CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2013, n. 15232
Provvedimento di espulsione – Errore nominativo – Rettificazione – Legittimità.
Premesso
Che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue:
«1. – Il Giudice di pace di Perugia, in accoglimento del ricorso dell’interessato, ha annullato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto della stessa città nei confronti del sig. C.L., di nazionalità tunisina, sul rilievo che l’atto “fa riferimento a un nominativo che non è quello risultante dal passaporto intestato al ricorrente” e che “la P.A. ha la possibilità di sanare con altro atto il vizio eccepito e riscontrato”.
L’amministrazione soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione con un solo, complesso motivo di censura che muove dalla premessa secondo cui era stato l’interessato a fornire, volta a volta, alle varie autorità con le quali era venuto a contatto, una versione diversa del proprio cognome (ora “C.”, ora “C.”, ora “C.”, ora “C.”), senza mai esibire un documento di identità.
L’intimato non ha resistito.
2. – Il ricorso è fondato sotto il profilo – assorbente i restanti profili pure dedotti – che l’errore nella indicazione delle generalità del destinatario del provvedimento di espulsione, ove non sia contestata l’identità del destinatario stesso bensì solo la corretta trascrizione del suo nome, non comporta la nullità del provvedimento, ma la semplice rettificabilità dell’errore materiale.>>;
Considerato
Che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite, i quali non hanno presentato conclusioni o memorie;
– che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione; che quindi il ricorso va accolto e il decreto impugnato va cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Perugia in persona di altro magistrato.
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