CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Comunicato 31 ottobre 2017
La fiscalità delle imprese OIC adopter
Il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139, in attuazione della direttiva 2013/34/UE, ha innovato, in modo significativo, le disposizioni recate dal Codice civile relative alla redazione del bilancio e alla comunicazione finanziaria, con effetti dai bilanci relativi agli esercizi aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016. Ne è conseguito, l’adeguamento dei principi contabili nazionali redatti dall’Organismo Italiano di Contabilità.
Il coordinamento della disciplina in materia di IRES e IRAP con le nuove disposizioni civilistiche relative alla redazione del bilancio ed i nuovi principi contabili nazionali è stato effettuato con l’art. 13-bis del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19.
Con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 agosto 2017 sono state infine emanate le disposizioni di attuazione della disciplina relativa alle ricadute fiscali delle nuove norme in materia di bilancio e dei nuovi principi OIC.
La complessità del richiamato quadro normativo ha spinto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili a predisporre, con il presente documento, un’analisi degli effetti fiscali derivanti dall’adozione dei nuovi principi contabili nazionali, che riprende, approfondendolo, il nostro precedente documento del 7 agosto 2017.
L’elaborato costituisce uno strumento di ausilio per i professionisti chiamati al non semplice compito di calcolare il tax rate dei soggetti OIC adopter alla luce del mutato contesto normativo.Nel documento, dopo una sintesi delle principali novità in ambito civilistico, sono analizzate le casistiche che possono manifestarsi con maggiore frequenza in sede di passaggio alle nuove disposizioni e che hanno riflessi nella determinazione delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. In particolare, sono trattati i seguenti temi:
– principio di derivazione rafforzata,
– eliminazione della sezione straordinaria del conto economico,
– obbligazioni convertibili e finanziamenti infruttiferi da parte di soci;
– azioni proprie;
– strumenti finanziari derivati;
– errori contabili;
– effetti ai fini dell’agevolazione dell’Aiuto alla Crescita Economica (ACE);
– regime transitorio.
Allegato
Sommario
Il “nuovo” bilancio previsto dal Codice civile
- Il ruolo dei principi contabili nazionali OIC
- Le diverse tipologie di bilancio
2.1 Profilo civilistico
2.2 Profilo fiscale
2.3 La necessità per le micro-imprese di adeguamento della normativa fiscale a quella civilistica
- Principi generali di redazione del bilancio
3.1 II principio generale di rilevanza
3.2 II principio generale della rappresentazione sostanziale
- Criteri civilistici di valutazione
4.1 Costi di ricerca e di pubblicità, i costi di sviluppo, l’avviamento ed il loro ammortamento
4.2 Azioni proprie
4.3 Strumenti finanziari derivati
4.4 Costo ammortizzato e attualizzazione
- Principio di derivazione rafforzata
5.1 Qualificazione, imputazione temporale e classificazione
5.2 D.M. 1° aprile 2009, n. 48
5.3 Rapporti tra soggetti OIC adopter e soggetti non OIC adopter
5.4 D.M. 8 giugno 2011
- Articoli delTUIR modificati dal D.L. n. 244/2016
6.1 Gli strumenti finanziari derivati
- IRAP
- Eliminazione della sezione straordinaria del Conto economico
8.1 Aspetti contabili
8.2 I riflessi fiscali
- Errori contabili
9.1 Impostazione contabile della correzione degli errori in bilancio secondo il nuovo OIC 29
9.2 Rilevanza fiscale della correzione degli errori contabili
- Le modifiche alla disciplina ACE conseguenti all’adozione nei nuovi principi contabili NAZIONALI
10.1 Premessa
10.2 Acquisto, annullamento o rivendita di azioni proprie
10.3 Emissione di diritti d’opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili
11.4Finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci
11.5Adozione di nuovi principi contabili con conseguenti modifiche da apportare ai saldi patrimoniali di apertura
11.6 Strumenti derivati
11.7 Errori contabili
- Decorrenza e regime transitorio delle novità contabili e fiscali
11.1 Decorrenza e norme transitorie del D.Lgs. n. 139/2015
11.2 Decorrenza e norme transitorie dell’art. 13-bis del D.L. n. 244/2016
11.3 Entrata in vigore, decorrenza delle disposizioni e “clausola di salvaguardia” di cui all’art. 3 del D.M. 3 agosto 2017
- Il “nuovo” bilancio previsto dal Codice civile
Attraverso il recepimento della Direttiva n. 34/2013/UE, con il D.Lgs. n. 139 del 18 agosto 2015 sono state modificate le regOIC alla base della redazione del bilancio d’esercizio.
Le novità riguardano, in generale, i seguenti aspetti:
– postulati di bilancio:
– postulato della rilevanza; o postulato della rappresentazione sostanziale.
– valutazione e rappresentazione delle poste di bilancio:
– costi di ricerca e di pubblicità;
– azioni proprie;
– strumenti finanziari derivati e fair value;
– ammortamento dei costi di sviluppo;
– ammortamento dell’avviamento;
– valutazione di titoli immobilizzati, crediti e debiti;
– rapporti con imprese controllate dalla medesima controllante.
– documenti di bilancio:
– redazione del rendiconto finanziario;
– modifiche allo schema di conto economico;
– modifiche allo schema dello stato patrimoniale;
– conti d’ordine.
Di seguito, si procede all’analisi delle principali modifiche nei postulati di bilancio e nella valutazione delle poste di bilancio.
- Il ruolo dei principi contabili nazionali OIC
I Principi contabili nazionali OIC assumono, a seguito delle modifiche introdotte, un ruolo sempre più rilevante. La Relazione ministeriale al D.Lgs. n. 139/2015 precisa infatti, a commento dell’art. 12 (disposizioni finali e transitorie) del medesimo decreto, che gli OIC “risulteranno di particolare utilità con riferimento alla prima applicazione delle nuove disposizioni e dei principi in esse contenuti che, come previsto dai commi 1 e 2, troveranno in parte applicazione prospettica”. Inoltre, “ai principi contabili nazionali occorrerà fare riferimento per quanto riguarda la necessaria declinazione praticar, ivi compresa la descrizione delle possibili casistiche, di norme di carattere generale che, per loro intrinseca natura e finalità (quali ad esempio quelle relative ai principi della rilevanza e della sostanza economica), recano criteri generali e non una descrizione di dettaglio che, inevitabilmente, non potrebbe essere esaustiva delle diverse fattispecie e dei fatti gestionali a cui sono rivolte”.
Ne consegue che il ruolo dei principi contabili nazionali non è solo quello di rappresentare regOIC tecniche secondarie, ma per legge è previsto che essi forniscano le ricadute pratiche per la corretta applicazione delle disposizioni civilistiche.
- Le diverse tipologie di bilancio
Di seguito si rappresenta in formato schematico e con l’ausilio di alcune Tavole il “profilo civilistico” conseguente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 139/2015 ovvero le novità che interessano le società di capitali (NOTA 1).
3.1 Profilo civilistico
Con riferimento agli schemi di bilancio previsti dalla legge, agli ormai noti bilanci in forma ordinaria ed abbreviata, si aggiunge il bilancio per le micro-imprese. I limiti per la redazione delle diverse tipologie di bilancio sono riportati nella Tavola 1.
Tavola 1 – Limiti per la redazione del bilancio in forma ordinaria, in forma abbreviata e delle microimprese.
BILANCIO IN FORMA ORDINARIA BILANCIO IN FORMA ABBREVIATA BILANCIO DELLE MICRO-IMPRESE
BILANCIO IN FORMA ORDINARIA | BILANCIO IN FORMA ABBREVIATA | BILANCIO DELLE MICRO-IMPRESE |
Nel primo esercizio o per due esercizi consecutivi superano due dei seguenti limiti:- totale attivo: 4,4 min € – totale vendite e prestazioni di servizi: 8,8 min € – dipendenti: 50 unità | Nel primo esercizio o per due esercizi consecutivi non superano due dei seguenti limiti (art. 2435-bis):totale attivo: 4,4 min € totale vendite e prestazioni di servizi: 8,8 min € dipendenti: 50 unità società che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati | Nel primo esercizio o per due esercizi consecutivi non superano due dei seguenti limiti (art. 2435-ier):totale attivo: 175 mila € totale vendite e prestazioni di servizi: 350 mila € dipendenti: 5 unità società che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati |
Di seguito, si riportano le principali novità relative alle diverse tipologie di bilancio che le imprese possono redigere. Crescendo la dimensione dell’impresa, aumentano gli obblighi informativi (prospetti di bilancio, nota integrativa, rendiconto finanziario, ecc.).
Tavola 2 – Applicazione delle novità di bilancio alle diverse tipologie di bilancio.
BILANCIO ORDINARIO | BILANCIO ABBREVIATO | MICRO- IMPRESA | |
Introduzione principio di rilevanza | ✓ | ✓ | ✓ |
Introduzione principio di rappresentazione sostanziale dell’operazione | ✓ | ✓ | |
Eliminazione della possibilità di capitalizzazione di costi di ricerca e di pubblicità | ✓ | ✓ | |
Modifiche alla disciplina dell’ammortamento dell’avviamento | ✓ | ✓ | ✓ |
Iscrizione dei derivati (sia di copertura sia non di copertura) al loro fair value | Obbligo | Obbligo | Divieto |
Valutazione di titoli immobilizzati, crediti e debiti al costo ammortizzato | Obbligo | Facoltà | Facoltà |
Iscrizione delle azioni proprie a diretta riduzione del patrimonio netto | V | ✓ | V |
Obbligo redazione rendiconto finanziario | Obbligo | Facoltà | Facoltà |
Modifiche agli schemi di stato patrimoniale e conto economico | ✓ | ||
Eliminazione area straordinaria dal Conto Economico | ✓ | ✓ | ✓ |
Eliminazione dei conti d’ordine | ✓ | ✓ | ✓ |
Modifiche Nota integrativa | ✓ | ✓ | Facoltà |
Dal punto di vista civilistico, vi è la facoltà di redigere una tipologia di bilancio di “rango” superiore rispetto a quella in cui si ricade, fermo restando quanto previsto per le micro-imprese dall’ultimo comma dell’art. 2435-ter c.c. secondo cui “le società che si avvalgono delle esenzioni previste del presente articolo devono redigere il bilancio, a seconda dei casi, in forma abbreviata o in forma ordinaria quando per il secondo esercizio consecutivo abbiano superato due dei limiti indicati nel primo comma”.
Tale facoltà è utile nel caso, ad esempio, di una micro-impresa particolarmente indebitata con il sistema bancario che sceglie di fornire una più ampia e trasparente informativa attraverso la redazione del bilancio abbreviato o ordinario, che sarebbe probabilmente comunque richiesto dalla controparte bancaria.
Un altro caso tipico è costituito dalle holding di partecipazione industriale, anche in cima alla catena partecipativa di grandi gruppi, che sovente rientrano nella definizione di micro-impresa in quanto non superano i limiti previsti per i ricavi (voce Al), pur contabilizzando dividendi o plusvalenze di importo rilevante (voce C16), e per i dipendenti. Queste holding frequentemente opteranno per il bilancio ordinario, dovendo probabilmente redigere anche un bilancio consolidato.
3.2 Prof ilo fiscale
Dal punto di vista fiscale, i soggetti possono essere invece suddivisi in tre categorie:
- soggetti IAS adopter, con fiscalità basata sul principio di “derivazione rafforzata (NOTA 2)” ed altre specifiche particolarità;
- soggetti (non IAS adopter) diversi dalle micro-imprese, con fiscalità basata sul principio di “derivazione rafforzata” , definiti nel prosieguo anche soggetti “OIC adopter”;
- micro-imprese, con fiscalità basata sul principio di “derivazione semplice” (NOTA 3).
La tripartizione fiscale è piuttosto rigida come stabilito dal novellato art. 83, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante l’approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi (d’ora in avanti, TUIR), che prevede che per i soggetti che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del Codice civile e che rientrano nella definizione di micro-impresa, non trovi applicazione il c.d. principio di “derivazione rafforzata”, continuando quindi a rendersi applicabile la derivazione semplice.
Dal punto di vista strettamente letterale, il modificato art. 83 del TUIR esclude l’applicazione del principio di derivazione rafforzata per le micro-imprese anche laddove le stesse:
– redigessero il bilancio in forma ordinaria o abbreviata (applicando, quindi, interamente i criteri di valutazione di cui all’art. 2426 c.c.), oppure
– decidessero di valutare i crediti, i debiti e i titoli secondo il criterio del costo ammortizzato, pur redigendo il bilancio applicando le semplificazioni per esse previste.
Infatti, la norma fiscale fa riferimento esplicito alle micro-imprese (nell’accezione dimensionale) non tenendo conto della facoltà loro riconosciuta di redigere il bilancio in forma abbreviata o in forma ordinaria.
3.3 La necessità per le micro-imprese di adeguamento della normativa fiscale a quella civilistica
Da quanto prima indicato nei paragrafi 3.1 e 3.2, si evidenzia quindi una divergenza tra norma civilistica e norma fiscale che impone alle micro-imprese un doppio binario tra bilancio civilistico abbreviato o ordinario (scelto per opzione) e determinazione del reddito fiscale che dovrà basarsi sul principio di derivazione semplice e non rafforzata. In tal modo i costi di gestione aumenteranno e saranno anche più complicati e complessi i controlli da parte dei verificatori fiscali.
Per tale motivo, il CNDCEC ha suggerito, nelle competenti sedi istituzionali, di modificare la norma fiscale per permettere alle micro-imprese che intendono redigere il bilancio abbreviato (o ordinario), comprensivo quindi – ovviamente – della nota integrativa, di applicare, dal punto di vista fiscale, il principio di derivazione rafforzata senza essere costrette ad adottare un complicato e costoso doppio binario.
- Principi generali di redazione del bilancio
Con riferimento ai principi di redazione del bilancio, è stato introdotto il principio generale di rilevanza ed è stato ridefinito il principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma.
4.1 II principio generale di rilevanza
Il nuovo quarto comma dell’art. 2423 del Codice civile, inserito dall’art. 6 del D.Lgs. n. 139/2015, ha introdotto nel nostro ordinamento il principio di rilevanza stabilendo che “non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione”. Tale norma recepisce il principio della rilevanza introdotto dall’art. 6, par. 1, lett.y) della Direttiva comunitaria, unitamente alla richiesta di illustrare nella nota integrativa i criteri con i quali è stata data attuazione alla nuova disposizione. L’art. 2, punto 16, della Direttiva n. 2013/34/UE definisce “”rilevante”: lo stato dell’informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell’impresa” con la precisazione che “la rilevanza delle singole voci è giudicata nel contesto di altre voci analoghe”. Il concetto di rilevanza è ripreso anche dal considerando (17) della stessa Direttiva che afferma: “Il principio di rilevanza dovrebbe regolare la rilevazione, la valutazione, la presentazione, l’informativa e il consolidamento nei bilanci. In base al principio di rilevanza, informazioni considerate irrilevanti possono ad esempio essere aggregate nei bilanci. Tuttavia, mentre un singolo elemento potrebbe essere considerato irrilevante, elementi irrilevanti di natura analoga potrebbero essere considerati rilevanti ove presi nel loro insieme”.
Tavola 3 – Principio di rilevanza nel Codice civile.
RIFERIMENTI INDIRETTI AL PRINCIPIO DI RILEVANZA |
art. 2423-ter, secondo comma: “Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell’importo corrispondente; esse possono essere raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell’articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento” |
art. 2426, n. 10): “il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: «primo entrato, primo uscito» o: «ultimo entrato, primo uscito»; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa” |
art. 2427, n. 6-bis): la nota integrativa deve indicare “eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatesi successivamente alla chiusura dell’esercizio” |
art. 2427, n. 13): la nota integrativa deve indicare “l’importo e la natura dei singoli elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali (NOTA 4)” |
art. 2427, n. 22-ter): la nota integrativa deve indicare “la natura e l’obiettivo economico di accordi non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione del loro effetto patrimoniale, |
finanziario ed economico, a condizione che i rischi e i benefici da essi derivanti siano significativi e l’indicazione degli stessi sia necessaria per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico della società” |
4.2 II principio generale della rappresentazione sostanziale
L’art. 6, terzo comma, del D.Lgs. n. 139/2015 ha ricodificato il principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma, ora contenuto nel nuovo n. 1 -bis) dell’art. 2423-bis del Codice civile il quale stabilisce che “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto”. Al precedente n. 1) del medesimo articolo sono state conseguentemente soppresse le seguenti parole: “nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato” (NOTA 5), relativamente alle modalità di effettuazione della valutazione delle voci di bilancio.
La nuova disposizione recepisce quanto previsto dall’art. 6, par. 1, lett. h) della Direttiva n. 2013/34/UE, che testualmente dispone che “la rilevazione e la presentazione delle voci nel conto economico e nello stato patrimoniale tengono conto della sostanza dell’operazione o del contratto in questione”, e dal considerando (16) della stessa Direttiva secondo cui: “… La presentazione delle voci di bilancio dovrebbe essere fatta tenendo conto della realtà economica o della sostanza commerciale dell’operazione o dell’accordo sottostanti”.
La relazione illustrativa allo schema di D.Lgs. n. 139/2015 afferma testualmente che “L’art. 2423-bis, già oggi, richiama la necessità di tener conto, ai fini della valutazione delle voci di bilancio, della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato. Nella sua formulazione attuale, tuttavia, la disposizione del codice ha suscitato più di un problema interpretativo. Il concetto di funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo, infatti, può evocare il concetto di destinazione e si è lungamente discusso circa l’effettiva portata applicativa della disposizione La relazione illustrativa prosegue sul l’argomento affermando che l’art. 2423-bis in argomento è stato “… riformulato, chiarendo che il riferimento alla sostanza va riferito al contratto o all’operazione, piuttosto che alla voce dell’attivo o del passivo di bilancio, secondo un approccio più coerente con la disposizione contenuta nella direttiva”.
Il principio in parola deve essere applicato tenendo conto di quanto previsto dagli OIC per stessa ammissione della relazione illustrativa al D.Lgs. n. 139/2015.
- Criteri civilistici di valutazione
Le principali novità nella valutazione e rappresentazione delle poste di bilancio riguardano:
– i costi di ricerca, di pubblicità, di sviluppo e l’avviamento;
– le azioni proprie;
– gli strumenti finanziari derivati e fair value;
– i titoli immobilizzati, crediti e debiti.
5.1 Costi di ricerca e di pubblicità, i costi di sviluppo, l’avviamento ed il loro ammortamento
I costi di ricerca e i costi di pubblicità non possono più essere considerati immobilizzazioni immateriali dello stato patrimoniale.
Così come già nei principi contabili internazionali, l’attuale formulazione del Codice civile non consente più la capitalizzazione delle spese di ricerca e delle spese di pubblicità (queste ultime sono capita lizza bili solo se rientrano tra i costi di impianto e ampliamento) che, di conseguenza, dovranno essere spesate nel conto economico dell’esercizio di sostenimento.
L’art. 2426, punto 5), del Codice civile modificato è il seguente “i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l’ammortamento dei costi di impianto e ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati”.
Tra le modifiche apportate al Codice civile, si segnala anche la differente modalità di determinazione dell’ammortamento dell’avviamento. Il novellato art. 2426, punto 6), c.c. così stabilisce “L’ammortamento dell’avviamento è effettuato secondo la sua vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore a dieci anni. Nella nota integrativa è fornita una spiegazione del periodo di ammortamento dell’avviamento”.
5.2 Azioni proprie
L’acquisto di azioni proprie non trova più iscrizione tra le attività di bilancio ma il valore deve essere iscritto in un’apposita riserva negativa, prevista tra le voci del patrimonio netto, a seguito delle seguenti modifiche al Codice civile:
– terzo comma dell’art. 2357-ter, che diviene il seguente: “l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo”;
– nuovo settimo comma dell’art. 2424-bis, secondo cui “le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 2357-ter”.
Le voci del patrimonio netto sono state conseguentemente ridefinite nei modo seguente:
1 Capita le
II Riserva da soprapprezzo delle azioni
III Riserve di rivalutazione
IV Riserva legale
V Riserve statutarie
VI Altre riserve, distintamente indicate
VII Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi
Vili Utili (perdite) portati a nuovo
IX Utile (perdita) dell’esercizio
X Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio
La riserva negativa per azioni proprie in portafoglio viene inserita nella nuova voce contrassegnata dal numero X romano e determinerà una riduzione del patrimonio netto complessivo.
5.3 Strumenti finanziari derivati
Il nuovo punto 11 -bis) dell’art. 2426, primo comma, c.c., dedicato agli strumenti finanziari derivati, dispone che “Gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono iscritti al fair value. Le variazioni del fair value sono imputate al conto economico oppure, se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell’operazione oggetto di copertura. Gli elementi oggetto di copertura contro il rischio di variazioni dei tassi di interesse o dei tassi di cambio o dei prezzi di mercato o contro il rischio di credito sono valutati simmetricamente allo strumento derivato di copertura; si considera sussistente la copertura in presenza, fin dall’inizio, di stretta e documentata correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell’operazione coperti e quelle dello strumento di copertura. Non sono distribuibili gli utili che derivano dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati non utilizzati o non necessari per la copertura. Le riserve di patrimonio che derivano dalla valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite”.
Pertanto, gli strumenti finanziari derivati trovano iscrizione tra le attività e passività di bilancio, al loro fair value. Se il fair value è negativo lo strumento finanziario derivato è una passività o una voce negativa di patrimonio netto, mentre se il fair value è positivo lo strumento finanziario derivato è un’attività. Al fine di accogliere la valutazione di derivati al fair value, sono state inserite le seguenti nuove voci:
– nello Stato Patrimoniale:
– B.iii.4) dell’attivo, tra le immobilizzazioni finanziarie: “Strumenti finanziari derivati attivi”;
– C.III.5) dell’attivo, tra le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni: “Strumentifinanziari derivati attivi”;
– A.VII nel raggruppamento A del passivo, tra le voci di patrimonio netto: “Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi”;
– B.3) del passivo, tra i fondi per rischi e oneri: “Strumenti finanziari derivati passivi”.
– nel Conto economico sono state inserite le nuove voci:
– D.18.d): “Rivalutazioni di strumenti finanziari derivati”;
– D.19.d): “Svalutazioni di strumenti finanziari derivati”.
In estrema sintesi, le regole contabili a regime, sono le seguenti:
– la variazione di valore degli strumenti finanziari derivati non di copertura e la variazione di valore degli strumenti finanziari derivati di copertura del fair value sono imputate al conto economico;
– la variazione di valore degli strumenti finanziari derivati di copertura dei flussi finanziari e degli impegni programmati è imputata a patrimonio netto.
Derivati di copertura e non di copertura
Gli strumenti finanziari derivati si possono classificare in:
– derivati di copertura;
– derivati non di copertura.
A questo proposito occorre fare una premessa: le imprese non finanziarie dovrebbero porre in essere esclusivamente operazioni con finalità di copertura. Gli swap, i forward, le option dovrebbero essere stipulati per ridurre l’esposizione ad un qualche rischio finanziario. Si pensi al caso di un’impresa esportatrice la cui valuta di fatturazione è il dollaro: se l’impresa non ha flussi di segno opposto (acquisti in dollari) si trova esposta al rischio di variazione del tasso di cambio euro/dollaro. L’impresa può sottoscrivere uno strumento derivato (es.: un contratto a termine per vendere dollari) che reagisca alle variazioni del tasso di cambio in modo opposto rispetto alla vendita effettuata: così facendo, se l’andamento del tasso di cambio genera una perdita sull’operazione di vendita, sul contratto derivato si genera un utile che compensa totalmente o parzialmente la perdita sull’operazione coperta.
Va però sottolineato che, anche nei casi in cui i derivati stipulati da imprese non finanziarie avessero sempre finalità di copertura, ai fini della rappresentazione in bilancio ciò non costituisce una condizione sufficiente, in quanto esso può essere qualificato “di copertura” soltanto se sussistono determinati requisiti. Tutti i derivati che non posseggono questi requisiti devono essere qualificati, ai fini della rappresentazione in bilancio, come derivati “non di copertura” anche se per l’impresa che lo ha sottoscritto le finalità sono di copertura.
Contabilizzazione dei derivati non di copertura
La regola generale della contabilizzazione degli strumenti finanziari derivati è quella prevista per i derivati non di copertura.
Gli strumenti finanziari derivati non qualificati come di copertura devono essere sempre adeguati al loro fair value ed iscritti come:
– attività finanziaria se fair value positivo;
– passività finanziaria se value negativo.
Gli adeguamenti di fair value devono essere iscritti in Conto economico: se gli adeguamenti sono positivi, gli utili non sono distribuibili (come previsto dall’art. 2426, comma 1, n. 11 -bis c.c.).
In merito alla classificazione in bilancio, se i derivati hanno un fair value positivo, sono sempre rilevati nella voce “Strumenti finanziari derivati attivi” dell’attivo circolante (C.III.5), mentre se i derivati hanno un fair value negativo sono rilevati nella voce “Strumenti finanziari derivati passivi” dello Stato patrimoniale (B.3).
Nel Conto economico si utilizzano invece le seguenti voci:
– se la variazione del fair value è positiva, alla voce “D.18.d – Rivalutazione di strumenti finanziari derivati”;
– se la variazione del fair value è negativa, alla voce “D.19.d – Svalutazione di strumenti finanziari derivati”.
Contabilizzazione dei derivati di copertura
Il Codice civile, all’art. 2426 punto 11 – bis, stabilisce che “si considera sussistente la copertura in presenza, fin dall’inizio, di stretta e documentata correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell’operazione coperta e quelle dello strumento di copertura”.
I requisiti per definire se il derivato può essere contabilizzato come derivato di copertura sono particolarmente stringenti (NOTA 6).
II principio contabile 32 identifica le seguenti relazioni di copertura:
– copertura di un flusso finanziario (Cash Flow Hedge) che si applica quando l’obiettivo della copertura è quello di limitare l’esposizione al rischio di variabilità dei flussi finanziari attribuibili ad attività o passività iscritte in bilancio (es. copertura dal rischio di tasso di interesse del flusso di interessi passivi a tasso variabile generato da un debito iscritto in bilancio), ad impegni irrevocabili oppure a programmate operazioni altamente probabili (es. copertura dal rischio di tasso di cambio di vendite o acquisti previsti e denominati in una valuta diversa dall’euro);
– copertura di fair value (Fair Value Fledge) che si applica quando l’obiettivo della copertura è quello di limitare l’esposizione al rischio delle variazioni di fair value di attività (es. copertura dal rischio di tasso di interesse di un BTP il cui valore, dal momento che si tratta di un titolo a reddito fisso, varia in relazione all’andamento del tasso di interesse) o passività iscritte in bilancio o ad impegni irrevocabili.
Pertanto, al fine di qualificare uno strumento finanziario di copertura occorre:
– dimostrare la correlazione tra lo strumento di copertura e l’operazione coperta;
– documentare la sopracitata relazione.
L’OIC 32 ha individuato nel dettaglio le modalità attraverso le quali dimostrare la correlazione ed ha previsto un modello semplificato per le relazioni di copertura semplice.
Di seguito, si procede ad una analisi dei requisiti per la definizione delle coperture semplici, analizzando esclusivamente le coperture di flussi finanziari attesi.
L’OIC 32 stabilisce che il modello contabile da applicare nel caso di coperture semplici deve prevedere, per la designazione della copertura, che la relazione di copertura consista solo di strumenti di copertura ammissibili e di elementi coperti ammissibili.
Ad esempio, non rientrano tra le coperture ammissibili le relazioni di copertura nelle quali lo strumento di copertura sia rappresentato da opzioni (puf o cali) vendute o da una combinazione di strumenti finanziari derivati che abbiano lo stesso effetto di un’opzione venduta, a meno che sia designata a compensazione di un’opzione (puf o cali) acquistata.
Inoltre, lo strumento finanziario derivato deve essere designato come strumento di copertura nella sua interezza: tra le eccezioni il principio contabile riporta l’esempio di un derivato utilizzato come strumento di copertura solo per una quota dello strumento stesso, ad esempio per il 50% del sottostante. Tuttavia,
lo strumento di copertura non può essere designato per una parte del periodo di tempo in cui lo strumento è in circolazione: ad esempio, se il finanziamento ha una durata di 10 anni, uno strumento derivato della durata di 12 anni non può essere designato come di copertura solo per 10 anni.
Tra gli elementi coperti ammissibili nell’ambito di una copertura di flussi finanziari rientrano i seguenti:
– flussi finanziari derivanti da attività e passività iscritte in bilancio;
– impegni irrevocabili;
– operazioni programmate altamente probabili.
L’OIC 32 precisa, invece, che un elemento di patrimonio netto non può essere designato come elemento coperto.
Dopo aver verificato che gli strumenti di copertura siano ammissibili così come gli elementi coperti, per designare una relazione di copertura semplice occorre dimostrare la sussistenza dei seguenti elementi:
- a) all’inizio della relazione di copertura, che vi sia una designazione e documentazione formale della relazione di copertura, degli obiettivi della società nella gestione del rischio e della strategia nell’effettuare la copertura. La documentazione deve includere l’individuazione dello strumento di copertura, dell’elemento coperto, della natura del rischio coperto e di come la società valuterà se la relazione di copertura soddisfi i requisiti di efficacia della copertura (compresa la sua analisi delle fonti di inefficacia della copertura e di come essa determina il rapporto di copertura);
- b) la relazione di copertura sia considerata efficace semplicemente verificando che gli elementi portanti (quali importo nominale, scadenza, date di regolamento e sottostante) dello strumento di copertura e dell’elemento coperto siano del tutto simili e lo strumento finanziario di copertura sia stato sottoscritto a condizioni di mercato (nel caso degli IRS significa che il fair value iniziale deve essere pressoché nullo). Inoltre, il rischio di credito della controparte non deve essere tale da incidere significativamente sul fair value sia dello strumento di copertura sia dello strumento coperto.
Pertanto, nel caso di una copertura di un finanziamento a tasso variabile, qualora il finanziamento sottostante e lo strumento finanziario derivato corrispondano in termini di tasso variabile, valore nozionale, date di pagamento e scadenza e, al momento dell’inizio della copertura, il fair value del derivato sia sostanzialmente nullo, la relazione di copertura può essere attivata senza ulteriori analisi. È in ogni caso necessario preparare, all’inizio della copertura, la relativa documentazione.
Il Codice civile prevede che la relazione di copertura debba esistere fin dall’inizio: a tale regola fanno eccezione i derivati stipulati in esercizi precedenti e che, per la prima volta, trovano iscrizione nello Stato patrimoniale all’1.1.2016.
A seguito della designazione, nel caso di copertura di flussi finanziari, lo strumento finanziario derivato è valutato al fair value ad ogni data di chiusura di bilancio e la variazione è imputata alla “riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi” all’interno del patrimonio netto, nella voce A.VII) dello Stato patrimoniale, fino a quando l’elemento coperto non influenza il Conto economico. La riserva di patrimonio netto è infatti trasferita nel Conto economico nel momento in cui si verifica l’evento coperto.
Se la riserva ha un importo negativo, non si considera ai fini del conteggio delle perdite, mentre se è positiva, non è né disponibile, né utilizzabile per copertura perdite.
5.4 Costo ammortizzato e attualizzazione
Per effetto del D.Lgs. n. 139/2015 i criteri di valutazione civilistici per la valutazione dei titoli, crediti e debiti, sono stati così modificati:
– art. 2426, primo comma, punto 1): “le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato>, ove applicabile”;
– art. 2426, primo comma, punto 8): “i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo”.
i novellati articoli del Codice civile introducono quindi:
– l’utilizzo del criterio del costo ammortizzato per titoli, crediti e debiti;
– l’utilizzo dell’attualizzazione (fattore temporale) per i crediti ed i debiti.
Il Codice civile non fornisce la definizione di “costo ammortizzato”, rimandando espressamente (cfr. art. 2426, secondo comma) ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione europea.
Il principio contabile internazionale che riporta la definizione di “costo ammortizzato” è lo IAS 39 che al paragrafo 9 fornisce la seguente definizione: “Il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui è stata misurata al momento della rilevazione iniziale l’attività o la passività finanziaria al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento complessivo utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenzar, e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità”.
Il costo ammortizzato e l’attualizzazione possono non trovare applicazione qualora gli effetti siano irrilevanti (art. 2423, quarto comma, c.c.).
L’OIC 15 (motivazioni alla base delle decisioni assunte, par. 3) e l’OIC 19 (motivazioni alla base delle decisioni assunte, par. 3) esplicitano i seguenti casi in cui il criterio del costo ammortizzato e della connessa attualizzazione può non essere applicato:
– crediti/debiti con scadenza inferiore ai 12 mesi;
– crediti/debiti con scadenza superiore ai 12 mesi quando i costi di transazione, le commissioni pagate tra le parti e ogni differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo.
L’OIC 20 (motivazioni alla base delle decisioni assunte, par. 3) stabilisce invece che con riferimento ai titoli di debito detenuti in portafoglio per un periodo inferiore ai 12 mesi e ai titoli di debito detenuti durevolmente con costi di transazione o premi/scarti di sottoscrizione o negoziazione non significativi non si producono effetti rispetto alle precedenti prassi.
- Principio di derivazione rafforzata
Il nuovo art. 83 del TUIR, al comma 1 (come modificato dall’art. 13-bis del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2017, n. 19), prevede “per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile” il principio della derivazione rafforzata secondo il quale ai fini della determinazione del reddito d’impresa “valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili”.
Per la decodificazione pratica di tale principio, il successivo comma 1 -bis del citato art. 83 rimanda in quanto compatibili, alle disposizioni di attuazione contenute nei seguenti provvedimenti normativi:
– D.M. 1° aprile 2009, n. 48 (primo decreto IAS) e
– D.M. 8 giugno 2011 (secondo decreto IAS).
Si ricorda anche che, sulla base del tenore letterale dell’art. 83 del TUIR, non rientrano nella derivazione rafforzata i fenomeni meramente valutativi che non assumono rilievo ai fini fiscali (nota 7).
Di seguito, una breve sintesi del quadro normativo di riferimento relativo alla determinazione del reddito ordinario (senza tenere conto delle operazioni straordinarie), alla luce del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2017 (al momento di andare in stampa, ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) che ha modificato ed integrato i due decreti IAS al fine di renderli applicabili anche ai soggetti OIC adopter, diversi dalle micro-imprese, in attuazione di quanto previsto dal comma 11 dell’art. 13-bis del D.L. n. 244/2016.
l D.M. 3 agosto 2017 è composto da 3 articoli:
– il primo contiene modifiche al D.M. 8 giugno 2011;
– il secondo individua le disposizioni dei due decreti IAS (D.M. n. 48/2009 e D.M. 8 giugno 2011) che sono applicabili ai soggetti OIC adopter, diversi dalle micro-imprese;
– il terzo inserisce una clausola di salvaguardia che rende salvi gli effetti sulla determinazione della base imponibile non coerenti con il nuovo decreto, con riferimento ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.M. per i quali sono già scaduti i termini di versamento a saldo delle imposte dirette.
Per un quadro completo, si attendono ora gli opportuni chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate.
6.1 Qualificazione, imputazione temporale e classificazione
I concetti di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio (c.d. “Qu.l.C”) sono delineati dall’Agenzia delle entrate (NOTA 8) nel seguente modo:
DEFINIZIONE | DESCRIZIONE |
Qualificazione | Qualificare significa individuare:lo schema giuridico-contrattuale cui ricondurre la specifica operazione in base alla rappresentazione in bilancio (ad es., acquisto con pagamento differito); se l’operazione genera flussi reddituali o patrimoniali (ad es., acquisto e vendita di azioni proprie); se l’operazione non sia rappresentata nel bilancio IAS (ora anche OIC adopter), ma possa considerarsi fiscalmente realizzata o meno sotto il profilo giuridico-formale (ad es., vendita con assunzione di garanzia significativa). |
Classificazione | Classificare significa individuare:la specifica tipologia o classe di provento/onere (Conto economico) di ciascuna operazione, come qualificata nella rappresentazione IAS (ora anche OIC adopter) (ad es., fondi di ripristino e bonifica); la specifica tipologia o classe di attivo/passivo (Stato Patrimoniale) di ciascuna operazione, come qualificata nella rappresentazione IAS (ora anche OIC adopter) (ad es., classificazione di attività e strumenti finanziari). |
Imputazionetemporale | Imputare sotto il profilo temporale significa individuare:la maturazione economica che potrebbe essere diversa da quella giuridico-formale (ad es., ricavi di attivazione); il periodo d’imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti concorrono a formare la base imponibile (oneri relativi a più esercizi di cui all’art. 108, comma 3, del TUIR). Il fenomeno delle “imputazioni temporali” attiene alla corretta individuazione del periodo d’imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti devono concorrere a formare la base imponibile. |
6.2 D.M. 1° aprile 2009, n. 48
Il D.M. 3 agosto 2017 ha stabilito che, anche in riferimento ai soggetti OIC adopter, si applicano i commi 1, 2 e 3 dell’art. 2 del D.M. 1 aprile 2009 n. 48 (primo decreto IAS).
Il comma 1 prevede che:
– ai fini della determinazione del reddito imponibile IRES (Capo II, Sezione I, del TUIR), assumono rilevanza gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma previsto dagli IAS (ed ora anche dagli OIC);
– devono intendersi non applicabili le disposizioni dell’art. 109, comma 1 (requisiti di certezza e determinabilità dei componenti reddituali) e comma 2 (determinazione dell’esercizio di competenza).
II comma 2 dell’art. 2 del D.M. n. 48/2009 dispone alcune limitazioni ai precedente comma 1 in quanto restano applicabili le disposizioni del TUIR “che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione o ne dispongono la ripartizione in più periodi di impostar, nonché quelle che esentano o escludono, parzialmente o totalmente, dalla formazione del reddito imponibile componenti positivi, comunque denominati, o ne consentono la ripartizione in più periodi di impostar, e quelle che stabiliscono la rilevanza di componenti positivi o negativi nell’esercizio, rispettivamente, della loro percezione o del loro pagamento”.
In sintesi, il citato comma 2, come interpretato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 7/E/2011, afferma che continuano ad applicarsi le disposizioni del TUIR che prevedono:
D.M. N. 48/2009, ART. 2, COMMA 2 | FATTISPECIE FISCALE |
Limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi | Limitazioni alla deduzione delle quote di ammortamento dei beni strumentali materiali e immateriali (articoli 102, 102-bis e 103 del TUIR)Limitazioni della deducibilità degli oneri di utilità sociale (art. 100 del TUIR) Limiti in materia di svalutazione dei crediti e di accantonamenti per rischi su crediti (art. 106 del TUIR) Limiti alla deducibilità delle spese di rappresentanza (art. 108 del TUIR) Indeducibilità, nella misura del 25 per cento, delle spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande (art. 109, comma 5, del TUIR) |
Esclusione dal reddito di componenti negativi | Divieto di deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati deducibili ai fini dell’IRES (art. 107, comma 4, del TUIR) |
Ripartizione in più periodi di imposta di componenti negativi | Spese relative a più esercizi ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUIR, a seguito della nuova formulazione introdotta dall’art. 13-bis del D.L. n. 244/2016 |
Esenzione od esclusione dalla base imponibile di componenti positivi di reddito | Regime di esenzione parziale (c.d. PEX), nella misura del 95 per cento, delle plusvalenze su azioni o quote di partecipazioni aventi i requisiti previsti dall’art. 87 del TUIRRegime di esclusione, nel limite del 95 per cento, dei dividendi di cui all’art. 89 del TUIR Irrilevanza dei maggiori valori iscritti in relazione ad azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che si considerano immobilizzazioni finanziarie (art. 85, comma 3, e art. 110 del TUIR) |
Ripartizione in più periodi di imposta di componenti positivi | Plusvalenze realizzate ai sensi dell’art. 86, comma 4, del TUIR |
Rilevanza di componenti positivi o negativi secondo il principio di cassa | Compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, del TUIR (art. 95, comma 5, del TUIR)Utili distribuiti Interessi di mora (art. 109, comma 7, del TUIR) |
Il secondo periodo del comma 2 dell’art. 2 del D.M. n. 48/2009 stabilisce che concorrono comunque alla formazione del reddito imponibile i componenti positivi e negativi, fiscalmente rilevanti ai sensi delle disposizioni dei TUIR, imputati direttamente a patrimonio per effetto dell’applicazione dei principi contabili.
In questo modo, si chiarisce che anche i componenti positivi imputati a patrimonio assumono rilevanza fiscale e non soltanto i componenti negativi, cui fa espresso riferimento l’art. 109, comma 4, del TUIR, così come modificato dall’art. 13-bis, comma 2, lett. d) del D.L. n. 244/2016.
Per effetto del terzo periodo del comma 2 dell’art. 2 del D.M. n. 48/2009 resta ferma l’applicazione delle disposizioni:
– di cui all’art. 109, comma 3, del TUIR (ai sensi del quale “i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico”), con riferimento ai componenti da imputarsi a Conto economico ovvero a patrimonio;
– di cui all’art. 109, comma 4, lett. b) ultimo periodo del TUIR (secondo cui “le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi”).
L’art. 2, comma 3, del D.M. n. 48/2009 prevede infine che i limiti di cui all’art. 106, commi 1 e 3, del TUIR non si applicano alle differenze emergenti dalla prima iscrizione dei crediti ivi previsti (v. la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 7/E/2011, par. 4.1).
6.3 Rapporti tra soggetti OIC adopter e soggetti non O/Cadopter
L’art. 3 del D.M. n. 48/2009 si occupa, tra l’altro, delle operazioni tra soggetti che redigono il bilancio in base agli IAS (ora anche in base agli OIC) e soggetti che non li applicano. Nel caso di operazioni tra soggetti OIC adopter e soggetti non OIC adopter, la rilevazione ed il trattamento fiscale di tali operazioni sono determinati per ciascun soggetto in base alla corretta applicazione dei principi contabili di ciascun soggetto (comma 2). Ne discende che:
– i soggetti OIC adopter applicano il principio di derivazione rafforzata;
– le micro-imprese seguono l’impostazione giuridico-formale propria del principio di derivazione semplice.
Il precedente comma 1 stabilisce inoltre che il riconoscimento ai fini fiscali dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio adottati in base alla corretta
applicazione dei principi contabili IAS (ora anche OIC) non determina, comunque, in capo allo stesso
soggetto d’imposta:
– doppia deduzione ovvero nessuna deduzione di componenti negativi;
– doppia tassazione ovvero nessuna tassazione di componenti positivi.
Tale principio è riferito al singolo contribuente, non imponendo una coerenza di rappresentazione di bilancio tra i partecipanti ad una medesima relazione negoziale.
Al riguardo, è opportuno altresì ricordare che, secondo quanto precisato dalla relazione illustrativa al D.M. 3 agosto 2017, “il principio di non necessaria simmetria – come già disposto per le operazioni tra soggetti IAS/IFRS per le operazioni rappresentate contabilmente con criteri non omogenei – è stato esteso anche all’ipotesi di operazioni intercorse tra due soggetti Nuovi OIC, qualora i principi contabili consentano di rappresentare le operazioni intercorse tra loro con criteri non omogenei (vedasi, in particolare, l’obbligo/facoltà di applicare il criterio del costo ammortizzato previsto dagli OIC 15 e 19)’’.
Il nuovo D.M. attuativo stabilisce che, come indicato nel comma 4 del D.M. n. 48/2009, è applicabile anche il comma 6 dell’art. 89 del TUIR con riferimento agli interessi, dividendi ed altri proventi
derivanti da titoli acquisiti, sotto il profilo giuridico, in base ai rapporti di cui all’art. 44, comma 1, del TUIR, lettere g-bis) (proventi da riporti e pronti contro termine su titoli e valute) e g-ter) (proventi dal mutuo di titoli garantito).
Da ultimo, ai soggetti OIC adopter si applica anche il comma 3 dell’art. 3 del D.M. n. 48/2009 secondo il quale il regime fiscale è individuato in base alla natura giuridica delle operazioni quando:
– oggetto delle operazioni sono le azioni, le quote di partecipazioni ed i titoli similari alle azioni, escluse le azioni proprie e gli altri strumenti rappresentativi del patrimonio;
– si tratta di individuare il soggetto cui spetta l’attribuzione di ritenute o crediti d’imposta (nota 9).
6.4 D.M. 8 giugno 2011
Il D.M. 8 giugno 2011 (secondo decreto IAS) (nota 10) è finalizzato a fornire ai soggetti IAS adopter ulteriori disposizioni di coordinamento per l’applicazione delle norme del TUIR che regolano la determinazione del reddito imponibile. Come indicato nella relazione illustrativa, il decreto in oggetto prosegue nel processo di coordinamento iniziato con il D.M. 1° aprile 2009, n. 48 alla luce dei criteri indicati nel comma 60 dell’art. 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 244, richiamato ora anche dal comma 2 dell’art. 83 del TUIR.
La tabella seguente riporta l’elenco degli articoli del D.M. 8 giugno 2011 evidenziando quelli che il D.M. 3 agosto 2017 ha ritenuto applicabili ai soggetti OIC adopter.
ART. | DESCRIZIONE |
1 | Definizioni e ambito di applicazioneNon rilevante ai fini in oggetto |
2 | Determinazione base imponibile IRAP e imputazione a conto economico Applicabile parzialmente con riferimento al comma 2La parte applicabile riguarda l’IRAP poiché l’art. 2, comma 2, prevede che i componenti fiscalmente rilevanti ai fini IRAP imputati direttamente a patrimonio netto concorrono a formare la base imponibile del tributo regionale al momento dell’imputazione a Conto economico. Se per tali componenti non è mai prevista l’imputazione a conto economico la rilevanza fiscale è stabilita secondo le disposizioni applicabili ai componenti imputati al conto economico aventi la medesima natura. |
3 | Classificazione degli immobili strumentali ai sensi dell’art. 43 del TUIR Applicabile parzialmente con riferimento al comma 1Per gli immobili di cui al principio contabile OIC 16 la parte applicabile concerne l’art. 3, comma 1, che stabilisce che gli immobili classificati ai sensi del principio contabile si considerano strumentali solo se presentano i requisiti di cui all’art. 43 del TUIR. Altrimenti, vanno considerati immobili-patrimonio a cui si applica l’art. 90 del TUIR. |
4 | Riclassificazione delle attività finanziarieNon applicabile |
5 | Strumenti finanziariApplicabile integralmente L’art. 5 stabilisce che indipendentemente dalla qualificazione e dalla classificazione |
ART. | DESCRIZIONE |
adottata in bilancio, si considerano:similari alle azioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 44 del TUIR, con remunerazione costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi; similari alle obbligazioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lett. c) del comma 2 dell’art. 44 del TUIR e cioè i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli ed i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa. Si evidenzia che con il nuovo comma 4-0/5 sono stati disciplinati gli effetti fiscali derivanti dalla contabilizzazione con l’applicazione del costo ammortizzato dei finanziamenti infragruppo infruttiferi o a tassi “significativamente” diversi a quelli di mercato. In particolare, è stabilito che nel caso di operazioni di finanziamento tra soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’art. 2359 c.c. assumono rilevanza fiscale esclusivamente i componenti positivi e negativi imputati a conto economico desumibili dal contratto di finanziamento, laddove siano rilevati nello stato patrimoniale componenti derivanti dal processo di attualizzazione a tassi di mercato previsto dal criterio del costo ammortizzato. | |
6 | Operazione con pagamento basato su azioni per servizi forniti da dipendentiNon applicabile |
7 | Operazioni di coperturaApplicabile parzialmente con riferimento ai commi 2, 3 e 4 L’art. 7 è applicabile quasi integralmente con riferimento ai commi 2 (strumenti finanziari con finalità di copertura), 3 (ipotesi di copertura di flussi finanziari) e 4 (relazione di copertura risultante da atto di data certa anteriore o contestuale alla negoziazione dello strumento di copertura). |
8 | Beni gratuitamente devolvibiliNon applicabile |
9 | AccantonamentiApplicabile parzialmente L’art. 9 è applicabile per le passività di scadenza o ammontare incerti che presentano i requisiti di cui all’OIC 31. |
10 | Ammortamento beni immateriali a vita utile indefinitaNon applicabile |
11 | Regole di compatibilità della disciplina del riallineamento e rivalutazione volontari dei valori contabiliNon applicabile |
12 | Decorrenza delle disposizioni del presente decretoNon rilevante ai fini in oggetto |
Obbligazioni convertibili
L’art. 2 del D.M. 3 agosto 2017 ha revisionato l’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, intervenendo in modo significativo per quanto concerne il trattamento fiscale delle obbligazioni convertibili e dei finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci. Prima di analizzare tali modifiche, giova osservare, come sintetizzato nella tabella di cui sopra, che il D.M. del 3 agosto 2017 ha esteso anche ai soggetti OIC odopfer-che non si qualifichino come microimprese ai sensi dell’art. 2435-ier c.c. – l’applicazione dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, norma che deroga al criterio di derivazione rafforzata, generalmente previsto dal comma 1 -bis dell’art. 83 del TUIR, con riguardo alla qualificazione fiscale degli strumenti finanziari (emessi o sottoscritti).
Più precisamente, l’estensione dell’art. 5 ai soggetti OIC adopter ha determinato che questi ultimi qualifichino fiscalmente uno strumento finanziario come partecipazione o titolo di debito sulla base della disposizione di cui all’art. 44 del TUIR. In altre parole, il regime fiscale dei titoli, e dei relativi flussi reddituali, va ricostruito sulla base dei criteri distintivi fissati dal citato art. 44; non esplica, pertanto, alcuna rilevanza nell’individuazione del regime fiscale da applicarsi allo strumento finanziario la qualificazione e classificazione di quest’ultimo adottata in bilancio.
Per quanto disposto dal comma 2 dell’art. 44 TUIR continuano, quindi, ad essere considerati partecipativi oltre alle azioni anche “I titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi”.
Come noto, inoltre, i titoli partecipativi ai fini fiscali sono, in ogni caso, strumenti la cui remunerazione non è deducibile dalla società emittente.
In definitiva, uno specifico strumento finanziario, anche in deroga alla rappresentazione di bilancio, è considerato partecipativo nella misura in cui la sua remunerazione:
– è costituita integralmente dai risultati economici della società emittente;
– è indeducibile per la società emittente.
Ciò premesso, l’estensione dell’art. 5 ai soggetti OIC adopter comporta l’introduzione per tali soggetti di una specifica disciplina fiscale, già applicabile ai soggetti IAS adopter, volta a regolamentare il trattamento delle obbligazioni convertibili.
È noto che in caso di emissione di queste ultime, il contratto tra il soggetto emittente e il soggetto sottoscrittore attribuisce a quest’ultimo la facoltà di convertire l’obbligazione in una partecipazione al capitale dell’emittente. È il contratto a stabilire l’effettiva modalità di esercizio dell’opzione tra cui il rapporto a cui l’obbligazione potrà essere convertita in capitale (c.d. strike price). Evidentemente, per il sottoscrittore ci sarà convenienza alla conversione qualora il valore di mercato della partecipazione ottenibile a seguito dell’esercizio dell’opzione risulti superiore al valore dei flussi di cassa garantiti dallo strumento obbligazionario.
Per quanto concerne il trattamento contabile di tale strumento, l’OIC 32 chiarisce, nel par. 49, che “nel caso di un titolo di debito obbligazionario convertibile emesso, l’allocazione del valore del contratto ibrido al contratto primario e al contratto derivato deve avvenire determinando il fair value del contratto primario e attribuendo il valore che residua al contratto derivato”.
Il valore d’iscrizione del contratto primario (c.d. straight bond) sarà determinato dall’attualizzazione al tasso d’interesse di mercato delle future cedole garantite dallo strumento e del suo valore nominale oggetto di rimborso a scadenza.
Nel caso di obbligazioni convertibili il tasso di mercato preso a riferimento non potrà che risultare superiore al nominale. Ciò in quanto il tasso di mercato è rappresentato dal tasso d’interesse riconosciuto da titoli di credito con caratteristiche similari a quelle dell’obbligazione convertibile, ma che non incorporano l’opzione di conversione.
Il minore tasso d’interesse garantito dall’obbligazione convertibile è, pertanto, fisiologico in quanto ricomprende un’implicita remunerazione che il sottoscrittore riconosce all’emittente dello strumento a titolo di premio per la fruizione dell’opzione di conversione.
Lo strumento finanziario derivato è iscritto per il soggetto emittente in una riserva di patrimonio netto e per il soggetto sottoscrittore come derivato nell’attivo dello stato patrimoniale. In effetti, l’opzione di conversione non potrà che avere un valore positivo per il soggetto sottoscrittore in quanto – qualificandosi l’opzione come un derivato asimmetrico, ossia un derivato che eccetto il premio di sottoscrizione iniziale non determina alcun obbligo di futuri esborsi monetari – non può mai configurarsi per il sottoscrittore come una passività.
In ogni caso, tale componente non è soggetto né per l’emittente, né per il sottoscrittore ad alcuna valutazione successiva. Pertanto, differentemente da quanto previsto dal par. 47 dell’OIC 32 con riguardo ad un generico derivato embedded, l’opzione di conversione (warrant) è rilevata inizialmente al fair value – determinato per differenza tra il fair value dell’obbligazione convertibile e il valore attualizzato dello straight bond – ma non è soggetta, alle successive date di chiusura di bilancio, ad alcuna valutazione al fair value.
L’OIC 19 prevede, inoltre, che la componente relativa allo straight bond sia valutata secondo il criterio del costo ammortizzato. Ciò implica che negli esercizi successivi a quello di rilevazione iniziale si verificherà un graduale riallineamento del valore d’iscrizione contabile dell’obbligazione con il suo valore nominale; tale effetto è determinato dalla contabilizzazione di interessi calcolati sulla base del tasso di rendimento effettivo che risulta superiore al tasso di interesse nominale previsto dallo strumento. È proprio la differenza tra interessi maturati e interessi riconosciuti contrattualmente che si cumula sul valore del debito fino a che questo raggiunge il suo valore nominale.
Premesso il trattamento contabile delle obbligazioni convertibili, si comprende meglio il relativo trattamento fiscale disciplinato dal comma 4 dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, così come modificato dal D.M. 3 agosto 2017.
La disposizione richiamata prevede testualmente che “Nell’ipotesi di mancato esercizio di diritti connessi a strumenti finanziari rappresentativi di capitale, le riserve iscritte in bilancio a fronte delle relative assegnazioni concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura in cui le predette assegnazioni hanno generato componenti negativi che hanno assunto rilievo fiscale; parimenti, in capo al detentore di tali diritti è ammesso in deduzione l’importo corrispondente ai maggiori interessi attivi contabilizzati e assoggettati a tassazione per effetto dello scorporo e della rilevazione contabile dei diritti stessi”.
In sostanza, indirettamente la suddetta previsione stabilisce, in prima analisi, l’applicazione della derivazione rafforzata alla fattispecie. Ciò comporta che il soggetto emittente l’obbligazione potrà dedurre gli interessi contabilizzati che, come visto, risultano superiori a quelli nominali e, in modo speculare, il soggetto sottoscrittore dello strumento dovrà considerare imponibili gli interessi attivi contabilizzati, superiori a quelli nominali.
Tuttavia, in caso di mancata conversione dell’obbligazione, il comma 4 dell’articolo 5 deroga alla rilevanza fiscale della rappresentazione contabile; in particolare, è previsto il recapture del maggior ammontare dedotto di interessi passivi (rispetto a quelli negoziali) da parte del soggetto emittente, da effettuarsi mediante una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.
Il D.M. del 3 agosto 2017, oltre ad estendere tale disposizione ai soggetti OIC adopter, interviene altresì a colmare una “lacuna” del medesimo comma 4 che, nella precedente versione, stabiliva, in caso di mancato esercizio dell’opzione, l’imponibilità in capo all’emittente dei maggiori interessi dedotti, ma nulla prevedeva in merito alla deducibiiità dei maggiori interessi attivi assoggettati ad imposizione in capo ai sottoscrittore, ai ricorrere dei medesimo presupposto.
Tale asimmetria è stata eliminata laddove l’attuale versione della disposizione prevede che in caso di mancato esercizio dell’opzione “parimenti, in capo al detentore di tali diritti, è ammesso in deduzione l’importo corrispondente ai maggiori interessi attivi contabilizzati e assoggettati a tassazione per effetto dello scorporo e della rilevazione contabile dei diritti stessi”.
Il novellato comma 4 prevede che, in ogni caso, tale meccanismo di recapture non trova applicazione nella misura in cui il contribuente abbia iscritto un derivato ex art. 112 TUIR, comportamento generalmente utilizzato nella prassi. In tal caso, infatti, l’asimmetria è corretta in via automatica dalla svalutazione fiscalmente rilevante del derivato iscritto in bilancio.
In conclusione, la disposizione del comma 4 dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011 afferma il generale principio della derivazione rafforzata dell’imponibile fiscale dalle risultanze in bilancio anche alla fattispecie dell’emissione di obbligazioni convertibili, sebbene lo condizioni all’effettiva conversione dell’obbligazione in capitale.
Finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci
Il D.Lgs. n. 139/2015 ha introdotto, tra l’altro, il criterio del costo ammortizzato per la valutazione dei debiti. Infatti, a seguito delle modifiche apportate ai criteri di valutazione civilistici, l’art. 2426, primo comma, punto 8) del Codice civile prevede ora che: “… i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale …”. Il costo ammortizzato e l’attualizzazione possono non trovare applicazione qualora gli effetti siano irrilevanti (art. 2423, quarto comma, c.c.).
Le casistiche interessate dal criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione riguardano, per le società tenute alla predisposizione del bilancio nella forma ordinaria, ad esempio (nota 11):
– emissione di prestito obbligazionario sotto o sopra la pari con facoltà o meno di rimborso anticipato;
– inanziamenti con scadenza superiore a 12 mesi con rilevanti costi di transazione iniziali;
– concessione di crediti o assunzione di debiti commerciali con scadenza superiore a 12 mesi e sottoscritti non a condizioni di mercato;
– concessione di crediti o assunzione di debiti finanziari a condizioni diverse da quelle di mercato con scadenza superiore a 12 mesi;
– acquisto di immobilizzazioni con pagamento oltre 12 mesi senza il riconoscimento di un interesse di mercato al fornitore;
– erogazione di finanziamenti infruttiferi tra socio e società.
In merito alla contabilizzazione dei debiti ed in particolare dei finanziamenti infruttiferi e fruttiferi tra socio e società ovvero intercompany, l’applicazione del nuovo criterio comporta rilevanti novità.
Il nuovo principio contabile OIC 19 nell’illustrare l’applicazione operativa del nuovo punto 8) del primo comma dell’art. 2426 c.c. prevede che i debiti, siano essi finanziari che operativi, debbano essere rilevati, per la prima volta, al valore nominale e valutati al costo ammortizzato:
– in assenza di attualizzazione
– in presenza di attualizzazione
salvo le deroghe espressamente previste che consentono di non applicare il nuovo criterio:
– per i debiti con scadenza inferiore a 12 mesi;
– per i debiti con scadenza superiore ai 12 mesi quando i costi di transazione, le commissioni pagate tra le parti e ogni differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo.
In assenza di attualizzazione, il valore di iscrizione iniziale di un debito è rappresentato dal suo valore nominale, al netto dei costi di transazione e di tutti i premi, gli sconti, gli abbuoni direttamente derivanti dalla transazione che lo ha generato ovvero:
[valore nominale del debito – sconti/premi/abbuoni] – costi di transazione
I costi di transazione ed ogni altra differenza tra il valore iniziale ed il valore nominale a scadenza sono ammortizzati lungo la durata attesa del debito attraverso il criterio dell’interesse effettivo ovvero sono imputati a conto economico con il metodo finanziario che prevede la loro ripartizione sulla base dell’interesse effettivo (determinato tenuto conto di tutti i flussi finanziari previsti sino a scadenza del debito) e non più sulla base dell’interesse nominale (interesse contrattuale).
In presenza di attualizzazione (ovvero al fine di tener conto del “fattore temporale” per la valutazione di un debito), deve essere confrontato il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali con il tasso di interesse di mercato.
Qualora il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali sia significativamente diverso dal tasso di interesse di mercato (caso tipico dei finanziamenti infruttiferi), il tasso di interesse di mercato deve essere utilizzato per attualizzare i flussi finanziari futuri derivanti dal debito.
In questo caso il valore di iscrizione iniziale del debito è pari a:
valore attuale dei flussi finanziari futuri + costi di transazione
Calcolato il valore iniziale di iscrizione a seguito dell’attualizzazione e solo in presenza di costi di transazione, occorre calcolare il tasso di interesse effettivo (determinato tenendo conto di tutti i flussi finanziari previsti sino a scadenza del debito al tasso di mercato) per l’iscrizione degli oneri finanziari che non sono più iscritti sulla base dell’interesse nominale (interesse contrattuale). In assenza dei costi di transazione non è necessario calcolare il tasso di interesse effettivo in quanto esso coincide con il tasso di interesse di mercato.
Determinata la differenza di attualizzazione ovvero la differenza tra il valore di iscrizione iniziale del debito ed il suo valore a termine, essa dovrà essere contabilizzata a conto economico tra i proventi e gli oneri finanziari salvo che la sostanza dell’operazione o del contratto non inducano ad attribuire a tale componente una diversa natura.
Pertanto, se a seguito di specifica e richiesta valutazione delle circostanze che caratterizzano l’operazione posta in essere, ovvero se dalle evidenze disponibili quali per esempio: verbali del Consiglio di amministrazione, struttura del Gruppo, situazione economica patrimoniale e finanziaria dell’impresa o del Gruppo di appartenenza, elementi contrattuali dell’operazione ecc. dovesse emergere che la natura della transazione rappresenta un rafforzamento patrimoniale della società finanziata, situazione molto frequente nei Gruppi societari e tipica delle piccOIC realtà familiari dove i soci, in genere persone fisiche, finanziano le società senza chiedere interessi, si origina una situazione molto particolare.
Infatti, in questo caso:
– il socio ovvero la società erogante il finanziamento, a fronte di proventi finanziari figurativi calcolati al tasso di interesse effettivo ovvero al tasso di mercato, che mai riceverà, dovrà iscrivere un maggior valore della partecipazione;
– la società partecipata ovvero la società beneficiaria dei finanziamento, a fronte di oneri finanziari figurativi calcolati al tasso di interesse effettivo ovvero al tasso di mercato, che mai pagherà, dovrà iscrivere apposita riserva di patrimonio netto.
L’iniziale contabilizzazione del maggior valore della partecipazione in capo al socio o alla società erogante il finanziamento e della riserva di patrimonio netto in capo alla società partecipata beneficiaria del finanziamento rappresenta il beneficio finanziario che maturerà e sarà rilevato progressivamente sulla base dei flussi finanziari del debito.
Relativamente ai riflessi fiscali delle rilevazioni contabili precedentemente rappresentate è necessario fare riferimento alle novità introdotte dal D.M. 3 agosto 2017.
Infatti, con riferimento ai finanziamenti infragruppo infruttiferi o a tassi significativamente diversi da quelli di mercato il D.M. 3 agosto 2017 ha aggiunto il comma 4-0/5 all’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011 stabilendo che “Nel caso di operazioni di finanziamento tra soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile assumono rilevanza fiscale esclusivamente i componenti positivi e negativi imputati a conto economico desumibili dal contratto di finanziamento, laddove siano rilevati nello stato patrimoniale componenti derivanti dal processo di attualizzazione a tassi di mercato previsto dal criterio del costo ammortizzato”.
Il nuovo comma 4-0/5 è volto a sterilizzare, ai fini fiscali, gli effetti derivanti dalla contabilizzazione, con l’applicazione del criterio del costo ammortizzato, dei predetti finanziamenti quando la natura della transazione rappresenta un rafforzamento patrimoniale della società finanziata.
Pertanto, non trova applicazione il principio di derivazione rafforzata, ma assumono rilevanza fiscale le risultanze giuridico formali inerenti al contratto tra le parti. Ne consegue che non assumono rilevanza fiscale:
– per la società partecipata:
– la specifica riserva iscritta nel patrimonio netto quale differenza tra debito ed introito finanziario per aver ottenuto un finanziamento quale rafforzamento patrimoniale (per demeed contribution);
– i maggiori oneri finanziari rilevati a conto economico (oneri finanziari figurativi) calcolati al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato rispetto a quelli desumibili dal contratto di finanziamento;
– per la società partecipante:
– l’incremento del costo fiscale della partecipazione nella partecipata per aver erogato un finanziamento quale rafforzamento patrimoniale;
– i maggiori proventi finanziari rilevati a conto economico (proventi finanziari figurativi) calcolati al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato rispetto a quelli desumibili dal contratto di finanziamento.
Resta ferma, come indicato nella relazione illustrativa al D.M. 3 agosto 2017, la rilevanza fiscale di tutte le ipotesi in cui l’applicazione del criterio del costo ammortizzato non determina la rilevazione di componenti nello stato patrimoniale ovvero quando la natura della transazione non rappresenta un rafforzamento patrimoniale della società finanziata e, pertanto, anche nel caso in cui il procedimento di attualizzazione e, quindi, il confronto tra il tasso di interesse effettivo o di mercato ed il tasso contrattuale comporti l’emersione di una differenza positiva o negativa (day one loss/profit) da imputare a conto economico (ciò si verifica, ad esempio, per il finanziamento che non
sia stato erogato dal socio a titolo di rafforzamento patrimoniale della controllata, bensì per coprire esigenze finanziarie specifiche e temporanee) (NOTA 12).
Da ultimo rileviamo come il nuovo comma 4-0/5 dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, nel fare specifico ed esclusivo riferimento alle operazioni di finanziamento tra soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’art. 2359 del Codice civile, lascia aperti alcuni dubbi interpretativi in presenza:
– della mancanza del controllo da parte della società finanziatrice; (NOTA 13)
– di un rapporto di controllo che si è modificato (acquisito o perso) nel corso dell’esercizio;
– di soci persone fisiche.
Inoltre, non è stata chiarita la natura fiscale della riserva iscritta a patrimonio netto.
Di seguito, una tabella che schematizza quanto sin qui illustrato.
Voce di bilancio | Ante D.Lgs. 139/2015 | Post D.Lgs. 139/2015 | Effetti fiscali |
Finanziamento infruttifero durata > 12 mesi a Partecipata (*) | Registrazione del credito e dell’esborso finanziario in contropartita al valore nominale | Registrazione del credito al netto dei proventi finanziari figurativi al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato. Rilevazione della differenza tra credito ed esborso finanziario quale incremento del costo della partecipazione per aver erogato finanziamento quale rafforzamento patrimoniale.Rilevazione dei proventi finanziari figurativi al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato per singolo periodo di riferimento nel tempo. | IRES: sterilizzazione degli effetti – NO derivazione rafforzata – Doppio binario civilistico e fiscaleIRAP: nessun effetto |
Finanziamento infruttifero durata > 12 mesi da Partecipante (*) | Registrazione del debito e dell’introito finanziario in contropartita al valore nominale. | Registrazione del debito al netto degli oneri finanziari figurativi al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato. Rilevazione della differenza tra debito ed introito finanziario quale incremento di specifica riserva del patrimonio netto per aver ottenuto finanziamento quale rafforzamento patrimoniale (per demeed contribution).Rilevazione degli oneri finanziari figurativi al tasso di interesse effettivo ovvero di mercato per singolo periodo di riferimento nel tempo | IRES: sterilizzazione degli effetti – NO derivazione rafforzata – Doppio binario civilistico e fiscaleIRAP: nessun effetto |
(*) Finanziamento da partecipante a partecipata la cui natura rappresenta un rafforzamento patrimoniale per la partecipata
- Articoli del TUIR modificati dal D.L. n. 244/2016
L’art. 13-bIs del D.L. n. 244/2016 modifica alcuni articoli del TUIR e precisamente:
TUIR | COMMENTO |
Art. 96, comma 2 | Ai fini della determinazione del limite di deducibilità degli interessi passivi e degli oneri assimilati, il risultato operativo lordo (ROL) è calcolato senza tener conto dei componenti positivi e negativi derivanti da operazioni di trasferimento d’azienda o rami d’azienda (cessione e conferimenti). |
Art. 108, commi 1, 2 e 3 | La modifica dell’art. 108 si è resa necessaria poiché le spese di ricerca applicata e di pubblicità non risultano più capitalizzabili.La nuova formulazione prevede che le spese relative a più esercizi siano deducibili per la quota imputabile a ciascun esercizio ad eccezione delle spese di rappresentanza per le quali sono previsti altri criteri di deducibilità. |
Art. 109, comma 4 | La modifica del comma 4 consente anche ai soggetti OIC adopter il rispetto del principio di previa imputazione a conto economico dei componenti negativi con riferimento a quelli imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili. |
Art. 112, commi 1, 2, 3- bis, 4, 5 e 6 | Le modifiche si sono rese necessarie per regolamentare il trattamento fiscale della nuova contabilizzazione degli strumenti finanziari derivati (OIC 32) con riferimento sia alla disciplina dei derivati speculativi che a quella dei derivati di copertura. |
7.1 Gli strumenti finanziari derivati
Per quanto concerne gli strumenti finanziari derivati, modifiche all’assetto previgente sono intervenute ad opera dell’art. 13-BIS del decreto-legge n. 244 del 2016 e del D.M. 3 agosto 2017 che ha modificato l’art. 7, comma 4, del D.M. 8 giugno 2011 e ha reso applicabile il medesimo articolo 7 (così come modificato) anche ai soggetti OIC adopter.
In particolare, il citato articolo 13-bis:
– elimina la locuzione “fuori bilancio”, prima contenuta nella rubrica dell’art. 112 del TUIR e nel primo comma del medesimo articolo recante l’elenco delle operazioni fuori bilancio, sostituendola con la locuzione strumenti finanziari derivati per la cui definizione occorre riferirsi alla nozione dei principi contabili internazionali, come previsto dall’art. 2426, comma 2, c.c. e dall’OIC 32;
– per quanto riguarda i derivati non di copertura, stabilisce che anche le perdite di natura valutativa sono pienamente rilevanti ai fini fiscali, così come risultanti dal bilancio. È stata, quindi, eliminata la previsione – per le imprese OIC adopter che redigono il bilancio secondo le disposizioni del Codice civile, con esclusione delle micro-imprese – che limitava la deduzione delle perdite ai valori indicati dal previgente comma 3 dell’articolo 112. In tal senso, la disciplina dei derivati speculativi è stata resa identica a quella già prevista per le imprese IAS adopter;
– per quanto concerne la relazione di copertura, modifica il comma 6 dell’articolo 112 stabilendo che “lo strumento finanziario derivato si considera con finalità di copertura in base alla corretta applicazione dei principi contabili adottati”. Rilevano, quindi, le regOIC stabilite dall’OIC 32. Tale previsione va letta unitamente alla modifica che il D.M. 3 agosto 2017 ha apportato all’art. 7, comma 4, del D.M. 8 giugno 2011 che trova applicazione anche per i soggetti OiC adopter. Tale ultima disposizione subordinava il riconoscimento fiscale delle relazioni di copertura alla circostanza che tali relazioni, oltre che essere indicate in bilancio, risultassero da atto di data certa anteriore o contestuale alla negoziazione del derivato. Si tratta di una norma che si è dimostrata non sempre di facile applicazione e, comunque, scarsamente efficace rispetto alla finalità che intendeva perseguire. Infatti, l’obiettivo era quello di evitare che, ex post, il contribuente potesse qualificare un derivato come speculativo o di copertura a seconda della convenienza fiscale; tuttavia, arbitraggi dei contribuenti erano comunque possibili laddove l’atto di designazione della copertura con data certa poteva non essere esibito o fatto valere nel caso risultasse conveniente qualificarlo ex post come di natura speculativa. Anche in considerazione di questa criticità, il D.M. 3 agosto 2017 innova prevedendo che, in alternativa all’atto di data certa – analogamente a quanto già previsto dall’art. 4 del D.M. 8 giugno 2011 in tema di riclassificazione degli strumenti finanziari da un portafoglio all’altro dello IAS 39 -, è possibile ottenere il riconoscimento della relazione di copertura quando essa risulti “dal primo bilancio di esercizio approvato successivamente alla data di negoziazione dello strumento di copertura”. In linea generale, quindi, un derivato sarà di copertura o speculativo sin dalla sua prima iscrizione in bilancio.
Il D.M. 3 agosto 2017 stabilisce, altresì, che si applicano ai soggetti OIC adopter, tra le altre, le previsioni recate dall’art. 7 del D.M. 8 giugno 2011, compreso il novellato comma 4 sopra commentato e con esclusione del solo comma 1 del medesimo articolo che si riferisce all’ipotesi di copertura realizzata tramite la c.d.fair value option prevista dallo IAS 39.
Il richiamo al citato articolo 7 consente di affermare che si assumono come relazioni di copertura anche le c.d. coperture parziali, mentre nel caso di copertura di flussi finanziari i componenti relativi al derivato rilevano al momento della imputazione al conto economico e della maturazione dei relativi flussi.
Resta fermo che, laddove gli strumenti finanziari derivati abbiano finalità di copertura di attività o passività, ovvero sono coperti da attività o passività, i componenti da realizzo e valutativi del derivato sono soggetti alla medesima disciplina fiscale dei componenti simmetricamente rilevati sull’elemento coperto, secondo il cosiddetto principio di simmetria (art. 112, comma 4, del TUIR). Una delle criticità che non ha ancora trovato soluzione normativa è quella relativa ai derivati incorporati in contratti ibridi, laddove per tali devono intendersi quei contratti in cui i flussi finanziari divergono da quelli che avrebbe generato lo strumento primario in assenza di una componente derivativa (OIC 32, par. 41). In presenza di tali fattispecie, il derivato è scorporato e valutato al fair value secondo quanto previsto dall’Oic 32 mentre il contratto primario è valutato secondo il principio contabile che lo disciplina (ad esempio, se si tratta di un credito/debito si applica il criterio del costo ammortizzato). Ciò che non è chiaro è se, nella fattispecie, trovi applicazione il principio di derivazione rafforzata e se, quindi, lo “sdoppiamento” contabile trovi piena rilevanza fiscale, assoggettando il derivato scorporato alle regOIC dell’art. 112 del TUIR. In questo senso sembra deporre la relazione illustrativa all’emendamento alla legge di bilancio 2017 laddove si legge “viene riconosciuta altresì la rilevanza in bilancio dei derivati incorporati in altri strumenti finanziari. In tale ipotesi, infatti, lo strumento finanziario deve essere separato dal contratto primario e contabilizzato in bilancio determinando in conseguenza di ciò effetti sull’imponibile IRES ed IRAP”. In sostanza, questa tesi applica “a valle” i criteri dell’art. 44 del TUIR rispetto allo scorporo del derivato: prima si procede allo scorporo e poi si verifica se il titolo può essere assimilato ai fini fiscali alle partecipazioni, secondo i criteri distintivi enunciati nell’art. 44, comma 2, lett. a), del TUIR.
Tesi diversa è quella che fa prevalere l’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011 che reca una deroga espressa alla derivazione rafforzata per quanto concerne l’individuazione dei titoli. In base a tale previsione, a prescindere dalla rappresentazione di bilancio, i titoli sono esclusivamente quelli – considerati nella loro unitarietà giuridica – la cui remunerazione è legata per intero al risultato economico dell’impresa emittente. In altre parOIC, prevarrebbe la configurazione giuridica del titolo, anche in presenza di strumenti ibridi che incorporano una componente derivativa. In sostanza, in presenza di strumenti finanziari similari alle azioni, lo scorporo del derivato eventualmente effettuato in bilancio non potrebbe assumere rilevanza fiscale e, quindi, lo strumento finanziario unitariamente considerato andrebbe trattato come strumento similare alle azioni. Chi sostiene questa tesi ritiene la stessa coerente con il principio di simmetria tra emittente e portatore del titolo che ha ispirato il citato articolo 5; simmetria basata sulla qualificazione univoca della sua natura e dei relativi flussi reddituali (dividendi e plusvalenze). Secondo questo orientamento interpretativo lo scorporo contabile di componenti derivative dal relativo titolo verrebbe ad assumere rilevanza fiscale solo laddove previsto espressamente da altre norme: è il caso delle obbligazioni convertibili in cui l’autonomia del derivato deriva implicitamente dalla lettura dell’art. 5, comma 4, del D.M. 8 giugno 2011 (nota 14).
Questa seconda tesi appare la più convincente quanto meno con riguardo agli strumenti finanziari similari alle azioni secondo i criteri dell’art. 44, comma 2, lett. a).
Sul tema va anche segnalato che le regOIC che saranno introdotte, a far data dal 2018, dall’IFR 9 prevedono che il portatore del titolo ibrido non sarà tenuto allo scorporo del derivato che, invece, dovrà essere operato dall’emittente. Pertanto, ove prevalesse la tesi che sostiene la rilevanza fiscale dello scorporo effettuato contabilmente, si verificherebbe un trattamento asimmetrico tra emittente e portatore anche quando entrambi sono soggetti IAS adopter.
Altro tema che resta da chiarire riguarda il trattamento da assegnare alla parte inefficace di un derivato di copertura di cash flow, nel senso che va precisato se alla stessa va attribuita la stessa natura del flusso coperto, in modo cioè non dissimile dalla parte efficace. In altre parOIC, andrà precisato se per questa parte le componenti del derivato debbano seguire le regOIC dei commi 4 e 5 dell’articolo 112 del TUIR ovvero il regime dei derivati speculativi. Al riguardo, il par 59 dell’OIC 32 ammette che il derivato – seppure unitario dal punto di vista giuridico – venga scomposto in due componenti di natura diversa in quanto prevede che laddove la relazione di copertura riguardi solo una parte del derivato la restante quota rappresenta uno strumento finanziario derivato non di copertura. Andrà chiarito se a tale impostazione possa seguire l’applicazione del principio di derivazione rafforzata con la consequenziale applicazione dell’art. 112, commi 4 e 5, al derivato con relazione di copertura e delle regOIC sui derivati speculativi per la parte del derivato inefficace.
- IRAP
Ai fini IRAP (D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), le modifiche introdotte dall’art. 13-bis del D.L. n. 244/2016 riguardano tra l’altro:
– l’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997 sulla individuazione dei componenti positivi e negativi del conto economico, con riferimento alle operazioni di trasferimento di aziende o rami d’azienda (nota 15);
– la decorrenza delle nuove modalità di determinazione della base imponibile ed il periodo transitorio (art. 13-bis, comma 6). Come affermato nella relazione illustrativa anche “gli effetti reddituali delle operazioni pregresse saranno trattate sulla base delle modalità di determinazione del valore della produzione netta basato sulle qualificazioni, classificazioni, valutazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2015”.
Alcuni temi specifici relativi all’IRAP sono trattati nei paragrafi successivi del presente Documento.
- Eliminazione della sezione straordinaria del Conto economico
Una delle principali novità recate dal D.Lgs. n. 139/2015 riguarda lo schema del conto economico, dal quale è stata eliminata la sezione straordinaria.
9.1 Aspetti contabili
La novità deriva direttamente dalla Direttiva UE n. 34/2013 e, almeno in apparenza, costituisce un ulteriore tassello del processo di avvicinamento ai principi contabili internazionali IAS/IFRS che da tempo non prevedono la possibilità di evidenziare componenti straordinarie all’interno del Conto economico.
In termini di intellegibilità del risultato economico l’eliminazione della sezione straordinaria pone alcuni problemi nei limiti in cui la confluenza di certi costi e ricavi nella sezione ordinaria finisce, talvolta, per privare di significatività il saldo espresso dalla differenza tra le classi A) e B) dell’art. 2425.
A questo riguardo, vale sottolineare come l’art. 2427 c.c., il quale prevede nella nuova formulazione del n. 13) del primo comma che la nota integrativa dia menzione “dell’importo e della natura dei singoli elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali”, faccia riferimento ad una tipologia di costi e ricavi non assimilabile a quelli che erano considerati straordinari in passato. Il punto è ben spiegato nell’appendice del nuovo OIC 12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio”: “L’introduzione della disposizione normativa prevista dall’art. 2427 (…) è avvenuta contestualmente all’eliminazione della sezione straordinaria del conto economico. Si è posto dunque il problema di stabilire se il nuovo disposto normativo andasse inteso come un elemento di continuità rispetto all’eliminazione della voce oneri e proventi straordinari. La sezione straordinaria includeva i proventi e gli oneri la cui fonte era estranea all’attività ordinaria della società. Diversamente il concetto di eccezionalità richiamato dal novellato codice civile prescinde dall’appartenenza del fatto aziendale all’attività ordinaria piuttosto che a quella straordinaria. I singoli elementi di ricavo o di costo dell’attività aziendale possono appartenere a qualsiasi area del conto economico. Ciò che rileva è che si dia evidenza separata in nota integrativa di tali fatti quando questi sono di ammontare o incidenza eccezionale. Pertanto la norma non può essere interpretata come un recupero nella nota integrativa di quegli elementi di ricavo o di costo che prima delle modifiche legislative confluivano nella sezione degli oneri e proventi straordinari”.
Del resto, il sistema IAS/IFRS, che convive da tempo con l’impossibilità di evidenziare costi e ricavi straordinari, si è dotato di contromisure idonee a fornire comunque al lettore del bilancio una separata indicazione di talune componenti. Si pensi agli effetti economici derivanti dalla correzione di errori rilevanti o dal cambiamento di principi contabili, la cui inclusione nel risultato della gestione ordinaria sarebbe del tutto fuori luogo. Ai sensi dello IAS 8, questi utili o perdite sono rilevati a diretta rettifica del patrimonio netto di apertura e non possono concorrere alla formazione né del Profit/Loss di periodo, né del relativo Comprehensive Income.
L’Organismo Italiano di Contabilità, nel rivedere i principi contabili nazionali alla luce delle novità introdotte con il D.Lgs. n. 139/2015, ha risolto il problema della classificazione in bilancio degli effetti della correzione di errori rilevanti e del cambiamento di principi contabili prevedendo nel nuovo OIC 29 (“Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”) un trattamento analogo a quello dello IAS 8. Questi utili e perdite, pertanto, sono rilevati come componente rettificai iva del patrimonio netto (di regola, la rettifica dovrebbe interessare la voce degli utili e delle perdite portati a nuovo) e non concorrono alla formazione del risultato economico (nota 16).
Operazioni straordinarie
Effetti rilevanti conseguenti alla eliminazione della sezione straordinaria di conto economico riguardano anche la rilevazione in bilancio degli utili/perdite relativi a operazioni straordinarie, con le conseguenze che ne derivano sul fronte fiscale (più avanti analizzate), e delle altre componenti, tipicamente le sopravvenienze attive e passive, che prima erano rilevate nella sezione straordinaria e ora devono essere riallocate nelle altre voci del conto economico.
Con riguardo agli utili e alle perdite derivanti dalla dismissione di cespiti o di rami d’azienda, l’eliminazione della sezione straordinaria si sostanzia nell’obbligo di rilevazione di queste componenti nelle voci A5) “Altri ricavi” e B14) “Oneri diversi di gestione”. La stessa classificazione deve riservarsi alle plusvalenze e minusvalenze derivanti da conferimenti di aziende e rami aziendali, fusioni, scissioni ed altre operazioni sociali straordinarie. È evidente come, in questi casi, la rappresentazione della performance di periodo beneficerebbe di una separata indicazione di questi costi e ricavi, il cui dettaglio – se significativo – potrà essere ricostruito soltanto attraverso la nota integrativa.
Classificazione per natura
Per quanto riguarda le altre componenti che prima alimentavano la sezione straordinaria, la regola generale proposta dall’OIC 12 è quella di classificarle sulla base della loro natura (si veda tabella riepilogativa più avanti riportata). Si tratta, in particolare, di:
– oneri di ristrutturazioni aziendali;
– plusvalenze e minusvalenze da svalutazioni e rivalutazioni di natura straordinaria;
– furti e ammanchi di beni di natura straordinaria che possono interessare diverse voci (dai cespiti alle disponibilità liquide o ai beni di magazzino);
– perdite o danneggiamenti di beni a seguito di eventi naturali straordinari, come alluvioni, terremoti, incendi, inondazioni o simili;
– oneri da cause e controversie di natura straordinaria non pertinenti alla normale gestione dell’impresa (il principio fa l’esempio di cause e controversie relative ad immobili civili ceduti, a rami aziendali ceduti, a ristrutturazioni e riconversioni aziendali o ad operazioni sociali straordinarie come fusioni e scissioni).
L’approccio di fondo per cui le componenti prima rilevate nella sezione straordinaria sono ora classificate sulla base della loro natura nelle altre voci del conto economico vale per i costi. Per i ricavi, l’OIC ha mantenuto la distinzione tra gestione caratteristica (i cui ricavi sono rilevati, se di natura non finanziaria, nelle voci da Al) a A4)) e gestione accessoria (con i relativi ricavi da rilevarsi nella voce
A5)); in molti casi, di conseguenza, le tipologie di ricavi che prima erano rilevate nella sezione straordinaria si ritrovano ora classificate nella voce A5).
Componenti di natura finanziaria
I costi e ricavi di natura finanziaria prima rilevati nella sezione straordinaria “migrano” nelle apposite voci delle sezioni C) e D) del conto economico. È il caso delle componenti positive di reddito generate dalla ristrutturazione del debito, prima considerate straordinarie e ora rilevate nella voce C16d) proventi finanziari diversi dai precedenti. Lo stesso dicasi per le plusvalenze o minusvalenze generate dalla cessione di partecipazioni e di titoli a reddito, che – in talune circostanze – potevano essere oggetto di rilevazione nella sezione straordinaria. Ora tali componenti sono rilevate nelle voci:
C15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi a imprese controllate e collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
C16b) altri proventi finanziari da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
C17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti.
Imposte relative agli esercizi precedenti
Da ultimo, secondo le precedenti regole un altro elemento di obbligatoria rilevazione nella sezione straordinaria era rappresentato dalle imposte relative agli esercizi precedenti. L’OIC 12 prevede ora un regime differenziato a seconda della natura dell’imposta:
– gli oneri per imposte dirette relative agli esercizi precedenti, incrementati dai relativi oneri accessori (sanzioni e interessi), nonché le componenti reddituali derivanti dalla definizione di un contenzioso, si classificano nel conto economico alla voce 20) “imposte sul reddito dell’esercizio correnti, differite e anticipate”;
- gli oneri per imposte indirette relative agli esercizi precedenti (anche in questo caso incrementati da sanzioni e interessi) e le perdite derivanti dalla definizione di un contenzioso sono classificati, in coerenza con il trattamento riservato agli oneri per imposte indirette dell’esercizio corrente, nella voce B14). L’eventuale componente positiva derivante dalla definizione di un contenzioso è classificata nella voce A5).
Tabella riepilogativa del trattamento contabile previsto nel nuovo OIC 12 delle fattispecie di costo e ricavo straordinarie ex OIC 12 (versione 2014).
N° | OIC 12-VERSIONE 2014 | OIC 12-VERSIONE 2016 |
Oneri, plusvalenze e minusvalenze derivanti da operazioni con rilevanti effetti sulla struttura dell’azienda ossia: | ||
1 | oneri di ristrutturazioni aziendali | La fattispecie può determinare la rilevazione di costi che hanno tipologia diversa tra cui, ad esempio, costi di ristrutturazione legati ai personale oppure accantonamenti generici. Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio. |
N° | OIC 12-VERSIONE 2014 | OIC 12-VERSIONE 2016 |
2 | componenti reddituali derivanti da ristrutturazioni del debito | La ristrutturazione del debito può dare origine a componenti positivi di reddito di tipo finanziario e pertanto tali componenti sono stati inclusi nella voce C16d) proventi diversi dai precedenti. |
3 | plusvalenze e minusvalenze derivanti da conferimenti di aziende e rami aziendali, fusioni, scissioni ed altre operazioni sociali straordinarie | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci A5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contribuii in conto esercizio e B14) oneri diversi di gestione. |
4 | plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione (compresa la permuta) di parte significativa delle partecipazioni detenute o di titoli a reddito fisso immobilizzati | La cessione di partecipazioni e titoli a reddito fisso genera componenti di reddito di tipo finanziario. Pertanto tali componenti sono stati inclusi nelle voci:CI5) proventi da partecipazionir, con separata indicazione di quelli relativi a imprese controllate e collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime; C16b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; C17) interessi e altri oneri finanziarir, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e col legate e verso controllanti. |
5 | plusvalenze e minusvalenze derivanti in generale da operazioni di natura straordinaria, di riconversione produttiva, ristrutturazione o ridimensionamento produttivo | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci A5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio e B14) oneri diversi di gestione. |
6 | plusvalenze o minusvalenze derivanti da espropri o nazionalizzazioni di beni | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci A5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio e B14) oneri diversi di gestione. |
7 | Plusvalenze e minusvalenze derivanti dall’alienazione di immobili civili ed altri beni non strumentali all’attività produttivar, nonché il plusvalore derivante dall’acquisizione delle immobilizzazioni materiali a titolo gratuito | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci A5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio e B14) oneri diversi di gestione. |
8 | Plusvalenze e minusvalenze da svalutazioni e rivalutazioni di natura straordinaria | Le svalutazioni e le rivalutazioni possono riferirsi a poste di bilancio di tipologia diversa (es partecipazioni, titoli, magazzino). Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio. |
N° | OIC 12-VERSIONE 2014 | OIC 12-VERSIONE 2016 |
Sopravvenienze attive e passive derivanti da fatti naturali o da fatti estranei alla gestione dell’impresa ossia: | ||
9 | furti e ammanchi di beni (disponibilità finanziarie, beni di magazzino e cespiti vari) di natura straordinaria. 1 relativi rimborsi assicurativi costituiscono sopravvenienze attive straordinarie. Nelle aziende di grande distribuzione nelle quali i furti di merci sono ricorrenti, essi costituiscono un costo di natura ordinaria (che si riflette sul minor valore delle giacenze di magazzino); | 1 furti e gli ammanchi possono riferirsi a beni di tipologia diversa (ad es. disponibilità finanziarie, beni di magazzino e cespiti vari). Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio.1 rimborsi assicurativi sono stati inclusi nella voce A5) altri ricavi e proventir, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. |
10 | perdite o danneggiamenti di beni a seguito di eventi naturali straordinari come alluvioni, terremoti, incendi, inondazioni, ecc. (anche in questa ipotesi i relativi indennizzi assicurativi costituiscono componenti straordinari); | Le perdite o i danneggiamenti possono riferirsi a beni di tipologia diversa. Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio.1 rimborsi assicurativi sono stati inclusi nella voce A5) altri ricavi e proventir, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. |
11 | liberalità ricevute, in danaro o in natura, che non costituiscono contributi in conto esercizio da iscrivere alla voce A5; | Tali componenti sono stati inclusi nella voce A5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. |
12 | oneri per multe, ammende e penalità originate da eventi estranei alla gestione, imprevedibili ed occasionali; | Tali componenti sono stati inclusi nella voce B14) oneri diversi di gestione. |
13 | oneri da cause e controversie di natura straordinaria non pertinenti alla normale gestione dell’impresa. Ad esempio quelle relative ad immobili civili ceduti, a rami aziendali ceduti, a ristrutturazioni e riconversioni aziendali, ad operazioni sociali straordinarie come fusioni e scissioni, ecc.; | Gli oneri da cause e controversie possono riferirsi a fattispecie di tipologia diversa. Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio. |
14 | perdita o acquisizione a titolo definitivo di caparre, qualora abbiano natura straordinaria; | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci B14) oneri diversi di gestione e A5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. |
N° | OIC 12-VERSIONE 2014 | OIC 12-VERSIONE 2016 |
15 | indennità varie per rotture di contratti. | Le indennità varie per rotture di contratti possono riferirsi a fattispecie di tipologia diversa. Pertanto non essendo possibile individuare ex ante una voce univoca in cui classificare tali poste, si rinvia al redattore del bilancio. |
16 | Imposte relative ad esercizi precedenti. | |
Per espressa previsione di legge, sono iscritte alla voce E21 {oneri straordinari), in apposita sottovoce, tutte le imposte (dirette ed indirette) relative agli esercizi precedenti, compresi i relativi oneri accessori (sanzioni e interessi). Queste imposte possono derivare, ad esempio, da iscrizioni a ruolo, avvisi di liquidazione, avvisi di pagamento, avvisi di accertamento e di rettifica, ed altre situazioni di contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria. La loro contropartita patrimoniale può essere costituita dalla voce B2 (Fondo per imposte, anche differite) o dalla voce D12 (debiti tributari), a seconda delle caratteristiche della passività (cfr. OIC 19 “Debiti”). Nell’esercizio di definizione del contenzioso o dell’accertamento, se l’ammontare accantonato nel fondo imposte risulta carente rispetto all’ammontare dovuto, la differenza è imputata a conto economico tra gli oneri straordinari per imposte relative a esercizi precedenti; in caso contrario, l’eventuale eccedenza è imputata nei proventi straordinari. | Gli oneri per imposte dirette relative agli esercizi precedenti, compresi i relativi oneri accessori (sanzioni e interessi), e la differenza positiva o negativa derivante dalla definizione di un contenzioso a fronte di cui era stato stanziato un fondo, sono stati classificati nella voce 20 imposte sul reddito d’esercizio correnti, differite e anticipate.Gli oneri per imposte indirette relative agli esercizi precedenti, compresi i relativi oneri accessori (sanzioni e interessi), e la differenza negativa derivante dalla definizione di un contenzioso a fronte di cui era stato stanziato un fondo, sono stati classificati per analogia agli oneri per imposte indirette dell’esercizio corrente nella voce B14) oneri diversi di gestione. La differenza positiva derivante dalla definizione di un contenzioso è stata classificata nella voce A5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. | |
19 | OIC 12 par. 51 f. Devono essere, invece, rilevati alla voce E20 i contributi erogati in occasione di fatti eccezionali (ad esempio, calamità naturali come terremoti, inondazioni, ecc.). | Tali componenti sono stati inclusi nelle voci A5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. |
9.2 I riflessi fiscali
Dal punto di vista tributario, la soppressione della sezione straordinaria del conto economico e la rilevazione delle voci prima allocate in tale sezione nelle altre voci di conto economico – secondo le modalità prima sinteticamente illustrate – esplica i maggiori effetti ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, posto che le regole di determinazione della base imponibile IRES operano, in linea generale, indipendentemente dalia diversa classificazione delle componenti di costo e di ricavo, eccezion fatta per alcune previsioni di cui si dirà a breve.
imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
Ai fini dell’IRAP, la soppressione della sezione straordinaria del conto economico e la rilevazione delle voci prima allocate in tale area nelle altre voci di conto economico può determinare conseguenze agli effetti del computo del valore della produzione netta. Infatti, l’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che la base imponibile dell’imposta regionale risulta dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 c.c., con esclusione di alcune voci, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio. Si tratta del principio di cosiddetta “presa diretta” dal bilancio.
Principio di correlazione
Tuttavia, l’effetto sulla determinazione della base imponibile derivante dalla “riclassificazione” delle componenti di conto economico dall’area straordinaria a quella ordinaria va “pesato” tenendo presente che la normativa IRAP prevede, in ogni caso, l’espressa rilevanza nel computo della base imponibile di alcune componenti di costo e di ricavo indipendentemente dalla classificazione di bilancio. Trova, infatti, applicazione il cosiddetto principio di correlazione (art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 446/1997) secondo il quale concorrono comunque alla formazione della base imponibile le componenti positive e negative classificabili in voci diverse da quelle ordinarie del conto economico laddove correlate a componenti rilevanti della base imponibile di periodi di imposta precedenti o successivi, essendo quindi ininfluente la loro classificazione in bilancio.
Peraltro, l’interpretazione del principio di correlazione si è nel tempo evoluta in senso estensivo in quanto l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la correlazione è idonea ad attrarre alla base imponibile non soltanto le rettifiche contabili ex post (sopravvenienze o insussistenze) di costi e ricavi venuti meno (esempio, resi su acquisti e vendite), ma anche le componenti di natura straordinaria di segno contrario iscritte nel medesimo esercizio di rilevazione dei costi e dei ricavi ricompresi nel valore della produzione nonché le componenti dello stesso segno iscritte nell’area straordinaria sostitutive di costi/ricavi che sarebbero stati rilevati nel valore della produzione. Un esempio di tale evoluzione interpretativa è dato dalla risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 251 del 14 settembre 2007 in cui è stato ritenuto soggetto a tassazione un indennizzo assicurativo contabilizzato in area straordinaria per la parte riferibile a costi deducibili ai fini IRAP.
La “forza attrattiva” del principio di correlazione, così estesa, riduce gli effetti della eliminazione della sezione straordinaria sul valore della produzione netta; pur tuttavia possono, comunque, esservi componenti positive e negative, prima imputate nella sezione straordinaria, che non sono correlate a componenti ordinarie degli esercizi precedenti o successivi e che, confluendo nell’area ordinaria, concorrono alla formazione del valore della produzione. Si pensi, ad esempio, agli oneri per eventi naturali, ora imputati alla voce B14) oneri diversi di gestione.
Va altresì osservato che – sempre ai fini della determinazione della base imponibile IRAP – la riallocazione delle componenti straordinarie non produce alcun effetto in relazione a talune fattispecie che – a motivo della rivisitazione dei principi contabili nazionali ad opera dell’OIC – danno ora luogo ad una imputazione in area finanziaria. Si pensi alle sopravvenienze attive realizzate nell’ambito di una procedura di ristrutturazione del debito che, prima della revisione del D.Lgs. n. 139/2015, andavano iscritte nella voce E.20) del conto economico e per le quali, anche sulla base di risposte dell’Agenzia delle entrate a interpelli (non pubblicate), non trovava applicazione il principio della correlazione. Se tali sopravvenienze attive fossero confluite nell’area ordinaria del conto economico sarebbero state attratte alla base imponibile IRAP in modo palesemente incoerente in quanto tale posta appartiene all’aspetto finanziario della capacità di far fronte ai propri debiti e, quindi, ad una vicenda che, così come avviene per le perdite su crediti, dovrebbe essere estranea rispetto al valore della produzione. Invece, come visto, secondo i nuovi principi contabili tale posta confluisce tra i componenti di natura finanziaria e, quindi, resta comunque esclusa dal valore della produzione netta IRAP delle imprese OIC adopter.
Operazioni straordinarie
I riflessi più significativi rivenienti dalla eliminazione della sezione straordinaria avrebbero riguardato le plusvalenze e minusvalenze derivanti da operazioni straordinarie. In particolare, avrebbero concorso alla formazione del valore della produzione netta le plusvalenze e minusvalenze derivanti da cessioni di azienda, a differenza di quanto avvenuto in passato in forza dei chiarimenti dell’Agenzia delle entrate che ha sempre considerato tali componenti irrilevanti ai fini IRAP in quanto poste di natura straordinaria (circolare n. 27/E del 26 maggio 2009). Tuttavia, i riflessi suindicati non si sono realizzati in conseguenza della norma – introdotta dall’art. 13-0/5, comma 3, del D.L. n. 244/2016 – che impone di sterilizzare, ai fini IRAP, i “componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda” (NOTA 17).
Il legislatore, quindi, pur mantenendo l’autonomia dell’IRAP dall’IRES e la “presa diretta” dal conto economico ha escluso dalla base imponibile IRAP le sole componenti di natura straordinaria relative ai trasferimenti di azienda, laddove per trasferimenti di azienda dovrebbero intendersi le operazioni di natura realizzativa da un punto di vista civilistico che danno luogo a plusvalenze o minusvalenze contabili (cessioni e conferimenti di azienda).
La locuzione “componenti positivi e negativi di natura straordinaria” dovrebbe invece intendersi riferita alle plusvalenze e minusvalenze contabili rilevate dal venditore, incluse le integrazioni o correzioni di tali componenti quali, ad esempio, quelle derivanti da clausole di earn out o da clausole di garanzia. In relazione a queste ultime fattispecie, infatti, se da un lato è vero che si tratta di elementi che non concorrono contabilmente alla formazione della plusvalenza/minusvalenza, dall’altro si ritiene opportuno valorizzare la considerazione che trattasi di eventi che se conosciuti sin dall’origine, e cioè al momento del realizzo, avrebbero concorso al computo della plus/minusvalenza da cessione.
imposta sul reddito delle società (IRES)
Ai fini reddituali, la “riallocazione” delle componenti della sezione straordinaria può assumere rilevanza laddove vi siano previsioni dell’ordinamento tributario che richiamano voci specifiche del conto economico la cui composizione è influenzata da tale “riallocazione”.
In particolare, la fattispecie maggiormente interessata è quella relativa alla deduzione degli interessi passivi di cui aH’art. 96 del TUIR e alla determinazione del risultato operativo lordo (ROL). E’ noto, infatti, che secondo tale norma gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e l’eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del ROL della gestione caratteristica. Il ROL si determina come differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 del Codice civile, con esclusione delle voci di cui al numero 10, lettere a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.
Ne deriva che la confluenza nelle voci “ordinarie” di voci sino a ieri imputate nella sezione straordinaria può determinare un miglioramento o un peggioramento del ROL con conseguenti effetti sulla deducibilità degli oneri finanziari.
Tale assetto è “mitigato” dalla previsione – introdotta dall’art. 13-0/5, comma 2, lett. b), del D.L. n. 244/2016 – che, nella determinazione del ROL, impone di sterilizzare i soli componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, per la quale valgono le considerazioni già espresse in materia di IRAP.
Ulteriore intervento del legislatore, con riguardo agli aspetti correlati all’eliminazione della sezione straordinaria del conto economico, è quello secondo cui “Il riferimento contenuto nelle norme vigenti di natura fiscale ai componenti positivi o negativi di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, va inteso come riferito ai medesimi componenti assunti al netto dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda” (nota 18).
Si tratta di una norma che intende “sterilizzare” la confluenza delle voci (ex) straordinarie nelle voci dell’area operativa tutte le volte in cui una norma dell’ordinamento tributario richiama le predette voci del conto economico. Anche in questo caso, in coerenza con le scelte effettuate in materia di determinazione del ROL e di determinazione della base imponibile IRAP, si osserva che tale neutralizzazione non è generale ma riguarda esclusivamente le componenti di natura straordinaria derivanti da trasferimenti (cessioni e conferimenti) di azienda o rami di azienda.
Non è da escludere, quindi, che altre componenti di natura straordinaria vadano ad incidere sull’entità delle voci A) e B) dell’art. 2425 c.c. influenzando l’applicazione di quelle norme tributarie che richiamano, anche indirettamente, tali voci del conto economico. Si tratta, ad esempio, delle seguenti fattispecie:
– disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724;
– verifica del limite di deducibilità delle spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 3, TUIR;
– applicazione del test di vitalità cui è subordinata la possibilità di riporto delle perdite pregresse, delle eccedenze di interessi passivi e di ACE nelle operazioni di fusione, scissione e trasferimento delle partecipazioni di controllo di cui agli articoli 172, 173 e 84 TUIR.
Sul punto, va osservato che la formulazione testuale della norma “Il riferimento contenuto nelle norme vigenti di natura fiscale ai componenti positivi o negativi di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile …” risulta non del tutto precisa nei casi in cui la norma vigente non faccia diretto riferimento alle predette voci del conto economico ma si riferisca invece, meno puntualmente, alla gestione caratteristica dell’impresa. È il caso dell’art. 108 TUIR che, in tema di spese di rappresentanza, stabilisce che “Le spese del periodo precedente sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi”, a cui ha fatto seguito il decreto di attuazione di questa norma (nota 19) che all’art. 1, comma 2, fa riferimento anch’esso alla gestione caratteristica e non alle voci puntuali del conto economico.
Anche neH’art. 172, comma 7, del TUIR, concernente i requisiti di operatività delle società incorporate ai fini del riporto delle perdite fiscali pregresse, degli interessi passivi e delle eccedenze ACE, il riferimento è alla gestione caratteristica e, quindi, ai proventi che, in considerazione dell’attività svolta dall’impresa, possono considerarsi “caratteristici”.
Ma l’interpretazione della norma non può che essere identica.
- Errori contabili
10.1 Impostazione contabile della correzione degli errori in bilancio secondo il nuovo OIC 29
Definizione di errore contabile secondo il nuovo OIC 29
“Un errore consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni ed i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici di erronee interpretazioni di fatti di negligenza nel raccogliere le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile”.
Modalità di imputazione in bilancio della correzione dell’errore contabile
TIPOLOGIA DI ERRORE | DESCRIZIONE | MODALITÀ DI IMPUTAZIONE |
Errore rilevante | “Un errore è rilevante se può individualmente, o insieme ad altri errori influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio. La rilevanza di un errore dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore stesso ed è valutata a seconda delle circostanzè’ | “la correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore. Solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo, tuttavia, la rettifica può essere apportata a un’altra componente del patrimonio netto se più appropriato” |
Errore non rilevante | Tutti gli altri casi | “la correzione di errori non rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore” |
Imputazione temporale della correzione dell’errore
“Una correzione di errore deve essere rilevata in bilancio nel momento in cui si individua l’errore e nel contempo sono disponibili le informazioni ed i dati per il suo corretto trattamento”.
Si sottolinea che tale nuova impostazione contabile concernente l’imputazione diretta a patrimonio netto della correzione degli errori rilevanti e di imputazione al conto economico di quelli non rilevanti (non più rilevabili nell’area straordinaria del medesimo conto economico) ricalca in buona sostanza quanto già stabilito dallo IAS 8 per i soggetti IAS/IFRS adopter.
Al riguardo, la correzione proposta dal nuovo OIC 29 per gli errori rilevanti commessi in esercizi precedenti prevede la contabilizzazione a rettifica del saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore nella voce “Riserva per utili (perdite) a nuovo”. Inoltre, l’impresa deve correggere, ai fini comparativi, i dati influenzati dall’errore dell’esercizio precedente, ivi incluso il patrimonio netto iniziale, se l’errore riguarda un esercizio anteriore al precedente. Nel caso in cui non sia possibile determinare l’effetto di competenza dell’esercizio precedente di un errore rilevante, l’impresa determina il saldo di apertura di attività, passività e patrimonio netto dell’esercizio corrente, imputando l’errore commesso in esercizio precedente a rettifica del patrimonio netto iniziale.
Dagli errori vanno distinte le poste registrate a patrimonio netto per effetto delle modifiche dei principi contabili, parimenti analizzate nell’OIC 29.
10.2 Rilevanza fiscale della correzione degli errori contabili irrilevanza della “derivazione rafforzata” valevole ai fini IRES in caso di errori contabili
Stante la similitudine sopra menzionata tra l’impostazione contabile della correzione degli errori di bilancio dettata dall’OIC 29 e quella dello IAS 8, vale la pena riproporre le argomentazioni in ambito IAS espresse sul punto dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 31/E del 24 settembre 2013:
– per quanto riguarda la correzione degli errori “rilevanti” “rilevata mediante l’appostazione di una voce di patrimonio netto […] si rammenta […] che sulla stessa non ha alcun impatto l’introduzione del principio di derivazione rafforzata non essendo in discussione differenti regole di qualificazione, classificazione e imputazione temporale”;
– anche per gli errori “non rilevanti”, nonostante la modalità di rappresentazione contabile di tali errori sembri consentire al redattore del bilancio di disapplicare le ordinarie regole di competenza, “tale deroga non può trovare accoglimento ai fini fiscali in assenza di un’apposita disposizione che consenta di superare le ordinarie e corrette imputazioni temporali di cui all’articolo 83 del T.U.I.R.”.
In altri termini, secondo l’Agenzia, la derivazione rafforzata non può mai essere invocata per dare rilevanza fiscale alla correzione di errori pregressi, derogando alle ordinarie regole di competenza fiscale; infatti, a prescindere dalla rilevanza o meno dell’errore, la sua correzione nei bilanci successivi sarebbe indice essa stessa di un errore di competenza senza rappresentare una diversa qualificazione, imputazione temporale o classificazione di bilancio (c.d. “Qu.l.C”) idonea ad assumere riconoscimento fiscale.
Considerate le analogie contabili sopra menzionate, è ragionevole presumere che l’Agenzia delle entrate manterrà tale impostazione interpretativa anche con riferimento alla neo-istituita derivazione rafforzata per i soggetti OIC adopter.
Ciò posto, si evidenzia come si tratti di una soluzione non condivisibile. Infatti, con particolare riguardo agli errori “non rilevanti”, data la natura del componente transitato a conto economico e relativo alla loro correzione (non più rubricato nell’area straordinaria del conto economico), sembrerebbe maggiormente conforme al principio di derivazione rafforzata riconoscerne la rilevanza fiscale nel medesimo esercizio di “correzione”. Come la dottrina ha potuto considerare in passato (in relazione all’analoga problematica riguardante i soggetti IAS/IFRS adopter), del resto, la correzione degli errori non rilevanti tramite appostazione diretta al conto economico non presuppone, secondo quanto stabilito dai principi IAS/IFRS e dai nuovi OIC, una violazione dei principi di competenza, tant’è che un bilancio contenente tali tipi di errori e le relative correzioni si considera in tutto e per tutto “compliant”. In quest’ottica, dunque, il principio di derivazione rafforzata in commento avrebbe dovuto permettere il recepimento fiscale di tale impostazione contabile e riconoscere, quindi, anche la competenza fiscale del componente imputato a conto economico nel momento di correzione dell’errore. Merita soltanto rilevare, infine, come la rigorosa impostazione ipotizzata dall’Agenzia delle entrate è comunque destinata nel corso del tempo ad una sempre più complessa – se non addirittura arbitraria – applicazione, considerata l’abolizione dell’area straordinaria del conto economico e il prevedibile assorbimento dei componenti “correttivi” imputati nello stesso in conti ordinari, non più necessariamente rubricati “sopravvenienze”.
Modalità per attribuire rilievo fiscale ai componenti erroneamente contabilizzati
Si ricorda che la procedura per attribuire rilievo fiscale alla correzione degli errori contabili tanto ai fini IRES quanto ai fini IRAP, contenuta nella citata circolare n. 31/E/2013, è stata superata (nota 20), con la manovra di bilancio 2017 (nota 21), dalla previsione recante la possibilità di presentare le dichiarazioni integrative “a favore” del contribuente entro il termine di decadenza dell’azione accertatrice (e non più entro un anno dal termine di presentazione della dichiarazione originaria).
In tale prospettiva, il contribuente deve:
– nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato corretto l’errore contabile, effettuare un’apposita variazione fiscale volta a depurare l’utile di bilancio del componente relativo alla correzione dell’errore “non rilevante” che sia stato correttamente imputato a conto economico (ove si tratti di correzione di un errore “rilevante”, non c’è bisogno di operare la variazione, in quanto l’irrilevanza del componente rettificativo opera per tabulas non essendo interessato il conto economico);
– emendare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato commesso l’errore contabile al fine di far concorrere il relativo componente (anche se negativo) al reddito imponibile di tale esercizio.
irrilevanza della “derivazione rafforzata” valevole ai fini IRAP in caso di errori contabili
Fermo restando quanto osservato nel precedente paragrafo 9, analoghe considerazioni valgono agli effetti IRAP.
L’art. 13-0/5, comma 7, lett. b) del D.L. n. 244/2016 ha stabilito che i componenti imputati direttamente a patrimonio netto in sede di prima applicazione delle nuove regole contabili introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015 concorrono alla formazione della base imponibile IRAP se, sulla base della disciplina vigente fino al 2015, sarebbero stati classificati nelle voci A e B del Conto economico.
Con l’intervento normativo citato, però, non era stato, invece, disciplinato il trattamento IRAP “a regime” dei componenti imputati direttamente a patrimonio netto in applicazione delle suddette novità.
Il D.M. 3 agosto 2017 è così intervenuto a stabilire che, anche in riferimento ai soggetti OIC adopter, si applica l’art. 2, comma 2, del D.M. 8 giugno 2011 (così come modificato dallo stesso D.M. 3 agosto 2017), ai sensi del quale:
– i componenti fiscalmente rilevanti, ai sensi delle disposizioni del decreto IRAP, imputati direttamente a patrimonio netto, concorrono alla formazione della base imponibile IRAP al momento dell’imputazione a Conto economico;
– nell’ipotesi in cui le regole di contabilizzazione non prevedono in alcun momento l’imputazione al Conto economico (es., differenze di valore emergenti dalla modifica del criterio di valutazione delle rimanenze), tali componenti assumono rilievo fiscale, indipendentemente dall’imputazione a patrimonio netto, secondo le disposizioni e i principi generali della normativa IRAP applicabili ai componenti imputati al Conto economico aventi la medesima natura.
- Le modifiche alla disciplina ACE conseguenti all’adozione nei nuovi principi contabili nazionali
11.1 Premessa
Come noto, il comma 11 dell’art. 13-0/5 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalia legge 27 febbraio 2017, n. 19, aveva demandato al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di adottare, con apposito decreto, le disposizioni di revisione della disciplina concernente l’Aiuto alla crescita economica (ACE) al fine di coordinare le disposizioni applicabili ai soggetti che redigono il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili internazionali (c.d. “soggetti IAS adopter”) con quelle previste per i soggetti che, invece, utilizzano i nuovi principi contabili nazionali (c.d. “soggetti OIC adopter”).
Tali disposizioni di revisione sono contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2017 (di seguito anche il “Nuovo Decreto ACE”) (NOTA 22) con cui, da un lato, è stata estesa ai soggetti 0\C-adopter l’applicazione di alcune disposizioni che nel precedente decreto attuativo (D.M. 14 marzo 2012) erano previste per i soli soggetti IAS adopter e, dall’altro, sono state introdotte nuove disposizioni attuative applicabili tanto ai soggetti IAS adopter quanto a quelli OIC adopter.
Al riguardo, va osservato come il Nuovo Decreto ACE non contiene, come era invece stato da noi auspicato sulla base di considerazioni di carattere semplificatorio e sistematico (NOTA 23), delle disposizioni a valenza generale differenziate a seconda della natura reddituale o patrimoniale delle riserve iscritte a patrimonio netto, della modalità di contabilizzazione delle stesse (in sostituzione dell’imputazione a conto economico o in contropartita di altre poste del conto economico) o del regime di disponibilità applicabile a tali poste, ma si limita a disciplinare soltanto talune specifiche fattispecie.
In particolare, come meglio descritto nel seguito, le fattispecie espressamente disciplinate sono le seguenti: (i) acquisto, annullamento o rivendita di azioni proprie (art. 5, comma 4); (ii) emissione di diritti d’opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili (art. 5, comma 5); (iii) finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci (artt. 5, comma 5, e 10, comma 2); (iv) adozione di nuovi principi contabili con conseguenti modifiche da apportare ai saldi patrimoniali di apertura (art. 5, comma 7); (v) strumenti derivati (art. 5, comma 8) nonché (vi), ma solo nella relazione al predetto decreto (di seguito anche la “Relazione”), errori contabili.
11.2 Acquisto, annullamento o rivendita di azioni proprie
A seguito delle modifiche apportate all’art. 2357-fer c.c. dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139 (NOTA 24), e in base a quanto previsto dal nuovo principio contabile OIC 28 (NOTA 25), anche per i soggetti OIC adopter l’acquisto di azioni proprie è considerato contabilmente una modalità di restituzione del capitale sociale e l’eventuale vendita di tali azioni è assimilata ad una nuova emissione di azioni, così come per i soggetti IAS adopter.
Il Nuovo Decreto ACE, in continuità con quanto previsto nel previgente decreto ACE, estende ai soggetti OIC adopter quanto era stabilito per i soli soggetti IAS adopter (NOTA 26) e, inoltre, disciplina in modo espresso i riflessi ai fini ACE dell’acquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’art. 2357-bis c.c. e della rivendita delle azioni proprie per un corrispettivo superiore al prezzo di acquisto.
In particolare, il Nuovo Decreto ACE stabilisce, in primo luogo, che rilevano come elementi negativi della variazione del capitale proprio le riduzioni del patrimonio netto conseguenti all’acquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’art. 2357-bis c.c.. “Si pensi, ad esempio, [precisa la Relazione] ai l’ipotesi di acquisto di azioni proprie che avvenga in esecuzione di una delibera dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni. Va da sé, che anche per i soggetti IAS/IFRS adopter la riduzione di patrimonio netto conseguente all’acquisto di azioni proprie, effettuato ai sensi dell’art. 2357-bis c.c., assume carattere di definitività, in quanto assimilabile ad una restituzione di patrimonio, a prescindere dalla quota di incremento di capitale proprio di cui alla lettera b) del comma 2”.
Pertanto, l’acquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’art. 2357-bis c.c. determina un decremento immediato e a carattere definitivo della base ACE, a prescindere (i) dalla consistenza di tale base, con possibile emersione anche di una base ACE negativa nell’ipotesi in cui il prezzo di acquisto di tali azioni sia superiore alla base ACE esistente alla data di tale acquisto (e conseguente non disponibilità dell’incentivo, entro i limiti del costo di acquisto, anche in caso di futuro conferimento o accantonamento di utili); (ii) dalla composizione della stessa (utili destinati a riserve disponibili o conferimenti in denaro ed equiparati) e (iii) dall’anno di formazione (ante o post 31 dicembre 2010) della riserva effettivamente utilizzata in bilancio per procedere all’acquisto delle azioni proprie oggetto di annullamento (NOTA 27).
Si dovrebbe trattare di una nuova disposizione, non prevista nel previgente decreto ACE, come sembra desumersi da quanto precisato nella Relazione e, in particolare: (i) dal fatto che viene utilizzata la congiunzione “anche” quando viene precisato che “con le modifiche apportate è stata inclusa anche l’ipotesi di riduzione del patrimonio netto conseguente all’acquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’articolo 2357-bis c.c.’’ (sottolineatura aggiunta); (ii) dall’affermazione che “gli effetti delle operazioni sulle azioni proprie – nei casi diversi da quelli di cui all’art. 2357-bis c.c. – restano invariati rispetto alle modalità di calcolo dell’agevolazione poste in essere nei periodi d’imposta precedenti alle nuove tecniche di rilevazione contabile” (sottolineatura aggiunta) e (iii) dalla precisazione che solamente la disposizione relativa agli effetti della riduzione permanente da operare a seguito dell’acquisto di azioni proprie ai sensi dell’art. 2357 c.c. – e, quindi, per fattispecie diverse da quelle di cui all’art. 2357-bis c.c. – assume carattere interpretativo, finalizzata a chiarire aspetti che hanno determinato incertezze in ordine alla determinazione dell’ACE.
In secondo luogo, il Nuovo Decreto ACE, riprendendo quanto già stabilito nel previgente decreto, dispone che “La riduzione di patrimonio netto conseguente aiìacquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’art. 2357 c.c. rileva nei limiti della variazione in aumento formata dagli utili di cui alla lettera b) del comma 2. Negli stessi limiti rilevano gli incrementi di patrimonio netto a seguito di cessione di tali azionì’ aggiungendo però che, in caso di cessione delle azioni proprie, “l’incremento di patrimonio netto che eccede il costo di acquisto delle stesse rileva come variazione in aumento di cui alla lettera a) del comma 2”.
In sostanza, come precisato anche nella Relazione, al momento dell’acquisto delle azioni proprie effettuato per motivi diversi da quelli di cui all’art. 2357-bis c.c. – e, quindi, non finalizzato all’annullamento delle stesse – si registra una riduzione della base ACE fino a concorrenza degli utili che abbiano concorso, in precedenza, a costituire la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quella esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.
Pertanto, qualora la base ACE esistente alla data di acquisto delle azioni proprie non dovesse comprendere utili destinati a riserve disponibili non si dovrebbe avere alcuna riduzione della base ACE (nessuna base ACE negativa); qualora invece la base ACE esistente alla data di acquisto delle azioni proprie dovesse comprendere utili destinati a riserve disponibili, ma per un importo inferiore al costo di acquisto delle azioni proprie, si dovrebbe determinare una riduzione della base ACE solo fino a concorrenza dell’ammontare degli utili che hanno concorso in precedenza a formare la predetta base; ciò anche se la base ACE fosse costituita in parte o addirittura solo da conferimenti in denaro di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 5 del decreto in esame (nota 28) e a prescindere dalla tipologia di riserva (riserva di capitale o riserva di utili) effettivamente utilizzata in bilancio per procedere all’acquisto delle azioni proprie e dall’anno di formazione di tale riserva (ante o post 31 dicembre 2010) (nota 29).
Si tratterebbe, comunque, a differenza dell’ipotesi in cui l’acquisto delle azioni proprie è stato effettuato al fine di procedere con l’annullamento di tali azioni, non di una riduzione permanente, ma temporanea destinata a riassorbirsi al momento della cessione delle azioni proprie.
In particolare, il Nuovo Decreto ACE e la Relazione prevedono che al momento della cessione delle azioni proprie viene meno la riduzione della base ACE eventualmente operata all’acquisto delle azioni proprie e se il corrispettivo di tale cessione è superiore al costo di acquisto delle azioni proprie, l’incremento di patrimonio netto registrato in bilancio è assimilato ad un conferimento in denaro di cui all’art. 2, comma 2, lett. a). Se, invece, il corrispettivo della cessione è inferiore al costo di acquisto delle predette azioni, la differenza costituisce una riduzione ACE di carattere permanente a prescindere dalla composizione originaria della base ACE.
L’assimilazione della differenza positiva fra corrispettivo della vendita delle azioni proprie e relativo costo come conferimento in denaro di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) comporta che lo stesso assume rilevanza ai fini ACE a decorrere dalla data di versamento del corrispettivo (e non dal primo giorno dell’esercizio seguente ove si fosse assimilato alla generazione di un utile accantonato).
Per quanto riguarda, invece, la riduzione della base ACE, da apportare in misura pari alla differenza (negativa) fra corrispettivo della vendita delle azioni proprie e relativo costo, questa non solo dovrebbe prescindere, come precisato nella Relazione, dalla composizione originaria della base ACE (conferimenti di denaro e utili destinati a riserve disponibili), ma anche dalla sua consistenza, trattandosi di una riduzione a carattere definitivo, con possibile emersione anche di una base ACE negativa in grado di neutralizzare la valenza ACE di successivi apporti o utili.
Ciò chiarito, va comunque osservato come vi siano taluni aspetti che non sono trattati né dal decreto in parola né nella relativa relazione, sui quali sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale.
In particolare, in primo luogo, non vi sono indicazioni su quale criterio (ad esempio LIFO o FIFO) si debba utilizzare per individuare le azioni proprie che sono oggetto di cessione nell’ipotesi in cui la società abbia acquistato azioni proprie sia in vigenza della disciplina ACE che in precedenza (cioè ante e post 31 dicembre 2010). Sul punto sembra possibile ritenere che, siccome mediante la vendita viene meno, in tutto o in parte, il fenomeno della sostanziale restituzione di equity ai soci che ha determinato la temporanea sterilizzazione della base ACE da utili, la vendita stessa vada riferita anzitutto alle azioni acquistate per ultime o comunque dopo il 2010. D’altronde, ove così non fosse, si creerebbe una discriminazione fra due situazioni sostanzialmente identiche: la situazione di chi ha acquistato azioni proprie prima del 2010 senza effettuare alcuna altra operazione (e che dovrebbe continuare a non operare alcuna sterilizzazione) e la situazione di chi, invece, oltre ad avere acquistato azioni proprie prima del 2010, abbia anche acquistato azioni proprie successivamente, ma abbia poi provveduto a rivendere un ammontare di azioni proprie tale da mantenere un quantitativo uguale o inferiore a quello acquistato prima del 2010.
In secondo luogo, non è stato chiarito quali siano le conseguenze ai fini ACE nel caso in cui le azioni proprie non vengano cedute a fronte del pagamento di un corrispettivo, ma vengano assegnate gratuitamente, come ad esempio nel caso di assegnazione ai dipendenti nell’ambito di un piano di incentivazione. Anche in tali ipotesi è ragionevole ritenere che si configuri un decremento permanente della base ACE, in misura pari al costo di acquisto delle azioni proprie assegnate agli azionisti o ai dipendenti, considerato che non sarebbe individuabile – nemmeno in base alle nuove impostazioni contabili – alcun apporto di denaro a favore della società che trasferisce le azioni proprie come, invece, succede (idealmente) quando le azioni sono oggetto di cessione a titolo oneroso. La gratuità dell’assegnazione delle azioni proprie dovrebbe essere equivalente, infatti, alla previsione di nessun corrispettivo per la cessione delle medesime azioni. In caso contrario, si avrebbero effetti non coerenti ove solo si consideri l’ipotesi, ad esempio, dell’assegnazione gratuita delle azioni proprie confrontandola con quella della cessione delle medesime azioni a fronte del pagamento di un corrispettivo complessivo simbolico (ad esempio 1 euro), considerato che in tale ultimo caso – in base ai chiarimenti forniti nella Relazione – si avrebbe sicuramente un decremento della base ACE per la differenza fra corrispettivo previsto (1 euro) e il costo di acquisto delle azioni proprie oggetto di cessione.
In terzo luogo, non viene espressamente disciplinato il caso delle azioni proprie acquistate inizialmente per motivi diversi da quello del loro annullamento, ma che poi, invece, vengono annullate. Risulta chiaro, tuttavia, che in tale ipotesi, al momento dell’annullamento delle azioni proprie, si dovrebbe operare una riduzione della base ACE in misura pari alla differenza fra il costo di acquisto delle azioni e il decremento già operato eventualmente in sede di acquisto delle azioni proprie, trasformandolo da riduzione temporanea a decremento permanente, con possibile emersione anche di una base ACE negativa.
11.3 Emissione di diritti d’opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili
In base ai nuovi principi contabili nazionali anche i soggetti OIC adopter, così come i soggetti IAS adopter, che emettono obbligazioni convertibili, devono, già all’atto dell’emissione, iscrivere in una riserva di patrimonio netto il valore dell’opzione di conversione del prestito obbligazionario in strumento di capitale (cfr. OIC 32, par. 49, e OIC 28, par. 30). Inoltre, si ritiene, in via interpretativa, che anche i soggetti OIC adopter che emettano, al di fuori dall’ambito di una operazione straordinaria, diritti d’opzione (warrant) che consentono di sottoscrivere ad un prezzo stabilito un quantitativo predeterminato di azioni dell’emittente, debbano iscrivere il fair value di tali diritti in una riserva di patrimonio netto.
Il Nuovo Decreto ACE (cfr. art. 5, comma 5) estende quindi ai soggetti OIC adopter quanto già previsto per i soggetti IAS adopter, cancellando Vincipit “Per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali” contenuto nel comma 4 dell’art. 5 del previgente decreto ACE che prevedeva per tali soggetti come “l’incremento di patrimonio netto derivante dall’emissione di diritti di opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili rileva dall’esercizio in cui viene esercitata l’opzione”.
Pertanto, ora, tanto per i soggetti IAS adopter quanto per quelli OIC adopter, le riserve iscritte a patrimonio netto per effetto dell’emissione di diritti d’opzione o di obbligazioni convertibili non rilevano a decorrere dall’esercizio di iscrizione, ma solamente dall’esercizio in cui viene esercitata la relativa opzione.
Tali incrementi di patrimonio netto dovrebbero, però, assumere rilevanza sin da subito in sede di determinazione del patrimonio netto contabile da confrontare, ai sensi dell’art. 11 del decreto in esame, in ciascun esercizio con la variazione in aumento del capitale proprio, considerato che tale articolo fa riferimento al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio d’esercizio ed esclude espressamente solamente la riserva per acquisto di azioni proprie.
11.4 Finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci
Il nuovo principio contabile OIC 19 richiede che, in caso di finanziamenti erogati dai soci a tassi significativamente diversi da quelli di mercato, come nel caso dei finanziamenti infruttiferi, e con finalità di rafforzamento patrimoniale della società partecipata, la differenza fra le disponibilità liquide ricevute e il valore attuale dei flussi finanziari futuri sia iscritta ad incremento del patrimonio netto della società debitrice. In modo corrispondente il nuovo principio OIC 15 prevede che, in tali ipotesi, il socio (creditore) debba iscrivere la predetta differenza ad incremento del valore della partecipazione detenuta nella società a cui ha erogato il finanziamento. Inoltre, socio (creditore) e partecipata (debitore) devono iscrivere a conto economico lungo la durata del finanziamento interessi figurativi, rispettivamente positivi e negativi, in contropartita dell’incremento del valore contabile del credito (socio) o del debito (società partecipata) (nota 30).
A fronte di tale rappresentazione contabile, il Nuovo Decreto ACE stabilisce, in primo luogo, che l’incremento di patrimonio netto derivante da finanziamenti infruttiferi o a tasso diverso da quello di mercato erogati dai soci non costituisce un incremento rilevante ai fini della disciplina ACE (cfr. art. 5, comma 5).
Tale impostazione – che, come riportato nella Relazione, discende dalla ricostruzione giuridico- formale dell’operazione – suscita qualche perplessità alla luce del principio di derivazione rafforzata applicabile anche ai soggetti OIC adopter a seguito delle disposizioni dettate dal D.L. n. 244/2016, e considerando, da un lato, che l’incremento di patrimonio netto in parola costituisce comunque una riserva disponibile e, dall’altro lato, che sussiste una disparità di trattamento rispetto all’ipotesi in cui il socio eroga un finanziamento a tasso di mercato ed ex post rinuncia agli interessi maturati a suo favore in quanto in tale ipotesi la somma oggetto di rinuncia costituisce, invece, un incremento senz’altro computabile ai fini ACE.
In secondo luogo, il Nuovo Decreto ACE prevede, in modo coerente con l’irrilevanza della predetta posta di patrimonio netto, che l’incremento della partecipazione iscritta dal socio a seguito dell’erogazione di un finanziamento infruttifero, o a tasso diverso da quello di mercato, a favore di una società del gruppo non rileva quale conferimento in denaro ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, comma 2, del medesimo decreto. Pertanto, tale incremento non deve essere considerato in sede di computo dell’ammontare dei conferimenti in denaro effettuati a favore di soggetti del gruppo, ovvero divenuti tali a seguito del conferimento, da portare in riduzione della variazione in aumento del capitale proprio. Il predetto incremento del valore della partecipazione, invece, come precisato nella Relazione, deve essere considerato come parte integrante del finanziamento erogato alla partecipata ai fini dell’applicazione della disposizione dettata dal citato art. 10, comma 3, lett. c), del decreto in base alla quale la variazione di capitale proprio non rileva fino a concorrenza dell’incremento, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dei crediti di finanziamento nei confronti dei soggetti del gruppo.
A fronte dell’irrilevanza della riserva di patrimonio netto iscritta dalla società del gruppo che ha ricevuto un finanziamento infruttifero o a un tasso significativamente diverso da quello di mercato né il Nuovo Decreto ACE né la Relazione forniscono invece indicazioni sul trattamento ai fini ACE degli interessi figurativi che, come sopra evidenziato, tanto la partecipata (debitore) quanto il socio (creditore) devono iscrivere a conto economico lungo la durata del finanziamento. In particolare, non viene chiarito se – come sarebbe stato logico prevedere – si debba procedere a scorporare dall’utile dell’esercizio l’impatto degli interessi figurativi attivi/passivi, che peraltro – in virtù di quanto previsto dal comma 4-0/5 dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011 (nota 31) – non sono rispettivamente tassabili e deducibili ai fini IRES, ovvero, come sembra purtroppo plausibile in assenza di una specifica disposizione in senso contrario, se ciò che rileva è comunque l’utile dell’esercizio risultante dal conto economico, che è influenzato in senso positivo e/o negativo dagli interessi figurativi iscritti in bilancio.
Anche per tale fattispecie l’incremento di patrimonio netto in parola dovrebbe assumere rilevanza in sede di determinazione del patrimonio netto contabile da confrontare, ai sensi dell’art. 11 del decreto in esame, con la variazione in aumento del capitale proprio, considerato che tale articolo, come già osservato, fa riferimento al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio d’esercizio ed esclude espressamente solamente la riserva per acquisto di azioni proprie.
11.5 Adozione di nuovi principi contabili con conseguenti modifiche da apportare ai saldi patrimoniali di apertura
Il paragrafo 17 del nuovo principio contabile OIC 29 prevede che gli effetti dei cambiamenti di principi contabili – come è avvenuto in occasione del recepimento delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015 – sono determinati retroattivamente contabilizzandoli sul saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui viene adottato il nuovo principio contabile e, in particolare, come rettifica degli utili portati a nuovo o, se più appropriato, anche di un’altra componente del patrimonio netto.
Il Nuovo Decreto ACE (cfr. art. 5, comma 7) stabilisce che assumono rilevanza ai fini del calcolo dell’incremento del capitale proprio e, in particolare, ai fini della determinazione della variazione in aumento formata dagli utili accantonati a riserva, le rettifiche operate in sede di prima adozione dei nuovi principi contabili OIC conseguenti (i) all’eliminazione di costi di ricerca e pubblicità non più capitalizzabili, che comporta un decremento di patrimonio netto conseguente all’eliminazione dell’importo non più capitalizzabile, e (ii) all’utilizzo del criterio del costo ammortizzato, che può implicare sia un incremento che un decremento di patrimonio netto (a tale ultimo riguardo, tuttavia, la Relazione precisa come “coerentemente all’irrilevanza degli incrementi di patrimonio netto derivanti da finanziamenti infruttiferi o a tasso diverso da queiio di mercato erogati dai soci prevista nel comma 4 dell’articolo 5, anche in sede di prima adozione dei principi contabili la medesima rappresentazione contabile non assume rilevanza ai fini della determinazione della variazione in aumento derivanti da conferimenti in denaro”).
Tale rilevanza è stata prevista – in base a quanto precisato nella Relazione – per evitare di dover gestire le componenti di reddito generate da tali fattispecie che si riverseranno negli esercizi successivi (sotto forma di assenza di ammortamenti per le spese non più capitalizza bili e diversa dinamica dei proventi/oneri finanziari di crediti, titoli e debiti), considerato che entrambe tali fattispecie comportano un effetto immediato sul conto utili/perdite portati a nuovo e, successivamente, si riflettono sulla dinamica delle future componenti di reddito da esse generate.
Al riguardo, va osservato, in primo luogo, come dovrebbe trattarsi di un’elencazione a titolo esaustivo e non esemplificativo e, pertanto, eventuali effetti derivanti da rettifiche diverse da quelle sopra menzionate non dovrebbero assumere rilevanza ai fini ACE e, quindi, incrementare o decrementare in misura corrispondente la base ACE. La Relazione, infatti, specifica che “tutte le ipotesi non menzionate nel testo del comma 7 sono da considerarsi non rilevanti ai fini della determinazione della base ACE”.
In secondo luogo, stante il riferimento alla sola variazione in aumento formata dagli utili accantonati a riserva (lett. b) del comma 2 dell’art. 5), le predette rettifiche non dovrebbero influenzare l’ammontare dei conferimenti in denaro versati dai soci di cui alla lett. a) del medesimo comma.
In terzo luogo, si osserva come non siano chiare le modalità con cui le rettifiche in parola assumano concreta rilevanza ai fini della determinazione della base ACE. Se la rilevanza di tali rettifiche fosse stata riconosciuta per tener conto, da un lato, della loro natura reddituale e, dall’altro lato, della circostanza che tali rettifiche, in sede di modifiche ai saldi patrimoniali di apertura, incidono sull’ammontare degli utili accantonati a riserva (nota 32) e, quindi, su una posta rilevante ai fini della disciplina in esame, allora si potrebbe ritenere che l’importo complessivo di tali rettifiche debba essere sommato algebricamente al risultato dell’esercizio in cui viene effettuata l’FTA e l’importo così ottenuto costituisca l’eventuale utile rilevante ai fini ACE.
Ad esempio, a fronte di un utile risultante dal conto economico interamente accantonato a riserva disponibile di 100 e di rettifiche negative rilevanti in FTA per 20, l’utile agevolabile ai fini ACE dovrebbe essere pari solo ad 80. In caso, invece, di una perdita risultante dal conto economico di 100 e di rettifiche positive rilevanti in FTA per 20, non dovrebbe esservi alcun utile agevolabile ai fini ACE (determinandosi, di fatto, una perdita netta di 80). Infine, in presenza di un utile di 100 interamente distribuito e di rettifiche da FTA rilevanti ai fini ACE negative per 20, dovrebbe registrarsi l’anno seguente una riduzione della base ACE per il minor importo in valore assoluto fra il predetto 20 e la somma degli utili accantonati a riserva, di cui alla lett. b) del comma 2 dell’art. 5, considerato che, per l’importo di 20, è come se ci fosse una riduzione del patrimonio netto (una distribuzione di riserve pregresse).
Infine, come specificato al comma 2 dell’art. 11, tutte le rettifiche operate in sede di prima adozione di nuovi principi contabili (FTA) ovvero di cambiamento di principi contabili già adottati – e, quindi, non solo quelle espressamente menzionate dal predetto comma 7 – assumono rilevanza ai fini della determinazione del patrimonio netto contabile da confrontare in ciascun esercizio con la variazione in aumento del capitale proprio. Stante il riferimento al patrimonio netto contabile, sebbene la norma utilizzi il poco chiaro termine di “rettifiche”, dovrebbero essere rilevanti a tali fini tanto le eventuali riserve negative di FTA quanto quelle positive.
11.6 Strumenti derivati
In considerazione dell’introduzione anche per i soggetti OIC adopter dell’obbligo di iscrivere in bilancio gli strumenti finanziari derivati al fair value, sancito dal novellato art. 2426, comma 1, n. 11- bis), c.c., il Nuovo Decreto ACE prevede, al comma 8 dell’art. 5, l’irrilevanza ai fini della determinazione della variazione in aumento formata dagli utili accantonati a riserva delle “riserve formate con utili: […] derivanti dalia valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati”.
Tale irrilevanza – che è applicabile anche ai soggetti IAS adopter- viene giustificata nella Relazione in base alle peculiari regole previste dal Codice civile in ordine alle riserve formate con utili che derivano dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati, ma soprattutto considerando che tali utili sono la risultante di fenomeni meramente valutativi. Non è stato, pertanto, considerato esclusivamente rilevante a tali fini il solo regime di distribuibilità e utilizzabilità degli utili derivanti dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati, tant’è che rientrano nella previsione anche le valutazioni operate dai soggetti IAS adopter sui derivati speculativi (pienamente distribuibili).
Ciò che è irrilevante, come precisato nella Relazione, non è solo la riserva per operazioni di copertura di flussi finanziari attesi, da iscrivere alla voce A.VII) del Patrimonio netto, ma anche gli utili iscritti a conto economico che derivano dalla valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati. In particolare, la Relazione sottolinea come: “in considerazione che gli utili derivanti dalla valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati sono influenzati da fenomeni meramente valutativi si è ritenuto necessario sterilizzare gli effetti di tali valutazioni a prescindere dalle modalità di contabilizzazione adottate in bilancio, dall’attivazione delle tecniche contabili di copertura e dal regime di disponibilità ACE delle riserve stesse. […] Con particolare riferimento alle ipotesi di copertura del fair va lue, tuttavia, si precisa che la quota di utili non esclusa dagli incrementi di capitale proprio rilevanti è determinata compensando gli effetti della valutazione dello strumento finanziario derivato e quelli dello strumento sottostante. In sintesi, quindi, solo nell’ipotesi in cui le oscillazioni positive del derivato siano superiori a quelle negative del sottostante si registra un utile che deve essere neutralizzato ai fini della disciplina ACE”.
Non sono affatto chiare le modalità con cui in concreto si debba procedere all’esclusione ai fini ACE delle riserve formate con utili derivanti dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati, considerato anche che, come detto, non è dirimente ai fini che qui interessano la distribuibilità o la disponibilità della relativa riserva, come confermato dalla stessa Relazione quando precisa come “si è ritenuto necessario sterilizzare gli effetti di tali valutazioni a prescindere dalle modalità di contabilizzazione adottate in bilancio, dall’attivazione delle tecniche contabili di copertura e dal regime di disponibilità ACE delle riserve stesse” (sottolineatura aggiunta).
Considerato che nella Relazione si fa riferimento ai soli “utili” derivanti dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati, una prima possibilità potrebbe essere quella di espungere dal risultato dell’esercizio l’importo di tali utili iscritto nella voce D) 18) d) del conto economico (“Rivalutazione di strumenti finanziari derivati”). Un argomento a favore di questa tesi risiede nel fatto che civilisticamente è stato sostenuto che la valutazione di un dato anno implica esclusivamente la nascita di un vincolo sulla distribuibilità dell’utile del medesimo anno, senza necessità di impattare riserve preesistenti ovvero memorizzare alcun vincolo per il futuro. Come appena visto, tuttavia, i vincoli in questione sono del tutto irrilevanti ai fini in questione. Peraltro, tale impostazione comporterebbe verosimilmente la necessità di monitorare le successive vicende del derivato al fine di dare rilevanza agli utili valutativi che mano a mano verranno realizzati (ad es. a mezzo della vendita del derivato), sì da “liberare” ai fini ACE nuove quote dell’utile momentaneamente sterilizzato.
Si potrebbe allora seguire un’altra impostazione che è quella di dare rilevanza all’importo complessivo delle variazioni positive di valore (residue) degli strumenti finanziari derivati evidenziato al termine di ogni anno in nota integrativa ai sensi dell’art. 2427-bis, comma 1, c.c., non facendo concorrere tale importo alla formazione della base ACE determinata da utili (anche pregressi). Insomma, con una gestione per così dire per masse – e, dunque, più semplice – potrebbe fondatamente sostenersi che l’intero stock di base ACE da utili computabile in un dato anno possa semplicemente essere sterilizzato dell’intero stock di riserve di fair value. L’anno successivo, ovviamente, si rimetterebbe tutto in discussione, rifacendo il confronto tra i dati aggiornati di detti stock.
Passando ad altro aspetto, si rileva come tanto la riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi, da iscrivere alla voce A.VII) del Patrimonio netto, quanto la quota del risultato dell’esercizio che deriva dalla valutazione al fair value dei derivati dovrebbero assumere rilevanza in sede di determinazione del patrimonio netto contabile da confrontare, ai sensi dell’art. 11 del decreto in parola, con la variazione in aumento del capitale proprio, considerato che tale articolo, come già evidenziato, fa riferimento al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio d’esercizio ed esclude espressamente solamente la riserva per acquisto di azioni proprie.
La scelta del decreto appare ampiamente criticabile quantomeno per la considerazione, ai fini di cui trattasi, della riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi. Tale riserva, infatti, in base all’articolo 2426, comma 1, numero 11 -bis), c.c., svolge meramente funzione di memoria, non essendo considerata nel computo del patrimonio netto nemmeno per una serie di finalità civilistiche, quali ad es.: al fine del calcolo del limite quantitativo all’emissione di obbligazioni; al fine dei limiti alla distribuzione di utili in caso di perdite; al fine dell’aumento gratuito del capitale; al fine della verifica di perdite che riducono il capitale di oltre un terzo o sotto il minimo legale.
11.7 Errori contabili
Il principio contabile OIC 29 (par. 48) prevede che la correzione di errori (nota 33) c.d. “rilevanti” (nota 34) in esercizi precedenti sia contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore, interessando la voce “Utili (perdite) portati a nuovo” oppure, se più appropriato, anche altre componenti del patrimonio netto. La correzione, invece, di errori c.d. “non rilevanti” commessi in esercizi precedenti è contabilizzata nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore.
A fronte di tale duplice modalità di rappresentazione in bilancio della correzione di errori, nonostante il Nuovo Decreto ACE non contenga alcuna disposizione al riguardo, la Relazione precisa che “per quanto concerne […] gli effetti sull’utile agevolabile derivanti dalla rilevazione degli errori cd. rilevanti (secondo quanto previsto dai principi contabili) la determinazione della base ACE è da operare mediante l’utilizzo degli istituti che consentono l’emendabilità della dichiarazione originariamente presentata, con conseguente irrilevanza delle poste di correzione iscritte nello stato patrimoniale o nel conto economico”.
Al riguardo, va osservato preliminarmente come sebbene il predetto chiarimento si riferisca alla correzione degli errori rilevanti, che, come sopra visto, comporta la contabilizzazione delle poste di correzione a patrimonio netto senza transitare dal conto economico, successivamente viene affermata – nella Relazione – l’irrilevanza non solo delle poste di correzione iscritte nello stato patrimoniale, ma anche di quelle iscritte nel conto economico. Dovrebbe trattarsi, però, di un refuso considerato che in una precedente versione in bozza del decreto in parola, risulta che il chiarimento reso si riferisse indistintamente agli errori – e, quindi, sia a quelli rilevanti, che richiedono la contabilizzazione della correzione a patrimonio netto, che a quelli non rilevanti, per i quali è previsto, invece, l’imputazione della posta di correzione a conto economico – e solo successivamente la precisazione contenuta nella Relazione è stata circoscritta agli errori rilevanti.
Pertanto, laddove tale interpretazione fosse confermata, gli effetti della correzione degli errori non rilevanti dovrebbero (continuare ad) assumere automatica e immediata rilevanza ai fini ACE essendo imputati direttamente a conto economico e, quindi, incrementando o decrementando l’eventuale utile dell’esercizio destinato a riserva disponibile e, quindi, agevolabile ai fini ACE.
Gli effetti, invece, della correzione degli errori rilevanti non dovrebbero assumere rilevanza nell’esercizio in cui avviene la correzione dell’errore, ma sarebbe necessario, nel caso in cui l’utile dell’esercizio in cui è stato commesso l’errore (omissione di un costo o di un ricavo) abbia concorso a formare la base ACE nei successivi esercizi, correggere i calcoli dell’ACE e, quindi, emendare tramite dichiarazioni integrative le relative dichiarazioni dei redditi, con eventuale versamento delle maggiori imposte dovute unitamente agli interessi e alle sanzioni applicabili ancorché ridotte.
Ad esempio, se (i) nell’anno t viene commesso un errore rilevante che ha comportato la mancata indicazione di un costo e, quindi, l’evidenziazione di un utile maggiore che è stato accantonato a riserva disponibile e, conseguentemente, ha concorso a formare la base ACE di cui la società ha beneficiato negli anni t+1, t+2 e t+3 e (ii) nell’anno t+4 si procede alla correzione di tale errore, dovrebbe essere necessario emendare, tramite la presentazione di dichiarazioni integrative a sfavore, le dichiarazioni dei redditi relative agli anni t+1, t+2 e, se già presentata, t+3, per ridurre l’importo dell’utile dell’esercizio t che ha concorso a formare la base ACE in tali periodi d’imposta. Si potrebbe, però, nel caso in cui il costo oggetto di errore fosse deducibile nell’anno di commissione dell’errore (anno t), presentare anche una dichiarazione integrativa a favore per tale anno al fine di dedurre il costo in parola. Tale ultima dichiarazione integrativa sarebbe verosimilmente a favore con la possibilità che emerga un’eccedenza di versamento a saldo IRES o un maggior credito, da non poter utilizzare, però, per compensare la maggiore IRES da versare per gli anni successivi (a quello oggetto di correzione) dovuta alla minore agevolazione ACE spettante (non trattandosi di una maggiore imposta scaturente direttamente da un errore contabile di competenza), ma da poter comunque utilizzare per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa a favore. Si ricorda, infatti, che a seguito delle modifiche previste dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (art. 5) all’art. 2 del D.P.R. n. 322/1998, nel caso in cui la dichiarazione oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, l’eventuale credito derivante può essere utilizzato in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, soltanto per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa; e questa regola non è applicabile soltanto nei casi in cui la dichiarazione integrativa sia stata effettuata per la “correzione di errori contabili di competenza”, circostanza che, letteralmente, non sembra poter ricorrere, nei casi delle dichiarazioni integrative relative ai periodi t+1, t+2 (e, eventualmente, t+3). Anche se si tratta di una conseguenza abnorme, poiché l’errore in tema di ACE è intimamente correlato con l’errore di competenza, non sembra che in assenza di un chiarimento da parte dell’Agenzia delle entrate possa al momento giungersi ad una conclusione differente.
Nel caso in cui, invece, (i) nell’anno t venisse commesso un errore rilevante che ha comportato la mancata indicazione di un ricavo tassabile e, quindi, l’evidenziazione di un utile minore che è stato accantonato a riserva disponibile e, conseguentemente, ha concorso a formare la base ACE di cui la società ha beneficiato negli anni t+1, t+2 e t+3 e (ii) nell’anno t+4 si procedesse alla correzione di tale errore (emendando – a sfavore – la dichiarazione dell’anno t), si potrebbero emendare – a favore – anche le dichiarazioni dei redditi relative agli anni t+1, t+2 e, se già presentata, t+3, per aumentare l’importo dell’utile dell’esercizio t da far concorrere a formare la base ACE in tali periodi d’imposta. Si tratterebbe di dichiarazioni integrative a favore, con conseguente emersione di un’eccedenza di versamento a saldo IRES o un maggior credito IRES, che dovrebbe essere utilizzabile, però, non trattandosi di un credito riveniente dalla correzione di un errore contabile di competenza, solamente per compensare debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa, ad eccezione del maggior credito emergente dalla dichiarazione integrativa presentata per l’anno t+3 in quanto presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno t+4 (cfr. art. 2, comma 8-bis, D.P.R. n. 322/1998).
Andrebbe altresì chiarito se sussiste o meno la possibilità di ricalcolare l’agevolazione ACE di cui si è beneficiato nel caso venga contestato, in sede di verifica, la competenza civile e fiscale di un costo o di un ricavo senza, però, che la società abbia proceduto alla correzione di tale errore contabile, qualificato come rilevante, e, quindi, in assenza di modifica, ancorché successiva, dell’ammontare dell’utile dell’esercizio in cui è stato commesso il contestato errore di competenza. Ove l’effetto ACE fosse sfavorevole al contribuente, ovviamente, questo effetto potrebbe essere ottenuto direttamente dall’Amministrazione finanziaria con appositi accertamenti. Anche nell’ipotesi in cui l’effetto ACE fosse favorevole, tuttavia, si ritiene che questo effetto debba essere garantito al contribuente, se non altro in quanto, conformemente ad un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l’art. 2, comma 8-bis, D.P.R. n. 322/1998, recentemente modificato dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (art. 5), statuisce espressamente che “Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito”.
Infine, va osservato che il patrimonio netto da utilizzare per il confronto richiesto dall’art. 11 del decreto in esame dovrebbe essere, in base al tenore letterale di tale articolo, quello che risulta dal bilancio dell’esercizio e, quindi, considerando nell’esercizio in cui si è proceduto a rilevare la correzione degli errori contabili commessi in esercizi precedenti anche gli effetti di tale correzione, sia nel caso di errori rilevanti che, invece, non rilevanti.
- Decorrenza e regime transitorio delle novità contabili e fiscali
12.1 Decorrenza e norme transitorie del D.Lgs. n. 139/2015
Per effetto dell’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 139/2015, i soggetti obbligati alla redazione del bilancio d’esercizio secondo le regOIC del Codice civile devono applicare le novità di carattere contabile introdotte dal predetto decreto legislativo e dai principi contabili nazionali rivisitati a partire dal primo esercizio che abbia avuto inizio il 1° gennaio 2016 o successivamente.
Il punto 17 del nuovo OIC 29 stabilisce che, in assenza di specifiche disposizioni legislative transitorie, tale applicazione debba avvenire secondo un criterio retroattivo, intendendo con ciò che i nuovi principi debbano esplicare la loro forza anche con riguardo alle operazioni iniziate prima del 2016 ma che non abbiano ancora esaurito i loro effetti nei bilanci precedenti a quello di prima applicazione. Questo approccio “backward looking” implica che nel primo bilancio vi debba essere l’imputazione al saldo d’apertura del patrimonio netto (nota 35) degli effetti derivanti dall’applicazione delle nuove regOIC contabili alle poste di bilancio per l’appunto già esistenti nei bilanci precedenti, andando così a costituire la c.d. “riserva FTA” con riferimento alla quale si approfondiranno successivamente alcuni aspetti fiscali.
Regime transitorio
A parziale deroga del criterio di retroattività appena menzionato, il comma 2 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 139/2015 ha previsto un particolare regime transitorio volto a regolare l’applicazione dei nuovi principi contabili in determinate situazioni. In particolare, è stato stabilito che l’applicazione
retroattiva del nuovo set di regOIC contabili non debba essere obbligatoriamente applicata con riferimento:
– al criterio del costo ammortizzato (e, per i crediti e debiti, del connesso criterio dell’attualizzazione) di cui all’art. 2426 c.c. per la rilevazione in bilancio dei titoli di debito e dei crediti e debiti,
– alle nuove regole, stabilite dal medesimo articolo del Codice civile, relative all’ammortamento dell’avviamento iscritto in stato patrimoniale.
Le imprese che vorranno avvalersi di tale facoltà, quindi, continueranno a rilevare tali elementi patrimoniali, come anche le relative componenti reddituali di conto economico, in conformità con quanto sancivano il Codice e i principi contabili nazionali antecedentemente alle innovazioni apportate dal D.Lgs. n. 139/2015 e potranno applicare le nuove regole solamente ai crediti, debiti, titoli di debito e avviamenti generatisi negli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2016 in poi.
Regime derogatorio all-in/all-out
Secondo quanto stabilito dai principi OIC 15, 19, 20 e 24, tuttavia, qualora non venga esercitata dall’impresa la facoltà di optare per la norma derogatoria del citato comma 2, la stessa impresa dovrà applicare retrospettivamente le nuove regole contabili a tutte le operazioni pregresse, senza possibilità di attuare una deroga “parziale” e contabilizzare in diversa maniera alcune delle operazioni pregresse dello stesso genere.
12.2 Decorrenza e norme transitorie dell’art. 13-bis del D.L. n. 244/2016
Ai sensi dell’art. 13-bis, comma 5, del D.L. n. 244/2016, le disposizioni di coordinamento della disciplina in materia di IRESe IRAP con il D.Lgs. n. 139/2015 esplicano efficacia a partire dall’esercizio fiscale successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, facendo coincidere la decorrenza con quella delle nuove disposizioni civilistiche e dei nuovi OIC.
irrilevanza fiscale dei ripristini e delle eliminazioni di attività e passività
Tra le ipotesi di maggior interesse, l’art. 13-0/5, comma 7, del D.L. n. 244/2016 prevede la sterilizzazione degli effetti fiscali derivanti dallo storno contabile delle spese di pubblicità e di ricerca che, in virtù delle modifiche apportate al Codice civile dal D.Lgs. n. 139/2015, non sono più capitalizzabili a partire dal bilancio di prima applicazione dei nuovi principi contabili. Un altro esempio di onere pluriennale rilevante sul tema è sicuramente quello relativo ai costi di transazione sostenuti in relazione ai crediti o ai debiti contratti ante 2016 e stornati in contropartita del patrimonio netto qualora l’impresa decida di applicare retroattivamente il costo ammortizzato.
In altri termini, a tali spese si continueranno ad applicare i criteri di deducibilità che vigevano – sia in termini di cadenza temporale che di qualificazione – antecedentemente alla loro cancellazione dal bilancio e, in particolare, per quanto afferisce all’IRES, le imprese dovranno continuare a dedurre, fino ad esaurimento del piano di deduzione iniziale, le quote relative ai “quinti” delle spese di pubblicità (e le quote residue delle spese di ricerca) precedentemente capitalizzate, mentre, relativamente all’IRAP, la tesi che sembra maggiormente condivisibile propone di continuare la deduzione, ogni anno e fino ad esaurimento del costo inizialmente capitalizzato, di un ammontare pari alle quote già stanziate nei precedenti bilanci (NOTA 36).
Desta perplessità invece, in assenza di chiarimenti da parte degli organi competenti, il trattamento fiscale che debbano ricevere le spese precedentemente iscritte e per le quali non sia ancora iniziato il relativo processo di ammortamento. Mentre per quanto riguarda l’IRAP sembrerebbe logico accogliere la tesi della deducibilità dell’intero importo nell’anno della cancellazione, qualche dubbio potrebbe porsi in relazione all’IRES. Infatti, potrebbe obiettarsi non senza fondamento che, a seguito della pregressa capitalizzazione, tali spese siano in ogni caso da ricondurre al criterio di deducibilità ex art. 108 del TUIR ante modifiche.
Ultrattività del regime fiscale originario per le operazioni pregresse
In continuità con quanto stabilito precedentemente dall’art. 15 del D.Lgs. n. 185/2008 per i soggetti IAS adopter, al fine di evitare che l’applicazione dei nuovi principi contabili nazionali possa dar vita, dal punto di vista fiscale, ad effetti distorsivi che alterino la regolare tassazione IRES ed IRAP delle imprese, è stato previsto che per le operazioni iniziate ante 2016 e che non abbiano ancora esaurito i loro effetti nei bilanci precedenti a quello di prima applicazione, si debba continuare a seguire la disciplina fiscale previgente.
In altri termini, qualora il nuovo principio di derivazione rafforzata per i soggetti OIC, recependo le nuove qualificazioni contabili scaturenti dal rafforzato principio di prevalenza della sostanza sulla forma contenuto nei nuovi principi contabili, possa dar luogo a diverse impostazioni fiscali in relazione alle operazioni pregresse, si dovrà continuare ad applicare alle stesse la previgente specifica disciplina fiscale.
Per l’applicazione del regime transitorio in commento vige quindi il presupposto che non sia possibile recepire, ai fini fiscali, la nuova impostazione contabile, senza creare effetti cumulativamente differenti a quelli che si sarebbero prodotti con l’applicazione retroattiva della nuova impostazione contabile e fiscale.
In prima analisi, quindi, da tale presupposto si può facilmente dedurre che tale regime transitorio non si applichi alle operazioni di acquisto di azioni proprie. Infatti, nonostante la nuova regola contabile – concernente la cancellazione delle azioni proprie dall’attivo di stato patrimoniale e contestuale iscrizione di una riserva negativa di patrimonio netto – vada applicata retroattivamente, stante il fatto che a seguito della precedente iscrizione delle azioni non erano sorti componenti reddituali rilevanti, il recepimento fiscale di tale nuova regola contabile non determina distorsioni impositive.
Al contrario, invece, questo regime transitorio comporta per le imprese l’onere gestionale di un “doppio binario” dei valori civilistico-fiscali in tutti i casi in cui l’applicazione retroattiva dei nuovi principi contabili, facoltativa od obbligatoria che sia, comporti anche per il pregresso diverse qualificazioni, imputazioni temporali o classificazioni fiscali (si pensi, ad esempio, al criterio del costo ammortizzato). Ecco perché consta che molte imprese abbiano – giustamente – scelto di non optare per l’applicazione retroattiva in bilancio del costo ammortizzato ai crediti rivenienti da operazione pregresse ante 2016, proprio al fine di non creare il doppio binario che si sarebbe verificato a causa dell’applicazione del regime transitorio in commento.
Si ricorda infatti sul tema che il legislatore ha deciso, a differenza delle scelte fatte in sede di regolamentazione della first time adoption IAS, di non prevedere la possibilità di riallineare i valori fiscali tramite pagamento di un imposta sostituiva ai fine di sopperire alle eventuali divergenze maturate in seno alla prima applicazione dei nuovi principi contabili.
A quest’ultimo riguardo, sarebbe auspicabile un intervento normativo in tal senso nella prossima legge di bilancio.
Valenza delle imputazioni a patrimonio netto in sede di prima applicazione ai fini della previa imputazione a conto economico tanto ai fini IRES quanto ai fini IRAP
Di più immediata comprensione, anche qui grazie alla pregressa esperienza in sede di first time adoption degli IAS/IFRS, risulta essere la disposizione relativa alla rilevanza delle imputazioni a patrimonio netto effettuate in sede di prima applicazione dei nuovi principi contabili nazionali.
Ai fini IRES, tale disposizione serve a considerare soddisfatto il requisito di previa imputazione a conto economico per la deducibilità dei costi che, in virtù dell’applicazione retroattiva delle nuove regole contabili, siano transitate direttamente a patrimonio netto, costituendo la c.d. riserva di FTA ai sensi dell’OIC 29.
Ai fini IRAP, invece, secondo quanto stabilito dal medesimo comma 7 dell’art. 13-0/5 del D.L. n. 244/2016 (lett. b), la rilevanza di tali imputazioni a patrimonio netto riguarda unicamente i componenti che, sulla base dei criteri applicabili negli esercizi precedenti, sarebbero stati classificati nelle voci rilevanti ai fini della determinazione del valore della produzione netta.
Regime transitorio ad hoc dei derivati speculativi
È stato inoltre previsto un regime transitorio ad hoc per i derivati speculativi. Il legislatore ha infatti stabilito che i derivati speculativi già iscritti in bilancio vedano confluire le proprie componenti reddituali nella determinazione del reddito imponibile secondo le regole dell’art. 112 del TUIR, nel testo vigente anteriormente alle più recenti modifiche; diversamente, per i derivati speculativi in essere nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015, che non avessero già trovato iscrizione nei bilanci precedenti a quello nel quale si istaurano le nuove regole contabili e fiscali in commento, i relativi componenti di natura valutativa assumeranno rilevanza solo al momento del realizzo o dell’estinzione del derivato.
La ratio sottostante alla deroga appena descritta è volta a evitare che l’obbligo di iscrizione dei derivati speculativi ex D.Lgs. n. 139/2015 incida eccessivamente sul reddito imponibile dell’esercizio di prima applicazione delle nuove regole, attraverso la tassazione (o deduzione) di valori accumulatisi nel corso degli anni precedenti.
Rilevanza fiscale ACE dei componenti rilevati direttamente a patrimonio netto in sede di FTA
Il D.M. 3 agosto 2017 (in materia di ACE) stabilisce che alla determinazione della variazione in aumento ex art. 1, commi 2 e 5, del D.L. n. 201/2011 debbano concorrere le seguenti poste rilevate in sede di FTA derivanti:
– dall’eliminazione dei costi di ricerca e pubblicità non più capitalizzabili e
– dall’utilizzo del criterio del costo ammortizzato (eccezion fatta per gli effetti patrimoniali determinatisi nel caso dei prestiti infruttiferi – o di quelli a tasso diverso da quello di mercato -erogati dal socio, come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto).
Tutte le altre ipotesi sono da considerarsi invece non rilevanti ai fini della determinazione della base
12.3 Entrata in vigore, decorrenza delle disposizioni e “clausola di salvaguardia” di cui all’art 3 del D.M. 3 agosto 2017
Entrata in vigore
Mentre, prima facie, sembrerebbe possibile individuare la data di entrata in vigore dei D.M. 3 agosto 2017 nell’11 agosto 2017, giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (nota 37), svariati problemi sorgono per l’individuazione della decorrenza dell’efficacia delle singole disposizioni in esso contenute.
Decorrenza
In via preliminare, secondo quanto stabilito dal combinato disposto degli articoli 1 e 3 della L. 27 luglio 2000, n. 212 (di seguito, “Statuto dei diritti del contribuente”), si dovrebbe ritenere che le norme del D.M. in esame non possano avere altra decorrenza se non quella del “periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore” del medesimo provvedimento in cui sono contenute (/.e., 2018 per i soggetti aventi la durata dell’esercizio coincidente con l’anno solare); ciò, quantomeno, per le norme che recano un aggravio impositivo per il contribuente.
Infatti, trattandosi di un decreto ministeriale esso non avrebbe forza per derogare alle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente (adottato, per tutelare il contribuente, appunto, con legge ordinaria dello Stato), il quale, per un verso, permette l’introduzione di norme a carattere interpretativo (aventi, come noto, valenza anche retroattiva) solamente in casi eccezionali e comunque, in ogni caso, per il tramite di legge ordinaria (nota 38) e, dall’altro verso, non consente l’applicazione retroattiva di norme a carattere novativo che incidono su tributi di periodo, posponendo la loro decorrenza al “periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore” (nota 39).
Di tali questioni ne è ben conscio anche il Ministero dell’economia e delle finanze, il quale, relativamente all’analoga problematica di stabilire la decorrenza delle previsioni di carattere innovativo contenute nel coevo D.M. del 3 agosto 2017 riguardante la riformulazione del decreto applicativo dell’Aiuto alla Crescita Economica (ACE), ha chiarito nella relativa relazione illustrativa che l’efficacia dei nuovi criteri di calcolo degli incrementi di capitale proprio rilevanti ai fini ACE “nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), non può che essere coincidente con il periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto” (i.e., 2018 per i soggetti aventi la durata dell’esercizio coincidente con l’anno solare), come pure espressamente confermato dalla recente circolare n. 26/E del 26 ottobre u.s. dell’Agenzia delle entrate (par. 2).
Ferma restando la fondatezza giuridica di quanto precede, si può tuttavia notare che, pur non disponendo il decreto ministeriale alcunché di esplicito in merito, la “Clausola di salvaguardia per comportamenti non coerenti” contenuta nel D.M. (nota 40) disvela invero l’intenzione del Ministero dell’economia e delle finanze di ipotizzare una qualche efficacia delle varie disposizioni anche nell’anno di entrata in vigore del D.M. stesso e, in taluni casi, anche in quelli precedenti. Infatti, nello stabilire che, per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso all’entrata in vigore del decreto, per i quali siano già stati versati gli importi a saldo IRES e IRAP, “sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della base imponibile generati dall’applicazione delle norme fiscali […] anche non coerenti con le disposizioni di cui al presente decreto”, sembra volersi far intendere che:
– le previsioni del D.M. debbano applicarsi obbligatoriamente con riguardo al periodo di imposta 2017 (e a quelli successivi) (nota 41), dato che la clausola esclude dal suo ambito applicativo quei contribuenti che non si adeguino a dette previsioni dal 2017 in poi (la clausola di salvaguardia infatti, come innanzi evidenziato, produce i propri effetti esclusivamente “con riferimento ai periodi d’imposta precedenti” al 2017);
– le previsioni del D.M. esplichino inoltre efficacia, anche se facoltativamente e mediante la clausola di salvaguardia, con riferimento ai periodi di imposta precedenti, dato che la stessa clausola fa salvi:
o sia i contribuenti che nel rispetto di altre previsioni normative non abbiano applicato le disposizioni del D.M., o sia i contribuenti che, anche in mancanza di rispetto di altre previsioni normative, abbiano però applicato anticipatamente le disposizioni del D.M..
Clausola di salvaguardia
In termini generali, l’intento della clausola di salvaguardia sembra chiaramente quello di tutelare i contribuenti che, nell’attesa di un D.M. emanato con notevole ritardo rispetto alle loro esigenze, si siano trovati a dover adottare comportamenti in fase di determinazione della base imponibile IRES e IRAP senza avere un “appoggio” normativo che chiarisse, in determinate situazioni, il corretto regime fiscale da adottare.
Sul piano dell’ambito oggettivo di operatività della clausola, vale la pena ribadire che nonostante la rubrica dell’art. 3 faccia riferimento solamente ai “comportamenti non coerenti”, dalla lettura del decreto e altresì della relazione illustrativa (nota 42) risulta del tutto evidente l’intenzione del Ministero dell’economia e delle finanze di salvaguardare tanto i contribuenti che abbiano fatto scelte di carattere fiscale conformi- seppur ante litteram – al dettato del D.M., quanto gli altri contribuenti che, nel rispetto della normativa precedentemente in vigore, si siano appunto discostati dallo stesso.
Al fine di esemplificare entrambe le situazioni appena richiamate, si pensi, ad esempio:
– in relazione ai comportamenti non conformi, ai contribuenti che, in applicazione del principio di derivazione rafforzata, abbiano dedotto gli interessi passivi “figurativi” contabilizzati a seguito della stipula di un finanziamento infruttifero con una società controllante ex art. 2359 c.c. (nota 43), salvo poi verificare che il D.M., nel processo di revisione del decreto ministeriale 8 giugno 2011, vi abbia aggiunto all’art. 5 il comma 4-0/5, stabilendo che in tali fattispecie “assumono rilevanza fiscale esclusivamente i componenti positivi e negativi […] desumibili dal contratto di finanziamento”;
– in relazione invece ai comportamenti conformi, ai contribuenti OIC adopter che, senza essere in possesso di un atto con data certa anteriore o contestuale alla stipula di un derivato che certificasse la relazione di copertura con l’attività coperta, avessero dato comunque rilevanza fiscale a tale relazione di copertura in quanto desumibile dalla nota integrativa del proprio bilancio. Anche codesto comportamento, non conforme a quanto stabilito dalle norme vigenti alla data di determinazione della base imponibile, ma divenuto poi conforme a quanto previsto dall’art. 1, comma 1, lett. c), del D.M. 3 agosto 2017, non è più censurabile dall’Agenzia delle entrate.
Per concludere l’analisi circa l’ambito oggettivo della clausola di salvaguardia, sembra possibile ritenere che:
– chi abbia adottato comportamenti coerenti con il D.M., ovvero non coerenti con il D.M. ma coerenti con le norme precedentemente in vigore, è fatto salvo da eventuali contestazioni non solo se, in virtù di tali comportamenti, si sia determinato un aggravio del carico fiscale (rectius, una base imponibile maggiore, destinata, magari, in ipotesi, a riassorbirsi in anni successivi), ma anche se si sia determinata una minore imposta, rectius, una base imponibile inferiore, e ciò anche se con un effetto “permanente”;
– la clausola di salvaguardia possa riguardare anche soltanto una o più previsioni del D.M. (ma non necessariamente tutte). In altri termini, il contribuente che si trovi ad applicare la clausola di salvaguardia in relazione ad una specifica previsione non sia per ciò costretto ad applicare per il 2016 anche tutte le altre norme del D.M.;
– sia necessaria una certa coerenza di comportamento del contribuente nell’applicazione (o meno) di una specifica previsione del D.M. (nota 44). Tornando all’esempio del contribuente che, avendo concesso un finanziamento infruttifero ad una propria controllata non abbia tassato gli interessi figurativi derivanti dall’applicazione del costo ammortizzato, si ritiene che lo stesso contribuente non possa al contempo invocare la clausola di salvaguardia per non applicare la medesima previsione agli interessi passivi figurativi derivanti dall’applicazione del costo ammortizzato a un finanziamento infruttifero infragruppo ricevuto dal medesimo. In altri termini, una volta seguita una determinata impostazione nell’invocare la clausola di salvaguardia relativamente all’applicazione o meno di una specifica previsione del D.M., la stessa impostazione dovrebbe essere seguita dai soggetti OIC adopter per tutte le fattispecie regolate da tale previsione (nota 45).
In relazione invece all’efficacia temporale della clausola, si pongono taluni delicatissimi profili problematici, sui quali sarebbe stato necessario un chiarimento da parte dell’Agenzia delle entrate. Anzitutto, limitando per il momento l’analisi ai possibili impatti di tale norma per i soggetti OIC adopter, la previsione sembra destinata a sortire effetti esclusivamente per il periodo d’imposta 2016. Infatti, la clausola opera soltanto per “i periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto [2017] per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte dirette sono scaduti anteriormente alla medesima data” e tra tutti questi periodi, solamente il 2016 risulta interessato dalle novità di carattere fiscale apportate dall’art. 13-bis del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, che il D.M. è stato chiamato a regolare.
Al riguardo, tuttavia, potrebbero emergere dei dubbi in relazione al momento in cui debbano considerarsi cristallizzati i comportamenti che abbiano avuto “effetti sulla determinazione della base imponibile” e che siano meritevoli della tutela accordata dalla clausola di salvaguardia: in relazione all’anno 2016, infatti, i contribuenti potrebbero non aver ancora presentato, alla data di entrata in vigore del D.M., la dichiarazione fiscale ai fini IRES e IRAP (nota 46), non avendo quindi posto in essere – sul piano formale – alcun comportamento rilevante nella determinazione delle relative basi imponibili. Non potrebbero infatti essere definiti tali né lo stanziamento del fondo imposte in sede di chiusura del bilancio civilistico né il versamento a saldo delle imposte avvenuto nel mese di giugno/luglio 2017 (sempre che dovuto, in quanto taluni contribuenti potrebbero anche non aver versato alcunché, chiudendo in perdita o disponendo di congrui crediti di imposta), in quanto entrambi questi comportamenti non danno evidenza della natura e dell’importo delle singole “variazioni fiscali” apportate alle risultanze contabili, dettagli assolutamente necessari a verificare i comportamenti adottati, per l’appunto, nella determinazione della base imponibile. In altri termini, il dubbio che si pone è se, in relazione al periodo d’imposta 2016, i contribuenti possano essere ancora nei termini per valutare i comportamenti da adottare in sede di dichiarazione fiscale al fine di conformarsi o meno al dettato del D.M., nonostante essi:
– abbiano precedentemente già stimato (magari in maniera difforme a quanto poi potrebbero decidere di fare in sede di dichiarazione) la base imponibile IRES ed IRAP e ciò sia in sede di stanziamento del fondo imposte in bilancio sia in sede di versamento dei saldi;
– siano già a conoscenza delle previsioni del D.M., già entrato in vigore in tale data.
Nonostante una soluzione favorevole possa sembrare eccessivamente “pro-contribuente”, il quale infatti potrebbe, in dichiarazione, scegliere a propria convenienza se conformarsi o meno ad un dettato normativo del quale sarebbe ormai a conoscenza, tale interpretazione sembra l’unica perseguibile per i seguenti motivi:
– anzitutto, soltanto ipotizzare di poter discriminare i contribuenti in base alle loro scelte effettuate in sede di determinazione del saldo delle imposte relative al 2016 risulterebbe concretamente impossibile se non arbitrario. Ed infatti, come ricordato, in sede di versamento delle imposte, il comportamento del contribuente riguardante la determinazione delle basi imponibili non viene affatto “cristallizzato” in documenti ufficiali vincolanti e condivisi con l’Amministrazione finanziaria e tali da rappresentare la natura e l’ammontare delle singole variazioni fiscali;
– inoltre, è l’unica in grado di conciliare l’efficacia della clausola di salvaguardia con i principi generali dell’ordinamento tributario così come richiamati dallo Statuto del contribuente. Ed infatti, addivenendo a una diversa conclusione si finirebbe per determinare una ingiustificabile disparità di trattamento tra contribuenti che, in sede di stima del fondo imposte e/o del versamento dei saldi IRES e IRAP, avessero adottato comportamenti divergenti, obbligandoli a mantenere fermi tali comportamenti anche in sede di compilazione delle dichiarazione dei redditi. In relazione ad eventuali norme di favore introdotte dal D.M., potrebbe addirittura verificarsi la situazione nella quale chi non si fosse conformato in sede di versamento alle prescrizioni fiscali pro-tempore vigenti sarebbe avvantaggiato a discapito di chi, adottando un comportamento maggiormente prudente, avesse invece rispettato il regime all’epoca in vigore (o, comunque, il regime che pareva potersi desumere dal quadro interpretativo previgente).
Vi è di più. Proprio assumendo l’illegittimità di tale eventuale disparità di trattamento, che peraltro risulterebbe del tutto incompatibile con i principi costituzionalmente garantiti dell’eguaglianza e della capacità contributiva, sembra possibile ritenere che le medesime possibilità di adeguamento “postumo” a scelte compatibili o meno con le singole disposizioni del D.M. vadano riconosciute anche a soggetti che in ipotesi avessero già provveduto alla presentazione della dichiarazione prima della data di entrata in vigore del D.M. (possibilità che potrebbero essere perseguite a mezzo di dichiarazione integrativa a favore, ovvero, in maniera più cautelativa, mediante istanza di rimborso) (nota 47).
D’altra parte, la similare problematica verificatasi in ambito ACE è stata risolta dall’Agenzia delle entrate nella richiamata circolare n. 26/E/2017 proprio in questi termini, chiarendo che il comportamento viene cristallizzato soltanto nella dichiarazione. Tuttavia, nella medesima circolare l’Agenzia delle entrate ha anche specificato che “Per il periodo d’imposta 2016 … I contribuenti che abbiano già presentato la dichiarazione prima della pubblicazione dei presenti chiarimenti possono procedere a rettificare la stessa, al fine di tener conto delle novità del decreto, entro il termine di 90 giorni ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322”.
Per completezza, merita soltanto aggiungere che nella predetta circolare n. 26/E/2017, con riferimento alla decorrenza della nuova disciplina antielusiva di cui all’art. 10 del Nuovo Decreto ACE, l’Agenzia delle entrate ha espressamente affermato che per i periodi d’imposta pregressi “/ comportamenti posti in essere dai contribuenti attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi sono salvaguardati, a prescindere dall’effetto positivo o negativo sulla determinazione dell’agevolazione stessa; deve, quindi, considerarsi preclusa ai contribuenti la presentazione di dichiarazioni integrative finalizzate a correggere le dichiarazioni presentate in relazione ai comportamenti collegati alle disposizioni dell’articolo 10 del nuovo decreto ACE”.
—
Note:
(1) Per maggiori approfondimenti, si rinvia al Documento, frutto della collaborazione tra CNDCEC e Confindustria, “Problematiche e soluzioni operative per il passaggio alle disposizioni del D.Lgs. 139/2015 e ai Principi contabili nazionali”, marzo 2017. Nel documento, contenente le linee guida sulla prima applicazione delle nuove regole, vengono analizzate le casistiche che possono manifestarsi con maggiore frequenza in sede di passaggio alle nuove disposizioni e che, oltre a comportare cambiamenti nella rappresentazione contabile, coinvolgono anche aspetti aziendali, organizzativi e societari.
(2) Per un’analisi del principio in oggetto, v. infra par. 6.
(3) Per tale s’intende la tradizionale determinazione del reddito d’impresa prevista per i soggetti in contabilità ordinaria dall’art. 83, comma 1, primo periodo, del TUIR, secondo cui “il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”.
(4) Numero così sostituito dall’art. 6, comma 9, lett, b), del D. Lgs. 139/2015. Testo previgente: “13) la composizione delle voci: «proventi straordinari» e: «oneri straordinari» del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile”.
(5) Il previgente n. 1) dell’art. 2423-bis c.c. era il seguente: “1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”.
(6) Si rinvia all’OIC 32 (§ 51-92).
(7) In tal senso, cfr. circolare Agenzia delle entrate 28 febbraio 2011, n. 7/E, par. 3.3.
(8) Per maggiori approfondimenti, v. cit. circ. n. 7/E/2011, par. 3.2.
(9) Per un approfondimento su questo ultimo punto, si veda la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E/2011, par. 4.4.
(10) Emanato a seguito dell’art. 2, comma 28, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10.
(11) Per una disamina operativa circa la rappresentazione di bilancio di alcuni casi di applicazione del costo ammortizzato e dell’attualizzazione rinviamo agli esempi illustrativi riportati in appendice al principio contabile OIC 19 ancorché essi non costituiscono parte integrante dello standard italiano.
(12) Per gli effetti ai fini della disciplina ACE dei finanziamenti infruttiferi o a tasso significativamente diverso da quello di mercato erogati dai soci, si rinvia al successivo par. 11.4 del presente documento.
(13) In quest’ultimo caso, si deve ritenere che vada applicato il principio di derivazione rafforzata, per cui non sarà necessaria alcuna sterilizzazione degli effetti contabili dell’operazione.
(14) Per il commento a quest’ultima disposizione, cfr, precedente par 6.4.
(15) Per l’esame delle novità in materia, v. infra par. 9 nella parte relativa alle “Operazioni straordinarie”.
(16) Per un approfondimento della tematica, cfr. il paragrafo successivo del presente Documento.
(17) In termini, il nuovo testo dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997.
(18) Cfr. art. 13-bis, comma 4, D.L. n. 244/2016.
(19) D.M. 19 novembre 2008.
(20) Cfr. quanto sostenuto dalla medesima Agenzia nella più recente circolare n. 8/E del 7 aprile 2017, par. 15.4.
(21) L’art. 5 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, ha modificato il disposto dei commi 8 e 8-bis dell’art. 2 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 ed inserito nel successivo art. 8 i nuovi commi da 6-bis a 6-quinquies.
(22) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 187 dell’11 agosto 2017.
(23) Cfr. CNDCEC, Le problematiche in materia di ACE derivanti dall’adozione dei nuovi principi contabili nazionali in vista dell’emanazione del decreto ministeriale – Osservazioni e proposte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Roma, 3 maggio 2017.
(24) L’art. 2357-ter c.c., così come riformulato dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139, stabilisce che “l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo”.
(25) Il nuovo principio contabile OIC28 prevede che “37. Le azioni proprie sono iscritte in bilancio per un valore corrispondente al loro costo d’acquisto tramite l’iscrizione di una riserva negativa AX “Riserva negativa azioni proprie in portafoglio” che ai sensi dell’art. 2424 del codice civile è ricompresa tra le voci del patrimonio netto. La formazione di detta riserva è concomitante all’acquisto delle azioni stesse. 38. Nel caso in cui l’assemblea decida di annullare le azioni proprie in portafoglio, la società, a seguito della delibera assembleare, storna la voce AX” Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e contestualmente riduce il capitale sociale per il valore nominale delle azioni annullate.
L’eventuale differenza tra il valore contabile della riserva e il valore nominale delle azioni annullate è imputata ad incremento o decremento del patrimonio netto. 39. Nel caso in cui l’assemblea decida di alienare le azioni proprie, l’eventuale differenza tra il valore contabile della voce AX “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e il valore di realizzo delle azioni alienate è imputata ad incremento o decremento di un’altra voce del patrimonio netto”.
(26) Il comma 3 dell’art. 5 del D.M. 14 marzo 2012 prevedeva che “per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali la riduzione del patrimonio netto conseguente all’acquisto di azioni proprie rileva nei limiti della variazione in aumento formata dagli utili di cui alla lettera b) del comma 2. Negli stessi limiti rilevano gli incrementi del patrimonio netto a seguito di cessione di tali azioni”.
(27) In sede di commento del previgente decreto ACE era stato osservato come nell’individuazione delle riserve utilizzate per procedere all’acquisto di azioni proprie si dovesse applicare un criterio di consumazione prioritaria delle riserve di utili già computate ai fini dell’agevolazione. La disposizione in commento sembra, invece, assumere, con presunzione assoluta, che l’acquisto di azioni proprie effettuato ai sensi dell’art. 2357-bis c.c. decrementi la base ACE a prescindere dall’anno di formazione (ante o post 2010) della riserva effettivamente utilizzata in bilancio per procedere con l’acquisto delle azioni proprie oggetto di successivo annullamento.
(28) La necessità di confrontare il costo di acquisto delle azioni proprie solo con l’ammontare complessivo degli utili destinati a riserva che hanno concorso a formare la base ACE (art. 5, comma 2, lett. b)) e non anche con l’importo dei conferimenti in denaro effettuati dai soci (art. 5, comma 2, lett. a)) dovrebbe discendere dal fatto che, in base a quanto specificato nell’art. 5 tanto del decreto ACE previgente quanto nel Nuovo Decreto ACE, mentre i conferimenti in denaro assumono rilevanza ai fini ACE anche se confluiscono in una riserva sottoposta a qualche vincolo di utilizzo o distribuibilità, gli utili destinati a riserva sono rilevanti solo se la relativa riserva è disponibile con conseguente riduzione della base ACE in caso di riclassifica di una riserva da disponibile a indisponibile. Tale riclassifica dovrebbe avvenire anche in caso di acquisto di azioni proprie considerato che, secondo un orientamento (così, Consiglio Notarile di Milano, Commissione Società, Massima n. 145), a cui sembra aderire anche il redattore del Nuovo Decreto ACE, l’acquisto di azioni proprie comporta, anche dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 139/2015 all’art. 2357-ter c.c., l’apposizione di un vincolo di indisponibilità alle riserve costituenti il patrimonio netto per un importo corrispondente al prezzo pagato per l’acquisto delle stesse.
(29) Cfr. precedente nota 27.
(30) Cfr. gli esempi “2B – Finanziamento infragruppo” contenuti negli esempi illustrativi riportati in calce ai principi contabili OIC 15 e OIC 19.
(31) Come già visto, il comma 4-bis dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, introdotto dal D.M. 3 agosto 2017, prevede che: “nel caso di operazioni di finanziamento tra soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile assumono rilevanza fiscale esclusivamente i componenti positivi e negativi imputati a conto economico desumibili dai contratti di finanziamento, laddove siano rilevati nello stato patrimoniale componenti derivanti dal processo di attualizzazione a tassi di mercato previsti dal criterio del costo ammortizzato”. La rilevanza dei soli “componenti positivi e negativi desumibili dai contratti di finanziamento” comporta l’irrilevanza ai fini fiscali (cioè la non tassabilità o la non deducibilità) degli interessi attivi o passivi figurativi iscritti a conto economico in ipotesi di finanziamenti infragruppo infruttiferi o a tasso significativamente non di mercato. Al riguardo, va poi altresì segnalato come mentre nel Nuovo Decreto ACE l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione in commento ricomprende in modo generico tutti i soci delle società a cui si applica la disciplina ACE, il comma 4-bis sopra richiamato circoscrive l’irrilevanza degli interessi non desumibili dai contratti di finanziamento per i soggetti “tra i quali sussiste un rapporto di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile”.
(32) Cfr. CNDCEC, op. cit.
(33) Un errore consiste, in base a quanto precisato dal principio contabile OIC 29 (cfr. par. 44 e 45), “nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni e i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni dei fatti, di negligenza nel raccogliere le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile”. “Gli errori non debbono essere confusi con i cambiamenti di stima, né con i cambiamenti di principi contabili, che hanno entrambi diversa natura. In particolare, non costituiscono errori: a. le variazioni successivamente dimostratesi necessarie nelle valutazioni e nelle stime, fatte a suo tempo in base alle informazioni ed ai dati disponibili in quel momento, né b. l’adozione di criteri contabili fatta in base ad informazioni e dati disponibili in quel momento ma che successivamente si dimostrano diversi da quelli assunti a base della scelta operata se, in entrambi i casi, tali informazioni e dati sono stati al momento del loro uso raccolti ed utilizzati con la dovuta diligenza”.
(34) Un errore è rilevante, in base a quanto stabilito nel par. 46 del principio contabile OIC 29, “se può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio. La rilevanza di un errore dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore stesso ed è valutata a seconda delle circostanze”.
(35) Il punto 17, in proposito, conclude specificando che “… solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo. Tuttavia, la rettifica può essere apportata a un’altra componente del patrimonio netto se più appropriato”.
(36) Si segnala che una diversa tesi, dando rilevanza al principio di determinazione della base imponibile IRAP ancorata alle risultanze di bilancio, potrebbe dar luogo all’integrale deduzione dell’ammontare delle spese che venissero stornate dall’attivo di stato patrimoniale per effetto dei nuovi principi contabili.
(37) Alla luce della diffusa prassi di adottare, da parte del Governo o dei singoli Ministeri, atti a contenuto normativo-regolamentare senza osservarne il relativo processo di formazione ex art. 17 della L. 23 agosto 1988, n. 400, potrebbe tuttavia essere opportuno svolgere alcune considerazioni aggiuntive.
Infatti, se per un verso, il D.M. 3 agosto 2017, non essendo stato assoggettato ai richiamati obblighi procedurali, potrebbe non considerarsi – da un punto di vista formale – un “regolamento” e potrebbe quindi concludersi che non necessiti del periodo di vacatio legis successivo alla pubblicazione al fine di determinarne la sua entrata in vigore (vd. art. 10 delle Preleggi); per un altro verso, tuttavia, ci si trova dinnanzi a un atto che (vd. supra) sembra contenere disposizioni di carattere prettamente normativo-regolamentare. Sul tema non sembra essersi formato, né in giurisprudenza né in dottrina, un indirizzo interpretativo univoco:
– secondo una prima tesi, infatti, l’assenza dei requisiti formali dettati dal richiamato art. 17, pur non inficiando l’efficacia giuridica di un atto amministrativo, varrebbe ad escludere la natura regolamentare dello stesso (cfr. sent. Cons. Stato, Sez. VI, n. 1011 del 10 marzo 2005);
– secondo invece un’interpretazione che mira a valorizzare il contenuto e le finalità dell’atto, un decreto ministeriale contenente disposizioni di carattere normativo-regolamentare dovrebbe considerarsi comunque un “regolamento”, a prescindere dal rispetto delle formalità richieste dalla L. n. 400 del 1988. Vale la pena sottolineare, peraltro, che la Corte di cassazione, nel propendere per questa ipotesi, ha ritenuto anche che l’assenza dei requisiti di cui alla L. n. 400 del 1988 nel processo di formazione di un atto avente contenuto normativo possa configurare addirittura un vizio del procedimento e causa di annullamento del medesimo atto davanti al giudice amministrativo (cfr. Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 2000, n. 1972).
Rimanendo sul tema dell’entrata in vigore del D.M., non essendo questa la sede per approfondire un tema tanto complesso, ci limitiamo a sottolineare come, sebbene dal punto di vista teorico vi possa essere una differenza sostanziale tra le due impostazioni, dal punto di vista pratico la questione trova facile soluzione, restando fermo che l’entrata in vigore del D.M. è comunque avvenuta nel mese di agosto, cioè dopo che fossero scaduti i termini per il versamento delle imposte a saldo relativamente al periodo di imposta 2016 (si vedrà in seguito l’utilità di una tale conclusione quando si affronterà il tema della clausola di salvaguardia). Tale pragmatica soluzione mantiene una sua validità anche nell’ipotesi (invero non del tutto fondata) in cui volesse individuarsi l’entrata in vigore del provvedimento nel 4 agosto 2017 (data di pubblicazione del D.M. sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze), dando preminenza al comma 1, dell’art. 32 della L. 18 giugno 2009, n. 69, secondo il quale “gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati”.
(38) L’art. 1, comma 2, dello Statuto prevede, infatti, che: “L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”.
(39) L’art. 3, infatti, recita: “Salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte [i.e., le norme a carattere novativo, ndr] si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono”.
(40) L’art. 3 del D.M. 3 agosto 2017, rubricato “Clausola di salvaguardia per comportamenti non coerenti”, prevede che “Con riferimento ai periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte dirette sono scaduti anteriormente alla medesima data, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della base imponibile generati dall’applicazione delle norme fiscali, ai fini IRES e IRAP, anche non coerenti con le disposizioni di cui al presente decreto”.
(41) Per semplicità, si prenderà in esame esclusivamente il caso dei soggetti aventi la durata dell’esercizio coincidente con l’anno solare.
(42) La relazione infatti, ribadendo l’intento del testo normativo, è ancora più chiara quando afferma che “L’articolo 3 fa salvi, in buona sostanza, eventuali comportamenti adottati in modo non coerente (ovvero coerente) con le disposizioni contenute negli articoli 1 e 2, […].
(43) Vale la pena ricordare che, in relazione ai contribuenti OIC adopter, la stessa relazione governativa all’art. 13 – bis del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244 (introdotto dalla legge di conversione n. 19 del 27 febbraio 2017 del medesimo D.L.), annoverava gli interessi figurativi contabilizzati a seguito dell’applicazione del criterio del costo ammortizzato tra le fattispecie aventi rilevanza fiscale a seguito dell’estensione a tali soggetti del principio di derivazione rafforzata.
(44) In altre circostanze simili, in effetti, il quadro normativo e interpretativo appariva più completo. Si pensi ad esempio alla clausola di salvaguardia prevista dall’art. 1, comma 61, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 per il passaggio dal regime sostanziale di “neutralità” del D.Lgs. n. 38 del 2005 a quello di “derivazione rafforzata” introdotto dalla legge finanziaria per il 2008. in quell’occasione, tramite l’art. 6 del D.M. 1 aprile 2009, n. 48, al fine di rendere operante la clausola di salvaguardia sopra richiamata, venne espressamente richiesta l’esistenza di una coerenza di comportamento, seppur limitata a singole fattispecie. D’altro canto, l’Agenzia delle entrate ha indicato la necessità di adottare comportamenti “coerenti” anche in relazione alle recenti modifiche alla disciplina ACE riguardanti le disposizioni antielusive, anch’esse corredate di una analoga clausola di salvaguardia. Nella recente circolare n. 26/E del 26 ottobre 2017, l’Agenzia delle entrate ha infatti affermato che, sebbene sia “rimessa al singolo contribuente la facoltà di anticipare … le disposizioni dell’art. 10 del nuovo decreto ACE”, tale applicazione anticipata debba essere “integrale”, non essendo “possibile, invece, una parziale applicazione della stessa atteso che le modifiche delle disposizioni antielusive configurano un nuovo regime che va applicato nella sua interezza”.
(45) in tali casi, dunque, non sembra necessario declinare il principio della coerenza di comportamento sino a ritenere obbligatoriamente applicabili tutte (o nessuna) delle norme del D.M.. La fattispecie, infatti, sembra notevolmente diversa da quella recentemente analizzata dall’Agenzia delle entrate (v. nota precedente) a proposito delle novità in merito all’ACE, visto che ciascuna delle nuove previsioni del D.M. può essere considerata come un “autonomo” nuovo regime. L’applicazione obbligatoria (o la non applicazione obbligatoria), dunque, dovrebbe riguardare tutte le casistiche governate da quello specifico nuovo regime, non essendo necessario che la stessa scelta riguardi anche tutte le altre previsioni del D.M..
(46) Il termine ultimo per l’invio delle dichiarazioni fiscali ai fini IRES e IRAP relative al periodo d’imposta 2016 infatti, a norma del D.P.C.M. 26 luglio 2017, è stato prorogato al 31 ottobre 2017, mentre, come già commentato, l’entrata in vigore del D.M. 3 agosto 2017 può ragionevolmente individuarsi nella data di sua pubblicazione in G.U., l’11 agosto 2017.
(47) Ampliando l’orizzonte di analisi anche ai soggetti IAS adopter, è chiaro che laddove si ritenesse di poter condividere le precedenti considerazioni, queste non potrebbero che valere anche per tali soggetti. L’unica specificità in questo contesto sulla quale merita svolgere un’ulteriore riflessione riguarda l’ambito temporale di applicazione della clausola di salvaguardia: per tali soggetti, infatti, la clausola opera non soltanto per il 2016, ma anche per i periodi di imposta precedenti. L’opportunità, dunque, di tenere dei comportamenti “coerenti” nell’applicazione della clausola di salvaguardia dovrebbe assumere per i soggetti IAS adopter una sfumatura leggermente differente rispetto a quanto accade per i soggetti OIC adopter. Ad esempio, sembra ragionevole ritenere che ai soggetti IAS adopter possa essere richiesta una minima coerenza di comportamento – non solo (come per i soggetti OIC adopter) nell’applicare o meno una data previsione del D.M. a tutte le fattispecie concrete suscettibili di essere regolate da tale previsione, ma anche – in relazione ai vari periodi di imposta coperti dalla clausola di salvaguardia, in altri termini, una volta seguita una determinata impostazione nell’invoca re la clausola di salvaguardia relativamente all’applicazione o meno di una specifica previsione del D.M., la stessa impostazione dovrebbe essere seguita dai soggetti IAS adopter per tutte le fattispecie regolate da tale previsione in tutti i periodi di imposta “coperti” dalla clausola di salvaguardia.
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