La Corte di Cassazione. sezione penale, con la sentenza n. 14405 depositata il 9 aprile 2024, intervenendo in tema di reati fallimentari, ha statuito che “l’affitto del ramo aziendale è modalità idonea a ricavare dal bene un reddito al pari della sua diretta utilizzazione. In secondo luogo, ai fini della configurabilità del reato contestato, è necessario stabilire se effettivamente la società, al momento della realizzazione del fatto, fosse effettivamente in grado di svolgere la propria attività tipica e, dunque, di produrre un reddito comparabile a quello ricavabile dall’affitto del ramo aziendale utilizzando in proprio i beni che lo costituiscono.”
La vicenda l’amministratore di una società fallita accusato del reato di bancarotta impropria da operazioni dolose e di aver aggravato il dissesto societario a causa dell’affitto, per di più verso un canone incongruo riscosso solo in parte, dell’unico ramo d’azienda della fallita, che conseguentemente cessava ogni attività. Il Tribunale condannava l’imputato per i reati ascritti. Avverso la sentenza di primo grado l’imputato proponeva appello. La Corte territoriale riformava la sentenza impugnata, assolvendo l’imputato perché il fatto non sussiste. La sentenza di appello veniva impugnata dal Procuratore con ricorso in cassazione.
I giudici di legittimazione rigettavano il ricorso.
Gli Ermellini hanno ritenuto corretto l’operato dei giudici di appello che hanno “assolto l’imputato dal reato contestatogli rilevando non solo, come sostenuto dal ricorrente, il difetto della prova dell’ipotizzata incongruità del canone d’affitto, ma altresì come il rapporto contrattuale si fosse esaurito in pochi mesi, con conseguente restituzione del complesso aziendale alla fallita, che comunque nel corso del suo svolgimento aveva conservato la sua integrità patrimoniale, essendo rimasta proprietaria dei beni conferiti.”
Il ricorrente in cassazione invoca il principio secondo cui “il delitto contestato sussiste anche quando le operazioni dolose dalle quali deriva il fallimento della società non comportano una diminuzione algebrica dell’attivo patrimoniale, ma determinano comunque un depauperamento del patrimonio non giustificabile in termini di interesse per l’impresa, come nel caso della vendita a prezzo di mercato di un bene costituente l’unico asset produttivo di una società, la cui liquidazione privi l’impresa della possibilità di svolgere l’attività per cui era stata costituita (Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv. 262188).”
Per i giudici di piazza Cavour nel caso di specie non trovava applicazione, in quanto l’affitto non comporta la cessione del bene, il principio invocato dal Procuratore. infatti la fattispecie in riferimento alla quale tale principio è stato affermato era quella della cessione del bene.