False comunicazioni sociali e bancarotta impropria per approvazione del bilancio con occultamento delle perdite
Con la sentenza n. 28508 del 2 luglio 2013 n. 28508 la Corte di Cassazione sez. penale interviene in materia di procedure concorsuali ha confermato la condanna inflitta dai giudici di merito all’amministratore delegato di una società fallita, ritenuto responsabile del reato di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 cod. civ.) e bancarotta impropria (art. 233 L. fall.), per avere approvato, sia pure con riserva, un bilancio in cui si trovava occultata una situazione di sostanziale perdita di capitale sociale, e che pertanto aveva impedito l’adozione di provvedimenti idonei a evitare l’aggravamento del dissesto e la prosecuzione dell’attività d’impresa.
Gi Ermellini con le articolate motivazioni della sentenza, hanno osservato che la sussistenza dei fatti di false comunicazioni sociali, prevista dall’articolo 223 Legge fall. quale presupposto del reato di bancarotta impropria, è stata nella specie coerentemente motivata dai giudici della Corte d’Appello di Milano anche con riferimento alla ravvisabilità del dolo specifico che li connota pur nel loro essere elementi costitutivi del reato di cui sopra (bancarotta impropria), laddove la Corte territoriale ha fatto cenno all’intento di occultare, con le perdite prodotte dalla gestione della società, la necessità di ricapitalizzazione della stessa. Finalità, questa, che, in quanto diretta a favorire indebitamente i soci, soggetto maggioritario dei quali era l’impresa rappresentata dall’imputato, integra il fine di ingiusto profitto richiesto dagli artt. 2621 e 2622 cod. civ..
I Giudici di legittimità hanno pure rilevato come i giudici di merito hanno giustamente ritenuto che ai fini della configurabilità del reato di bancarotta da reato societario rilevano anche condotte che non abbiano da sole determinato, ma, come del resto previsto dall’articolo 223 L. fall., comma secondo, n. 1, abbiano “concorso a cagionare” il dissesto, sia aggravando l’effetto di cause preesistenti che inserendosi in una serie di fattori intervenuti anche successivamente; e tanto, sia in applicazione dei principi generali in tema di causalità sia per la naturale progressività dei fenomeni determinativi del dissesto di un’impresa (Cass. Sez V n. 16259/2010).
Infine la Corte di Cassazione ha considerato significativo in senso accusatorio l’atteggiamento concretamente assunto dal ricorrente, che dapprima ha approvato il bilancio con riserva, poi revocato l’approvazione e infine rilasciato quest’ultima a seguito di mancanza di rilievi del collegio sindacale. Ebbene, queste circostanze hanno reso evidente che l’imputato aveva colto le criticità del bilancio in questione, tanto da non potersi escludere le sue responsabilità gestionali.
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