Svolgimento del processo
1. Gli atti del giudizio di legittimità.
Il 11.10.2006 è stato notificato alla “X & C. sas” un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 12.7.2005), che ha accolto l’appello proposto dalla predetta società contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di ….. n. 422/28/2002, che aveva rigettato l’impugnazione proposta dalla medesima società avverso diniego parziale di rimborso IVA per il 1994 a seguito di istanza presentata per cessata attività.
La contribuente si è costituita con controricorso.
La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 20.4.2011, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.
2. I fatti di causa.
La società contribuente ha impugnato il diniego parziale di rimborso dell’eccedenza IVA per l’anno 1994, a seguito di istanza presentata il 14.3.1995 e fondata sulla cessata attività. L’amministrazione ha adottato il predetto provvedimento in data 3.4.2001 -con cui ha riconosciuto il rimborso di solo L. 24.503.000 rispetto alla richiesta di L. 40.739.000 – evidenziando che L. 18.074.000 rinvenienti da credito di imposta per l’anno 199 non potevano essere rimborsate perchè la dichiarazione per il predetto anno era stata omessa e che L. 6.409.000 non potevano essere riconosciute perchè correlate a fatture intestate a diverso soggetto. L’impugnazione di detto provvedimento, fondata principalmente sull’intervenuta decadenza de potere di accertamento, veniva disattesa dalla CTP di ….. con l’argomento che le richieste di integrazione documentale provenienti dall’Amministrazione avevano interrotto il decorso del termine decadenziale. L’appello proposto dalla società è stato accolto dalla CTR di ……
3. La motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che le richieste di integrazione documentale non avevano avuto efficacia interruttiva del termine, sicchè detto termine era maturato il 31.12.1997 senza che l’Ufficio avesse esercitato tempestivamente il potere impositivo. La Commissione Regionale aveva perciò condannato l’Amministrazione a rimborsare integralmente la somma oggetto dell’istanza.
4. Il ricorso per cassazione.
Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite in Euro 12.655,00 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.
Motivi della decisione
5. Il motivo unico d’impugnazione.
Il motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica:
“Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, art. 30 e art. 57, commi 1 e 2, nonchè degli artt. 12 e 14 preleggi.
Al codice civile, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con tale motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia si duole dell’atto che la Commissione Regionale di ….. abbia equiparato i diniego di rimborso ad una parziale rettifica d’imposta (o comunque ad una sostanziale correzione dell’imponibile dichiarato), perciò facendo consequenziale applicazione del termine decadenziale previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, senza considerare che alla base del diniego non vi era alcuna pretesa di prelievo coattivo ma la semplice verifica della sussistenza dei presupposti di legge necessari per il riconoscimento dell’asserito credito, così come previsto dall’art. 30 del menzionato D.P.R. in tema di rimborso.
D’altronde – secondo la ricorrente – anche a voler considerare le pronunce del Supremo Collegio appareniemente sfavorevoli alla tesi della ricorrente medesima (che impongono l’applicazione del termine decadenziale a diniego di rimborso che abbia un “contenuto complesso”), il diniego di rimborso qui in esame non poteva considerarsi tale, poichè non conteneva nessuna pretesa di recupero a tassazione di somme in danno del contribuente e perciò non implicava alcuna funzione di rettifica.
In ultimo, l’Agenzia ricorrente evidenziava che la Commissione Regionale aveva anche violato il disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4 atteso che la pretesa della società contribuente di rimborso dell’eccedenza relativa al 1991 era impedita dalla decadenza in cui la società medesima era incorsa, per avere omesso la presentazione della dichiarazione relativa a quell’annualità e non avere quindi esposto – come impone detta norma – l’eccedenza detraibile nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta in cui il credito ha avuto origine.
La doglianza è infondata e deve essere disattesa.
L’art. 57 dianzi menzionato, nella versione applicabile ratione temporis al provvedimento di diniego di cui qui si tratta, e perciò nella lettera risultante dalle modificazione introdotte dal D.Lgs. 02 settembre 1997, n. 313, art. 10 prevede quanto di seguito:
“Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e nell’art. 55, comma 2 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 3 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentala la dichiarazione. Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione l’avviso di accertamento dell’imposta a norma dell’art. 55, comma 1 può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli alti o fallì attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto.
Orbene, è indubbio che il riferimento al termine decadenziale contenuto nell’anzidetta norma proprio nel periodo che concerne la richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta costringe a ritenere che il predetto termine decadenziale si applichi anche al controllo, da parte dell’Ufficio, dei presupposti su cui si fonda la richiesta di rimborso dell’eccedenza imposta detraibile risultante dalla dichiarazione. Infatti la norma, nel prevedere il differimento, a determinate condizioni, del suddetto termine di decadenza nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, implicitamente conferma, in via generale, che il termine decadenziale in questione riguarda anche gli accertamenti aventi ad oggetto le richieste di rimborso (in termini si veda anche Cass. Sez. 5. Sentenza n. 8460 del 22/04/2005).
Con ciò non confligge l’insegnamento di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 194 del 10/01/2004) secondo cui: “In tema di IVA, il provvedimento con cui l’amministrazione finanziaria neghi il diritto del contribuente al rimborso dell’eccedenza detraibile, regolato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, per insussistenza dei fatti costitutivi del diritto indicati nella norma citata, senza contestare l’esistenza stessa di un’eccedenza d’imposta dovuta, non ha, neppure sostanzialmente, natura di avviso di accertamento (che presuppone necessariamente una pretesa tributaria nuova). Ne consegue che il detto provvedimento di diniego non è soggetto al termine decadenziale stabilito dal citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per gli avvisi di accertamento, potendo sempre essere emanato finchè il contribuente abbia il diritto di ottenere il rimborso dell’eccedenza” (conferma Cass. Sez. 5. Sentenza n. 8642 del 09/04/2009 e Cass. Sez. 5. Sentenza n. 29398 del 16/12/2008).
Nella fattispecie ivi in considerazione (per come emerge ancor più dalla motivazione della decisione) l’oggetto del contendere atteneva “alla sussistenza dei fatti costitutivi del diritto al rimborso indicati dalla norma, quante volte non investa l’esistenza stessa di una eccedenza di imposta in favore del contribuente ma sia limitata, come nel caso, all’esistenza degli altri fatti costitutivi”. La premessa logica di ciò e – invero – che la “querelle” in ordine ai fatti costitutivi del “diritto al rimborso” non influisce assolutamente sull’entità dell’imposta dovuta (che resta, quindi, fuori dalla discussione nella sua determinazione quantitativa) e, pertanto, non attiene assolutamente a profili accertativi dell’imposta stessa (che rimangono immutati e non discussi tra le parti).
In definitiva, emerge da quanto si è detto che per stabilire se al diniego di rimborso si applichi o meno il termine decadenziale occorre previamente intendere a quale dei due differenti ordini logici attiene la materia controversa.
Venendo alla specie qui in considerazione sono due e distinte le ragioni sostanziali per le quali l’Amministrazione ha denegato il rimborso: una di esse (concernente la riferibilità soggettiva dell’imposta portata in detrazione, atteso che è contestato che le fatture risultano intestate ad altro soggetto) attiene manifestamente all’aspetto della determinazione dell’entità dell’imposta dovuta, e quindi attiene ai profili della potestà di accertamento.
L’altra (concernente l’omessa dichiarazione annuale del periodo in cui il credito si è generato) attiene – invece – alla sussistenza dei presupposti dello stesso diritto al rimborso, indipendentemente da qualsivoglia accertamento preliminare in ordine all’esistenza o meno delle eccedenze di imposta.
Solo relativamente a questa seconda ragione di diniego, ed alla luce della distinzione preliminarmente messa in luce nella presente sentenza, l’argomento su cui la Commissione Regionale ha fondato l’accoglimento dell’appello si palesa erroneo, poichè non si sarebbe potuto fare applicazione del termine decadenziale. A tale ultimo proposito necessita, perciò, senz’altro appurare nel merito se la ragione del diniego sia fondata.
Poichè quindi appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto che derivano dalla riproposizione da parte dell’odierna intimata di argomenti già prospettati in sede di appello e rimasti assorbiti (in ordine all’effettivo periodo in cui il credito di L. 18.074.000 si è originato, ed in ordine alla regolare annotazione delle fatture da cui il credito scaturisce ed in ordine all’intervenuto consolidamento di detto credito per effetto del riporto nelle successive dichiarazioni annuali), non resta che rimettere la causa alla medesima CTR di ….., in diversa composizione, affinchè il giudice del rinvio riesamini nel merito la questione relativa alla spettanza del rimborso di cui si è detto.
La regolazione delle spese, anche per questo grado di giudizio, è rimessa al giudice del rinvio.
PQM
Accoglie il ricorso per quanto di ragione, nei sensi esplicati in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in correlazione agli aspetti di accoglimento e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo grado.
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