CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2013, n. 11486
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Decesso del difensore domiciliatario – Domiciliazione soggettivamente caratterizzata – Notifica degli atti ad un’addetta allo studio – Nullità della notifica
Osserva
La CTR di Roma ha accolto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n.39/39/2008 della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso della “- ed ha così confermato la cartella di pagamento relativa IVA-IRPEF-ed addizionali per gli anni 2002-2003.
La predetta CTR ha motivato la decisione – dopo aver dato atto che la parte appellata non risultava costituita – nel senso che il condono proposto dalla parte contribuente ai sensi dell’art. 9-bis della legge n. 289/2002 non poteva considerarsi perfezionato per effetto dei parziali versamenti dovuti da parte della contribuente medesima.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L’Agenzia si è costituita con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il motivo unico di ricorso (centrato sulla nullità della sentenza per inesistenza della notifica dell’atto di appello) la parte ricorrente – dopo avere evidenziato che dalla relata risultava che l’atto di appello era stato notificato il 4.5.2009 “in via … mediante consegna di copia a (…) nella sua qualità di addetta studio domicilio eletto” – evidenziava che alla data di detta notifica il suo difensore domiciliatario risultava essere già deceduto (risulta infatti dal certificato prodotto in questo grado che il dott. (…) è morto il giorno 16.1.2009), con la conseguenza che la notifica medesima doveva considerarsi inesistente e nullo ogni atto processuale successivo.
La censura appare fondata e da accogliersi, nonostante l’assunto di parte resistente secondo cui, la ricezione dell’atto di appello da parte di una “addetta allo studio” sarebbe prova del fatto che l’organizzazione dello studio professionale è sopravvissuta al professionista defunto, con la conseguente efficacia della notifica in tal modo effettuata.
Ai fini di quanto qui rileva non può non tenersi conto dei principi di diritto già insegnati da questa Corte: “La morte del domiciliatario produce l’inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio e la necessità che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita, a norma dell’art. 330, terzo comma, cod. proc. civ., alla parte personalmente. Tale principio trova deroga nella ipotesi in cui l’elezione di domicilio sia stata fatta presso lo studio di un professionista e l’organizzazione di tale studio gli sopravviva, dovendosi in questo caso considerare lo studio del professionista alla stregua di un ufficio. Tuttavia, allorquando dalla dichiarazione di elezione risulti che lo studio è indicato come quello proprio di una individuata persona, professionista o meno, la dichiarazione stessa diviene inefficace a seguito della morte del domiciliatario, in quanto in tal caso l’elezione di domicilio deve ritenersi fatta non con riferimento alla organizzazione in sé, indipendentemente dalla persona del domiciliatario, ma al luogo in cui questi è reperibile, attribuendo quindi rilievo all’elemento personale e non a quello oggettivo; ove, peraltro, l’organizzazione del procuratore continui ad operare dopo la sua morte, la notificazione eseguita presso lo studio deve ritenersi nulla e non inesistente” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3102 del 04/03/2002).
Ciò posto, nella specie di causa -e per quanto emerge dall’elezione di domicilio contenuta nel ricorso introduttivo di primo grado, prodotto in questo grado di giudizio dalla parte ricorrente – risulta che la dichiarazione di elezione è riferita ad una precisa ed individuata persona (il dott. ……), sicché l’elezione di domicilio, soggettivamente caratterizzata, non può non essere divenuta inefficace per effetto della morte del (…), senza che rilevi che lo studio professionale, che si assume dotato di più complessa organizzazione, abbia proseguito ad operare. Occorre quindi convenire con l’assunto (subordinato) di parte controricorrente secondo cui gli atti andranno restituiti al giudice di appello per l’ordine di rinnovo della notifica ai sensi dell’art. 291 e sul presupposto che la notifica medesima sia nulla.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con conseguente accertamento della nullità della sentenza di appello e rinvio al giudice di appello da identificarsi nella CTR Lazio.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio che, in diversa composizione, provvedere anche sulle spese di lite del presente grado.
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