La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 25969 depositata il 20 novembre 2013 intervenendo in tema imposta sul patrimonio ha statuito che la base imponibile sulla quale calcolare la tassa patrimoniale in oggetto, che, «quando vi è un bilancio approvato, l’amministrazione finanziaria può svolgere una verifica relativamente alla allocazione di alcune poste al fine di garantire non solo la veridicità e la correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono, precisando che tale verifica può essere attuata con lo strumento dell’accertamento, senza la necessità di utilizzare la normativa civilistica sull’impugnazione del bilancio, non solo in quanto a norma dell’articolo 3, 4° comma, del decreto legge numero 394 del 1992, “per la dichiarazione, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, nonché per il contenzioso, si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi”, ma anche in base al combinato disposto degli articoli 2 e 10, 3° comma, del decreto ministeriale 7 gennaio 1993, dal quale risulta che, nell’ipotesi di mancato rispetto della prima delle indicate norme (che elenca le voci da inserire nel patrimonio netto), l’ufficio procede alla rettifica per la determinazione del patrimonio netto con separato avviso di accertamento» (Cass. 20 giugno 2008, n. 16813; conforme, Cass. 8 luglio 2008, n. 18641).
La vicenda ha avuto inizio con la notifica di una cartella di pagamento alla società contribuente in esito a controllo automatizzato, avente ad oggetto l’imposta sul patrimonio netto calcolata sull’imponibile indicato dalla contribuente nel modello 760 quadro K, rigo 7 (altre riserve).
La società impugnava la cartella di pagamento, inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, in quanto, secondo i soci, i contributi indicati nel rigo 7 non erano imponibili in base all’art. 2, comma 2, D.L. n. 394/92 (conv. in Legge n. 461/92). I giudici della CTP accoglievano il ricorso della contribuente.
L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la decisione dei giudici di primo grado “facendo leva sulla natura dei contributi in questione, che ha ascritto alla categoria dei contributi in conto impianti, destinati, in quanto tali, a non influire sull’entità del patrimonio imponibile”.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione contro la decisione assumendo che a fronte della redazione del bilancio, la base imponibile utile al calcolo dell’imposta patrimoniale andava determinata in via esclusiva sottraendo l’utile di esercizio dal patrimonio netto risultante dal bilancio, con esclusivo riguardo, dunque, alle voci di questo.
Gli Ermellini respingono il ricorso del Fisco. Nelle motivazione, i giudici di legittimità, viene indicato, come premessa, il principio secondo cui«le risultanze del bilancio civilistico sono destinate a valere anche ai fini delle determinazioni fiscali, a meno che non si dimostri che le stesse contrastano “con i principi di corretta e veritiera rappresentazione della situazione patrimoniale ed economica dell’impresa stabiliti dal codice civile”» (Cass. 23 novembre 2011, n. 23608; Cass. 23 luglio 2011, n. 16429).
I giudici supremi quindi ricordando altro principio affermano che in tema di imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese, la base imponibile deve essere determinata, in presenza di bilancio, sottraendo l’utile di esercizio dal patrimonio netto così come risultante dal bilancio, cioè facendo esclusivamente riferimento all’ammontare delle relative voci risultanti dal bilancio, i cui dati si pongono, pertanto, in stretto e dissolubile legame con la determinazione della base imponibile dell’imposta.
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