CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 gennaio 2014, n. 347

Tributi – IVA – Pvc – Supermercato – Incasso di corrispettivi mediante buoni pasto – Mancata corrispondenza tra scontrini fiscali e chiusura di cassa – Accertamento maggiore imposta da versare – Sussiste

Osserva

La CTR di Roma ha accolto l’appello della “L. srl”, appello proposto contro la sentenza della CTP di Frosinone n. 86/06/2007 che aveva rigettato il ricorso della predetta società avverso avviso di accertamento ai fini IVA-IRPEG-IRAP per l’anno 2003, emesso a seguito di PVC nel quale erano stati contestati (oltre al resto) omessa annotazione di 30 fatture attive afferenti ai rimborsi del controvalore dei “buono pasto” utilizzati per acquisti di merce dai clienti dei supermercati gestiti dalla predetta società contribuente.

L’adita CTR ha motivato la decisione (per quanto qui ancora interessa) nel senso che – dato atto che la società contribuente aveva accettato in corrispettivo anche i buoni pasto e che lo scontrino fiscale rilasciato alla clientela riportava sia le somme per contanti (con la dicitura “pagamenti per contanti”), sia le somme corrispondenti all’indicato controvalore (con la dicitura “pagamenti vari”), controvalore da riportarsi poi nella colonna “fatture”- non vi sarebbe stata per la contribuente alcuna possibilità di evadere l’IVA o altri tributi sugli incassi corrispondenti al controvalore di detti “buono pasti”, salvo soltanto l’irregolarità formale dell’indicazione del numero delle fatture emesse a fronte del rimborso ricevuto dalle imprese emittenti dei “buono pasto” medesimi.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La parte intimata si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Con il secondo motivo di impugnazione (rubricato come:”lnsufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cpc….” e che, per il fatto di essere di più pronta liquidazione, può essere anteposto all’altro nell’esame), la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice del merito abbia fatto superficiale valutazione delle risultanze di causa, emergenti dallo stesso PVC, nel quale risultava da escludersi che fosse stata effettuata una annotazione specifica dei corrispettivi acquisiti mediante accettazione dei “buono pasto”, atteso che i verbalizzanti avevano dato atto di avere esaminato i registri dei corrispettivi dei singoli punti vendita, senza avere potuto rilevare il valore relativo all’incasso dei predetti. Ciononostante, la Commissione di appello aveva ritenuto documentata la contabilizzazione a fini fiscali dei predetti controvalori, senza dare conto degli elementi fattuali in ragione dei quali aveva ritenuto comprovata la argomentazione difensiva di parte contribuente.

Il motivo appare fondato e può essere accolto.

Invero, alla luce delle autosufficienti ricostruzione degli elementi addotti in giudizio dall’Agenzia, emerge dalla stessa considerazione della vaga motivazione della sentenza impugnata che il giudice del merito-negligentemente – non ha dato specifico conto delle emergenze documentali dalle quali ha tratto il proprio convincimento, essendosi limitato ad assumere sussistente la prova dell’avvenuta contabilizzazione a fini fiscali dei menzionati controvalori accettati in corrispettivo, senza però fare analitica precisazione di quali siano le risultanze di causa (che anche la parte controricorrente insiste a menzionare genericamente, pur assumendo l’esistenza di una corrispondenza specifica sugli scontrini fiscali di chiusura giornaliera di cassa e pur assumendo che sul registro dei corrispettivi risultano effettivamente annotati gli incassi corrispondenti alle fatture ricevute dalle società emittenti, sia pure in corrispondenza del mese successivo a quello di accettazione come corrispettivo dei “buono pasto”) da cui detta prova emerge.

E ciò si dice non già come valutazione della giustezza o meno della decisione, ma come indice della presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi allorquando sussiste un’adeguata incidenza causale (come nella specie esiste) della manifesta negligenza di dati istruttori qualificanti, oggetto di possibile rilievo in cassazione, esigenza a cui la legge allude con il riferimento al “punto decisivo” (in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003).

Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale può essere accolta e che, per conseguenza, la controversia debba (previa riunione della controversia analoga qui rubricata sub n.r.g. 22309-2011 che sarà trattata nella medesima riunione camerale) essere rimessa al medesimo giudice di secondo grado che – in diversa composizione – tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di appello proposto dalla parte contribuente e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che occorre disporre la riunione alla presente procedura di quella rubricata a n. 22309/2011, avente ad oggetto controversia tra le medesime parti con riferimento ad impugnazione di provvedimento che appare essere il medesimo di quello che è oggetto della presente procedura tanto che (a quanto è possibile desumere dalle emergenze degli atti processuali e delle sentenze impugnate) è necessario ritenere che si versi in ipotesi di vera e propria litispendenza, sicché le pronunce impugnate nell’una e nell’altra delle procedure riunite non possono che essere cassate per le stesse sostanziali ragioni, con conseguente rimessione al giudice del rinvio affinché (previo riscontro dell’oggetto della materia del contendere) rinnovi l’esame delle questioni devolute con gli appelli;

– che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, i ricorsi vanno accolti; che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i ricorsi introduttivi delle procedure qui riunite. Cassa le decisioni impugnate e rinvia alla CTR Lazio che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame degli appelli e provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.