AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 02 ottobre 2020, n. 435
Carried interest – qualificazione dei redditi in caso di mancato rispetto del requisito quantitativo
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
Quesito
La società “Fondo Alfa – Società di gestione del risparmio S.p.A”. (di seguito, ” Istante”) ha istituito un fondo d’investimento alternativo mobiliare italiano di tipo chiuso denominato “Fondo Beta” (di seguito “Fondo”), riservato ad investitori professionali ed alle altre categorie previste all’articolo 14, comma 4, del D.M. 5 marzo 2015 n. 30 (i componenti dell’organo di amministrazione e i dipendenti del gestore) ed all’articolo 7 del regolamento di gestione del fondo (manager e/o soggetti posseduti da manager o da persone che abbiano rivestito la qualità di manager).
Il patrimonio del Fondo è raccolto mediante l’emissione di Quote A e Quote B di eguale valore unitario.
Gli investitori, verseranno l’importo relativo alle quote sottoscritte in più soluzioni, dietro richiesta scritta dell’Istante sulla base delle esigenze del relativo fondo per effettuare operazioni di investimento nonché adempiere ad altre obbligazioni a carico del fondo medesimo.
Le Quote B possono essere sottoscritte esclusivamente dai manager del fondo ed – in pari quantità – da investitori qualificati come “cornerstone” o “significativi”, vale a dire investitori che abbiano sottoscritto Quote A in misura superiore ad una determinata soglia. Tali quote, inoltre, sono dotate di particolari diritti patrimoniali rafforzati e specificatamente il diritto all’attribuzione ai sottoscrittori delle stesse del c.d. carried interest.
Il tasso di rendimento delle Quote B può differire da quello relativo alle Quote A soltanto laddove vi sia liquidità distribuibile almeno tale da consentire in via prioritaria la restituzione agli investitori del capitale versato più un tasso di rendimento garantito annuo composto dell’X per cento oppure un ritorno in valore assoluto pari ad almeno xxx per il capitale investito (c.d. hurdle rate, o rendimento preferenziale). Solo a quel punto l’eccedenza sarà distribuita in modo tale da far sì che il rendimento ulteriore – in valore assoluto – rispetto a quello commisurato all’hurdle rate sia attribuito agli investitori in Quote B in maniera più che proporzionale.
In particolare, il diritto patrimoniale rafforzato, il c.d. “carried interest”, sarà la parte di rendimento attribuito esclusivamente agli investitori in Quote B che, in presenza di liquidità disponibile, potrebbe arrivare al xx per cento del rendimento (in valore assoluto).
In presenza di liquidità derivante da operazioni di disinvestimento, da reddito generato da plusvalenze ed altre componenti reddituali o da versamenti effettuati dagli investitori non impiegabili in operazioni di investimento, l’Istante, nei limiti previsti dal proprio regolamento, potrà effettuare anche prima della scadenza del fondo, rimborsi parziali delle quote soggetti tuttavia ad obblighi di restituzione nell’ipotesi di mancato rispetto dei criteri sopra indicati.
Ciò premesso, i dipendenti e l’amministratore delegato dell’Istante hanno intenzione di procedere per ciascun fondo alla sottoscrizione delle Quote B per un importo pari complessivamente allo xx per cento dell’ammontare sottoscritto per il tramite di una società semplice da costituirsi tra gli stessi, il cui oggetto sociale sarà quello di attuare in maniera accentrata l’acquisto, la sottoscrizione, la detenzione, l’amministrazione e la valorizzazione di tali quote.
Ad oggi l’ammontare sottoscritto del fondo è pari ad euro xxx milioni, di conseguenza il totale delle quote di impegno dei manager sarà pari a euro xxx milioni, con investimenti individuali che variano tra xxx e xxx euro in funzione della seniority del manager coinvolto.
In particolare, l’articolo 6 della bozza di Atto Costitutivo e Statuto della società semplice tra i manager prevede che i soci si impegnino ad effettuare conferimenti in denaro a favore della società semplice medesima – affinché questa possa far fronte ai richiami del fondo – in proporzione alle rispettive “quote di impegno” vigenti di tempo in tempo. La “quota di impegno” di ciascun socio è funzione dell’ammontare sottoscritto e della sua qualità di “socio attivo”, e cioè di socio per cui non si sia verificato un evento di leavership. Più in particolare la società semplice al momento della sua costituzione sottoscriverà un ammontare complessivo di Quote B (spettante ai manager) per il quale l’Istante effettuerà richiami nel corso del tempo.
A fronte dell’interruzione del rapporto di lavoro, l’articolo 8 della bozza di Statuto prevede che tutti i leaver non dovranno più far fronte ai futuri richiami; i bad leaver avranno diritto al massimo alla restituzione della somma versata fino all’evento di leavership, pur continuando a partecipare al rischio di perdita del capitale fino al termine della durata del fondo, e dunque non avranno diritto né ai proventi afferenti al rendimento preferenziale del fondo né ai proventi carried. I good leaver e gli other leaver manterranno il diritto alla propria quota di partecipazione, continuando a far parte della società e ad avere diritto ai proventi ordinari ed ai proventi carried, ancorché in una misura che tenga conto del momento di accadimento e delle caratteristiche dell’evento di leavership. Inoltre gli eredi dei soci defunti subentreranno di diritto nella proprietà della quota di partecipazione e nella quota carried del proprio dante causa nel momento del decesso.
L’Istante ha, infine, rappresentato che la partecipazione da parte dei manager è indipendente dalla remunerazione annuale lorda attualmente percepita quale corrispettivo della propria prestazione lavorativa che è definita come “allineata alle migliori prassi di mercato nel settore del private equity”.
Atteso che l’investimento in quote che prevedono il riconoscimento di un carried interests non garantisce una partecipazione almeno pari all’1 per cento del complessivo investimento e quindi non ricorre la condizione prevista dall’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 al fine di considerare tali proventi come redditi di capitale, l’Istante, al fine di ottemperare ai propri obblighi di sostituto d’imposta, chiede di conoscere quale sia la corretta qualificazione tributaria da riservare ai redditi derivanti alla parte dei proventi riferibili alle Quote B. Più precisamente, viene chiesto di sapere se – alla luce della ricostruzione sopra fornita – tali proventi possano mantenere ai fini fiscali la natura giuridica di proventi finanziari, e siano qualificabili tra i redditi diversi, con la conseguenza di non dover operare, in relazione alle relative distribuzioni, alcuna delle ritenute applicabili sui redditi di lavoro dipendente o assimilati.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene applicabile ai proventi qualificabili in termini di carried interest eventualmente ritraibili dai fondi la disciplina contenuta nell’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017 anche se non è soddisfatto il requisito relativo all’ammontare dell’investimento complessivo che risulta inferiore all’1 per cento, in quanto l’investimento effettuato dai manager nel fondo risulta comunque essere di importo significativo.
Inoltre l’Istante, sottolineando l’allineamento di interessi e rischi tra i manager e gli altri investitori esclude che i proventi in questione abbiano la funzione di integrare la retribuzione ordinaria, costituendo invece una modalità di remunerazione del capitale investito. Tale conclusione troverebbe conferma anche nella circostanza che in caso di evento di leavership, i good leavers e gli other leavers restano soci nella società e mantengono il diritto alla percezione del rendimento preferenziale e della quota carried maturata fino a quel momento.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 60, comma 1, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 stabilisce che i «proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori ditali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è, tuttavia, applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
«a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto legge n. 50 del 2017, la sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria.
La circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E ha, inoltre, precisato che la carenza di uno o più presupposti stabiliti dalla norma in esame non determina l’automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un’analisi volta a verificare, caso per caso, l’idoneità dell’investimento a determinare quell’allineamento citato che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
A tale proposito, il richiamato documento di prassi ha indicato che l’eventuale detenzione di strumenti finanziari aventi le medesime caratteristiche da parte degli altri soci (al pari del management), può essere un indicatore della natura finanziaria del reddito in questione; ed ancora, che un ulteriore rilevante criterio di valutazione è nella idoneità dell’investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l’allineamento di interessi tra investitori e management e la conseguente esposizione di quest’ultimo al rischio di perdita del capitale investito. Se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso.
La citata circolare n. 25/E del 2017 ha precisato, altresì, che l’eventuale presenza di clausole di leavership – che condizioni la distribuzione dei proventi all’esistenza del rapporto di lavoro (assicurando, ad esempio, al datore di lavoro un diritto di riscatto al venir meno del rapporto lavorativo) – può costituire in astratto un elemento suscettibile di attrarre nella relativa categoria del reddito di lavoro detti emolumenti.
La stessa circolare, inoltre, ha precisato che la presenza di una adeguata remunerazione per l’attività lavorativa svolta da parte del manager può essere un indicatore della natura finanziaria del reddito in questione.
Nel caso in esame, l’Istante rappresenta, in primo luogo, la carenza del requisito dell’investimento minimo. Tuttavia, l’ammontare degli importi investiti dai manager, pur non raggiungendo l’1 per cento del capitale del fondo, risulta in ogni caso significativo in valore assoluto. In particolare, l’ammontare degli importi investiti dai manager comporta un esborso effettivo pari a euro xxx milioni.
L’Istante, inoltre, pone in rilievo come l’assunzione del rischio derivante dall’investimento in assenza di specifiche previsioni che lo circoscrivano o lo limitino non sembra essere esclusa nemmeno dalla presenza di clausole di leavership laddove al contrario si prevede che all’ipotesi di bad leavership consegua il diritto alla restituzione del solo importo versato fino all’evento di leavership (senza ulteriori richiami di versamenti e senza diritto né ai proventi ordinari afferenti al rendimento preferenziale né ai proventi carried), ma ferma restando l’esposizione al rischio effettivo di perdita del capitale investito fino al termine della durata del fondo; mentre nelle ipotesi di good leaver ed other leaver i soci continuano a far parte della società e ad avere diritto ai proventi ordinari ed ai proventi carried.
Come ulteriore elemento valutabile alla stregua di indice della natura finanziaria dei proventi in trattazione, l’Istante rappresenta la circostanza che le Quote B incorporanti il carried interest emesse dai fondi sono offerte in pari quantità ad investitori istituzionali che rivestano la qualifica di “cornerstone” o “significativi”, vale a dire investitori che abbiano sottoscritto Quote A in misura superiore ad una data soglia.
La circostanza per cui viene attribuito un diritto a beneficiare del carried interest anche a soggetti non legati alla società da rapporti di lavoro dipendente o di amministrazione, costituisce elemento atto ad escludere un collegamento tra detenzione di quote e prestazione lavorativa e al contempo costituisce garanzia per l’allineamento di interessi e rischi tra i manager e gli altri investitori.
Le circostanze rilevate, unitamente alla sussistenza degli ulteriori requisiti della postergazione del riconoscimento del carried rispetto all’hurdle rate e del periodo minimo di investimento, come richiesti dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, consentono di escludere che i proventi in questione abbiano la funzione di integrare la retribuzione ordinaria, costituendo, invece, una modalità di remunerazione del capitale investito inquadrabile tra i redditi di natura finanziaria.
Il presente parere viene reso sulla base della ricostruzione fornita dall’Istante, assunta acriticamente così come illustrata nell’istanza di interpello, nel presupposto della sua veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Si ribadisce, altresì, che resta impregiudicato, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’Istante, possa condurre ad una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.
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