CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 aprile 2017, n. 9459
Tributi – Accertamento standardizzato mediante studi di settore – Scostamento tra ricavi dichiarati e standard – Valutazione caso per caso da parte del giudice – Onere di prova a carico del contribuente
Rilevato che
– A.G., nella qualità di legale rappresentante della S.L. srl, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Piemonte n. 86/22/11 dep. 11 novembre 2011, su impugnazione di avviso di accertamento per l’anno d’imposta anno 2004 (ai fini Iva e Irap), emesso a carico della società in applicazione degli studi di settore.
– L’accertamento impugnato era stato preceduto da altro accertamento, previo contraddittorio, per il quale l’Ufficio aveva riconosciuto di avere applicato uno studio di settore non riferibile all’attività esercitata (TD20U); notificava quindi l’avviso di accertamento di cui al presente giudizio in applicazione dello studio di settore richiesto dal contribuente (SD36U), da questi impugnato per errata applicazione dello studio di settore originario, rettificato dallo stesso Ufficio.
– La C.T.P. accoglieva il ricorso, con sentenza riformata dalla CTR, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio. In particolare la CTR, premesso il quadro normativo di riferimento, preso atto del contraddittorio intervenuto fra le parti, ha ritenuto applicato dall’Ufficio lo studio di settore più idoneo, accogliendo le considerazioni del contribuente, dopo aver rivisto i valori dei cespiti e provveduto all’esame di un certo numero di fatture; ha ritenuto per contro non probanti le argomentazioni della contribuente, che si è limitata ad affermare di avere acquistato, in un mercato globalizzato, la materia prima (acciaio) a prezzi più alti, con conseguente lievitazione dei costi senza aumento dei ricavi.
– L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.
Considerato che
– 1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione di legge (artt. 2697 e 2727 c.c.) e omessa motivazione, non potendosi l’accertamento basare solo sugli studi di settore senza tener conto delle motivazioni riportate dal contribuente in sede di contraddittorio, di cui sia l’accertamento che la CTR non hanno tenuto alcun conto, (in particolare aumento dei prezzi di vendita e dei ricavi all’anno precedente determinato dall’aumento del costo delle materie prime; incremento dei costi, rettifiche di valori riportati in dichiarazione).
– 2. Col secondo motivo si deduce contraddittoria motivazione su un fatto decisivo rappresentato dalla regolarità – non contestata – delle scritture contabili.
– 3. Il ricorso è infondato e va respinto.
– Sulla questione oggetto della presente controversia si sono pronunciate le SSUU di questa Corte (con sentenza n. 26635 del 18/12/2009), statuendo il principio, ribadito anche da questa sezione (n. 11633 del 15/05/2013; n. 3415 del 20/02/2015), che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, con il contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici.
– La CTR ha fatto corretta applicazione degli indicati principi, prendendo atto della applicazione dello studio di settore richiesto dallo stesso contribuente, in quanto più aderente al tipo di attività svolta, e della sua applicazione tenendo conto delle caratteristiche specifiche dell’impresa, limitandosi per contro la contribuente a generiche giustificazioni, non sorrette da idonea prova.
– Né la regolarità formale delle scritture contabili può, di per sé sola, costituire elemento idoneo ad inficiare le presunzioni di cui agli studi di settore, che possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con esse, finché non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria, il cui onere è a carico del contribuente e, nel caso di specie, non assolto (Cass. n. 3302 del 13/02/2014).
– 4. Il ricorso va conseguentemente rigettato.
– 5. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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