CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA 14 MAGGIO 2013, N. 11493
Osserva
La CTR di Bari ha respinto l’appello dell’Agenzia appello proposto contro la sentenza della CTP di Foggia n. 318-05-2005 che aveva integralmente accolto il ricorso di [X] avverso avviso di rettifica parziale ai fini IVA per l`anno 1996, emesso a seguito di PVC nel quale erano stati contestati indebita detrazione per autofatture di acquisti da imprenditori esonerati; omessa regolarizzazione di acquisti; ricavi omessi. Le ultime due contestazioni emergevano sulla scorta delle acclarate movimentazioni bancarie, sia in addebito che in accredito, sui conti correnti intestati ai componenti il nucleo familiare della [X], fatte oggetto di apposita indagine, e che non avevano trovato corrispondenza nelle registrazioni contabili.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che irragionevolmente i movimenti bancari erano stati automaticamente riferiti a movimenti aziendali, senza che fossero state effettuati adeguati accertamenti ed approfondimenti volti ad escludere che detti movimenti potessero essere invece riferiti ad operazioni estranee all’attività aziendale. D’altronde, il processo penale celebrato con riferimento alle analoghe questioni si era concluso con sentenza passata in giudicato e dichiarazione di non doversi procedere nei confronti della [X].
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata non si è difesa.
ll ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (sostanzialmente improntato alla violazione degli art.51 e 54 del DPR n.633/1972), la ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia violato il disposto delle anzimenzionate norme nella parte in cui disegnano una presunzione legale relativa di redditività degli accrediti e dei prelievi di conto corrente a ricavi non dichiarati, presunzione superabile soltanto a mezzo di prova contraria fornita dalla parte contribuente.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Invero, il ribadito indirizzo di questa Corte a proposito della questione oggetto del motivo di ricorso appare perfettamente coerente con le ragioni invocate dall’Agenzia, Sez. 5, Sentenza n. 25365 del 05/12/2007: ”In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, né è possibile ricorrere all’equità”.
D’altronde, non assume particolare rilievo la circostanza che alcuni dei conti correnti bancari oggetto di indagine non fossero intestati direttamente alla Nardella ma ai suoi familiari, atteso il costante orientamento di questa Corte (per tutte Cass. sez. 5, Sentenza n. 27032 del 21/12/2007) secondo il quale: “ln tema di accertamento delle imposte, l’art. 32 n. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e l’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari tra i quali può assumere rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti rivoltagli dall’Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che l’utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame”.
Consegue da ciò che il giudice del merito ha errato a supporre che fosse onere dell’Amministrazione offrire in giudizio ulteriori elementi di prova a convalida della efficacia indiziaria delle indagini bancarie di cui si è detto ed ha perciò fatto erronea applicazione della disciplina di cui la odierna ricorrente lamenta la violazione.
Consegue pure da ciò che la censura debba essere accolta e che la controversia vada rimessa al medesimo giudice di secondo grado che – in diversa composizione – tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell`atto di appello proposto dalla parte pubblica, alla luce del corretto principio di diritto da applicarsi, e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza:
– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
– che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
– che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
– che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Puglia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
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