Corte di Cassazione sentenza n. 10331 del 11 maggio 2011
RAPPORTO DI LAVORO – CALCIATORE – INFORTUNIO – INDENNIZZO – POLIZZA ASSICURATIVA
massima
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Il calciatore della squadra di serie A che si infortuna durante una partita del Campionato non ha diritto all’indennizzo se ha pagato in ritardo la polizza assicurativa.
La stipulazione da parte del datore di lavoro della polizza di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (secondo la previsione della contrattazione collettiva) non incide di per se sulla individuazione del titolare (datore di lavoro o compagnia assicuratrice) della posizione debitoria nei confronti del lavoratore, o dei suoi aventi causa, in caso di infortunio, ciò dipendendo dalla configurazione che il contratto di polizza assicurativa può assumere, quale “assicurazione per conto di chi spetta” (Cass. civ., Sez. lavoro, 10 luglio 2002, n. 10057), ai sensi dell’art. 1891 c.c. (per il quale l’assicurazione corrisponde direttamente al lavoratore interessato la prestazione in caso di infortunio), ovvero quale “assicurazione della responsabilità civile” ai sensi dell’art. 1917 c.c. (che obbliga l’assicuratore a tenere indenne il datore di lavoro di quanto questi, in conseguenza dell’infortunio, ha corrisposto o deve corrispondere al lavoratore). Nel caso di pagamento in ritardo della poilizza assicurativa, il soggetto non ha diritto all’indennizzo, anche se si tratta di infortunio definito nella polizza assicurativa quale evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, dovendosi intendere come tale ogni sforzo fisico che determini con azione rapida ed intensa la lesione, operando dall’esterno verso l’interno dell’organismo.
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IN FATTO
C.C., nel convenire in giudizio la (…) s.p.a. dinanzi al tribunale di Milano, ne chiese la condanna al pagamento dell’indennizzo dovutogli a seguito di un infortunio occorsogli, il (…), durante lo svolgimento di una gara del campionato di calcio di serie A.
Il giudice di primo grado respinse la domanda, in ragione del tardivo pagamento della rata di premio, in scadenza il (…) e corrisposta dall’assicurato soltanto il successivo (…), ben oltre il periodo di mora consentito dall’art. 1901 c.c.
La sentenza fu impugnata dall’attore dinanzi alla corte di appello di Milano, che ne rigettò il gravame.
Il C. ha impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi.
Resiste con controricorso la RAS.
IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attesane la intrinseca connessione, sono del tutto privi di pregio.
Esso si infrangono, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la tardività del pagamento della polizza, oggettivamente rilevabile sotto il profilo temporale, non potesse essere seriamente contestata alla luce di circostanze, irrilevanti ed equivoche, come l’esistenza di una sorta di presunzione di conoscenza da fatto notorio (la notizia dell’infortunio del C. venne riportata dai quotidiani sportivi) ovvero l’iniziale apertura di una pratica risarcitoria (poiché l’invito a presentarsi presso il fiduciario delegato alla liquidazione dei danni provenne dalla sede romana della compagnia mentre i premi erano pagati presso l’agenzia di (…), onde l’evidente difetto di collegamento tra i due uffici). Trattasi di motivazione congrua, esaustiva e immune da vizi logico-giuridici, che il collegio, entro i limiti consentiti dalla natura del giudizio di legittimità, interamente condivide. Il ricorso è pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue come da dispositivo, giusta il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00, per spese generali.
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