AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta n. 341 del 5 giugno 2023
Buoni spesa emessi da impresa della grande distribuzione – Inquadramento ai fini IVA – Determinazione della base imponibile ai sensi dell’art. 13 del DPR n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito l”’Istante” o la ”Società”) chiede chiarimenti in merito al trattamento IVA della fattispecie di seguito rappresentata.
L’Istante riferisce che, nell’ambito della propria attività promozionale a favore dei propri soci e clienti, a fronte di una soglia di spesa minima, ovvero di una soglia di spesa massima o anche senza soglia, emette buoni di importo determinato spendibili presso i propri punti vendita.
In particolare, riguardo ad una specifica iniziativa promozionale, è previsto che, ogni 15 euro di spesa, l’Istante emetta un buono definito ”buono spesa” di valore pari a:
i) 15 euro per i soci, da spendere a fronte di una spesa futura minima di 50 euro;
ii) 10 euro per i clienti, da spendere a fronte di una spesa futura minima di 50 euro.
In alternativa, l’operazione promozionale può anche essere realizzata senza previsione di soglie di entrata e di uscita, ovvero con una soglia di entrata, ma senza una di uscita, o ancora senza una soglia di entrata, ma con una in uscita; tutte variabili ad avviso dell’Istante indifferenti ai fini del trattamento IVA e rispetto alle quali, rispetto alle varie declinazioni operabili, si chiedono chiarimenti in ordine al trattamento fiscale.
Il buono spesa può avere sia forma cartacea che digitale (ad esempio buono spesa inviato per e-mail) o anche essere erogato in modalità cash back sulla carta dei soci.
In fase di distribuzione del buono, nello specifico caso sopra descritto (soglia di entrata e di uscita), a fronte di un unico scontrino possono essere consegnati massimo 3 buoni spesa, allo stesso modo, in fase di redemption, sono cumulabili massimo tre buoni a fronte di un unico scontrino. I buoni sono, inoltre, utilizzabili in un arco temporale definito.
Riguardo ai profili operativi in fase di redemption del buono, l’Istante descrive nel dettaglio il processo di pagamento alla cassa degli acquisti fatti, elencando i vari passaggi:
”sono visualizzati tutti gli articoli della spesa;
visualizzazione del subtotale
se il subtotale raggiunge almeno 50 euro (al netto di sconti), ovviamente questa ipotesi riguarda il caso in cui è prevista una soglia:
è passato a scanner il codice EAN sul retro del buono spesa;
viene scelta la forma di pagamento ”Buoni Enti”;
è digitato l’importo di 10 euro del buono spesa per i clienti;
il cliente sceglie la forma di pagamento e il buono ritirato;
se il subtotale non raggiunge 50 euro:
è scelta un’altra forma di pagamento e non si applica il buono spesa di 10 euro;
lo scontrino viene chiuso”.
Rappresentato quanto sopra, l’Istante chiede se, con riferimento al caso di specie, i buoni spesa (valore facciale al netto dell’IVA) vadano considerati quali decurtazione della base imponibile ai fini del calcolo dell’IVA, oppure quale non decurtazione della stessa.
Chiede, inoltre, che, rispetto alla fattispecie prospettata, vada esclusa l’applicabilità della disciplina fiscale delle operazioni a premio, di cui al DPR n. 430 del 26 ottobre 2001.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante, fatta una lunga digressione sulla disciplina delle operazioni a premio (cfr. DPR n. 430 del 26 ottobre 2001, Nota del 20 ottobre 2014, prot. 205390 del Ministero dello Sviluppo Economico), ritiene che la stessa non vada applicata al caso di specie in quanto, a suo avviso, l’attività promozionale descritta non integra e non assolve alle condizioni previste dagli artt. 2 e 3 del DPR n. 430 del 26 ottobre 2001.
In particolare, richiama l’art. 6, lett. c-bis) del menzionato DPR n. 430 del 26 ottobre 2001 che prevede un’ipotesi di esclusione, secondo cui non rientrano nel regime dei concorsi a premio quelle manifestazioni nelle quali, a fronte di una determinata spesa, con o senza soglia di ingresso, i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso i buoni o in un altro punto vendita della stessa ditta.
Ritiene, pertanto, che non sia tenuto ad osservare gli adempimenti amministrativi e fiscali previsti dalla disciplina sulle operazioni a premio.
Per quanto concerne poi il trattamento IVA, l’Istante ritiene che i buoni in questione, sebbene denominati ”buoni spesa”, presentino nella sostanza, le caratteristiche e producano gli effetti dei buoni sconto, in quanto materializzano il diritto del portatore ad una riduzione del prezzo complessivo della spesa, pari all’importo indicato sul buono, a cui fa seguito, di conseguenza, la riduzione della base imponibile di pari valore al netto dell’IVA.
In sostanza, la riduzione del prezzo di importo corrispondente al valore facciale del buono che il cliente esibisce alla cassa è riproporzionata, ad abbattimento dell’imponibile, sui prezzi dei singoli prodotti acquistati dal cliente. Il venditore che emette il buono rinuncia, infatti, ad incassare una parte del corrispettivo (corrispondente al buono) per finalità di natura commerciale.
A sostegno di quanto sopra, richiama i principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 27 marzo 1990, causa C-128/88, Boots Company, in cui è stato evidenziato che ”i ribassi e le riduzioni, che secondo l’art. 11, A, n. 3 lett. b) della sesta direttiva non vanno inclusi nella base imponibile, costituiscono una riduzione del prezzo al quale una merce è legittimamente offerta dal cliente, poiché il venditore accetta di fare a meno d’incassare la somma che il ribasso rappresenta al fine, per l’appunto, di incitare il cliente ad acquistare la merce”. Inoltre, ”l’espressione > ricomprende la differenza tra il normale prezzo di vendita al minuto dei beni ceduti e la somma di denaro effettivamente ricevuta per tali beni dal rivenditore, qualora il rivenditore accetti dall’acquirente un buono che egli ha consegnato all’acquirente all’atto di un precedente acquisto effettuato al normale prezzo di vendita al minuto”. ricomprende la differenza tra il normale prezzo di vendita al minuto dei beni ceduti e la somma di denaro effettivamente ricevuta per tali beni dal rivenditore, qualora il rivenditore accetti dall’acquirente un buono che egli ha consegnato all’acquirente all’atto di un precedente acquisto effettuato al normale prezzo di vendita al minuto”.
Sulla stessa scia ad avviso dell’Istante quanto ribadito dal Ministero delle Finanze in alcuni documenti di prassi secondo cui lo sconto praticato agli acquirenti dei beni e servizi dall’operatore commerciale non costituisce base imponibile ai fini dell’IVA non potendosi considerare corrispettivo (cfr. risoluzioni n. 110 del 3 maggio 1995 e n. 82 del 22 luglio 1998). In tal senso, anche la posizione dell’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 204 del 19 maggio 2008.
L’Istante richiama sul punto anche l’orientamento della Corte di Cassazione (cfr. sentenza del 16 ottobre 2015, n. 20964) in base al quale gli sconti riconosciuti dal produttore ai consumatori finali per mezzo di ”buoni sconto” o di ”buoni rimborso” legittimano il produttore a recuperare l’IVA corrispondente anche se i beni sono stati venduti al distributore e non direttamente ai consumatori finali. A tal fine, deve essere emessa una nota di credito nel rispetto del termine annuale previsto dall’art. 26, comma 3, del DPR n. 633 del 1972.
Da quanto affermato dalla Corte evidenzia l’Istante emerge come conseguenza che, riguardo alle modalità pratiche attraverso cui rettificare la base imponibile, può verificarsi:
i) sia l’ipotesi di sconto contestuale all’operazione originaria, che determina un abbattimento della base imponibile già in fattura,
ii) sia il riconoscimento dello sconto in una fase successiva, con rettifica della fattura originaria.
A tal riguardo, l’Istante ribadisce che la ratio dell’art. 26 del DPR n. 633 del 1972 trova fondamento nel più generale principio generale in base al quale l’IVA che deve essere riscossa dalle Autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale su cui va calcolata l’imposta e che viene costantemente ribadito dall’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 24 ottobre 1996, Causa C-317/94 Elida Gibbs Ltd).
Infine, l’Istante evidenzia, per un completo inquadramento del caso, che non si applica alla fattispecie in esame la disciplina dei voucher (cfr. Direttiva voucher 2016/1065), in quanto i buoni spesa in questione consentono solo di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto e non anche di ottenere beni o servizi.
A sostegno di ciò, richiama la Risposta ad Interpello n. 592 del 15 dicembre 2020 in cui in un’ipotesi di sconto alla cassa viene ribadito che non opererebbe la disciplina di cui all’art. 6bis e ss. del DPR n. 633 del 1972 in tema di voucher monouso e multiuso.
In definitiva, ad avviso dell’Istante, le argomentazioni sopra riportate, portano a ritenere che i buoni spesa devono intendersi, quanto ai profili IVA, quali buoni sconto, legittimando, di conseguenza, la decurtazione dalla base imponibile dell’IVA del valore facciale del buono (al netto dell’imposta) ai sensi dell’art. 13, comma 1, del DPR n. 633 del 1972.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Con l’istanza di interpello in esame ALFA chiede preliminarmente conferma della non applicabilità al caso in esame della disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, ritenendo di non dover osservare gli adempimenti amministrativi e fiscali previsti dalla suddetta disciplina di cui al DPR n. 430 del 2001.
Al riguardo, come chiarito più volte dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria (cfr. circolare 9/E del 2016), l’istituto dell’interpello consente al contribuente di ottenere un parere dell’Agenzia delle Entrate in relazione a dubbi, di carattere interpretativo o qualificatorio, aventi ad oggetto norme di carattere fiscale, quando ricorrono condizioni di obiettive incertezza; il quesito in esame, invece, involge un’analisi (quella relativa alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio prevista dal citato DPR n. 430 del 2001) che non rientra tra le competenze della scrivente. Giova in particolare ricordare che, come chiarito più specificamente, sul punto, dalla circolare 31/E del 2020, le istanze che presuppongono l’espletamento di accertamenti di natura tecnica non di competenza dell’Agenzia delle entrate devono essere corredate dal parere tecnico rilasciato dalla competente struttura.
Alla luce di ciò, la presente istanza, nei limiti del quesito sopra formulato in ordine alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio conformemente alle indicazioni generali di prassi sopra richiamata deve essere considerata inammissibile, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156.
L’Istante chiede, inoltre, chiarimenti in ordine al trattamento IVA dei buoni emessi nell’ambito della propria attività promozionale a favore dei propri soci e clienti, ritenendo che i suddetti buoni, sebbene denominati ”buoni spesa”, presentino nella sostanza le caratteristiche e producano gli effetti dei ”buoni sconto”, in quanto materializzano il diritto del portatore ad una riduzione del prezzo complessivo della spesa, pari all’importo indicato sul buono, a cui fa seguito, di conseguenza, la riduzione della base imponibile di pari valore al netto dell’IVA.
L’Istante ritiene, pertanto, che per i suddetti buoni non opererebbe la disciplina di cui all’art. 6bis e ss. del DPR n. 633 del 1972 in tema di voucher monouso e multiuso.
Ai fini che qui rilevano, si evidenzia che la Direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016 (cd. ”Direttiva voucher”) ha regolamentato a livello unionale la disciplina IVA dei cd ”voucher” o ”buoni corrispettivi”, modificando, con l’inserimento degli articoli 30bis, 30ter, 73bis, 410bis e 410ter, la Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006.
La disciplina sui voucher è stata recepita in Italia con il d.lgs. n. 141 del 2018, che ha aggiunto al d.P.R. n. 633 del 1972 gli articoli da 6bis a 6quater e il comma 5bisdell’articolo 13.
L’articolo 6bis del DPR n. 633 del 1972 dispone che ”Ai fini del presente decreto, per buono corrispettivo, si intende uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative”.
Elementi essenziali di un buono corrispettivo, quindi, sono:
i) l’obbligo di essere accettato dal potenziale fornitore come corrispettivo o parziale corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi;
ii) l’indicazione dei beni/servizi che consente di acquistare o, in alternativa, l’identità dei potenziali fornitori.
Tali caratteristiche consentono di distinguere i buoni corrispettivo, che rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione della Direttiva voucher, da tutti gli altri documenti o strumenti che ne sono espressamente esclusi, come:
gli strumenti di pagamento, in quanto non includono uno specifico diritto a ricevere beni o servizi (cfr. considerando 6 della Direttiva voucher e relazione illustrativa al d.lgs. n. 141 del 2018);
i titoli di trasporto, i biglietti di ingresso a cinema e musei, i francobolli e gli altri titoli simili (cfr. considerando 5 della Direttiva voucher);
i cd. buoni sconto, ossia quegli strumenti che conferiscono al titolare il diritto a uno sconto all’atto dell’acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere detti beni o servizi (considerando 4 della Direttiva voucher e relazione illustrativa al d.lgs. n. 141 del 2018).
Dalla disamina dell’istanza e dei documenti prodotti viene in rilievo che, nonostante la denominazione di ”buono spesa”, i buoni in esame presentano, ai fini IVA, le caratteristiche e producono gli effetti dei buoni sconto, la cui finalizzazione è la riduzione del prezzo di acquisto.
Risulta dunque condivisibile la tesi interpretativa sostenuta dall’Istante, secondo cui ai buoni in esame non si applica la disciplina sui voucher, trattandosi di strumenti che consentono essenzialmente di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto.
Tali buoni, in altre parole, conferiscono al possessore il diritto di ottenere, appunto, uno sconto, ossia una riduzione in misura percentuale o di importo nominale determinato, del prezzo di vendita di specifici prodotti o di una generalità di beni individuati solo al momento del successivo acquisto.
In ordine alla nozione di ”sconto”, tornano pertanto applicabili i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 36 del 07 febbraio 2008 la quale, al fine di dare indicazioni per la corretta fatturazione, precisa che gli sconti/abbuoni, ai fini IVA, costituiscono delle riduzioni di prezzo che comportano la variazione dell’importo fatturato dal cedente del bene. Pertanto, gli sconti immediatamente applicabili sono esposti direttamente in fattura, in modo tale che l’importo che ne risulta rappresenta l’effettivo corrispettivo. Diversamente, se le condizioni contrattuali che prevedono l’applicazione di sconti/abbuoni, si verificano successivamente all’emissione della fattura, il cedente deve emettere, ai sensi dell’art. 26, comma 2, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, una nota di credito nei confronti del cliente.
In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, si è del parere che i buoni in esame devono intendersi, quanto ai profili IVA, buoni sconto; pertanto, l’utilizzo degli stessi, da parte dei clienti beneficiari, in sede di acquisto dei beni commercializzati dall’impresa riduce il corrispettivo dovuto per l’ammontare dello sconto. Ai sensi dell’art. 13 del DPR n. 633 del 1972, la base imponibile medesima sarà determinata al netto degli sconti, previsti dal buono, ed applicati direttamente in fattura al cliente (risoluzione 19 maggio 2008, n. 204).
Ad ogni buon conto, preme in ogni caso sottolineare che la qualificazione dei buoni in esame come ”buoni sconto”, nei termini anzidetti, assume valenza esclusivamente ai fini della determinazione della base imponibile dell’iva ai sensi dell’art. 13 del DPR n. 633 del 1972 sopra citato; contrariamente a quanto asserito dall’interpellante, pertanto, il presente parere non produce automaticamente effetti in ordine alla riconducibilità o meno della fattispecie in esame alle previsioni di cui alla lettera c-bis) dell’articolo 6 del DPR 430 del 2001, profilo per il quale, come sopra evidenziato, restano impregiudicate le determinazioni della competente amministrazione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11739 depositata il 12 aprile 2022 - In materia di Iva, nel caso in cui l'agenzia di viaggi e turismo abbia ricevuto fatture per prestazioni di servizi per le quali sussiste l'obbligo dell'autofatturazione, ai sensi dell'art.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 marzo 2021, n. 8203 - I crediti cd. cinematografici di cui al d.lgs. n. 60 del 1999, stante la loro natura agevolativa, devono comunque essere conteggiati nella determinazione della base imponibile ai fini Irap, in assenza di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 aprile 2019, n. 11181 - Licenziamento per omessa consegna buoni spesa ai clienti e volontario ed indebito utilizzo dei buoni
- Cessione proventi diritti musicali a società fiscalmente residente in Lussemburgo - Artt. 23 e 53 del TUIR, art. 25 DPR 600/1973, DPR 633/1972, art. 40 DPR 131/1986 - Risposta n. 325 del 9 maggio 2023 dell'Agenzia delle Entrate
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 22996 depositata il 28 luglio 2023 - In tema di detrazione IVA in caso di variazioni dell'imponibile o dell'imposta ai fini della nota di credito e dei presupposti per ottenere il rimborso dell'imposta, è rilevante la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 marzo 2019, n. 6474 - IRAP i contributi erogati a norma di legge concorrono alla determinazione della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, fatta eccezione per quelli correlati a componenti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…
- Impugnazione del verbale di disposizione emesso ai
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Valido l’accertamento fondato su valori OMI
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023, in…
- Possono essere sequestrate somme anche su c/c inte
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34551 depositata l…