CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 luglio 2013, n. 18251

Invalida la notifica dell’intimazione di pagamento in assenza della raccomandata al contribuente irreperibile

Ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il relatore cons. G. C., letti gli atti depositati

Osserva: La CTR di Napoli ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 102/38/2008 della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso della parte contribuente A. G., relativo ad avviso di intimazione di pagamento per Tarsu afferente il periodo 1996/2004 inviato dal Concessionario per la riscossione -ed ha perciò dichiarato nullo il provvedimento in questione per vizio di notifica dello stesso.

La CTR ha motivato la propria decisione -dopo aver dato atto che il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso evidenziando che nel procedimento di notifica al destinatario irreperibile, “alla affissione deve conseguire la comunicazione di essa al destinatario con raccomandata”- nel senso che Equitalia “non ha comunque provato che il contribuente è venuto a conoscenza della richiesta di pagamento”; ed inoltre nel senso che “sussiste la prescrizione del diritto secondo la vigente normativa”. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La parte contribuente si è costituita con controricorso ed ha formulato ricorso incidentale sul capo di regolazione delle spese di lite. Equitalia Polis spa non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art.375 c.p.c..

Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art. 60 comma 1 lett. E del DPR n.600/1973 in combinato disposto con l’art.140 c.p.c.) la parte ricorrente principale -dopo avere dato atto che la cartella di pagamento concerneva somme dovute ai fini INVIM a seguito di registrazione di atto di compravendita e che la notifica della stessa era avvenuta ai sensi dell’art.60 sopra menzionato- assume che la CTR ha erroneamente mostrato dì ritenere che per il perfezionamento del procedimento di notifica sia necessaria la spedizione della raccomandata di cui all’art.140 c.p.c., per quanto detto incombente non sia espressamente previsto dalla norma, secondo la quale la procedura di notificazione si conclude con l’affissione dell’avviso all’albo de! comune se in esso “non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, giacché non avrebbe senso nell’ipotesi di trasferimento del destinatario per località ignota l’invio di una raccomandata”. La censure appaiono infondate e da disattendersi, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 14316 del 28/06/2011) secondo cui:”In tema di riscossione delle imposte dirette, nell’ipotesi in cui una cartella esattoriale venga notificata ai sensi del terzo comma dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e quindi con deposito presso la casa comunale, affissione alla porta del destinatario e invio della raccomandata con avviso di ricevimento, ai fini della tempestività dell’impugnazione della detta cartella, il “dies a quo” della decorrenza del termine deve essere individuato, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 gennaio 2010, n. 3 e l’ordinanza 25 febbraio 2011, n. 63, nel giorno del ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata”. Alla luce dei predetti principi (ed atteso che nella specie di causa – secondo quanto si desume dalla sentenza impugnata e senza che la contraria ipotesi sia stata dimostrata vera dalla parte ricorrente nell’assolvimento del proprio onere di autosufficienza- si versa nell’ipotesi dell’irreperibilità prevista dall’art. 26 del DPR n.602 del 1973 a mezzo del richiamo alle fattispecie regolate dall’art. 140 c.p.c.), non vi è ragione di perseverare nell’affermare la necessaria distinzione tra la procedura di notifica all’irreperibile disciplinata dall’art.140 epe e quella disciplinata dall’art.60 dei DPR 600/1972 siccome -per effetto dell’interpretazione adeguatrice implicata dalle menzionate pronunce della Corte Costituzionale- entrambe le norme impongono –ormai- la comunicazione per raccomandata dell’avvenuta effettuazione delle formalità di affissione e deposito, senza la quale non può considerarsi perfezionato il procedimento notificatorio, ciò che appunto è stato rilevato dal giudice del merito come oggetto della prova necessaria che incombe sulla parte notificante, senza che a tal fine rilevi se il giudicante ha identificato la norma precettiva nell’uno o nell’altro dei due articoli menzionati.

Non resta che ritenere che la Commissione di merito si sia correttamente attenuta al principio di diritto dianzi enunciato, senza che rilevino ai presenti fini le pronunce di questa Corte che sono state menzionate dalla parte ricorrente a sostegno della propria tesi (Cass. 6102/2011; Cass. 22677/2007), atteso che esse si riferiscono alla differente ipotesi in cui “nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, sicché poi l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Sulla necessaria distinzione della procedura applicabile nelle due diverse ipotesi si veda anche (di recente) Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14030 del 27/06/2011. Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sui vizio di motivazione) la ricorrente formula una sterile critica alla pronuncia impugnata, identificando come fatto controverso la questione della correttezza della notifica di cui si è detto, che invece “fatto” non è, giacché invece è un giudizio risultante dalla corretta applicazione della disciplina di legge di cui già si è detto. Anche detto motivo appare -perciò- inammissibilmente formulato. Con il terzo motivo di ricorso (centrato sulla violazione dell’art. 19 comma 3 del D.Lgs.546/1992) la parte ricorrente assume che il procedimento di notifica si è concluso correttamente e che l’omessa impugnazione della cartella rende quest’ultima irretrattabile, sicché la CTR ha errato a dichiarare prescritto il diritto alla riscossione, in ragione di un atto quale l’intimazione di pagamento, che avrebbe potuto essere impugnato solo per vizi propri.

Il motivo è assorbito dall’esito dell’esame di quello che precede, giacché è logicamente sorretto dall’assunto della correttezza della procedura dì notificazione che -come dianzi si è detto- è risultato invece smentito.

Con il quarto motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.2934 cod civ e contempo sul vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole dell’erronea affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa l’avvenuta prescrizione del diritto alla riscossione, mentre tutta l’attività descritta da controparte in ricorso è idonea a determinare l’interruzione dei termini di prescrizione. In ogni caso, l’avvenuta prescrizione del diritto era risultata del tutto indimostrata nella sentenza della CTR che -a riguardo- aveva omesso qualsiasi delucidazione.

Anche detto ultimo motivo del ricorso principale appare inammissibilmente formulato.

Quanto al primo profilo, perché la parte ricorrente postula una idoneità astratta e non concreta, non avendo chiarito in quali termini le “attività” genericamente indicate abbiano effettivamente determinato l’interruzione del termine prescrizionale; quanto al secondo profilo, perché la censura non identifica quel l’atto controverso che potrebbe costituire l’oggetto esclusivo dei vizio motivazionale.

Venendo al ricorso incidentale (centrato sulla violazione degli art. 15 del D.Lgs.546/1992 nonché sul vizio di motivazione), la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia compensato le spese di giudizio sulla scorta del semplice richiamo alla “natura del giudizio” e perciò con motivazione di stile e sostanzialmente tautologica.

Il motivo appare fondato e da accogliersi, alla luce della costante e ribadita giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 26987 del 15/12/2011) secondo la quale:”In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza delle quali, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ, (nel testo introdotto dall’art. 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio non possono essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato né dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato compensate le spese in un giudizio di opposizione avverso l’irrogazione di sanzione amministrativa, sul presupposto della limitata attività difensiva della parte, correlata alla natura della controversia)”.

Poiché nel provvedimento qui impugnato non ha trovato rilievo alcuno -ai fini della compensazione- il fatto processuale controverso ma una generica considerazione della natura della controversia, non idonea a costituire oggetto del controllo che compete a questa Corte, non resta che concludere che la pronuncia merita -sul punto-Cassazione, con conseguente rimessione della lite al giudice del merito affinché rinnovi l’apprezzamento in ordine alla questione relativa alla regolazione delle spese di lite ed alla loro liquidazione.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza e inammissibilità, quanto al ricorso principale, e per manifesta fondatezza quanto al ricorso incidentale.

Roma, 20 novembre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in tatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale ed accoglie quello incidentale. Cassa la decisione impugnata, in relazione a quanto accolto, e rinvia alla C’IR Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.