La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 26862 depositata l’ 8 luglio 2024, intervenendo in tema di bancarotta per sistematica omissione degli adempimenti fiscali e previdenziali, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “… le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali (ex multis 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337). …”

La vicenda ha riguardato il presidente del consiglio di amministrazione ed componente del consiglio di amministrazione di una società consortile a responsabilità limitata, accusati del reato di bancarotta impropria da operazioni dolose. Il Tribunale condannava i due imputati per il reato loro ascritto. La sentenza di primo grado veniva veniva impugnata. La Corte territoriale confermava la condanna dei due imputati. Avverso la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso in cassazione autonomamente dai due imputati.
 
I giudici di legittimità annullarono la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.
 
Per gli Ermellini l’incriminazione per bancarotta impropria ” non intende però sanzionare l’evasione fiscale e previdenziale di per sé, bensì la conseguenza di tali comportamenti, ossia la causazione o l’aggravamento del dissesto della società, e sempre che gli stessi possano qualificarsi come vere e proprie operazioni dolose, ossia l’espressione di specifiche e selettive scelte gestionali preordinate alla sistematica omissione degli adempimenti fiscali e previdenziali.”
 
Per il Supremo consesso “… nell’ipotesi di fallimento causato da operazioni dolose non determinanti un immediato depauperamento della società, la condotta di reato è configurabile quando la realizzazione di tali operazioni si accompagni, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, alla prevedibilità del dissesto come effetto della condotta antidoverosa (ex multis Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015, Lubrina, Rv. 265510). …”
 
Per i giudici di piazza Cavour, i giudici di merito non si sono compiutamente confrontati con tutta la prova offerta dalle ricorrenti, in particolare  “… non è dubbio che il progetto imprenditoriale per cui la società è stata costituita appare, con giudizio a posteriori, scarsamente sostenibile, ma ciò non è sufficiente ad inferirne l’originario disegno delle imputate di supportarlo attraverso la consumazione del reato contestato, tanto più che la sentenza nemmeno ha precisato se l’inadempimento ha riguardato solo i debiti erariali e previdenziali o anche e in che misura le altre obbligazioni assunte dalla fallita. …”