CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 luglio 2013, n. 16460
Tributi – Agevolazioni tributarie – Contratti simulati in tema di locazione commerciale – Limiti
Svolgimento del processo
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. stacc. di Brescia, n. 16/64/10, depositata il 27 gennaio 2010, con la quale, rigettato l’appello della medesima contro la decisione di quella provincia le, l’opposizione della società R.I.T.I. Immobiliari Spa. (per brevità R.), contro l’avviso di accertamento, relativo all’Irpeg, Irap ed Iva per il 2002, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il contratto stipulato nel mese di dicembre 2002 tra la contribuente e la società B. Spa., già affittuaria dei locali ad uso commerciale di sua proprietà, ed inerente alla risoluzione anticipata di esso e la corresponsione della somma di € 260.000,00, non doveva essere sottoposto ad imposizione, posto che non costituiva un plusvalore, ma un risarcimento del danno, senza che l’appellante avesse fornito la prova che fosse simulato.
La R. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
2. Innanzitutto va esaminata la questione pregiudiziale sollevata dalla controricorrente, secondo cui il ricorso sarebbe improcedibile, in quanto insieme ad esso non sarebbe stata depositata la copia autentica della sentenza impugnata.
L’eccezione è infondata, giacché dagli atti del processo risulta invece che la copia autentica della sentenza di appello è stata depositata in uno al ricorso in esame.
3. Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente deduce il vizio di insufficiente motivazione, in quanto la CTR non considerava che l’atto impositivo si fondava unicamente sulla ripresa a tassazione della plusvalenza, costituita dalla somma scaturita dal contratto con cui le parti avevano risolto quello di affitto precedente, senza che fosse stata addotta la questione della simulazione col ricorso in appello, ma il recupero a tassazione, anche per le varie imposte, quindi comprese quelle dirette, del maggior reddito, e senza che l’indicazione della fattura, circa il risarcimento del danno, potesse fare surrettiziamente ritenere l’operazione esente dall’Iva, anche perché solo appena undici giorni dopo il rilascio dei locali, l’immobile era stato già affittato alla società T. & T. Spa., addirittura col canone maggiore di € 380.000,00 l’anno. Quindi i locali erano stati rilasciati in ottimo stato, e nessun lucro cessante si era determinato a seguito della risoluzione anticipata dell’affitto medesimo.
Il motivo è fondato. Invero, a parte che l’atto impositivo non poteva essere del tutto annullato, avendo ad oggetto anche altre imposte, e precisamente quelle dirette dell’Irpeg e Irap, ovviamente non contemplate dal regime agevolativo del Dpr. n. 633/72 per l’Iva, tuttavia va rilevato che il giudice di appello non specificava adeguatamente se il contratto di anticipata risoluzione di quello di affitto, stipulato nel mese di dicembre 2002, mirasse, dal punto civilistico e fiscale, soltanto a regolare il rapporto tra le parti, senza che in realtà ci fosse stato alcun danno per la locatrice, tenuto conto che i locali erano stati riaffittati appena 11 giorni dopo il rilascio degli stessi, ad altra società, che ovviamente li aveva trovati in buono stato, e soprattutto che nessun danno da lucro cessante poteva essersi verificato, stante la immediatezza dell’utilizzo dei locali medesimi, senza che all’uopo potesse darsi rilievo alla mera indicazione di danno in fattura.
Invero, com’è noto, l’interpretazione del contratto ai fini fiscali, volta a stabilire se il negozio sia soggetto all’imposta di registro piuttosto che all’IVA, ovvero rientri tra le ipotesi di agevolazioni fiscali, deve avvenire con criteri diversi da quelli utilizzabili ai fini civilistici, e deve attribuire rilievo preminente agli effetti del negozio ed alla necessità di prevenire frodi ed abusi (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 23584 del 20/12/2012, n. 9162 del 2010). E’ vero che per il disposto dell’art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 non concorrono a formare la base imponibile IVA – che consegue alla cessione di beni e alla prestazione di servizi – le somme dovute a titolo di risarcimento del danno nonché a titolo di interessi moratori, penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali, tra le quali rientrano quelle derivanti da un contratto di transazione, ma nella specie non risulta specificato che si sia trattato di una fattispecie analoga, posto che nessun elemento concreto è stato addotto per ritenere che in realtà ci fosse stato un danno effettivo, cui quel contratto era inteso a porre rimedio (V. pure Cass. Sentenze n. 17633 del 27/06/2008, n. 13345 del 2006)
4. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa, applicazione di norme di legge, giacché il giudice di appello non considerava che, a fronte della contestazione dell’amministrazione, era solo la contribuente a dovere fornire la prova del suo assunto, inteso a fruire dell’esenzione fiscale, dimostrando che in concreto aveva subito un danno, e che il contratto, a prescindere da ogni forma, era inteso al relativo risarcimento, trattandosi di norme di stretta interpretazione, per le quali l’onere della prova non poteva essere invertito.
La censura va condivisa, dal momento che in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 21406 del 30/11/2012, n. 13954 del 2011) . Ciò posto, il giudice di secondo grado in realtà ometteva di esplicitare adeguatamente il procedimento argomentativo, attraverso il quale perveniva al giudizio di rigetto dell’appello, nonostante gli elementi enunciati dall’agenzia, riportandosi semplicemente all’indicazione, peraltro non rilevante, della fattura. Del resto con riguardo ai contratti locatizi aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, la violazione della normativa fiscale non incide sulla validità del contratto, ma ha rilievo esclusivamente tributario, dal momento che in tema di accertamento della imposta sul valore aggiunto, l’ufficio finanziario ha il potere di accertare la sussistenza della eventuale simulazione relativa in grado di pregiudicare il diritto dell’amministrazione alla percezione dell’esatto tributo, senza la necessità di un preventivo giudizio di simulazione, spettando poi al giudice tributario, in caso di contestazione, il potere di controllare “incidenter tantum”, attraverso l’interpretazione del negozio ritenuto simulato, l’esattezza di tale accertamento, al fine di verificare la legittimità della pretesa tributaria, mentre invece nella specie l’agenzia contestava la sussistenza di eventuali danni, nonostante la mera indicazione della fattura (v. pure Cass. Sentenze n. 1549 del 24/01/2007, n. 17221 del 2006).
5. Col terzo motivo la ricorrente lamenta il vizio di insufficiente motivazione, poiché il secondo giudice non considerava che la somma erogata alla locatrice non rappresentava il risarcimento di un danno, peraltro inesistente, ma costituiva soltanto il corrispettivo di un accordo volto all’anticipata risoluzione del contratto di affitto originario, presto sostituito da altro con una diversa società, e ciò a prescindere dalla denominazione formale, senza che ci fossero danni di sorta, peraltro mai provati.
Si tratta all’evidenza di doglianza che rimane assorbita da quanto enunciato con riferimento ai motivi prima esaminati.
Alla luce di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto, oltre che adeguato.
6. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.
7. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.
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