CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2013, n. 27456
Contabilità in nero – Accertamento induttivo – Sussiste
Svolgimento del processo
1. A.M. O. e M.S. propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria centrale, sez. stacc. della) Liguria, n. 512/03/10, depositata il 7 giugno 2010, con la quale, accolto l’altro dell’ufficio Iva contro la decisione di quella di secondo grado, l’opposizione delle medesime, socie della società S. M. & O. A.M. snc., esercente l’attività di parrucchiere, ed inerente all’avviso di accertamento, relativamente all’omonima imposta per l’anno 1986, veniva rigettata. In particolare il giudice di terzo grado osservava che il metodo induttivo seguito era stato perfettamente regolare, perché basato sulla verifica della Guardia di finanza, che aveva rinvenuto dei prospetti prestampati, sui quali erano stati riportati dei dati significativi in ordine al maggior ricarico del 341,63% applicato al costo delle merci ed alle prestazioni, come pure ai beni strumenta. L’agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione
2. Col primo motivo le ricorrenti deducono violazione di norme di legge, in quanto la CTC avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del giudizio, atteso che l’amministrazione era rimasta del tutto soccombente nei precedenti due gradi, dal momento che O. e S. avevano impugnato l’avviso di accertamento limitatamente ai punti 1 e 2 di esso, e cioè la omessa registrazione dei corrispettivi, e la presentazione della dichiarazione dei redditi con dati inesatti; mentre invece non avevano addotto alcuna contestazione in ordine alla conservazione di una fattura inerente ad una bolla di accompagnamento, nonché alla mancata registrazione di un’altra accompagnatoria, con le relative sanzioni.
Il motivo è inammissibile, perché nuovo, in quanto non proposto in sede dì merito. Inoltre è infondato, trattandosi di evidente non condivisione della questione da parte della CTC, posto che il valore della controversia è di importo superiore al limite previsto, ed inoltre le commissioni di merito avevano rigettato l’impugnazione dell’atto impositivo in ordine alle questioni attinenti alle fatture, oltre che alla loro non registrazione, sicché quell’avviso era stato annullato solo parzialmente in relazione al ricarico e alla indicazione di dati inesatti.
3. Col secondo motivo le ricorrenti deducono vizi di motivazione, giacché il giudice di terzo grado non considerava che il metodo induttivo seguito non poteva essere applicato, dal momento che nessuna prova l’ufficio aveva addotto a sostegno della pretesa fiscale, mentre i prospetti rinvenuti dalla GdF non potevano avere alcun rilievo probatorio. Inoltre la CTC non valutava che O. da poco aveva dato alla luce una bambina, e quindi il suo apporto lavorativo era ridotto, come pure S. aveva il marito gravemente malato, sicché non poteva accudire all’attività in modo intenso, con la conseguenza che i ricavi erano ridotti.
Si tratta di questioni – di merito, peraltro di carattere nuovo, oltre che generico, e quindi inammissibili. Ad ogni buon conto tuttavia si rileva che esse sono infondate, posto che, com’è noto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Ne consegue che detta “contabilità in nero”, per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 24051 del 16/11/2011, n. 9210 del 2011).
Dunque sul punto la sentenza impugnata risulta motivata in modo adeguato e logicamente corretto.
4. Ne deriva che il ricorso va rigettato.
5. Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della controversia e delle questioni giuridiche trattate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, e compensa le spese.
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