CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 maggio 2013, n. 10972
Lavoro – Previdenza e assistenza – Contributi assicurativi – Omesso versamento – Cartella esattoriale – Denuncia per omissione – Non sussiste.
Svolgimento del processo
Sulla base di un accertamento ispettivo dei funzionari dell’INPS, era stato richiesto alla s.p.a. A., a mezzo di notifica di cartella esattoriale, il pagamento dell’importo di € 647.309, 29 a titolo di contributi omessi e relative sanzioni, in relazione ad agevolazioni di viaggio fruite dai dipendenti della società nel periodo dal novembre 1983 all’aprile 1994.
Si trattava del fatto che tali dipendenti avevano avuto la possibilità di usufruire di viaggi-vacanza prodotti dalla società e rimasti invenduti, rimborsando unicamente il costo del viaggio e del soggiorno, ma non anche i costi fissi di struttura (personale, pubblicità, ammortamenti, etc), incidenti per il 17,40% sui ricavi complessivi, per cui su tale percentuale dei ricavi erano stati calcolati dall’INPS i contributi e le sanzioni.
Promossa azione giudiziaria da parte della società, mediante opposizione alla cartella di pagamento (sia per difetto di motivazione della stessa sia perché si era sostenuta la non debenza dei contributi a norma di legge), la Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 20 dicembre 2006, in riforma della decisione di primo grado (che aveva peraltro ridotto le sanzioni, effettuando il ricalcolo della stesse, a norma dell’art. 1, comma 217° della L. n. 662 del 1996), ha accolto le domande, dichiarando che A. nulla deve all’INPS per i titoli di cui alla cartella esattoriale opposta.
In proposito, la Corte territoriale ha ritenuto che le agevolazioni di viaggio in questione non fossero riconducibili alla nozione di retribuzione contributiva, quale definita dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, nel testo vigente all’epoca dei fatti, per molteplici ragioni: perché prive di una regolamentazione collettiva, facoltative per entrambe le parti e non continuative e, infine e soprattutto, perché erogate, a parte societatis, per coprire parzialmente un costo già subito per posti in un viaggio organizzato che non si era riusciti a vendere e che pertanto sarebbero diversamente rimasti definitivamente non coperti.
Per la cassazione di tale sentenza, l’INPS propone ora ricorso, notificato in data 19-29 dicembre 2007, affidato ad un duplice motivo, relativo a:
1 – la violazione dell’art. 12 della legge 30 aprile 1969 n. 153, anche in relazione all’art. 2697 c.c.;
2 – il vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale tenuto conto che, col pagamento parziale dei costi del viaggio vacanza, la società aveva comunque subito un impoverimento.
La società si difende con controricorso, mentre l’intimata società concessionaria Cuneo riscossioni s.p.a. non si è costituita in questa sede.
A. s.p.a. ha infine depositato una memoria a norma dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
La questione della interpretazione dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969, nel testo antecedente all’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, è stata oggetto di un recente approfondimento da parte di questa Corte in una vicenda riguardante l’inclusione o non nella nozione di retribuzione contributiva dei vantaggi economici derivanti dalla pratica della concessione da parte delle banche di mutui a tassi agevolati in favore dei propri dipendenti, approfondimento che si ritiene utile anche per valutare la presente fattispecie.
In quella sede (Cass. 17 luglio 2012 n. 12244) è stato ricordato che, con l’articolo di legge indicato, il legislatore ha inteso ampliare e rendere stringente la nozione di retribuzione rilevante ai fini contributivi, passata da “tutto ciò che il lavoratore riceve, in denaro o in natura, direttamente dal datore di lavoro per compenso dell’opera prestata, al lordo di qualsiasi ritenuta” (D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 27, comma 2), a “tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro” (comma 1 del testo ex art. 12 della legge n. 153/1969), con la sicura attribuzione del carattere tassativo all’elenco delle prestazioni escluse (cfr. Cass. 23 novembre 1984, n. 6053; 7 marzo 1986, n. 1546; 5 giugno 1987. n. 4923).
Donde, secondo la giurisprudenza di questa Corte formatasi su tale disciplina, devono essere ricomprese nel concetto di retribuzione imponibile tutte le erogazioni, in denaro o in natura, provenienti dal datore di lavoro, che trovino la loro giustificazione semplicemente nella costanza del rapporto di lavoro e che, collegate con la causa del contratto di lavoro e senza autonomia rispetto ad essa, concorrano a formare lato sensu la retribuzione, non più limitata ai ristretti criteri economici di corrispettività (Cass. 27 luglio 1999, n. 8140, 16 marzo 1999. n. 2353, 22 luglio 2002 n. 10716 o 19 giugno 2008).
Nel quadro di questa giurisprudenza, era stato peraltro precisato, in occasioni ritenute pertinenti, che la esistenza del rapporto di lavoro deve costituire la causa della erogazione da includere pertanto nella retribuzione imponibile e non la mera occasione della stessa, che trovi viceversa la propria ragion d’essere in autonome causali, specificatamente di tipo commerciale (cfr., ad es., nella motivazione, Cass. 23 marzo 2001 n. 4262)
Richiamando tale distinzione, analizzando il dato normativo anche successivo all’art. 12 della legge n. 153 e evidenziando i connotati dell’ipotesi e-saminata, relativa alla concessione della banche ai propri dipendenti di mutui a tassi agevolati, questa Corte ha infine affermato il seguente principio di diritto “Con riferimento alla disciplina di cui allaL. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12 (nel suo tenore originario) e precedente all’entrata in vigore delle disposizioni specifiche di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 18 e al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 3, comma 4, lett. b), affinché nella stipulazione da parte di una banca con i propri dipendenti di mutui a prefissate condizioni più vantaggiose di quelle riservate all’ordinaria clientela sia ravvisabile un’attribuzione economica in favore del dipendente imputabile al rapporto di lavoro e costituente elemento della retribuzione imponibile ai fini contributivi, è necessario il concorso di condizioni contrattuali non giustificabili nel quadro dell’esercizio dell’attività imprenditoriale bancaria o di altri adeguati elementi di prova, esclusa di per sé la rilevanza della concessione del mutuo a un tasso inferiore a quello degli interessi legali, in ipotesi praticabili anche nei confronti della migliore clientela o la subordinazione della concessione del mutuo a un determinato stato di servizio “.
Condividendo il principio enunciato, il collegio ne trae elementi di valutazione utili per la soluzione del caso in esame.
Che è una ipotesi in cui, come accertato dalla sentenza impugnata, l’occasione della erogazione è del tutto casuale, essendo rappresentata dalla mancata vendita di alcune unità dei viaggi-vancanza organizzati dalla società, le quali avrebbero dovuto viceversa concorrere alla copertura dei costi aziendali necessari per l’organizzazione del viaggio, ivi compresa la remunerazione dei fattori della produzione.
Questo invenduto, che si evidenzia normalmente in prossimità dell’inizio del viaggio, potrebbe in teoria, essere sanato con uno sconto nel prezzo di vendita alla clientela, di difficile praticabilità da parte della società, che non è una agenzia di viaggio che vende direttamente ai clienti finali, ma un tour operator, che per difficoltà oggettive ed anche per ragioni di immagine non può facilmente permettersi siffatta pratica di sconti.
L’unica possibilità praticabile – e comunque la più agevole – è allora quella di offrire ai propri dipendenti questi viaggi invenduti, ma evidentemente ad un prezzo ragionevolmente scontato, perché l’offerta non presenta possibilità di scelta tra diverse opportunità o comunque è in proposito limitata e i tempi per aderirvi sono ristretti.
Si evidenzia quindi, tenuto conto del tipo di impresa cui appartiene la società resistente, il carattere commerciale dell’iniziativa, svincolato da previsioni del contratto collettivo, legato ad un fatto di pertinenza esclusivamente aziendale e che consente alla società di recuperare l’invenduto, attingendo ad una platea di possibili utenti, altrimenti difficilmente raggiungibile.
E’ evidente che in questo quadro di riferimento l’esistenza di un rapporto di lavoro più che rappresentare un vantaggio per il lavoratore, lo sia per l’impresa, che comunque conduce l’operazione in stretta aderenza alle proprie politiche commerciali.
Rilevando il carattere occasionale della erogazione, la sua facoltatività e soprattutto la sua natura strettamente commerciale, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione delle massime di esperienza per escludere che l’erogazione trovasse la propria ragion d’essere nella esistenza del rapporto di lavoro della società con i propri dipendenti.
In base alle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio.
L’INPS va pertanto condannato a rimborsarle ad A. s.p.a., nella misura indicata in dispositivo, determinata in applicazione dei parametri di cui al recente D.M. n. 140 del 2012.
La marginalità della posizione in giudizio della società rimasta intimata consiglia la compensazione delle spese tra le due società.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna PINPS a rimborsare ad A. s.p.a. le spese di questo giudizio, liquidate in € 50,00 per esborsi ed € 10.200,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge; compensa le spese tra A. s.p.a. e Cuneo Riscossioni s.p.a.
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