Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Salerno, confermando la sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione, proposta da F.C., titolare dell’omonima ditta, a cartella esattoriale emessa per omesso versamento contributi previdenziali aziende relativamente agli anni dal 1989 al 1992 e per somme aggiuntive e sanzioni.
La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, poneva a base del decisum, innanzitutto, il rilievo secondo il quale il condono ex DL n.6 del 1993, di cui si era avvalso il F. non prevedeva la sanatoria della decadenza dal beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali.
Riteneva, poi, la predetta Corte che l’atto di messa in mora, allegato dall’INPS, era idoneo ad interrompere il termine di prescrizione che asseriva essere decennale.
La Corte territoriale, infine, considerava generica la contestazione del calcolo del quantum dovuto e tardiva l’invocata applicazione, quanto alle somme aggiuntive, del comma 10 dell’art. 116 della Legge n.338 del 2000.
Avverso questa sentenza il F, ricorre in cassazione sulla base di quattro censure.
Resiste con controricorso l’INPS in proprio e quale mandatario della società SCCCI – società di cartolarizzazione dei crediti INPS-
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione del DL n.6 del 1993 art. 4 – convertito in Legge 17 marzo 1993 n. 63-del DL n.338 del 1989 -convertito on Legge n.389 del 1989, degli artt. 11 e ss delle preleggi al ce, nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, pone, ex art. 366 bis cpc, i seguenti quesiti:
1.”se il condono previdenziale di cui all’art. 4 d.l. n.6 del 1993, convertito nella legge n. 63 del 1993, afferendo alle obbligazioni relative al versamento dei contributi e ad ogni altro onere accessorio, comprenda, quale effetto della regolarizzazione contributiva, anche gli eventuali indebiti correlati alla illegittima applicazione degli sgravi, senza che sia configurabile al riguardo, alcuna decadenza e senza che possa escludersi il requisito della spontaneità di detta regolarizzazione per il fatto che la relativa domanda sia presentata successivamente agli accertamenti ispettivi, e se, quindi, all’interessato vada riconosciuto il diritto a godere dei benefici conseguenti agli sgravi ed alla fiscalizzazione anche per i periodi oggetto di regolarizzazione”;
2.”se il puntuale adempimento degli oneri richiesti dalla normativa di condono previdenziale e l’accettazione da parte dell’Istituto di previdenza della domanda e dei pagamenti previsti possa far ritenere definitiva la posizione debitoria sanata e precluda all’Ente di disconoscere – a distanza di anni – gli effetti della sanatoria stessa”.
Con la seconda critica il F., denunciando violazione della Legge n.335 del 1995, dell’art. 2943 e segg., degli artt. 132 e 115 c.p.c. nonché mancanza, insufficienza e contraddittoria motivazione, formula, ex art. 366 bis cpc cit., il seguente interpello :”se il potere del giudice di merito di valutare anche ex officio l’eccezione d’interruzione della prescrizione imponga allo stesso di fornire una sufficiente ed adeguata motivazione in ordine all’ iter logico giuridico seguito nel valutare la idoneità di un documento prodotto a costituire atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c.”.
Con la terza censura il F., allegando violazione della Legge n. 388 del 2000 artt. 116 e segg., degli artt. 11 e segg. delle preleggi c.c., e artt. 132, 115, 437 cpc nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, articola, ex art. 366 bis cpc cit., i seguenti quesiti:
1. “se la parte ricorrente possa invocare in sede di appello, anche considerando che una tale questione è stata già esaminata, ex officio, dal giudice di primo grado nella decisione gravata, l’applicazione di una disciplina non ancora in vigore al momento della proposizione iniziale della domanda giudiziale”;
2.” Se il regime sanzionatorio preveduto dalla legge 23.12.88 n.388 vada, alle fattispecie che rientrano nella sua disciplina, applicato ex officio specie se contenete disposizioni più favorevoli”;
3. “Se la individuazione della disciplina sanzionatoria connessa ex lege alla omissione contributiva oggetto di giudizio costituisce questione che la parte interessata possa sollevare anche in sede di gravame senza che con ciò sia violato l’art. 437 cpc”.
Con l’ultimo motivo il F., assumendo violazione della Legge n.388 del 2000 artt. 116 e segg., degli artt. 11 e segg. delle preleggi c.c., e artt. 132, 115, 437 c.p.c. nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, pone, ex art. 366 bis cpc cit., i seguenti quesiti :
1.”se la disciplina sanzionatoria per le omissioni contributive introdotta dalla l.n. 388 del 2000 ( art.116 comma) sia applicabile anche ai casi pregressi al 30 settembre 2000 ma non ancora definiti ed esauriti, per i quali cioè era in corso a tale data la procedura di contestazione da parte dell’Istituto in quanto la notifica della relativa cartella di pagamento sia intervenuta in epoca successiva al 30 settembre 2000.,
2.”se l’incertezza sulla sussistenza dell’obbligo contributivo prevista e disciplinata dall’art. 116 comma 10 della legge 23.12.2000 n. 388 possa derivare anche dall’affidamento che l’interessato ha legittimamente posto nei comportamenti e nelle circolari interne dell’Ente di Previdenza, oltre che in ragione del contrasto che vi è stato in giurisprudenza circa la esatta portata della normativa la cui violazione si contesta”.
Il ricorso è solo in parte scrutinabile.
Infatti, le censure non sono esaminabili in relazione al dedotto vizio di motivazione in quanto, a parte ogni considerazione circa l’ammissibilità della contemporanea deduzione di violazione di legge e di vizio di motivazione che non si traduce in una pluralità di quesiti-pur negata da questa Corte (Cass. n.9470 del 2008 e n.20355 del 2008 e ancora nello stesso senso n.5471 del 2008, Cass. n. 7770 del 2009 e da ultimo Cass. S.U. n. 14661 del 2011)- vi è di contro il rilevo assorbente che manca la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione ( Cass. n. 2063 del 2007) che si deve sostanziare in una sintesi riassuntiva omologa al quesito di diritto( cfr. Cass. 4556 del 2009, Cass. S.U. n. 16528 del 2008, Cass. S.U. n. 2063 del 2007 e Cass. S.U. n. 14661 del 2011 cit.).
Pertanto in difetto della relativa specificazione le denunce devono considerarsi limitate alla deduzione del solo vizio di violazione di legge (Cass. 9 marzo 2009 n. 5624 e Cass. S.U. 16 luglio 2012 n. 12104).
Così delimitato l’ambito del devolutum, rileva, preliminarmente, il Collegio che le censure vanno valutate alla stregua dei quesiti di diritto, così come formulati dalla parte, non potendosi desumere il quesito ‘dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo ( V. per tutte Cass. SU 5 luglio 2011 n. 14661 cit.).
Tanto precisato rileva il Collegio che risulta infondata la tesi del ricorrente, di cui al primo motivo, secondo la quale il condono previdenziale di cui all’art. 4 d.l. n.6 del 1993, convertito nella legge n. 63 del 1993 comprende, quale effetto della regolarizzazione contributiva, anche gli eventuali indebiti correlati alla illegittima applicazione degli sgravi.
Questa Corte, infatti, ha precisato, con orientamento prevalente e oramai consolidato, cui in questa sede va dato continuità giuridica, il quale ha superato un’iniziale contrasto giurisprudenziale, che la regolarizzazione dei contributi evasi, effettuata ai sensi del D.L. 15 gennaio 1993, n. 6, art. 4 convertito in L. 17 marzo 1993, n. 63, non comporta altresì la sanatoria delle riduzioni contributive non spettanti, posto che detta norma, a differenza di precedenti analoghe sanatorie in materia contributiva che contenevano una specifica disposizione al riguardo, non prevede, fra i benefici derivanti dal condono, anche la non applicazione delle disposizioni di cui alla L. n. 389 del 1989, art. 6, commi 9 e 10, escludenti le riduzioni contributive previste dal medesimo art. 6 nel caso di lavoratori non denunciati agli istituti previdenziali, o denunciati con orari, giornate di lavoro o retribuzioni inferiori al vero. In tali casi, la indebita autoattribuzione di riduzioni contributive integra una omissione contributiva, che il datore di lavoro deve sanare con specifica domanda di condono e pagamento dei corrispondenti oneri. Questa domanda va distinta da quella relativa alla infrazione consistente nella mancata o irregolare corresponsione della retribuzione, che ha dato luogo alla decadenza dal beneficio delle riduzioni contributive (cfr. Cass.n.8908 del 2010, Cass. n. 20891 del 2007, n. 3376 del 2006, n. 4940 del 2004, n. 3234 del 2001, in senso contrario, n. 14462 del 2001). Tale distinzione, d’altra parte, corrisponde ad una precisa scelta del Legislatore, in relazione alle specifiche finalità di volta in volta perseguite, e si sottrae a dubbi di illegittimità costituzionale ( Cass. n. 14711 del 2007).
Non coglie, poi, nel segno il quesito, di cui alla seconda censura, concernente l’obbligo del giudice di fornire un adeguata motivazione nel valutare l’idoneità di un documento a costituire atto interruttivo della prescrizione. Nella specie, difatti, il giudice del merito, indicando gli elementi (lettera raccomandata avente ad oggetto “interruzione dei termini prescrizionali – diffida all’adempimento”) sui quali fonda il proprio convincimento, adempie all’obbligo di fornire un’adeguata motivazione.
Non sono, infine, accoglibili le ultime due critiche relative all’applicabilità della Legge n.388 del 2000 ed in particolare dell’ art. 116.
Infatti è pur vero, in generale, che lo ius superveniens è applicabile d’ufficio in ogni stato e grado, salvo che sulla questione controversa non si sia formato il giudicato interno (Cass. n.21382 del 2008), ma è altrettanto vero che questa Corte, abbandonando definitivamente il precedente proprio arresto (Cass. n. 6680 del 2002) ha affermato, sulla base di diverso orientamento al quale si aderisce pienamente, la irretroattività della disposizione in parola evidenziando che “in materia di sanzioni per il ritardato o l’omesso pagamento di contributi previdenziali resta escluso che, in una controversia relativa ad una opposizione ad ordinanza – ingiunzione per sanzioni civili (somme aggiuntive) e interessi per omesso versamento di contributi dovuti all’I.N.P.S., possa rilevare lo ius superveniens di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8 e segg., contenente norme più favorevoli ai contribuenti. Nessuna di tali disposizioni, difatti, induce a ritenerne la retroattività, per cui ne è esclusa l’applicabilità a violazioni accertate prima della relativa entrata in vigore” (tra le tante, Cass n. 19334 del 2003, Cass. n.13794 del 2007, Cass. n.8651 del 2010, Cass. n.17099 del 210 e Cass. n.1105 del 2012).
Nella specie non è contestato tra le parti che le violazioni tuttora in discussione fossero state commesse prima del 1° gennaio 2001.
Sulla base delle esposte considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 50,00 per esborsi, oltre € 4.000,00 per compensi ed oltre accessi di legge.
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