CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2014, n. 2699
Tributi – Imposte dirette – IRPEF – Ritenute fiscali per lavoratore distaccato all’estero – Obbligo di versamento
Svolgimento del processo
1. La società C. Spa, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania n. 163/51/10, depositata il 2 luglio 2010, con la quale veniva accolto l’appello dell’agenzia delle entrate contro la decisione di quella provinciale, sicché l’opposizione avverso l’avviso di accertamento, relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 2004 in ordine alla ripresa a tassazione della diaria corrisposta a tre dipendenti distaccati in Ungheria, e per i quali la ritenuta alla fonte su tale voce non era stata operata, veniva rigettata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che non si trattava di indennità di trasferta temporanea, per la quale andava calcolata una franchigia di €.77,47 giornalieri, bensì di un distacco per lavoro all’estero del tipo trasfertista, per il quale invece il relativo emolumento deve ritenersi parte integrante della retribuzione, e cioè un coacervo. L’agenzia delle entrate resiste con controricorso, mentre la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
2. Col primo motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione, in quanto la CTR non enunciava compiutamente ed in modo coerente il percorso argomentativo seguito nella espressione del giudizio, avendo ritenuto da un canto che il rapporto di lavoro in argomento costituiva un’attività svolta temporaneamente fuori dalla sede dell’azienda per trasferta, mentre dall’altro stabiliva che si trattava di lavoro espletato stabilmente in località diversa, applicando la differente disciplina.
Il motivo è infondato, posto che da tutto il corpo del provvedimento impugnato si evince chiaramente che il giudice di appello statuiva nel senso che l’attività prestata all’estero dai dipendenti della società C. era da qualificare come lavoro stabilmente svolto in località diversa dalla sede. Perciò si tratta all’evidenza di un refuso, o comunque di semplice errore materiale, che non comporta la nullità della decisione, ma unicamente la sua correzione ex art. 384, comma 4 c.p.c., posto che il dispositivo è conforme al diritto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge, giacché il giudice di appello non considerava che i lavoratori erano temporaneamente distaccati in Ungheria per la durata di un anno, senza che fossero stati colà assegnati in modo stabile o definitivo, sicché la ritenuta alla fonte sulla relativa indennità non doveva essere operata, non essendo essa prevista come parte integrante della retribuzione, essendone invece estranea e perciò esente.
La censura non ha pregio. Invero le diarie corrisposte dal datore di lavoro per le prestazioni svolte dal lavoratore nella sua sede stabile di lavoro, e cioè effettiva, compresa quella di nuova, recente, destinazione, nella quale questi sia stato trasferito e si è stabilmente inserito per lungo periodo – a nulla rilevando che continui a dipendere amministrativamente dalla vecchia sede -, non hanno, neppure parzialmente, natura risarcitoria, ma esclusivamente retributiva, dovendosi pertanto qualificare come indennità di trasferimento, reddito a tutti gli effetti soggetto al trattamento tributario ordinario, a norma degli artt. 48 e 46 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. A differenza dell’indennità di trasferta, compenso per prestazioni occasionali rese fuori dalla propria sede ordinaria, e non per il lavoro prestato nella sede di svolgimento ordinario della propria attività, ancorché di recente destinazione, soggetta, come tale, ai sensi del citato art. 46, ad un particolare trattamento tributario di favore, l’indennità di trasferimento rientra nel reddito imponibile ai fini dell’I.R.P.E.F., in quanto, pur difettando un rapporto di sinallagmaticità con la prestazione di lavoro, essa è compresa tra gli emolumenti, comunque denominati, percepiti “in dipendenza” del lavoro prestato, come nella specie. Infatti la sussistenza di quest’ultimo requisito può escludersi solamente ove il rapporto di lavoro costituisca una mera occasione per la corresponsione di somme, che trovano il loro titolo in una causa diversa e del tutto autonoma (quale, ad esempio, il risarcimento dei danni da infortunio imputabile al datori di lavoro) (V. pure Cass. Sentenza n. 6152 del 17/04/2003, 8752 del 2002) .
Dunque sul punto la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto.
4. Ne deriva che il ricorso va rigettato.
5. Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della motivazione, meritevole di correzione, nel senso indicato con l’esame del primo motivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, e compensa le spese.
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