CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 luglio 2013, n. 17347
Rito del lavoro – Controversia con il datore – Dipendenza aziendale – Abitazione del dipendente – Organizzazione del lavoro – Sussiste
1. F. A. propone regolamento di competenza contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di Locri ha declinato la propria competenza territoriale nella controversia proposta dall’A. nei confronti della spa M.I.F.’ ed ha indicato come giudice competente il Tribunale di Firenze.
2. La società resistente ha depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 47 c.p.c. e quindi memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
3. Il Procuratore Generale, con suo scritto del 17 gennaio 2013, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso deve essere accolto.
5. Il ricorrente, si legge nella stessa ordinanza, è stato assunto “con la qualifica di impiegato e con mansione di informatore scientifico del farmaco”, con “zona di lavoro in Catanzaro, Reggio Calabria e relative province”. A tal fine egli ha, nella sua abitazione in Roccella Ionica, computer, stampante, telefono, campioni e materiali di propaganda aziendali.
6. Pur svolgendosi il lavoro in modo itinerante nella zona di competenza, l’abitazione del lavoratore costituisce pertanto in questo caso il luogo in cui egli svolge alcune attività fondamentali (organizzazione del lavoro e relazioni per l’azienda) e dove si trovano gli strumenti di lavoro base e il deposito del campionario aziendale e del materiale di propaganda aziendale.
7. In un caso analogo si è rilevato quanto segue.
8. L’art. 413, primo comma, cpc, individua il giudice territorialmente competente per le controversie di lavoro indicando tre fori speciali alternativi: il luogo in cui è sorto il rapporto, quello in cui si trova l’azienda, quello in cui si trova la dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore.
9. Il problema interpretativo nel caso in esame è quello di stabilire cosa debba intendersi per ‘dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore’.
10. Di tale espressione è necessario dare una interpretazione estensiva per almeno due ragioni.
11. In primo luogo, perché ormai da tempo l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro tende a rendere elastico il rapporto tra lavoro e luoghi e strutture materiali. Molti lavori, specie nei servizi, vengono svolti fuori dai luoghi tradizionali (l’azienda agricola, la fabbrica, l’ufficio, ecc..) e vengono svolti con l’ausilio di pochi mezzi e strumenti materiali. Molte persone lavorano a casa propria e solo con un ‘personal computer’ e tuttavia lavorano alle dipendenze di una organizzazione aziendale, flessibile ma non per questo evanescente: si pensi alle penetranti possibilità di controllo dei tempi e dei contenuti della prestazione che un collegamento informatico consente. L’interprete nel valutare il concetto di dipendenza non può non tener conto di tale evoluzione.
12. La seconda ragione attiene alla ‘ratio’ dell’art. 413 cpc. Il legislatore del 1973 ha concepito le regole sulla competenza territoriale del giudice del lavoro guidato dalla finalità di coniugare il rispetto del principio del giudice naturale con la possibilità di rendere il meno difficoltoso possibile l’accesso alla giustizia del lavoro. Ha sicuramente usato come bussola il principio costituzionale sul diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il particolare rispetto dovuto al lavoro, quale si evince da numerose norme della Costituzione, a cominciare dall’art. 1 e dall’art. 4 che riconosce il diritto al lavoro e impegna la Repubblica a “promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
13. In tale ottica, il legislatore ha operato due scelte di fondo. In primo luogo, quella di offrire una molteplicità di soluzioni, individuando più fori alternativi, tra i quali il ricorrente può scegliere. In secondo luogo, quella di avvicinare il luogo del giudice al luogo di lavoro. Ciò al fine di rendere meno difficoltoso promuovere e seguire il giudizio (è superfluo sottolineare quanto sia più difficile sul piano economico e logistico partecipare ad un processo lontano dal luogo di vita). Ma vi è anche un interesse generale dell’ordinamento a che il giudice sia vicino al luogo della controversia, che nelle cause di lavoro è il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa: si pensi alle difficoltà che riguardano lo spostamento dei testimoni, in genere persone che hanno potuto osservare il lavoro e che quindi sono anch’essi tendenzialmente dimoranti nella medesima zona; alla eventualità di ispezioni dei luoghi da parte del giudice; ad eventuali attività di ausiliari del giudice).
14. Per queste ragioni l’espressione ‘dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore’ deve essere interpretata in senso estensivo, come articolazione della organizzazione aziendale (dipendenza) nella quale il dipendente lavora (addetto), che può anche coincidere con la sua abitazione se dotata di strumenti di supporto dell’attività lavorativa.
15. Sul punto la giurisprudenza è concorde e, attenuando alcune difformità che possono considerarsi ormai datate, è divenuta particolarmente omogenea: cfr. in particolare Cass., 16 novembre 2010, n. 23110; 21 gennaio 2010, n. 1018; 16 novembre 2010, n. 23110.
16. In tali decisioni, occupandosi proprio della competenza territoriale delle cause degli informatori farmaceutici, si è costantemente richiamata la necessità di “una nozione particolarmente ampia del concetto di dipendenza aziendale”, che “non solo non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la ‘mens legis’ mirante a favorire il radicamento del foro speciale nel luogo della prestazione lavorativa”.
17. Condizione minima, ma sufficiente a tal fine, è che l’imprenditore abbia configurato tale organizzazione del lavoro e che l’azienda disponga in quel luogo di un nucleo di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, cioè destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali, “anche se modesto e di esigue dimensioni”; è sufficiente che in tale nucleo operi anche un solo dipendente e non è necessario che i relativi locali e le relative attrezzature siano di proprietà aziendale, ben potendo essere di proprietà del lavoratore stesso o di terzi.
18. Ancor più consistente è la convergenza nelle soluzioni in concreto adottate: si è ritenuta sussistente la ‘dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore’ anche nella residenza del lavoratore quando questi svolga l’attività lavorativa in tale luogo, avvalendosi di strumenti destinati all’attività aziendale, individuati in genere in un ‘computer’ collegato con l’azienda e nei relativi strumenti di supporto (stampante, adsl, ecc.).
19. Tali elementi sono idonei a distinguere queste situazioni da quelle, concernenti i lavoratori parasubordinati di cui al n. 3 dell’art. 414, cpc, in cui il foro competente è individuato con il mero riferimento al domicilio del lavoratore, senza alcun bisogno che in tale luogo venga svolta l’attività lavorativa e sia individuabile una articolazione aziendale nel senso lato prima precisato.
20. Nel caso in esame, come si è visto, dagli atti si desume che il ricorrente svolgeva l’attività lavorativa per l’azienda in un ambito territoriale lontano dalla sede dell’impresa e limitrofo all’abitazione del dipendente, abitazione nella quale egli aveva gli strumenti di lavoro (computer, stampante, adsl) ed il deposito dei campioni e del materiale pubblicitario. Cioè tutti i beni e strumenti necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
21. Di conseguenza, alla stregua dei principi di diritto su richiamati, deve affermarsi la competenza territoriale del Tribunale di Locri.
22. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e deve essere dichiarata la competenza territoriale del giudice del lavoro del Tribunale di Locri dinanzi al quale era stato iniziato il giudizio. Le spese del regolamento devono essere poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Locri. Condanna la società al pagamento delle spese di regolamento, che liquida in 50,00 euro, nonché 1.500,00 euro per compensi professionali, oltre accessori di legge.
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