CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2013, n. 14880
Lavoro – Lavoro subordinato – Sanzioni disciplinari – Licenziamento – Censura – Previa contestazione dell’addebito – Insufficienza delle motivazioni – Fattispecie – Non sussiste.
Fatto e diritto
1.- La sentenza attualmente impugnata, in parziale accoglimento dell’appello proposto da E.N.C., dipendente presso il Comune di Cessalto, avverso la sentenza del Tribunale di Treviso n. 378/07 del 14 febbraio 2007, annulla la sanzione disciplinare della “censura” inflittagli dal suddetto Comune e respinge la domanda del N.C. di risarcimento del danno, compensando le spese dei due gradi di giudizio.
2.- La Corte d’Appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che: 1) dalla comparazione tra l’atto di contestazione di addebito e quello di irrogazione della sanzione risulta evidente la violazione, da parte del Comune, del principio di necessaria specificità e immutabilità della contestazione; 2) pertanto, in accoglimento dell’appello sul punto, la sanzione disciplinare inflitta deve essere annullata; 3) di contro, va respinto il gravame in relazione alla statuizione di rigetto della domanda di risarcimento del danno; 4) infatti, l’esistenza del danno e della sua natura va concretamente provata, non potendosi essa risolvere in un mero automatismo.
3.- Per la cassazione della sentenza il Comune di Cessalto propone ricorso, per due motivi; resiste, con controricorso, il N.C., proponendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato.
4.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia – in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. – la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, in relazione agli articoli 2104 e 2106 del cod. civ., nonché in relazione agli artt. 24 e 25 del C.C.N.L. per il personale del comparto delle regioni e autonomie locali del 22 gennaio 2004, relativamente al requisito della specificità delle contestazioni addebitate al controricorrente.
In particolare, si contesta la sentenza impugnata nella parte relativa all’affermata violazione del principio di necessaria specificità della contestazione della sanzione. Si sostiene che a tale conclusione la Corte veneziana sarebbe giunta senza considerare il complessivo contenuto della lettera di contestazione degli addebiti, del tutto idoneo ad assolvere alla funzione sua propria di consentire al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa, senza dover rispettare rigidi canoni di specificità, pari a quelli che presiedono la formulazione dell’accusa nel processo penale.
4.1- La censura appare infondata.
4.2.- Il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità nella materia delle sanzioni disciplinari, come regolata dall’art. 7 St. lav., è nel senso che la previa contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, integrato esclusivamente qualora vengano fomite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari. L’accertamento relativo alla sussistenza di tale requisito costituisce, tuttavia, oggetto di un’indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e di congruità delle ragioni esposte dal giudice del merito (ex multis, Cass. 6 maggio 2011, n. 10015; Cass. 30 marzo 2006, n. 7546; Cass. 16 dicembre 1988, n. 6877).
Nella specie, esaminato il contenuto delle contestazioni disciplinari, i Giudici di appello hanno rilevato come la presunta scorrettezza da cui è sorta tutta la vicenda non fosse stata nemmeno contestata, ma “del tutto tardivamente ripresa come motivazione essenziale dell’atto con cui è stata inflitta la sanzione”. La Corte territoriale prosegue rilevando che in nessuna delle contestazioni si è fatto riferimento a eventi specifici, e che, di conseguenza, considerato come “nella lettura delle contestazioni disciplinari non è consentito proceder per tentativi, scandagliando le possibili intenzioni di chi ha redatto l’atto”, non si sarebbe potuto concludere che per l’accoglimento dell’appello.
Trattasi di una motivazione congrua, che sottolinea l’inadeguatezza dell’atto di contestazione rispetto allo scopo suo proprio di precisare e di delineare sin da subito l’ambito del contrasto. A tale interpretazione della lettera di contestazione la difesa di parte ricorrente si limita ad opporre una diversa lettura delle stessa, senza evidenziare veri e propri vizi di valutazione dei Giudici del merito.
5.- Con il secondo motivo di ricorso principale si lamenta, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., l’omessa e l’insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla omessa valutazione delle risultanze istruttorie che confermerebbero la specificità e l’immutabilità delle contestazioni disciplinari addebitate al lavoratore.
Si sostiene che la Corte territoriale avrebbe considerato la lettera di contestazione dell’addebito non specifica aprioristicamente, senza effettuare alcuna valutazione delle emergenze istruttorie.
5.1.- Tale motivo si appalesa inammissibile.
5.2. – Com’è noto, relativamente al vizio di motivazione questa Corte ha costantemente rilevato che spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, dì assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere dalle risultanze del processo quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti (ex multis, Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 22 marzo 2007, n. 7065;Cass. 24 maggio 2006, n. 12362; Cass. 20 ottobre 2005, n. 20322; Cass. 12 agosto 2004, n. 15675).
È stato, in particolare, precisato che ogniqualvolta si alleghi che il vizio di motivazione discende dalla mancata o erronea valutazione di risultanze istruttorie, in ossequio al principio di specificità dei motivi di cui all’art. 366, primo comma, cod. proc. civ., il ricorrente ha l’onere di indicare partitamente ogni prova che ritenga essere stata non valutata o mal valutata dal giudice di merito, chiarendo le ragioni che la rendono decisiva e riportando la trascrizione del contenuto della risultanza istruttoria, se non integrale, quanto meno con riferimento alle parti che si asseriscono erroneamente disattese o inesattamente valutate (con riferimento alle prove testimoniali: Cass. 25 agosto 2006, n. 18506; Cass. 28 giugno 2006, n. 14973; Cass. 4 luglio 2003, n. 10567).
5.3.- Dalla lettura del ricorso si ricava che le deposizioni testimoniali ivi sinteticamente riportate, tutt’al più, potrebbero confermare l’esistenza di un generale divieto di affissione di manifesti alle vetrate dell’Ufficio Anagrafe, ma non la specificità della contestazione dell’addebito al lavoratore.
Ne deriva che le doglianze mosse dal ricorrente, con il secondo motivo, oltre a risolversi sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente – con ciò traducendosi nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità – risultano anche formulate in modo generico.
6.- Al rigetto del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato (Cass. 28 febbraio 2007, n. 4787; Cass. 9 giugno 2010, n. 13882).
7.- In conclusione si propone la trattazione della causa in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., per esservi disposto il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, per le ragioni dianzi esposte»;
che sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio;
che il Comune di Cessalto, ricorrente principale, ha depositato memoria;
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
che le osservazioni critiche contenute nella memoria del Comune di Cessalto non contrastano in modo efficace le argomentazioni della relazione in quanto non contengono elementi nuovi e diversi rispetto a quelli prospettati nel ricorso;
che, pertanto, previa riunione dei due suddetti ricorsi aventi ad oggetto la medesima sentenza, il ricorso principale deve essere respinto e quello incidentale condizionato va dichiarato assorbito;
che le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza (del ricorrente principale).
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi, euro 2500,00 (duemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
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