CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 giugno 2013, n. 15059
Tributi – IRPEF – Plusvalenza sulla vendita di un immobile – Complesso alberghiero – Imponibilità – Fattispecie
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Nel ricorso iscritto a R.G. n.1212/2011 è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
1) V. B. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 704/2010 in data 18.03.2010, depositata il 14 maggio 2010, con cui la Commissione Tributaria Centrale, Sezione di Bologna Collegio n. 02, pronunciando sul ricorso dell’Ufficio Finanziario, ha dichiarato legittimo l’accertamento per l’anno 1978- 1979 ai fini IRPEF, connesso alla plusvalenza realizzata con la vendita di un complesso alberghiero. Affida l’impugnazione a due mezzi, con i quali prospetta distinti profili di carenze motivazionali dell’impugnata sentenza.
2) L’intimata Agenzia, si è limitata a depositare atto di costituzione ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3) La CTC ha accolto il ricorso dell’Ufficio e ritenuto legittimo e valido l’avviso di accertamento, opinando che il fine speculativo della contestata operazione e quindi la fondatezza della pretesa fiscale, nel caso, dovesse presumersi dal fatto che il B. e la moglie erano compartecipi di società immobiliari.
4) Così decidendo ed argomentando, sembra che i Giudici di appello siano incorsi nel vizio denunciato con il primo mezzo, costituendo ius receptum che la motivazione deve ritenersi omessa e/o insufficiente e/o illogica “quando il giudice di merito omette di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento (Cass.n.890/2006, n.1756/2006, n.2067/1998).
4 bis – Nel caso, in vero, la CTC ha ritenuto di desumere il fine speculativo della vendita, dal solo rilievo che “il B. e la moglie erano compartecipi di società immobiliari”, omettendo di indicare altri elementi e di effettuare una adeguata disamina logico -giuridica; circostanza, quella valorizzata, di per sé, apodittica, e non idonea a sostanziare una presunzione grave, precisa e concordante.
5) Non sembra possa trovare ingresso, invece, il secondo motivo, tenuto conto di quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato, che costituisce una violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e configura il vizio di cui all’art.112 c.p.c. (Cass.n.375/05, n.12721/04, n.9159/02), l’omesso esame di specifiche eccezioni fatta valere dalla parte e rilevanti agli effetti decisionali, che andava fatto valere, nel caso, ai sensi dell’art.360. n.4 c.p.c..
6) Si ritiene che la causa possa essere trattata in camera di consiglio, ai sensi degli artt.366 e 380 bis c.p.c., proponendosene la definizione, sulla base del trascritto principio, con l’accoglimento, per manifesta fondatezza del primo mezzo ed infondatezza del secondo.
Il Consigliere relatore A. Di B..
La Corte, Vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di causa;
Considerato che alla stregua delle considerazioni svolte e dei principi richiamati in relazione, che il Collegio condivide, il ricorso del contribuente va accolto, nei sensi e limiti indicati, per manifesta fondatezza e, per l’effetto, va cassata l’impugnata sentenza;
Considerato, altresì, che il giudice del rinvio, che si designa nella CTR dell’Emilia Romagna, procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito e sulle spese del presente giudizio di legittimità, offrendo congrua motivazione; Visti gli artt. 360 e 380 bis c.p.c.;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia per il riesame, alla CTR dell’Emilia Romagna.
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