CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 aprile 2013, n. 9681
Fallimento e procedure concorsuali – Cooperativa mutualistica – Dichiarazione d’insolvenza – Limite di euro trentamila dei debiti scaduti e non pagati – Applicabilità – Esclusione
Svolgimento del processo
1. In data 14 maggio 2008 il signor S.S., dichiarandosi creditore del Consorzio Regionale Ligure, costituito in forma di società cooperativa a responsabilità limitata (nel seguito: C.), per l’importo di € 25.247,22, oltre agli accessori, e non essendo riuscito a notificare il precetto di pagamento per inesistenza della sede all’indirizzo indicato, chiese al Tribunale di La Spezia di dichiararne lo stato d’insolvenza e inoltre, se fosse stato accertato il carattere commerciale dell’attività esercitata, il fallimento.
Con sentenza in data 12 febbraio 2009 il Tribunale ritenne il C. non soggetto al fallimento ma solo a liquidazione coatta amministrativa, e ne dichiarò lo stato d’insolvenza.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Genova con sentenza 12 novembre 2009. La corte ha preliminarmente dichiarato improcedibile il reclamo proposto dal Saracino, per non aver notificato l’impugnazione nel termine. Respingendo le difese del consorzio reclamante, che censurava l’affermazione del suo carattere mutualistico e sosteneva la sua astratta fallibilità, la corte territoriale ha poi osservato che l’art. 2545 terdecies c.c., che ammette il fallimento delle cooperative che svolgono attività commerciale, suppone lo svolgimento effettivo di tale attività, non essendo sufficiente la previsione statutaria. In fatto, il C. costruiva case da assegnare ai soci, attività qualificabile come mutualistica e non commerciale. Non aveva comunque fondamento la tesi che anche per la dichiarazione dello stato d’insolvenza si dovessero osservare i limiti di fallibilità stabiliti dalla legge fallimentare.
3. Per la cassazione della sentenza, notificata il 25 novembre 2009, ricorre il C. con atto notificato il 28 dicembre 2009, per due motivi.
Resiste il Saracino con controricorso e ricorso incidentale con quattro motivi.
Il consorzio ricorrente ha depositato una memoria. Anche il ricorrente incidentale ha fatto pervenire una memoria.
Il ricorrente ha depositato anche un’istanza di rinvio della discussione, con documenti allegati, esponendo che il Ministero dello Sviluppo economico avrebbe disposto la liquidazione coatta amministrativa dello stesso consorzio, e che di tale decreto egli avrebbe chiesto la revoca o la sospensione.
Motivi della decisione
4. Il deposito da parte del consorzio ricorrente dei documenti allegati all’istanza di rinvio, ma non notificati alla parte resistente a norma dell’art. 372 cpv. c.p.c, è inammissibile. Non ricorrono poi i presupposti per il rinvio della discussione della causa, come richiesto dallo stesso ricorrente principale in forza di circostanze, peraltro non ritualmente documentate, inidonee comunque a far ravvisare una pregiudizialità logico – giuridica rispetto alla presente decisione.
5. Con il primo motivo del ricorso il C. denuncia la mancata applicazione dell’art. 15 r.d. 16 marzo 1942 n. 267. La norma richiamata, laddove dispone che non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a € 30.000,00, sarebbe applicabile anche in materia di liquidazione coatta amministrativa, e, laddove ne sussistano in presupposti di fatto – come nella fattispecie, in cui il S. fa valere un credito di € 25.247,22 – precluderebbe la dichiarazione dello stato d’insolvenza.
5.1. Non risultano precedenti di questa corte sulla possibilità di dichiarare lo stato d’insolvenza di società o enti con esposizione debitoria inferiore al minimo indicato nell’ultimo comma dell’art. 15 legge fallimentare. Il motivo è in ogni caso infondato.
Sul piano della formulazione testuale delle norme, l’art. 15 della legge fallimentare, che nel suo ultimo comma esclude “la dichiarazione di fallimento” dell’impresa insolvente, se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti e dall’istruttoria prefallimentare sia complessivamente inferiore a € 30.000,00, non è richiamato dall’art. 194 della legge fallimentare, tra le norme applicabili alla liquidazione coatta amministrativa. La stessa disposizione non è neppure richiamata, specificamente, dall’art. 195 della stessa legge a proposito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza anteriore alla liquidazione medesima. Si tratta di una norma che introduce un’eccezione alla regola della fallibilità delle imprese, come tale insuscettibile di applicazioni analogiche a ipotesi (dichiarazione d’insolvenza di impresa non fallibile) diverse da quella regolata (dichiarazione di fallimento dell’impresa insolvente).
Più in radice, è da considerare che la deroga stabilita dalla norma in esame, che non contraddice lo stato d’insolvenza dell’impresa e non lo esclude, risponde ad esigenze di economia processuale che rendono ingiustificati i tempi e in costi di una procedura fallimentare nel caso di esposizioni debitorie minori. Essa, insomma, per un verso risponde a esigenze che non possono essere automaticamente estese all’istituto della liquidazione coatta amministrativa, connotato da ragioni di pubblica utilità; e per l’altro incide sulla liquidazione concorsuale ma non sullo stato d’insolvenza, qual è definito nell’art. 5 cpv. legge fall., disposizione alla quale implicitamente rinvia l’art. 2545 terdecies c.c. in tema d’insolvenza delle cooperative. Non vi sono dunque i presupposti per utilizzare questa previsione nella discussione sulla possibilità di dichiarare lo stato d’insolvenza.
Sul piano astrattamente logico essa, semmai, potrebbe venire in considerazione a proposito della liquidazione coatta amministrativa disposta a norma della disposizione da ultimo citata (o dell’art. 12 del d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220). Un’ipotesi del genere è contemplata in effetti nella normativa secondaria, laddove esclude la nomina del commissario liquidatore nelle procedure di scioglimento d’ufficio ex art. 2544 del codice civile delle società cooperative e dei loro consorzi, quando le attività da liquidare, purché di natura mobiliare, non abbiano valore superiore a £. 2.500.000 (decreto del Ministero lavoro previdenza sociale 27 gennaio 1998: non rileva il fatto che, ai fini dell’economicità della procedura liquidatoria, qui si tenga conto del parametro dell’attivo, e nell’art. 15, ult. co. legge fall., del passivo). Ma proprio il caso citato, con il suo espresso riferimento all’art. 2544 (oggi 2545 septiesdecies) c.c. che regola lo scioglimento della cooperativa per atto dell’autorità in casi diversi da quello dell’insolvenza, dimostra come il tema dei modi della liquidazione sia da un lato logicamente posposto a quello dello scioglimento, e dall’altro del tutto indipendente da quello dell’accertamento dell’insolvenza. Le ipotesi, che si vogliano rinvenire nell’ordinamento, di esclusione della liquidazione coatta amministrativa della cooperativa esclusivamente mutualistica, anche in caso d’insolvenza, riguardano insomma le determinazioni dell’autorità amministrativa in ordine alla liquidazione, e non l’accertamento dello stato d’insolvenza.
5.2. In conclusione il motivo di ricorso deve essere respinto, in applicazione del principio per cui la dichiarazione d’insolvenza della società cooperativa esclusivamente mutualistica, a norma dell’art. 195 legge fall., non è impedita dalla circostanza che l’ammontare dei debiti della società, scaduti e non pagati, sia complessivamente inferiore a € 30.000,00, non applicandosi in questo caso l’art. 15, ult. co. della medesima legge.
6. Con il secondo motivo, che cumula censure di vizi di motivazione e di violazione degli artt. 2, 195 e 196 legge fall., si muove dall’assunto che la ricorrente è soggetta sia alla liquidazione coatta amministrativa e sia al fallimento, perché svolge anche un’attività di natura commerciale in base all’art. 4 dello Statuto, e si sostiene che la corte territoriale avrebbe falsamente applicato l’art. 195 della legge fallimentare, laddove avrebbe dovuto applicare l’art. 196 della stessa legge, e limitarsi a rigettare il ricorso per la dichiarazione di fallimento, senza potersi pronunciare sullo stato d’insolvenza prima della messa in liquidazione, ciò che è possibile solo su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero.
6.1. In contrasto con l’accertamento del giudice di merito sul punto dell’esclusivo svolgimento di attività mutualistica da parte della società ricorrente, e in preterizione delle ragioni dell’accertamento medesimo (le quali fanno leva sulla necessità che l’attività commerciale non sia soltanto consentita dallo statuto, ma sia concretamente esercitata), l’odierno ricorrente omette la formulazione di un autonomo valido motivo di censura diretto a dimostrare la natura commerciale della cooperativa, che si limita ad affermare. Ciò comporta l’inammissibilità del motivo, nella parte in cui denuncia una violazione di norme in una fattispecie diversa da quella ricostruita dal giudice di merito.
7. Il ricorso del S., il cui reclamo è stato dichiarato improcedibile dalla corte d’appello, è inammissibile, non contenendo alcuna censura alla pronuncia impugnata nella parte concernente la sua posizione processuale .
8. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
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