CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 luglio 2013, n. 16731
Tributi – Accertamento – Metodo induttivo – Cooperativa agricola di trasformazione – Criterio di forfetizzazione dei costi – Applicabilità della presunzione semplice – Non sussiste
Osserva
La CTR di Catanzaro ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate -appello proposto contro la sentenza n.98-01-2007 della CTP di Cosenza che aveva accolto il ricorso della società contribuente “C.S. s.coop. a r.l.”- ed ha così annullato l’avviso di accertamento per IVA-IRPEG-IRAP per l’anno 1998 con cui era stata rettificato il reddito di impresa, il valore della produzione netta ed il volume di affari dichiarati, ingiungendosi il pagamento di maggiori imposte.
La predetta CTR ha motivato la decisione -dopo aver premesso che erroneamente il giudice di primo grado aveva limitato il proprio apprezzamento alla questione delle imposte dirette- nel senso che l’intero accertamento appariva viziato dal fatto che la rideterminazione dei valori di ciascuna tipologia di imposta dianzi identificata era stata effettuata mediante l’applicazione della “percentuale di riduzione” dell’ammontare dei ricavi di una percentuale a titolo di spese forfettarie “pari al 27% prevista dalla tabella di forfettizzazione allegata alla legge 17.2.1985 n.17”, senza però che l’Ufficio chiarisse né sulla base di quali dati o notizie si sia avvalso della presunzione semplice qui in discorso né quali siano stati i motivi della sua utilizzazione nel caso concreto. D’altronde, detta applicazione del criterio di forfetizzazione (in realtà previsto per le imprese di servizi) non si giustificava proprio nei confronti di una cooperativa di trasformazione ed alienazione di prodotti agricoli costituita appunto per ridurre i costi di gestione di ciascuna impresa socia. L’agenzia delle Entrate ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc. Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione) l’Agenzia prospetta che la Commissione di appello -pur avendo fatto proprio il giudizio dei primi giudici circa l’applicazione al caso di specie della previsione dell’art.32 co.5 del DPR n.600/1973 (in ordine alla utilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio e non esibiti in sede precontenziosa)- non ha minimamente giustificato il proprio convincimento a questo riguardo.
Il motivo appare inammissibile, alla luce del fatto che la parte ricorrente non ha identificato il fatto controverso e decisivo in ordine al quale la motivazione della pronuncia risulterebbe insufficiente, nel mentre la censura appare correlata non ad un fatto ma ad una valutazione, sicché con riferimento ad essa la tipologia del vizio dedotto appare del tutto incoerente.
Quanto al secondo motivo di impugnazione (incentrato sulla violazione degli art.32 e 39 del DPR n.600/1973; 2709 cc; 52 co.5 del DPR n.633/1972 e dell’art.2. co.9 del D.L. n.853/1984), la parte ricorrente -premessa la legittimità del ricorso al metodo induttivo di determinazione del reddito, alla luce del fatto che la società contribuente aveva omesso di esibire la documentazione richiesta- si duole del fatto che il giudicante abbia fondato il proprio convincimento su documentazione illegittimamente introdotta in giudizio e del fatto che il giudicante erroneamente abbia ritenuto che la norma del menzionato art.2 sia stata presa a base per la determinazione forfettaria dei ricavi, mentre invece la stessa era stata utilizzata per la determinazione forfettaria dei costi (ciò che si era rivelato addirittura favorevole alla parte contribuente, che si era vista determinare forfettariamente i costi pur non avendo fornito alcuna prova giustificativa a tale proposito).
Il motivo (articolato su due prospettazioni differenti ed autonome di violazione di proposizioni normative, e perciò stesso già degno di valutazione di inammissibilità) appare infondato e da disattendersi.
Da un canto perché la CTR si è pronunciata per relationem alla motivazione della pronuncia di primo grado circa la corretta applicazione del disposto dell’art.32 co.5 dianzi menzionato (per il fatto che la ricorrente aveva credibilmente dichiarato di non aver potuto adempiere alla richiesta dell’Ufficio per causa a lei non imputabile e non per essersi rifiutata di consegnare la documentazione), perciò con argomentazione che la odierna parte ricorrente non ha censurato “nel merito”; d’altro canto perché non è affatto vero che il giudice di appello abbia erroneamente inteso il significato della “forfetizzazione” regolata dall’art.2 co. 9 del D.L. n.853/1984. Il giudicante, invece, ha correttamente dato atto che detta forfettizzazione dei costi era stata utilizzata per decurtare in percentuale l’ammontare dei ricavi e -ciò detto- ha argomentato poi coerentemente circa l’impossibilità di fare applicazione di detta “presunzione semplice” in relazione alla specie della cooperativa di trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli, argomenti che -siccome nucleo logico della decisione impugnata- sono rimasti incongruamente privi di specifica censura. Ne deriva che anche il secondo motivo di impugnazione non può essere condiviso e che il ricorso deve restare complessivamente disatteso.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità e manifesta infondatezza.
Roma, 10 settembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che la parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa con cui aderisce alla relazione;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio e dando atto che nella relazione è contenuto un errore materiale circa la mancata costituzione in giudizio della parte intimata (la quale, invece, si è costituita con controricorso e contestuale ricorso incidentale condizionato), condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate in applicazione del principio della soccombenza,
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 12.000,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per esborsi.
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