FONDAZIONE STUDI CDL – Circolare 14 aprile 2020, n. 9
Cassa integrazione in deroga: il caso delle aziende plurilocalizzate
PREMESSA
L’articolo 22, comma 1, del decreto legge n. 18/2020, ha disposto che “le Regioni e Province autonome, con riferimento ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro, possono riconoscere, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, previo accordo che può essere concluso anche in via telematica con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro, trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane”.
In proposito, si evidenzia che accedono alla prestazione in deroga anche le imprese che, come le aziende del commercio e le agenzie di viaggio e turismo sopra i 50 dipendenti, avendo diritto solo alla CIGS, non possono accedere ad un ammortizzatore ordinario con causale “COVID-19 Nazionale”.
Il trattamento in esame, inizialmente limitato ai dipendenti già in forza al 23 febbraio 2020 (art. 22, co. 3), è stato poi esteso anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 (art. 41, D.L. 9 aprile 2020, n. 23).
- SOGGETTI CON UNITÀ PRODUTTIVE SITE IN MENO DI CINQUE REGIONI O PROVINCE AUTONOME
Fermo restando che per le aziende con unità produttive site in meno di cinque Regioni o Province autonome le domande di accesso alla prestazione devono essere presentate presso le Regioni dove hanno sede le singole unità produttive, che effettuano l’istruttoria secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse (NOTA 1), è necessario comprendere quali siano le modalità di accesso invece per le aziende che abbiano unità produttive dislocate in un numero superiore a cinque dei premessi ambiti regionale o di provincia autonoma.
La norma, infatti, assegna competenza alle Regioni, ma non ha previsto modalità univoche riferite alla presentazione della domanda né tantomeno all’iter da seguire.
Giova ricordare, inoltre, che le medesime Regioni, verificati i requisiti di accesso, devono poi trasmettere all’lnps, in modalità telematica, tramite il “Sistema Informativo dei Percettori” (SIP), entro quarantotto ore dall’adozione, il decreto di concessione – unitamente alla lista dei beneficiari – la cui efficacia è subordinata alla verifica del rispetto dei limiti di spesa.
In merito a tale procedura si ricorda che, ai sensi del comma 6 dell’articolo 22 del sopra richiamato decreto, il trattamento può essere concesso esclusivamente con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’lnps, ai sensi della disciplina di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del D.Lgs. n. 148/2015. I datori di lavoro, dunque, dovranno inviare all’Istituto previdenziale la documentazione per la liquidazione dei pagamenti – modello “SR 41” (NOTA 2) – al fine di consentire alle Strutture territoriali di erogare le prestazioni richieste. A tal proposito si rammenta che non si potrà provvedere ai pagamenti in mancanza del numero di autorizzazione.
In ragione di tali valutazioni, emerge con evidenza la necessità di individuare un procedimento utile ad unificare le diverse regolamentazioni presenti in ogni Regione, nonché le diverse modalità operative di richiesta.
- SOGGETTI PLURILOCALIZZATI CON UNITÀ PRODUTTIVE SITE IN CINQUE O PIÙ REGIONI O PROVINCE AUTONOME
Secondo quanto disposto dalla disciplina di cui all’art. 2 del D.M. 24 marzo 2020 (NOTA 3), qualora vi siano datori di lavoro con più unità produttive, site in cinque o più Regioni o Province autonome, al fine del coordinamento delle relative procedure, la prestazione sarà concessa con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
In ragione di tale disposizione, l’Inps, alla lettera H) della circolare n. 47/2020, ha ribadito che, laddove ci siano datori di lavoro con più unità produttive, site in cinque più Regioni o Province autonome, c.d. plurilocalizzate, “la prestazione sarà concessa con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, similmente a quanto già previsto in passato per la cassa integrazione in deroga”.
Con circolare 8 marzo 2020, il Ministero del Lavoro ha definito le prime indicazioni interpretative e operative relative ai criteri per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale previsti per l’emergenza epidemiologica da COVID 19, in special modo, riguardo alle modalità di accesso alla cassa integrazione in deroga rivolta alle imprese plurilocalizzate sul territorio nazionale.
Premesso che la circolare precisa che l’istanza deve essere inoltrata telematicamente tramite la piattaforma CIGS online con la causale “COVID-19 Deroga”, permangono diffusi dubbi interpretativi e applicativi.
Risulta innanzitutto discutibile il riferimento della circolare alle “unità produttive e/o operative del medesimo datore di lavoro”, nel cui ambito vengono ricondotti “anche i punti vendita di una stessa azienda”.
L’originale presa di posizione non trova giustificazione nella legge, nella disciplina di cui all’art. 2 del sopra menzionato D.M. 24 marzo 2020 né tantomeno nella citata circolare Inps n. 47/2020. Ferma restando infatti la differenza sostanziale tra le due fattispecie – l’unità operativa non possiede le caratteristiche dell’autonoma fisionomia come l’unità produttiva – si pongono problemi di duplice natura:
1) l’ampliamento, la cui giustificazione non appare di immediata comprensione, mette in crisi il sistema consolidato, che ha visto la definizione di uno specifico concetto di unità produttiva ai fini dell’accesso agli ammortizzatori sociali, caratterizzato dai requisiti di autonomia individuati, unito alla richiesta di certificazione dello stesso, attraverso i flussi UniEmens. Sorge la necessità di individuare le modalità di collocazione anche, o in alternativa, come vorrebbe la circolare n. 8/2020, delle unità operative;
2) inoltre, emergono la necessità e l’urgenza di definire la posizione di quelle aziende che, avendo unità operative site in più di cinque Regioni o province autonome, hanno già presentato la domanda di cassa integrazione in deroga sul portale delle singole Regioni, attenendosi alle disposizioni del legislatore, ritenendo legittimamente non sussistere il requisito delle diverse unità produttive.
In ragione di tali valutazioni, pertanto, appare immediatamente indispensabile un ulteriore chiarimento di prassi, al fine di evitare disagi per aziende e lavoratori, nonché ulteriori ritardi nei pagamenti dei trattamenti di integrazione salariale.
La circolare, infine, richiede il deposito di un accordo sindacale che dichiara “espressamente previsto” all’art. 1, c. 1, del D.L. n. 18/2020 (refuso evidente, dichiarato con un comunicato notturno sul sito internet del Ministero del Lavoro, col quale si spiega che il riferimento è da intendersi all’art. 22 del D.L. n. 18/2020). In realtà l’obbligatorietà dell’accordo è assolutamente incerta, se non del tutto da respingere (v. approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro del 6/4/2020). In ogni caso, è dubbio che possa discendere, addirittura “espressamente”, dalla norma invocata dai redattori del Ministero, tant’è che pure l’INPS, con la circolare n. 47/2020, ha ricondotto l’onere ad un più ragionevole impegno a partecipare fattivamente all’esame congiunto, ove previsto.
In merito a tale fattispecie, peraltro, è fatto espresso richiamo al mancato obbligo dell’accordo sindacale per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti. Tale richiamo, tuttavia, appare quantomeno superfluo, dato che trattandosi di aziende plurilocalizzate, site in almeno cinque Regioni o province autonome sull’intero territorio nazionale, si ritiene perlomeno improbabile, dal punto di vista organizzativo e gestionale, determinare un assetto aziendale così parcellizzato.
Per quanto concerne le caratteristiche richieste ai fini della presentazione della domanda, il Ministero precisa che la stessa dovrà essere corredata da:
- accordo sindacale, come previsto espressamente al comma 1, dell’articolo 1, del D.L. n. 18/2020;
- elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni di orario dal quale emerga la quantificazione totale delle ore di sospensione (con suddivisione a seconda della tipologia di orario prescelto ad es. fulltime, part-time) con il relativo importo;
- i dati relativi all’azienda (denominazione, natura giuridica, indirizzo della sede legale, codice fiscale, numero matricola INPS, i dati anagrafici del rappresentante legale);
- i dati relativi alle unità aziendali che fruiscono del trattamento, la causale di intervento per l’accesso al trattamento e il nominativo del referente della domanda con l’indicazione di un recapito telefonico e di un indirizzo e-mail.
Sul tema, si precisa che, sul sito del Ministero del Lavoro, è possibile trovare il format in excel, menzionato nella circolare, da allegare alla domanda unitamente agli altri documenti appena elencati.
Si precisa, peraltro, che, ai fini dell’indicazione dell’importo richiesto al punto b), nel citato format in excel, era presente, alla data 8 aprile 2020, un importo fisso pari a euro 8,10 che viene automaticamente moltiplicato al “Numero ore riduzione/sospensione oraria (totali per il periodo)” riferite al singolo lavoratore. Tale somma, si rammenta, così come indicato nella circolare Inps n. 47/2020, rappresenta, per il 2020, l’importo medio orario della prestazione obbligatoria è pari ad euro 8,10, comprensivo di contribuzione figurativa e di assegni familiari. Dalla sera del 9 aprile, invece, l’importo è diventato pari ad euro 8,90.
Premesso che in un momento così difficoltoso vi sarebbe la necessità di documenti ufficiali non modificabili nel tempo, a cui non è peraltro seguita alcuna comunicazione in proposito, si ritiene che tali importi siano necessari al Ministero ai fini del monitoraggio delle risorse a disposizione.
Terminata la compilazione di tutti i dati richiesti, la modalità telematica CIGS online prevede due tipi di invio della domanda: “invio cartaceo” e/o “invio digitale”.
Si precisa che, nel caso di “invio cartaceo”, deve essere allegata la scansione della prima pagina del modulo dell’istanza contenente marca da bollo (NOTA 4) e firma autografa unitamente ad un documento di riconoscimento in corso di validità. Non si terrà conto di domande inoltrate in modalità diversa. Eventuali istanze già inviate in modo diverso dovranno essere comunque trasmesse in modalità telematica.
Riguardo alle tempistiche, infine, così come precisato dall’Inps con la circolare n. 47/2020, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dovrà effettuare l’istruttoria entro 30 giorni dall’invio della domanda da parte dell’azienda. Qualora venga accertata la sussistenza dei presupposti, il Dicastero stesso dovrà quantificare l’onere previsto e trasmettere il tutto all’Inps, attraverso un provvedimento di concessione emanato con apposito decreto. Fermi restando i limiti di spesa, tuttavia, allo scopo di consentire un corretto monitoraggio, il provvedimento di autorizzazione dovrà indicare il numero dei beneficiari coinvolti, il periodo dell’intervento e le ore complessivamente autorizzate.
Dopo l’emanazione del decreto, l’azienda dovrà inviare la richiesta di pagamento di CIGD all’Inps sulla piattaforma “CIGWEB”, indicando il numero del decreto di concessione. L’Istituto, a seguito del completamento dell’istruttoria, emetterà l’autorizzazione inviandola all’azienda a mezzo PEC.
Una volta terminata tale procedura, dopo aver quindi ricevuto il provvedimento di autorizzazione, i datori di lavoro, allo scopo di permettere l’erogazione delle prestazioni richieste, dovranno inoltrare all’Istituto previdenziale la documentazione necessaria avvalendosi del predetto modello “SR 41”.
Il trattamento potrà essere concesso esclusivamente con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’Inps, applicando la disciplina di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del D.Lgs. n. 148 del 2015.
- CRITICITÀ OPERATIVE
In riferimento al caricamento delle domande sulla piattaforma CIGS online, si riscontrano diverse criticità che si evidenziano nelle schermate successive.
Per prima cosa, la piattaforma individuata dal Ministero del Lavoro è stata aggiornata con la causale “COVID-19 Deroga” solamente il giorno successivo alla data di uscita della circolare, con la conseguente impossibilità per le aziende di presentare la domanda e un ulteriore rallentamento nel processo di erogazione dei trattamenti economici ai lavoratori.
Risolta tale criticità, tuttavia, lo stesso Ministero, per ovviare ad alcune ulteriori evidenti problematiche, ha pubblicato, nella tarda serata del 9 aprile, il seguente avviso sul proprio sito internet:
“A seguito dello stato emergenziale attualmente in vigore, in conformità all’art. 22 del Decreto Legge 18/2020, nonché alla Circolare n. 8 dell’8 aprile 2020, per le domande da presentare con causale “COVID-19 Deroga” è possibile utilizzare la Scheda1/A – Crisi aziendale (Manuale Utente CIGSonline Paragrafo 2.1.6 – Sezione 6 – Scheda).
Scaricare e compilare la scheda predisposta e allegarla, in formato .xls oppure .ods, alla domanda”.
Tale comunicazione, tuttavia, non è stata totalmente esaustiva in quanto non appaiono risolte le seguenti tematiche.
Per ciò che concerne la sezione 5, riferita ai lavoratori, la piattaforma richiede numerose informazioni che risultano quantomeno non necessarie allo scopo di accedere ai trattamenti di cui all’art. 22 del D.L. n. 18/2020. In merito a tale fattispecie, poiché non ritenuto dalla piattaforma “errore bloccante”, si attende conferma dal Ministero circa la non obbligatorietà della compilazione del suddetto quadro.
Immagine 1
In merito alla sezione 6, connessa alle schede di seguito riportate, il cui mancato caricamento costituisce un “errore bloccante” ai fini dell’invio della domanda, il Ministero precisa che “per le domande da presentare con causale “COVID-19 Deroga” è possibile utilizzare la Scheda1/A – Crisi aziendale”.
Non se ne capisce, tuttavia, l’utilità in quanto la scheda individuata è riferita ad un’altra fattispecie non correlata alla crisi emergenziale né tantomeno alla normativa di cui al D.L. n. 18/2020.
In proposito, peraltro, il Ministero del Lavoro, integrando un avviso sul proprio portale, ha indicato di salvare la suddetta scheda in “bianco” e ricaricarla sul sistema per procedere all’inoltro della domanda.
Immagine 2
All’interno della sezione 7, riferita agli allegati da caricare, posti il documento excel fornito dal Ministero – che deve essere compilato dalle aziende con tutte le informazioni del caso – e la successiva indicazione del sopracitato avviso del 9 aprile, la piattaforma, come indicato nell’immagine sottostante, non accetta documenti in excel.
L’unica soluzione possibile, per ovviare a tale problematica, è modificare il documento stesso in formato .ods e non lasciarlo in formato excel come invece indicato nel comunicato ministeriale.
Immagine 3
Da quanto appena argomentato, rimangono dunque numerose criticità da fugare. L’auspicio è che vi sia un’immediata comunicazione da parte del Ministero del Lavoro, attraverso un manuale ad hoc o una modifica a quello utente CIGS online, già esistente, che chiarisca il procedimento da seguire per il caricamento delle domande di CIGD riferite all’emergenza sanitaria da COVID-19.
Tale documento risulta necessario allo scopo di consentire alle aziende e ai professionisti di completare le istanze, evitando possibili errori che potrebbero portare ad ulteriori ritardi per i pagamenti dei trattamenti spettanti ai lavoratori.
—
Note:
1) Circolare Inps n. 47/2020 lettera F)
2) Inps Messaggio n. 1508/2020 Semplificazione delle modalità di gestione e compilazione del modello “IG Str Aut” (cod. “SR41”)
3) Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze
4) Adempimento abrogato dall’art. 41 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23
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