Le norme che regola la notifica della cartella di pagamento sono rappresentate dall’art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che disciplina la notifica, atto che deve avvenire entro termini precisi a pena di decadenza. In particolare, l’agente della riscossione deve provvedere alla notifica entro il 31 dicembre:
a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle imposte sui redditi di cui all’ art. 36- bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’IVA di cui all’art. 54-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (per effetto dell’art. 23 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46);
b) del quarto anno successivo a quello di presentazione:
– della dichiarazione di sostituto d’imposta, per le somme che risultano dovute per indennità di fine rapporto e per le prestazioni pensionistiche;
– della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito del controllo formale di cui all’art. 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;
c) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio. Tuttavia, un esame più attento della disciplina porta a considerare la presenza anche di altri termini di scadenza relativi a situazioni particolari.
Somme erroneamente rimborsate – Recupero
Nel caso di rimborso di somme che risultano non dovute, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare le somme erroneamente rimborsate e gli interessi eventualmente corrisposti mediante iscrizione a ruolo. La cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stata data esecuzione al rimborso o, se più ampio, entro il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, aumentato di dodici mesi (art. 43, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602). Qualora successivamente all’avvenuto rimborso è notificato l’avviso di accertamento, le somme indebitamente rimborsate, anche in dipendenza del contenuto di tale atto, sono iscritte a ruolo unitamente agli interessi eventualmente corrisposti, ferma restando per l’imposta o la maggiore imposta accertata l’applicazione degli interessi del 4% annuo per ritardata iscrizione a ruolo. Nell’avviso di accertamento va espressamente indicato l’ammontare delle somme che sono state rimborsate e dei relativi interessi.
Recupero di crediti inesistenti
L’atto di recupero dei crediti inesistenti che siano stati utilizzati in compensazione attraversoil modello F24 ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, va notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello della relativa utilizzazione. Salvo i termini più ampi previsti dalla legge nel caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.c. per il reato previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Qualora le somme richieste, mediante l’atto di recupero, non siano state pagate entro il termine assegnato, comunque non inferiore a 60 giorni, anche se non definitivo, sono iscritte in ruolo straordinario e la cartella di pagamento deve essere notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo (art. 27, comma 20, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185
Decadenza dal pagamento rateale del cosiddetto Avviso Bonario
Le somme dovute in base al controllo automatico o al controllo formale della dichiarazione, di cui agli artt. 2, comma 2, e 3, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, possono essere versate in un numero massimo di sei rate trimestrali di pari importo (ovvero di importo decrescente), ovvero, se superiori a euro 5.000, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo. Il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento del cd. «avviso bonario » ovvero anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dalla rateazione e l’importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni (in misura piena e non ridotta come risulta dall’avviso bonario), dedotto quanto è stato versato, viene iscritto a ruolo. La cartella di pagamento deve essere notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello della rata non pagata (art. 3-bis, comma 5, del D.Lgs. citato). Il tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, commisurata all’importo della rata versata in ritardo, e degli interessi legali; tuttavia, l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente si avvale del «ravvedimento operoso» di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, entro il termine di pagamento della rata successiva. In assenza di ciò, la cartella di pagamento, anche se relativa alle sole sanzioni e/o interessi, è eseguita entro il 31 dicembre del secondo anno successivo. Le medesime regole si applicano anche per il pagamento rateale delle somme da versare a seguito della comunicazione della liquidazione avente ad oggetto i redditi soggetti a tassazione separata, ai sensi dell’art. 1, comma 412, della L. 30 dicembre 2004, n. 311.
Atto parzialmente impugnato
Qualora il contribuente contesta solo in parte le rettifiche indicate all’avviso di accertamento, i rilievi non impugnati acquistano l’immediata definitività. Tale circostanza ha immediato riflesso sui termini di notifica della cartella di pagamento poiché deve essere rispettata la scadenza del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Non ha alcuna rilevanza il computo del termine fatto considerando la data in cui l’intero accertamento è divenuto definitivo, data che coincide con il passaggio in giudicato della sentenza emessa relativamente alle parti di accertamento che sono state impugnate. Sostanzialmente, se il contribuente contesta soltanto alcuni rilievi contenuti nell’avviso di accertamento (in quanto altri risultano fondati ovvero l’acquiescenza ha come rapporto altre valutazioni), sia pure in parte, l’accertamento ha un contenuto definitivo per cui legittima l’immediato avvio della procedura di riscossione con la conseguenza che la cartella di pagamento va notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’atto ha contenuto definitivo (C.T.R. del Friuli-Venezia Giulia, Sent. 24 marzo 2011, n. 70). In altri termini, per le parti non contestate la cartella di pagamento va emessa entro il 31 dicembre dell’anno in cui è decaduto il potere di impugnazione; per i rilievi contestati vanno osservate le regole di riscossione provvisoria e a titolo definitivo di cui all’art. 68 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Riassunzione mancata o tardiva del Processo
Ai sensi dell’art. 63, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, se la riassunzione del processo a seguito di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione non avviene entro il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza l’intero processo si estingue. La stessa situazione si ravvisa se dopo la riassunzione si verifica una causa di estinzione del giudizio di rinvio. L’estinzione dell’intero processo comporta l’annullamento di tutte le precedenti pronunce non essendo applicabile l’art. 338 c.p.c. (C. Cass., Sent. 6 dicembre 2002, n. 17372). Secondo il principio del consolidamento dell’atto impositivo, la mancata riassunzione della causa comporta l’accoglimento integrale della pretesa fiscale. Pertanto, è il contribuente la parte interessata a proseguire il giudizio. Se l’ente impositore fosse stato vittorioso in secondo grado avrebbe provveduto ad iscrivere a ruolo, ai sensi dell’art. 68, le somme pretese anche se il contribuente avesse proposto il ricorso avanti la Corte di Cassazione. Se, invece, è stato soccombente in secondo grado si pone il problema di individuare il momento in cui l’atto impositivo diventa definitivo, circostanza che porta ad individuare con il decorso del termine di un anno decorrente dalla data di avvenuto deposito della sentenza della Corte di cassazione che ha disposto il rinvio. La C.T.R. del Lazio (Sent. 23 marzo 2011, n. 42) ha escluso che la cartella di pagamento sia sottoposta al termine di decadenza che inizia a decorrere dalla presentazione della dichiarazione nel caso di mancata riassunzione del giudizio di passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Cassazione.
Sanzioni – riscossione
Secondo la Suprema Corte (Cassazione sent. 1° dicembre 2009, n. 25790) la riscossione delle sanzioni pecuniarie irrogate per violazioni accertate definitivamente con sentenza passata in giudicato deve avvenire entro il termine di dieci anni in quanto va applicato l’art. 2953 c.c. Il pronunciamento sovverte il contenuto della Sent. 2 ottobre 2000, n. 12989, secondo cui, qualora il provvedimento di irrogazione della sanzione sia stato impugnato e sia intervenuta la sentenza, il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dal giorno in cui si è formato il giudicato, essendo esclusa l’applicazione dell’art. 2953 c.c.
Cartella di pagamento a seguito della mancata o tardiva riassunzione
L’estinzione del processo tributario per omessa o tardiva riassunzione della causa a seguito di rinvio operato dalla Corte di Cassazione comporta l’estinzione dell’intero processo e la definitività dell’accertamento impugnato per cui è legittima l’iscrizione a ruolo. È inammissibile il ricorso proposto contro la cartella di pagamento basato su eccezioni contro gli asseriti vizi dei precedenti giudizi (C.T.P. di Roma, Sent. 3 aprile 2009, n. 226).
Duplicazione della notifica
E’ inammissibile che venga notificata una nuova cartella di pagamento identica a quella che è già stata notificata, per scelta autonoma dell’agente della riscossione senza che sia annullato il precedente atto impositivo. La fattispecie evidenzia la doppia imposizione di cui all’art. 67 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (C.T.P. di Torino, Sent. 10 giugno 2008, n. 38). Anche se ciò è dovuto a mero scrupolo, l’agente della riscossione può essere condannato, su istanza di parte, al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
L’imposta di Registro e la Valutazione Automatica
Nel caso di valutazione automatica degli immobili non ancora iscritti in catasto, il termine dei tre anni per il recupero della maggiore imposta decorre dal momento in cui il contribuente ha depositato all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate la ricevuta dell’istanza presentata all’Agenzia del territorio per l’attribuzione della rendita catastale (C. Cass., Sent. 13 giugno 2002, n. 8418).
La Prescrizione e la Decadenza per l’imposta di Registro
I termini di decadenza fissati dall’art. 76 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, decorrono per il solo fatto obiettivo del passare del tempo, senza che possa essere invocata alcuna possibilità di proroga, sospensione o interruzione, salvo i casi previsti espressamente dalla normativa. Ciò vale anche se altri uffici debbono svolgere attività istruttore per liquidare l’imposta.
La Cartella di pagamento e l’avviso di accertamento tardivo
La cartella di pagamento emessa in relazione ad un avviso di accertamento che è stato notificato oltre il termine previsto a pena di decadenza è valida. Il contribuente ha l’onere di dover proporre il ricorso, sollevando l’eccezione (C. Cass., Sent. 2006, n. 26361).
Giudice competente per la prescrizione dei tributi
Non è possibile adire il giudice di pace per contestare la prescrizione di un tributo. L’eccezione di prescrizione può comportare l’estinzione della pretesa fiscale per cui la competenza è del giudice tributario (C. Cass., Sent. 19 novembre 2007, n. 23832). L’IVA L’iscrizione a ruolo dell’IVA deve avvenire entro il termine di quattro anni e non entro quello decennale di prescrizione, sussistendo l’equiparazione con le imposte sui redditi (C. Cass., Sent. 24 giugno 2011, n. 13929).
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