CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 luglio 2013, n. 16573
Tributi – Accertamento – Omessa presentazione dichiarazione dei redditi – Reddito accertato – Detrazione di componenti negative del reddito emerse dagli accertamenti – Esclusione
Osserva
La CTR di Venezia ha parzialmente accolto l’appello di (…), appello proposto contro la sentenza n. 173/09/2006 della CTP di Treviso che aveva respinto i ricorsi (dopo averli riuniti) del predetto contribuente contro avviso di diniego di condono e contro tre distinti avvisi di accertamento per IVA-IRPEF-IRAP relativi agli anni 1998-2000 nei quali era stata contestata l’omessa contabilizzazione e dichiarazione di redditi, in difetto dì presentazione di qualsivoglia dichiarazione per i predetti anni.
La CTR accogliendo l’appello limitatamente al riconoscimento dei costi contabilizzati e disconosciuti dall’Ufficio, così come rilevati nel PVC del 31.5.2002-ha motivato la decisione evidenziando che, ove sia stata del tutto omessa la presentazione della dichiarazione (e non potendosi fare applicazione del disposto dell’art.74 comma 2 e 3 del DPR n.597/1973 in tema di prova dei costi), occorre tenere conto anche delle componenti negative del reddito emerse dagli accertamenti compiuti, pena (in diversa ipotesi) l’assoggettamento ad imposta del profitto lordo anzicchè di quello netto. Quanto poi alle sanzioni, la CTR ne ha disposto la revoca, “considerato che il contribuente ha chiesto, anche se in modo erroneo, la definizione agevolata ….e che l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, per effetto della mancata trasmissione all’anagrafe tributaria da parte dell’intermediario, può rappresentare motivo di giustificazione e di esclusione di responsabilità.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc. Infatti, con il primo motivo di censura (improntato alla violazione dell’art.2697 cod. civ.) la ricorrente -dopo avere evidenziato che la CTR ha riconosciuto la deducibilità di costi ulteriori rispetto a quelli già riconosciuti nell’avviso di accertamento, e cioè di quelli che (pure desunti dalla contabilità aziendale) erano stati analiticamente disconosciuti nell’avviso di accertamento sulla scorta di specifiche e dettagliate motivazioni- ha evidenziato che le annotazioni relative ai predetti costi, desunte dalla contabilità aziendale, non erano state sufficienti a dar conto della certezza e della inerenza dei costi medesimi, della prova di che si sarebbe dovuto fare carico la parte contribuente.
La censura appare condivisibile e fondata.
Il giudicante, infatti, sulla scorta di considerazioni di puro principio circa la necessità di riconoscere i costi in sede di accertamento generato dall’omessa dichiarazione dei redditi (e facendo leva su un non meglio precisato giudizio positivo che la GdF avrebbe espresso circa le “scritture contabili”), ha ritenuto detraibili anche i costi che l’Ufficio ha analiticamente disconosciuto, così finendo per esentare il contribuente dall’onere di prova che gli incombe allorché siano stati contestati i requisiti di certezza ed inerenza dei costi medesimi (sul punto si veda la disciplina dettata oggi dall’art.109 DPR n.917/1986, già art.75 della vecchia formula del T.U.). Non resta che concludere nel senso che la violazione della regola di riparto dell’onere probatorio rende la pronuncia impugnata meritevole, sul punto, di cassazione.
Con il secondo ed il terzo motivo di censura (improntati, il primo al vizio di motivazione ed il secondo a violazione dell’art.15 comma 1 della legge n.289/2002) la parte ricorrente si duole, in relazione al capo della decisione concernente le sanzioni, che la revoca delle sanzioni stesse sia stata contraddittoriamente giustificata ed insufficientemente argomentata con la circostanza della consegna ad un intermediario delle dichiarazioni risultate omesse, senza che la parte contribuente si sia curata di fornire la prova di avere anche procurato all’intermediario la provvista per il pagamento delle imposte dovute per gli anni qui in considerazione, omissione che avrebbe dovuto indurre a ritenere intrinsecamente illogica la affermazione difensiva di parte contribuente. D’altronde, anche la valorizzazione del dato della presentazione di una dichiarazione integrativa inefficace non poteva che risultare contrario al principio fissato nell’art. 15 dianzi menzionato, a mente del quale l’effetto dì inapplicabilità delle sanzioni è collegato soltanto con la presentazione di una dichiarazione integrativa conforme al modello legale.
Anche detti motivi di censura appaiono fondati e condivisibili, risultando del tutto insufficiente e fortemente contradditorio il puro riferimento alla giustificazione resa dal contribuente in ordine alle ragioni della omessa presentazione delle dichiarazioni, in difetto di qualsivoglia fonte di prova sul punto, così come contraria al dettato normativo l’esenzione dalle sanzioni a fronte di una dichiarazione integrativa non coerente con le apposite prescrizioni.
In conclusione, si propone la definizione del ricorso in camera di consiglio, per manifesta fondatezza, con conseguente rimessione al medesimo giudice del merito in sede di rinvio ai finì di un nuovo apprezzamento della stessa materia già oggetto di appello, alla luce dei principi dianzi enucleati.
Roma, 10 settembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnala e rinvia alla CTR Veneto che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
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