CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2014, n. 3445
Professionisti – Avvocato – Parcelle rinvenute presso le compagnie di assicurazione – Atto impositivo valido
Svolgimento del processo
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania n. 141/52/10, depositata il 19 maggio 2010, con la quale, accolto l’appello di C.R. contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione relativa all’avviso di accertamento inerente all’Irpef, Irap ed Iva per l’anno d’imposta 2003, emesso nei confronti del medesimo, esercente la professione di avvocato, soprattutto nel settore dell’infortunistica stradale, a seguito di accesso compiuto da funzionari erariali, che avevano riscontrato la contabilità non regolare, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che la mancata consegna, da parte dell’agenzia all’interessato, dei tabulati delle compagnie di assicurazione, le quali avevano liquidato i sinistri e corrisposto gli onorari destinati al professionista, nonché l’assegno di conto corrente di €2.500,00 intestato all’omonimo F.R., anch’egli avvocato, erano elementi tali da fare ritenere la pretesa fiscale non munita di prova, anche perché l’agenzia non aveva coinvolto il contribuente nella determinazione del reddito, previa convocazione di lui prima dell’accertamento. R. non si è costituito.
Motivi della decisione
2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che l’atto impositivo si basava sulla verifica svolta dai funzionari dell’agenzia, i quali avevano riscontrato che R. aveva tenuto una contabilità irregolare, e ciò sulla scorta dei tabulati acquisiti presso le varie compagnie di assicurazione, da cui si evincevano anche le somme liquidate ai diversi interessati a titolo di onorario per il difensore, senza che essi fossero stati correttamente contabilizzati dal professionista, a cui peraltro i tabulati stessi non dovevano essere consegnati dall’ufficio pubblico per ragione di privacy, ma semmai richiesti da lui alle società assicurative. Del resto i vari ricavi erano stati depurati dell’Iva e della quota destinata alla Cassa forense in sede di accertamento con adesione, instaurato dallo stesso contribuente, che mai aveva eccepito alcunché al riguardo nel corso del relativo procedimento amministrativo, senza che di ciò il giudice di appello avesse tenuto conto.
Il motivo è fondato. Invero, com’è noto, in tema di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali (art. 2727 cod. civ.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’acquisizione di onorari da parte di clienti risarciti dalle compagnie assicurative) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) -, la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà, mentre alcuna prova R. aveva fornito in ordine alla dedotta non percezione di quegli emolumenti ovvero che questi fossero d’importo inferiore, a fronte delle verifiche degli ispettori erariali (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 5991 del 17/03/2006, n. 327 del 2006).
Su tale punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia omessa e/o contraddittoria motivazione, giacché il giudice del gravame non indicava le ragioni per le quali addiveniva al giudizio di fondatezza dell’opposizione all’accertamento, senza considerare che l’assegno di € 2.500,00, emesso a favore di tale F.R., comunque non poteva essere rilevante, posto che si riferiva a titolo di attinente al 2005, anno d’imposta differente; l’Iva e la trattenuta per la Cassa avvocati erano state depurtate in sede precontenziosa; questa si era svolta senza alcuna eccezione da parte del contribuente, mentre i tabulati dovevano semmai essere richiesti alle compagine di assicurazione, che li avevano rilasciati.
La censuera, che sostanzialmente rimane assorbita dal precedente motivo, comunque va condivisa, posto che il giudice di appello in realtà non specificava alcunchè in ordine al procedimento attinente all’accertamento con adesione richiesto da R., e che si era svolto prima del contenzioso.
Quindi sul punto la decisione impugnata non risulta motivata in modo adeguato, e logicamente corretto.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà al suindicato principio di diritto.
5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Campania, altra sezione, per nuovo esame.
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