ma rideterminando la durata delle pene accessorie fallimentari. L’imputato impugnava la decisione della Corte di Appello con ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini annullavano la sentenza impugnata relativamente alla bancarotta fraudolenta documentale.
I giudici di legittimità evidenziano che dalla corretta individuazione della fattispecie di bancarotta documentale dipendono la diversità degli accertamenti. Per cui ribadiscono che “… la differenza strutturale tra le due categorie di bancarotta documentale: da un lato, quella che ricomprende l’omessa tenuta delle scritture, ovvero la loro distruzione o il loro occultamento, e, dall’altro, quella relativa alla fraudolenta tenuta delle stesse. Pur a fronte di una modalità alternativa di contestazione […], se, in sede di accertamento, emerga la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche nella forma della loro omessa tenuta, non può essere addebitata all’agente la fraudolenta tenuta delle medesime, proprio perché, come detto, tale ultima ipotesi implica un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari. …”
Inoltre, continua la Corte, anche a fronte di una modalità alternativa di contestazione, qualora emerga la fisica sottrazione delle scritture contabili, anche nella forma della loro omessa tenuta, non può essere addebitata all’agente la fraudolenta tenuta delle medesime. Nei casi in cui emerga che la contabilità sia in parte omessa ed in parte irregolarmente tenuta e che detta ultima situazione renda impossibile o complessa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, evidentemente proprio la descritta struttura della norma rende possibile non solo la contestazione alternativa, ma anche la sufficienza, ai fini delle individuazione della fattispecie penalmente rilevante, dell’accertamento di una sola delle condotte, ancorché diversamente strutturate, purché risulti possibile configurare anche il relativo elemento soggettivo.
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