CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 luglio 2013, n. 32496
Bancarotta fraudolenta – Distrazione – Mancata riscossione del credito – Sussiste
Ritenuto in fatto
1. R. N., E. M. N., A. F. erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di Milano, del reati di seguito indicati, R. N.:
1) ai sensi degli artt 216, comma nn. 1, 217, comma 1, nn. 3 e 4, 219, commi 1 e 2 n. 1, comma 1, legge fall., perché, quale amministratore unico della ENG. s.p.a. (già E. N. s.p.a.) sino al giugno 1995 e poi presidente della consiglio di amministrazione in epoca successiva e sino alla data del fallimento, dichiarato dai Tribunale di Milano con sentenza del 23/10/1997, pur avendo la società sin dai 1995 interamente perso il proprio capitale sociale, nonché quale titolare dì fatto della società tramite l’intestazione fiduciaria del 99,92% di EN.G. s.p.a. di FINA (Finanziaria N.) s.p.a.: distraeva o dissipava attività aziendali per oltre 625 milioni di lire, con le condotte specificamente indicate (esborsi ragguardevoli per riparazioni di imbarcazioni non di proprietà della società fallenda; acquisto di gioielli ed orologi; acquisto di due Mercedes e di beni vari). In particolare:
1.1. pagando alla società M. di Roma Srl (successivamente al 12.6. 1997, data in cut veniva stipulato 11 contratto d’affitto dell’intera azienda, rendendo di fatto la società fallenda non più operativa), £ 22.000.721 a titolo di riparazione di un’imbarcazione non di proprietà della fallenda;
1.2. contraendo debiti nei confronti della s.p.a. B. Italia, che si insinuava al passivo per £ 120.46S.OOO, per l’acquisto di orologi, profumi, gioielli e altri oggetti di lusso per esclusivo uso personale del socio-amministratore e, comunque, non inerenti all’attività dell’impresa;
1.3. pagando £ 103.835.000 per l’acquisto di due Mercedes, veicoli non in carico alla società;
1.4. pagando l’importo di numerose altre fatture per un totale di £ 300.529.000 per l’acquisto di generi e servizi non inerenti all’attività di impresa (scuola di pilotaggio, abiti, videocamere, piatti, accessori della cucina, vino, etc. nonché per consulenze professionali parimenti non pertinenti all’Impresa);
1.5. pagando fatture per £ 77.492.000 per l’acquisto di ulteriori oggetti o servizi non inerenti né strumentali all’attività aziendale (tra cui abiti, argenteria, condizionatori, elettrodomestici) nonché per spese di riparazione di veicoli non di proprietà, servizi di pulizia per orologi non in uso alla società e per la frequentazione di locali notturni. 2. Distraeva o dissipava attività aziendali per oltre £ 1.984.000.000, utilizzando per fini personali carte di credito della società per l’Importo, nel triennio precedente al fallimento, di £ 1.070.000.000;
consentendo che altre carte di credito sociali fosse utilizzate dal figlio E. (con spese per circa 573 milioni delle vecchie lire) nonché dalle figlie A. ed E., dalla moglie G. I. ed altri (con spese per lire 341 milioni); il tutto, per l’acquisto di beni o per l’utilizzo di servizi estranei all’attività d’impresa (quali acquisti presso duty free, frequentazione di night clubs, acquisto di calzature da boutique, di camice, di rivestitura di pavimenti, di articoli in pelle, di abbigliamento, di ottici, di gioielleria, in genere pari presso grandi magazzini, gli oggetti artistici, di profumeria).
3. Distraeva o dissipava attività aziendali per £ 1.165.000.000, ed in particolare: prelevando in più riprese dai conti correnti sociali, a partire dal 26.6. 1995, oltre lire 800 milioni;
prelevando in più riprese nei conti sociali nel corso di detto anno 1995 e nel corso dell’anno successivo, 365 milioni circa.
4. Distraeva o dissipava attività aziendali per oltre £ 1.448.000.000:
– facendo incassare da altra società, la N. S.p.A., a lui occultamente facente riferimento, l’importo di 1.300,000.000 a titolo di pagamento delle fatture emesse in data 20.5.1997 ________ a carico della società cliente S. R. Co.Itd;
– facendo incassare dalla società estera E. N. Asia Ird, lo stesso facente a lui parimenti riferimento, l’importo di una fattura di 85.000 $ (pari a £ 144.800.000), dovuto alla società N. Espana s.a., posseduta al 100% dalia fallita; importo quindi di fatto pertinente a quest’ultima;
5. Distraeva o dissipava attività aziendali per £ 1.169.000.000, prelevando o consentendo che si prelevasse, in più riprese, dai conti correnti sociali varie somme di denaro; in particolare:
1 verso G., società di esso N. R. e di sua figlia per £ 27.560.000;
2 verso N. M. G., N. R., N. E., N. M. per 1 milione;
3 verso esso N. R. per 65 milioni;
4 verso P. M., suo autista, per 41 milioni;
5 verso certi C. G. e B. M., rispettivamente per lire 492 milioni e 54 milioni delle vecchie lire.
6. Dissipava attività aziendali per oltre £ 1.576.000.000:
6.1 facendo incassare dalla N. S.p.A. il saldo di 12.600.000 yen (pari a £ 176.520.000), dovuti alla fallenda dalla ditta giapponese N., alla quale veniva data la falsa assicurazione che tale somma sarebbe stata girata alla fallita e ad altra società estera, la N. Thai ttd, controllata dalla fallita;
6.2 acquistando nel 1997, anteriormente al fallimento, per £ 1.400.000.000 il 90%
della società________ in jolnt venture con il governo cinese Y. N., priva di valore, in quanto prontamente svalutata.
7. Teneva la contabilità della società E.n. G. s.p.a. fallita in guisa da impedire al curatore la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; anche tramite le scorrette fraudolente annotazioni contabili sopra descritte in particolare:
7.1 contabilità del prelievi iscritti sub 5-5 come debiti di C. G. e B. M. verso la società fallenda e, quindi, alteravano in contabilità la loro rispettiva posizione debitoria, pareggiando quindi contabilmente io scoperto tramite fittizio aumento della partecipazione sociale in una società cinese, priva di effettivo valore;
7.2. contabilizzando i prelievi di cui al capo 3,1 come prestiti personali e quindi facendo contabilmente figurare, a totale decremento di detto conto, pagamenti inesistenti da parte di clienti;
7.3. mascherando i prelievi finanziari descritti sub 3.2 con analoghi artifici contabili;
7.4 postdatando la contabilizzazione delle operazioni descritte sub 4.1 e facendole così figurare come regoliate in data 12.6.1997, successivamente, cioè alla stipula del contratto di affitto d’azienda, concessa a N. S.p.A., alla quale venivano cosi trasmessi rapporti creditori in essere;
7.5 distruggendo e disperdendo la contabilità della controllata N. H.K. Itd e occultando, sotto l’annotazione di crediti Inesigibili della fallenda verso ultima, la destinazione delle somme dovute a E.N. G. S.p.A. per la realizzazione delle commesse A. di cui al capo 12;
7.6 omettendo di annotare in contabilità la cessione della partecipazione di E.N. G. S.p.A. in . N. Pioneer Cera mie Machinery Itd di cui al capo 12 e occultavano l’avvenuto incasso od il corrispondente credito.
8. Distraeva nell’arco di tempo 1991/1997:
8.1 la complessiva somma di £ 2.237.162.000, pagando fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti dalla società estera William Hunt & CoItd con sede all’epoca in Lussemburgo;
8.2 nonché la complessiva somma di £ 2.723.246.584, pagando fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti dalla società estera Alphon Itd, avente all’epoca la sede in Jersey.
9. Compiva operazioni di grave imprudenza al fine di ritardare il fallimento della E.N. G. S.p.A., realizzando un completo impianto per la produzione di piastrelle del valore di 844.970 US $ (oltre 11 miliardi di ) In base al contratto 13.5.1994 con Victory Investiment Itd di Hong Kong (società con capitale sociale di L 500 che provvedere poi, con il proprio conferimento dell’impianto, a partecipare in via preminente al capitale sociale della società brasiliana Excel), poi denominata T., divenuta titolare dunque dello stabilimento), senza pretendere alcun anticipo, né in presenza di garanzie bancarie per il pagamento o di pegno sulle azioni Victory; concedendo altresì a quest’ultima, in prossimità della richiesta di concordato, poi sfociato nel fallimento, ampie dilazioni di pagamento (sino al 2005) tramite rinnovo di cambiali, poi comunque mai onorate; commettendo cosi fatti di bancarotta semplice.
10. Al fine di procrastinare lo stato di insolvenza della società, che già dall’esercizio 1995 aveva perso il proprio capitale sociale, stipulava, in data 12.6. 1997 e cioè quattro giorni prima di richiedere l’ammissione al concordato preventivo (poi sfociato nel fallimento, dichiarato in data 23.10.1997), un contratto con il quale affittava a N. S.p.A. (società all’epoca facente riferimento, tramite il socio thailandese certo sig. K., ad esso R. N.) e l’intera azienda accettando condizioni contrattuati in ordine al prezzo di vendita del magazzino, al canone di affitto e dalla permanenza In capo a E.N. G. delle garanzie di buona esecuzione delle commesse estere cedute alla conduttrice N. S.p.A. a tutto vantaggio di quest’ultima, la quale, essendosi resa successivamente inadempiente, costringeva la procedura di un oneroso contenzioso per il recupero dell’azienda ceduta; e così commettendo fatti di bancarotta semplice.
11. Distraeva o comunque dissipava attività aziendali, facendo deliberare nel tempo da E.N. G. Srl, già all’epoca in mascherato stato di insolvenza, vari finanziamenti a favore di FI.NA S.p.A. società partecipante quasi totalitaria di E.N. G. Srl e di fatto facente capo ad esso N. R., per somme che variavano nei tempo e, complessivamente, ammontavano, dal 1995 sino al fallimento, a £ 2.900.000.000.
12. Distraeva o dissipava il cespite patrimoniale, rappresentato dalla partecipazione quasi totalitaria di E.N, G. Srl N Co.Itd, dei valore di oltre 5.5004000.000 (con capacità dì produrre utili annui per oltre 500 milioni dì lire) cedendo ad operatori cinesi, in forza di procura specifica (mai rinvenuta dalla procedura) o comunque vendendola ed incamerando personalmente il corrispettivo (di indeterminata entità).
Con le aggravanti di aver commesso plurimi fatti di bancarotta, documentale e patrimoniale e di aver cagionato danni patrimoniali dì rilevante entità. N. R., N. E., F. A.:
13. del reato di cui agli artt, 110 cod. pen., 216 comma 1 n. 1, 219 comma 1, 223, comma 1 legg fall.
Lo stesso R. N., E. N. e A. F. erano chiamati a rispondere dei reati di cui agli artt. 216, comma 1 n. 1, 219 comma 1, 223 comma 1, legge fall, perché, in concorso tra di loro, il primo nella qualità sopraddetta e gli altri quali amministratori di N. Hong Kong Ltd, totalmente controllata dalla &.N. G. S.p.A., stipulavano un complesso accordo commerciale per la fornitura da parte di EN. G. S.p.A. e con l’intermediazione di N. H.K. Ltd, a certa PT. A., società indonesiana, di un intero stabilimento per la produzione di piastrelle al prezzo effettivamente concordato tra le parti di $ 7.900.000 U.S. e, successivamente all’avvenuto pagamento della commessa estera a N. H.K. Ltd, omettevano di trasferire alla committente EN. G. S.p.A., in procinto di essere dichiarata fallita, le ultime rate per un ammontare di $ 2.191.000 U.S. che venivano dunque distratte a favore di soggetti terzi, non individuati, anche a causa della sparizione della contabilità di N. HK. Ltd, della chiusura dei locali di Hong Kong e dell’annotazione in contabilità di E.N. G. S.p.A. di crediti inesigibili verso la controllata ed inesistenti crediti di N. H.K. Ltd verso la capogruppo; con l’aggravante di avere determinato danni di ingente entità.
2. Con sentenza del 05/04/2005 il Tribunale dichiarava R. N. colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e delle Imputazioni di cui ai capi 1.1), 1.2), 1.3), 1.4), 1.5, limitatamente alla somma complessiva di 25 milioni di lire nonché al capo 2) limitatamente alla somma complessiva di lire 328 milioni, al capo 3) limitatamente alla somma complessiva di 540 milioni di lire, al capo 4.19) limitatamente alla somma dì 400 milioni di lire, 4.2), ai capi 5.1) 5.2) 5.3) nonché al capo $.1) capo 7) capo 11) e 13) e, con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condannava la pena di anni tre mesi otto di reclusione; lo assolveva, invece, dalle residue Imputazioni a lui ascritte con formula perché il fatto non sussiste. Dichiarava, inoltre, E. N. e A. F. colpevoli del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione di cui al capo 13) e, con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate, li condannava la pena di anni due di reclusione ciascuno con i benefici di legge.
3. Pronunciando sui gravami proposti In favore degli imputati, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza Indicata in epigrafe, statuiva che nel dispositivo della sentenza impugnata la somma di lire 328 milioni Indicata In relazione al capo 2), In ordine alla quale era stata ritenuta la penale responsabilità, si intendeva sostituita dalla somma) di lire 277 milioni circa; confermava nel resto con ulteriori statuizioni di legge.
4. Avverso la pronuncia anzidetta gli avv. G. L. e D. S., difensori degli imputati, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Considerato in diritto
1. Il ricorso in favore di R. N. si articola nei seguenti motivi:
1.1. Con il primo, si denuncia violazione di legge processuale con riferimento agli artt. 125, 133, 46 cod. proc. pen., in relazione ai capi 1.1,1.3,1.4,1.5 e 3, relativi a pretese distrazioni o dissipazioni di beni della fallita EN.IR per attività non inerenti l’oggetto sociale. Si lamenta, in particolare, che all’affermazione di colpevolezza si sia giunti in assenza di prove essenziali del fatti in contestazione, ossia delle fatture attestanti le predette spese, basandosi esclusivamente su generiche indicazioni, non supportate né accompagnate da alcuna allegazione documentale, del curatore fallimentare nella propria relazione ai sensi dell’art. 33 legge fall, e nella successiva deposizione dibattimentale. Nello specifico, per quanto riguarda l’addebito di cui al capo 1.3, relativo all’acquisto di autovetture Mercedes, la colpevolezza era stata affermata nonostante che in atti vi fossero numerosi contratti di leasing relativi ad autovetture di un dipendente della fallita e, tra queste, vi fossero anche ben tre autovetture di marca identica a quelle In contestazione. In definitiva, il giudice di appello aveva, indebitamente, fatto carico all’imputato dell’onere della prova liberatoria.
Con riguardo al contestato prelevamento dai conti correnti sociali nel periodo 1995/1996, limitatamente alla somma complessiva di lire 540 milioni, notevolmente ridimensionata rispetto all’originario addebito del pubblico ministero pari a lire 1.165.000.000, si trattava di prelievi per far fronte a spese correnti della società, alla stregua di evidenze probatorie che erano state del tutto disattese dal giudice di appello.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia mancanza, contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza della prova dei fatti di cui ai capi 1. 2. 3. 5. 11; mancanza di motivazione in relazione alle specifiche censure di Qui all’atto di appello con riferimento ai capi 1 e 11 in ordine alla necessità di scomputare dalla somma originariamente contestata la diversa somma pari a 750 milioni, rispetto alla quale era stata raggiunta la prova della non distrattività. SI (amenità, al riguardo, che la colpevolezza dell’imputato sia stata affermata in mancanza di idonee risultanze probatorie relativamente sia alla componente oggettiva che a quella soggettiva del reato in contestazione. Con specifico riferimento ai finanziamenti erogati dalla società fallita alla controllante FI.NA, il giudice di appello non aveva tenuto conto delle deduzioni difensive che dimostravano come tali finanziamenti, ben lungi dall’avere connotazione distrattiva, erano in realtà finalizzati all’acquisto della KERATECH, società che operava nel sE. della produzione di rulli impiegati nella produzione della Gruppo (M..
1.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge processuale con riferimento all’art. 521 cod. proc. pen. in relazione al capo 5), relativo alla pretesa distrazione o dissipazione realizzata “prelevando o consentendo che altri prelevassero varie somme di denaro dai conti correnti sociali”. Sul punto, era stata lamentata la mancanza di rituali contestazioni del fatto per il quale l’imputato era stato condannato (ossia specifiche modalità di condotta rispetto a quanto genericamente enunciato nel capo d’Imputazione). Era, dunque, mancata una puntuale correlazione tra accusa e sentenza, in violazione, dunque, dei diritti di difesa dell’imputato e dell’effettività del contraddittorio.
1.4. Il quarto motivo denuncia mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, In riferimento all’attribuzione all’imputato della qualificazione di amministratore di fatto della M. S.p.A.; inosservanza della legge penale in relazione all’art. 216, comma 1. n. 1 e 223 legge fall., rispetto ai capi 4.1, 4.2. 6.1 e 13; mancanza di motivazione rispetto a specifiche censure Indicate nei motivi di appello. In particolare, si fa riferimento alla contestata distrazione di somme dovute da un soggetto terzo alla fallita EN.G., che su di esse vantava un semplice diritto di credito, somme che mai erano confluite né transitate nelle casse sociali o mai retrocesse. At riguardo, viene innanzitutto contestata la mancanza di riferibilità soggettiva a R. N. delle condotte contestate nel capi anzidetti. Peraltro, lo stesso imputato operava nell’ambito della neocostituita N. S.p.A. in forza di uno specifico contratto che limitava le sue funzioni alla mera consulenza commerciale. In base ad inferenza destituita di fondamento e priva di riscontro alcuno, si era voluto, invece, attribuirgli II ruolo di deus ex machina. Mancava, ad ogni modo, la prova dell’elemento oggettivo, non essendosi mai verificato Ingresso delle somme accreditate dalla fallita nel relativo patrimonio e la successiva sottrazione, non potendo in alcun modo farsi coincidere il concetto di distrazione con quello di omesso pagamento ovvero di semplice inadempimento o, comunque, con tutte quelle condotte di mera violazione di obblighi contrattuali, anche se causa di mancato accrescimento del patrimonio sociale, ma in mancanza di effettiva sottrazione. Nella fattispecie, avrebbero potuto semmai ravvisarsi gli estremi del diverso reato di cui all’art. 232, comma, n. 1, legge fall, in capo al soggetto che aveva ricevuto le somme In luogo della fallita.
1.5 Con il quinto motivo si denuncia mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, in ordine relazione all’interpretazione del contratto di affitto di azienda di cui al capi 6.1 e 4.1, e cessione dei magazzino,, stipulato in data 12 giugno 1997 tra Aliaen G. (altra società del gruppo) e la neocostituita N. S.p.A.. Il contratto anzidetto non era stato correttamente interpretato, specie con riferimento alla clausola 8) (“fatto espresso riferimento all’art. 6.3 della presente scrittura, l’affittuaria subentra in tutte le commesse in corso tenuto conto degli anticipi e/o acconti già incassati e quindi beneficiando solo del saldo prezzo senza addebito di solo tale erogatrice dandosi atto che la S.p.A. E. N. aita data del 31,3.1997 aveva incassato dai clienti anticipi per complessive 4.770.742.000”). Una corretta lettura della previsione avrebbe consentito di individuare la reale volontà delle parti, nel senso che quanto già incassato alla data della stipula del contratto rimaneva in capo alla EN G., mentre quanto ancora da incassare (il saldo prezzo, appunto, per le commesse in corso) spettava all’affittuaria N. s.p.a.
1.6. Il sesto motivo eccepisce inosservanza od erronea applicazione della legge penale, segnatamente dell’art. 216, comma 1, n. 1 legge fall., in relazione al capo 1); mancanza di motivazione in ordine alle specifiche doglianze contenute nell’atto di gravame. Con riferimento all’operazione intercorsa con la Sosuco, incomprensibilmente il giudice di merito aveva omesso di valutare l’unico elemento che, alla luce dell’univoca volontà negoziale espressa nella clausola sub 8) del contratto d’affitto di azienda, rilevava ai fini dell’individuazione della titolarità delle somme relative alle commesse In corso alta data di stipula del contratto, ossia il momento dell’incasso da parte di N. S.p.A., avvenuto nel settembre 1997, dunque successivo alla stipula del contratto. Inoltre, non erano state adeguatamente considerate importanti risultanze documentali, come la lettera 29 ottobre 1998 inoltrata dall’ing. M. (amministratore delegato della N. S.p.A.) all’avv. Farinacci, che, all’epoca, assisteva la curatela nelle controversie civili riguardanti i crediti anzidetti.
1.7. Con il settimo motivo si eccepisce inosservanza od erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 110 cod. pen., 216 comma, n. 1 legge fall., con riferimento al capo 6.1; mancanza, contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla vicenda relativa alla ed. commessa N.. Anche In ordine a tale fattispecie mancavano univoci elementi indiziari a sostegno dell’ipotizzata riferlbilità soggettiva all’imputato e, dunque, della sua colpevolezza.
1.8 Con T’ottavo motivo si lamenta mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’attribuzione soggettiva all’imputato della condotta do cui al capo 4.2., relativa all’asserita distrazione di somme fatte incassare dalla società E. N. ASIA e spettanti, invece, alla società N. E.. Al riguardo, era emerso che la condotta materiale era stata posta in estere da soggetti diversi (la signora C. ed A. F., imputato nel presente giudizio ma per diverso capo di imputazione) e non vi erano neppure elementi sufficienti a sostegno di un’ipotesi di responsabilità concorsuale in capo a R. N..
1.9 Con il nono motivo si deduce inosservanza della legge processuale, con riferimento all’art. 521 cod. proc. pen., per difetto di correlazione tra addebito di cui al capo 13) ed oggetto della decisione del Tribunale nonché mancanza di idonea motivazione in ordine al ritenuto rilievo penale delle condotte in questione ed alla loro riferibilità a R. N., in qualità di amministratore unico e presidente del Cda della EN G.. Si fa riferimento, in particolare, alla ritenuta distrazione della somma di $ 2.191.000, corrispondente alte due ultime rate della ed. commessa A., dovute alla fallita dalla società N. HONG KONG. Anche in ordine a tale vicenda il giudice di appello non aveva considerato che il mancato versamento delle due ultime rate, In violazione degli accordi negoziali, aveva rilevanza prettamente civilistica e non avrebbe potuto integrare gli estremi delta fattispecie distrattiva. Anche al riguardo, vi era stata violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, posto che l fatti ritenuti in sentenza non corrispondevano a quelli originariamente contestati, con conseguente pregiudizio per le ragioni di difesa.
1.10. Con il decimo motivo si lamenta mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in ordine al capo 7) riguardante la bancarotta fraudolenta documentale, sul presupposto che la società G., società controllante della N. HONG KONG, avrebbe dovuto tenere le scritture contabili anche della società controllata, facente parte dello stesso gruppo; affermazione apodittica, priva di riscontri normativi, considerando che ciascuna società, pur appartenente allo stesso gruppo, era dotata di propria soggettività giuridica ed autonomia patrimoniale ed amministrativa e ad essa solo facevano capo gli obblighi di natura contabile. Peraltro, l’affermazione di responsabilità in capo al M. per i fatti di cui al capo 7.5) si fondava sul solo fatto che egli fosse all’epoca presidente del Cda, senza considerare , però, che lo stesso imputato non aveva mai ricoperto alcun ruolo In seno a quella società, ma solo nell’ambito della EN G..
1.11. Con l’undicesimo motivo, si denuncia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla mancata correzione in dispositivo dell’errore rilevato in motivazione circa l’esatto importo della somma (euro 1.650.000 e non già euro 1.150.000, come erroneamente indicato nella sentenza di primo grado) corrisposta a seguito dell’intervenuta transazione con la curatela in relazione al capo 13). Nonostante che la difesa avesse provato, con la produzione dell’atto di transazione intercorso con la curatela, che la somma indicata dal giudice di primo grado era stata inferiore di euro 500.000 rispetto a quella effettivamente corrisposta, Il giudice di appello aveva limitato la correzione dell’errore materiale soltanto con riferimento al capo 2) e non anche all’errore anzidetto.
La distonia tra motivazione e dispositivo, risultante per tabulas dalla sentenza impugnata e dalla documentazione in atti, oltre alle conseguenze era rilevante anche sul versante della determinazione della pena e del bilanciamento delle attenuanti generiche con le contestate aggravanti.
1.12 Con il dodicesimo motivo si eccepisce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale In relazione agli artt. 133 e 69 cod. pen. nonché mancanza od Illogicità della motivazione con riferimento alla determinazione della pena e al bilanciamento delle circostanze generiche.
1.13. Con il tredicesimo motivo si lamenta inosservanza od erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 37 cod. pen. e 216 comma 4, legge fall., con riferimento all’erronea commisurazione della pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi sul rilievo che la durata della pena accessoria avrebbe dovuto essere commisurata alla pena principale inflitta. In linea subordinata, si chiedeva la remissione alle Sezioni Unite di questa Corte Suprema, per la soluzione del contrasto interpretativo esistente sul punto nella giurisprudenza di legittimità.
1.14. Con il quattordicesimo motivo, si denuncia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla determinazione delta provvisionale, in ordine alla quale era dei tutto mancata la giustificazione del relativo ammontare e del richiesto ridimensionamento, essendosi il giudice di appello limitato a confermare la statuizione del primo giudice.
2. Il ricorso In favore di E. M. N. ed A. F. è affidato seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza della legge processuale, ai sensi dell’art. 606 lett c) cod. proc. pen., in relazione all’art. 521 dello stesso codice di rito, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. c), con riferimento al difetto dì correlazione tra oggetto della contestazione di cui at capo 13) ed oggetto della decisione del primo giudice.
2.2 Con il secondo motivo si denuncia mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, al sensi dell’art. 606 lett. e;, in relazione al ritenuto rilievo penale delle condotte descritte al medesimo capo ed all’attribuzione delle stesse ad E. N. ed A. F., in qualità di amministratore della N. Hong Kong.
2.3. Con il terzo motivo si deduce contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla mancata correzione In dispositivo dell’errore materiale rilevato in , parte motiva circa l’esatto importo della somma (euro 1.650.000 e non già euro 1.150.000, come Indicato nella sentenza di primo grado) integralmente corrisposta a seguito dell’Intervenuta transazione con la curatela in relazione al capo 13).
Con il quarto motivo si denuncia inosservanza od erronea applicazione della legge penale coni riferimento agli artt. 37 cod. pen. e 216, comma 4, legge fall., in ordine alla commisurazione della pena accessoria, esistendo sul punto contrasto Interpretativo per il quale si rendeva opportuna la remissione della questione alle Sezioni Unite.
3. Il diffuso svolgimento della narrativa, net riprodurre i molteplici capi d’imputazione, vaie a dare diretta ed immediata contezza della complessità della vicenda sostanziale in esame, rappresentando l’ampia gamma di illeciti che, nella ricostruzione effettuata dai giudici di merito, ha caratterizzato la genesi di un dissesto societario di enormi proporzioni.
Si tratta della crisi di una società divenuta leader nel sE. della produzione della ceramica, anche in ambito internazionale attraverso la creazione di una serie di società collegate operanti all’estero, soprattutto in Cina.
Il processo, culminato con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, ha colto i momenti salienti di una crescita esponenziale di quella che, in origine, era una piccola entità societaria, la Impress spa, costituita nel 1975, dal momento in cui fu poi rilevata da R. N., amministratore e socio unico della spa E. N.; poi trasformata in N. E. spa, mentre la controllante E. N. spa, titolare del 98% delle quote societarie, assumeva la denominazione di FINA spa, che diveniva ben presto la capofila di un articolato gruppo societario, anche con ramificazioni estere. Nell’arco temporale in cui si sono manifestate le gravi ed Irreversibili crisi finanziarie di società controllate, specie italiane, sono stati individuati tre momenti salienti: la costruzione, in data 11.4.1997, di una nuova società denominata N. E., che avrebbe dovuto prendere in affitto l’azienda della N. E. spa e delle controllate ed acquisirne, poi. in esito a concordato preventivo, I relativi cespiti; il mutamento della denominazione sodale della N. E. in G. spa e la messa in liquidazione della società, con domanda di ammissione al concordato preventivo; la trasformazione, il 28.5.1997, di E. in società per azioni, con nuova denominazione sociale in N. spa, con trasferimento della sede sociale in T. negli stessi uffici della En G.. Il 12.$.1997, la neocostituita società (N. spa) stipulava, poi, con le società controllale SATI, USMAC, OMS e TTC, già in grave crisi finanziaria, un contratto di affitto d( azienda, con previsione anche di un’offerta irrevocabile d’acquisto della stessa azienda condizionata all’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo. Avviata la detta procedura sia per le società controllate che per la En G., la stessa non aveva però buon esito in quanto le proposte non erano considerate adeguate dal tribunale fallimentare. Oa qui il fallimento di tutte le anzidette società.
In estrema sintesi, questa è la storia di dissesto, di proporzioni clamorose. Nell’intera vicenda, un ruolo di assoluta centralità è stato attribuito a Roberta N., amministratore unico ininterrottamente dal 1977 al giugno 1995 e, successivamente, presidente del consiglio di amministrazione, i cui componenti erano il figlio E. ed una terza persona. Secondo l’impostazione accusatoria, integralmente recepita dai giudici di merito, R. N., anche dopo la dismissione di ogni incarico formale, all’atto della trasformazione della N. E. in En G. spa, aveva mantenuto ogni potere gestionale, tanto da partecipare direttamente agli accordi per l’affitto dell’azienda di cui si è detto.
3.1. Sulla base delle risultanze di un’articolata attività istruttoria, attraverso l’acquisizione di Imponente materiale documentale le risultanze della relazione del curatore fallimentare, la deposizione dibattimentale dello stesso e di un suo collaboratore nonché di numerosi dipendenti della fallita En G. spa, il primo giudice si era convinto della responsabilità degli imputati, con un’argomentata valutazione selettiva dei molteplici fatti in contestazione. Siffatto giudizio è stato interamente confermato dalla Corte territoriale, a parte la correzione in dispositivo nei termini indicati in premessa.
Dall’insieme motivazionale della sentenza di primo e secondo grado – che, stante la convergenza in punto di penale responsabilità, formano una sola entità giuridica -risulta un esame compiuto e diligente dei molteplici profili dì illecito, come rappresentati nel capi d’imputazione per i quali è stata affermata la colpevolezza. In ragione della variegata natura di quegli illeciti, gli stessi sono stati opportunamente accorpati in classi distinte, a seconda che afferissero ad irregolarità nella gestione ordinaria (sotto molteplici profili: appropriazione di somme attraverso indebiti prelievi dal conto corrente sodale, reiterati abusi nell’utilizzo di carte di credito a fini personali; distrazioni di Ingenti somme di danaro in favore di società asseritamente riconducibili a R. N.; finanziamenti alla capogruppo FINA) ovvero ad irregolarità nella fase di crisi delle società del gruppo (operazioni volte a procrastinare indebitamente il riconoscimento dello stato di Insolvenza; condotte distrattive di beni e risorse finanziarie nei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della En G.; affitto dell’azienda; irregolarità contabili funzionati all’occultamento delle anzidette operazioni).
4. Fatte tali premesse, necessarie ai fini di una migliore comprensione delle molteplici ragioni di censura, si osserva, ora, quanto segue:
4.1. La prima doglianza – relativa alla contestata affermazione di colpevolezza di R. M. In relazione ai capi 1.1, 1.3, 1.4,1.5 e 3, con riferimento a condotte distrattive o dissipati ve di beni della fallita EN.IR, per asserita mancanza di prova dei fatti in contestazione, ossia delle fatture attestanti le predette spese – è destituita di fondamento. Ed invero, la statuizione di responsabilità è stata, motivatamente, affermata sulla base di univoche emergenze di causa, al di là dell’esistenza di fatture comprovanti gli acquisti; In particolare in base all’acquisita documentazione ed alla deposizione del curatore fallimentare che ha confermato la relazione ex art. 33 legge fall.
Gli ulteriori profili di censura, che sostanziano II motivo in esame, devono essere disattesi siccome afferenti ad improponibili questioni di merito, quali le modalità di acquisto delle autovetture Mercedes, ritenuto dai giudici di merito ingiustificato in quanto non inerente alte finalità sociali, indipendentemente dal fatto che altre autovetture dello stesso tipo risultassero regolarmente acquistate con contratti di leasing, per essere destinate ad uso di dipendenti. Con insindacabile apprezzamento di merito – tale in quanto adeguatamente argomentato – il giudice di appello ha ritenuto ingiustificato il prelievo dai conti correnti sociali nel periodo 1995/1996, pur ridimensionato nei termini quantitativi rispetto all’originaria contestazione. All’uopo, non era emersa alcuna funzionale destinazione alle esigenze della società né era stata offerta al riguardo plausibile giustificazione con idoneo riscontro probatorio, sicché è stata fatta corretta applicazione di consolidata regola di giudizio operante in subiecta materia, secondo cui, a fronte dei dato oggettivo dell’ammanco di beni (nel caso di specie, liquidità di cassa ed attrezzature varie), che dovrebbero figurare nella disponibilità della società fallita, spetta all’imputato rendere spiegazione in merito alla loro destinazione, allo scopo del necessario accertamento della relativa utilizzazione per fini della società o per ragioni ad essi estranee, senza che un siffatto regime probatorio possa integrare indebita inversione dell’ordinario “onus probandi” (cfr., tra te altre, Cass. Sez. 5,15.12.2004, n. 3400, rv 231411).
4.2. Priva di fondamento è anche la seconda censura, al di là degli inammissibili profili di merito che pure la sostanziano. Il contesto argomentativo della pronuncia Impugnata esprime adeguata e pertinente valutazione dei fatti contestati nei menzionati capi d’imputazione, in ordine ai quali è stata, motivatamente, riconosciuta la natura distratti va delle condotte considerate, sulla base di corrette valutazioni, che si sono fatte carico anche della determinazione degli esatti termini quantitativi della rilevata distrazione, in puntuale risposta alle deduzioni difensive.
Ineccepibile, poi, è la motivazione riguardante i finanziamenti per ragguardevoli importi in favore della società capogruppo FI.NA, la cui natura distratti va è stata correttamente ravvisata nell’assoluta mancanza di contropartita economica da parte della società poi fallita, al di là del rilievo, pur decisivo, che siffatte operazioni erano assolutamente eccentriche rispetto all’oggetto sociale della società finanziatrice. Per quanto riguarda l’asserita destinazione di siffatti finanziamenti all’acquisizione della K., società operante nel sE. produttivo di materiali interessanti il ciclo di produzione del Gruppo M., la Corte territoriale ha compiutamente ed esaustivamente risposto – nei termini di insindacabile apprezzamento di merito -rilevando che, a tutto concedere, soltanto una parte delle impegnate risorse finanziarie era stata destinata all’acquisto anzidetto, al di là dell’evidente anomalia del fatto che la partecipazione K. fosse stata acquisita dalla controllante FI.NA anziché dalla N. E..
4.3. La terza censura, relativa al preteso difetto di correlazione tra accusa e sentenza e, dunque, al difetto di contestazione, ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen., è priva di fondamento, posto che la relativa questione è stata, giustamente, disattesa dal giudice di appello. Ed infatti, non era dato ravvisare alcuna immutazione del fatto sostanziale, che genericamente formulato in rubrica {prelevando o consentendo che altri prelevassero varie somme di denaro dal conti correnti sociali) è stato, poi, oggetto di valutazione selettiva e riduttiva da parte del primo giudice, limitatamente ai punti 1, 2 e 3 dei menzionato capo 5, in ordine ai quali è stata accertata la riconducibilità degli Indebiti prelievi al solo R. N.. Nessun pregiudizio può dunque essere derivato per le ragioni della difesa, che ha avuto modo di dispiegarsi compiutamente.
4.4. Le articolate censure che sostanziano il quarto motivo sono tutte infondate. Anzi, quelle afferenti all’attribuzione all’Imputato della qualifica di amministratore di fatto si collocano, decisamente, in area d’inammissibilità, riguardando questioni di merito che, come è noto, sfuggono al sindacato di legittimità ogni qual volta, come ne) caso di specie, siano assistite da motivazione congrua e formalmente corretta.
Infondata, comunque, è la principale doglianza che attiene all’attribuzione di natura distrattiva alla mancata riscossione di parte di crediti che la EN G. vantava nei confronti di società collegate. Ed invero, appare ineccepibile la risposta motivazionale resa dal giudice di appello ad Identica questione sollevata in sede di gravame, sul rilievo che la nozione giuridica di patrimonio,Il cui depauperamento è apprezzabile ai fini della configurazione della bancarotta fraudolenta patrimoniale, è da intendere in senso lato, comprensivo cioè non solo di beni materiali, ma anche di entità Immateriali, quali ragioni di credito che avrebbero dovuto concorrere alla formazione dell’attivo dei compendio patrimoniale. Avuto riguardo alle peculiarità della fattispecie, è stata ritenuto, con insindacabile apprezzamento di merito, che la parte di credito non riscossa e che avrebbe dovuto figurare nel patrimonio della società, sia stata oggetto di distrazione riconducibile al paradigma dell’art. 216, con esclusione, pertanto, d’ogni possibilità di qualificazione nei termini della proposta configurazione, al sensi dell’art. 232, comma, n. 1, legge fall., a carico del soggetto delle somme in luogo della fallita.
4.5. riva di pregio è la quinta censura riguardante la pretesa, erronea, lettura della clausola del contratto di affitto di azienda, che attribuiva il diritto di riscuotere il saldo prezzo di forniture effettuate dalla società cedente, la EN G., alia società affittuaria M. s.p.A. Ed Infatti, al di là del dato formale, connesso all’anzidetta previsione negoziale, vi era a circostanza oggettiva, rilevata – con insindacabile apprezzamento di fatto – dai giudici di merito, che gli accordi negoziali, peraltro intercorsi tra società facenti parte dello stesso gruppo, costituissero, in realtà, meri espedienti per sottrarre utilità al patrimonio della En G. In stato di dissesto e, dunque, alla relativa procedura fallimentare; e che II dominus dell’intera operazione fosse proprio R. N., in quanto persona che gestiva di fatto l’intero gruppo societario e, come tale, fortemente interessato ad impedire la riscossione del credito da parte del fallimento.
Identiche ragioni motivazionali giustificano il rigetto della sesta censura relativa ad inosservanza od erronea applicazione della legge in riferimento all’operazione intercorsa con la S., in ordine alla quale la difesa aveva prospettato Identiche deduzioni difensive in ordine alla mancata considerazione dell’art. 8 del contratto d’affitto di azienda.
Le risultanze documentali indicate nel motivo di ricorso sono state implicitamente, ma non per questo meno chiaramente, disattese dalla Corte territoriale in quanto ritenute Inidonee a scalfire la plausibilità dell’impianto giustificativo ed a sostenere : alternative letture del fatti favorevoli all’impostazione difensiva.
4.7. Priva di fondamento è anche la settima censura, relativa alla vicenda della ed. commessa N., consistente nell’incasso da parte della N. spa del saldo di una fornitura dovuta alta società fallita da parte della N..
Ancora una volta, la risposta giustificativa dei giudici di merito alle eccezioni difensive risulta logicamente ineccepibile, sul riflesso che, stante la posizione incontrastata di dominus, che l’odierno ricorrente assumeva in seno alla N. spa, era plausibile ritenere che fosse stato lo stesso N. a far si che la riscossione del credito fosse dirottata onde sottrarla alla procedura fallimentare.
4.8 Identico percorso giustificativo va seguito con riferimento all’ottava censura, che, riguardante l’asserita distrazione di somme di fatto incassate dalla società E. N. Asia in luogo della N. E., posseduta per l’intero da En G. poi fallita, attiene, in sostanza, a medesima tipologia di condotta. Anche in tal caso, si era trattato di distrazione di somme che sarebbero dovute confluire nel patrimonio della En G. e che, pertanto, avrebbero dovuto essere destinate al fallimento. Il procedimento inferenziale, che muove dalla riconosciuta posizione di deus ex machina attribuita a R. N., appare rispettoso dei canoni di logica comune e non può, pertanto ritenersi, manifestamente incongruo, sì da legittimare vizio di motivazione utilmente deducibile in questa sede. E’, quindi, irrilevante che l’imputato non figurasse formalmente nell’operazione materialmente posta in essere da altri, a lui collegati, indipendentemente dalla scelta – opinabile o meno – dell’Inquirente di non elevare contestazione concorsuale a carico di questi ultimi.
4.9. La nona censura, afferente all’eccepita violazione del principio di correlazione con riguardo all’addebito di cui al capo 13), riguardante la mancata percezione da parte dell’ En G. di parte di una fornitura in favore della A., società indonesiana di G., di un intero stabilimento per la produzione di piastrelle, in quanto 1 pagamenti da questa effettuati in mano dell’intermediaria N. Hong Hong non erano stati da questa rimessi alla stessa società fallita, si pone ai limiti dell’ammissibilità in quanto, con dovizia di argomenti, il giudice di appello ha correttamente risposto ad identica questione difensiva, notando che, nel caso di specie, non vi fosse stata alcuna divergenza fra decisum e contestazione, in esito alla rideterminazione del quantum della distrazione, diligentemente effettuata dal primo giudice sulla base di puntuale ricostruzione delta complessa dinamica dei rapporti dare/avere tra te società N. E. e N. Hong Hong. Giuridicamente corretto, in proposito, è l’argomento addotto a sostegno del rigetto dell’eccezione difensiva sulla base del richiamo alla tutela dei diritti di difesa, cui è preordinato il principio della contestazione e del consequenziale rilievo che, nel caso di specie, non era ravvisabile alcun pregiudizio per il pieno disimpegno dell’attività difensiva.
4.10 Per quanto concerne la decima censura, relativa all’affermazione di colpevolezza dell’Imputato in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con riguardo alle scritture contabili della controllata N. Hong Kong, è sufficiente il rilievo che, con insindacabile apprezzamento di merito, i giudici d’appello hanno ritenuto che R. N., incontrastato dominus dell’Intero gruppo, fosse stato fautore della dispersione o distruzione delle scritture contabili e tanto bastava per affermarne la colpevolezza, indipendentemente dal giusto rilievo difensivo in ordine all’autonomia patrimoniale e contabile delle società appartenenti ad uno stesso gruppo.
4.11 Va, poi, disattesa la censura riguardante la mancata correzione dell’errore materiale nel quale era incorso il giudice di primo grado nell’Individuazione dell’esatta somma (euro 1.650.000 e non già euro 1.150.000) corrisposta a seguito dell’Intervenuta transazione con la curatela fallimentare in relazione al capo 13).
La doglianza attiene, infatti, a profilo irrilevante, alla luce di inequivoca motivazione, che dà atto dell’erronea indicazione, e del rilievo che nessuna influenza è stata evidentemente attribuita alla discrasia sul piano della valutazione complessiva del fatto, net contesto dell’Intera vicenda sostanziale, per la quale erano stati ravvisati grèvi ed assorbenti profili di responsabilità a carico dell’odierno ricorrente. Donde, l’irrilevanza della mancata correzione dell’errore in dispositivo, a differenza di quanto si è ritenuto di dover fare con riguardo all’ipotesi di cui al capo 2).
4.12 La dodicesima censura, afferente all’assetto sanzionato rio, è in tutta evidenza Inammissibile, perché relativa a questione prettamente di merito, che, in quanto adeguatamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità. Ed infatti, la Corte di merito ha, esaurientemente, Indicato le ragioni per le quali le già concesse attenuanti generiche non potessero essere ritenute prevalenti sulle contestate aggravanti e la misura della pena irrogata in primo grado non potesse essere ridimensionata, tenuto conto dell’obiettiva gravità e pluralità dei fatti in contestazione nonché della personalità dell’Imputato, desunta anche da uno specifico precedente penale per bancarotta fraudolenta.
4.13 Per quanto concerne la tredicesima censura riguardante la mancata commisurazione della durata della pena accessoria alla pena principale, con riferimento all’art. 37 cod. pen., questo Collegio reputa di dover aderire all’interpretazione secondo cui la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di imprese commerciali ed all’incapacità di esercitare uffici direttivi presso Qualsiasi impresa per dieci anni, prevista dall’art. 216, u.c., I. fall., non è indeterminata e si sottrae, pertanto, alla disciplina di cui all’art. 37 cod. pen, (cfr. Cass. Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Rv. 247319; id. Sez. 5, n. 39337 del 20/09/200 7, Rv. 238211), tenuto peraltro conto del fatto che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 216 ultimo comma è stata dichiarata inammissibile dal Giudice delle leggi con sentenza del 4.4.2012 n. 134.
4.14. La quattordicesima censura, relativa alla determinazione della provvisionale ed al difetto motivazionale sul punto, è inammissibile, posto che la relativa statuizione – come è noto – non è suscettibile di impugnazione per cassazione. Ed invero, secondo Indiscusso insegnamento di questo Giudice di legittimità, non è deducibile con ricorso per cassazione la questione relativa alla pretesa eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale (cfr. Cass. sez. 4, 23.6,2010, ti, 34791, rv. 248348; cfr, pure, Id. sez 2, 20.6.2003, n. 36536, rv. 226454, secondo cui // provvedimento che liquida somme a titolo di provvisionale alla parte civile non è ricorribile per cassazione, perché non è suscettibile di passaggio in giudicato e destinato a rimanere assorbito nella pronuncia definitiva sul risarcimento che, sola, può essere oggetto di impugnazione con ricorso per cassazione).
D’altro canto, è pur vero che, comunque, il provvedimento in esame non può dirsi privo di motivazione, avendo il giudice a quo espresso giudizio di adeguatezza della misura della provvisionale con riferimento all’entità del danno accertato.
5. li primo motivo del ricorso proposto In favore di E. M. N. ed A. R., riguardante la pretesa violazione del principio di correlazione, di cui all’art. 521 cod. proc. pen., deduce questione identica a quella oggetto del nono motivo del ricorso in favore di R. N. e, pertanto, non può che condividerne l’epilogo decisionale in termini di infondatezza.
La seconda censura, riguardante la contestata sussistenza del reato sub 13), è priva di fondamento, in quanto l’impianto motivazionale della pronuncia impugnata offre adeguata spiegazione delle ragioni per le quali i due imputati, odierni ricorrenti, sono stati ritenuti responsabili della bancarotta fraudolenta per distrazione in rubrica, nella loro qualità di amministratori della N. Hong Kong, consapevolmente partecipi, in concorsa con R. N., del programma criminoso, descritto in rubrica, volto a privare l’En G. delle somme ad essa dovute in adempimento di specifiche ragioni creditorie.
La terza censura – riguardante la mancata correzione dell’errore materiale nel quale era incorso il giudice di primo grado nella individuazione dell’esatta somma (euro 1.650.000 e non già euro 1,150.000) corrisposta a seguito dell’Intervenuta transazione con la curatela in relazione al capo 13) – è identica a quella oggetto dell’undicesimo motivo del ricorso proposto in favore di R. N. e va, dunque, disattesa per le stesse ragioni sopra indicate.
La quarta doglianza, relativa alla durata della pena accessoria, con riferimento agli artt. 37 cod. pen, e 216, comma 4, legge fall., è pure identica a censura proposta nell’Interesse di R. N., esattamente quella oggetto del tredicesimo motivo, ed è infondata per le stesse ragioni sopra esposte.
5. Per quanto precede, i ricorsi in esame – ciascuno globalmente considerato – devono essere rigettati con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta I ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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