CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 maggio 2013, n. 11170
Avviso di accertamento – Competenza territoriale dell’ufficio – Nel luogo del domicilio fiscale dichiarato dal contribuente ai fini Iva – Validità – Differenza dalla residenza anagrafica – Irrilevanza – Motivi
Svolgimento del processo.
M. R. S. propose ricorso avverso l’avviso di accertamento, avente ad oggetto il recupero a tassazione di imponibile relativo all’Iperf dell’anno 1998, eccependo unicamente la nullità dell’atto per difetto di competenza territoriale dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Vasto.
Il ricorso venne accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Chieti la quale rilevava che la contribuente, come emerso da certificazione anagrafica, era stata residente in Bari sino al 31.1.2000 per trasferire la propria residenza a Vasto dal 1.2.2000. L’appello proposto avverso la sentenza dall’Agenzia delle Entrate veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo- sezione distaccata di Pescara con la sentenza indicata in epigrafe. I Giudici di secondo grado ritenevano: che la competenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate si estrinseca nell’ambito della circoscrizione entro la quale hanno il domicilio fiscale i soggetti tenuti alla dichiarazione e che tale domicilio fiscale coincide con quello denunciato all’anagrafe del Comune ove il soggetto risiede;
che dagli atti processuali risultava incontrovertibilmente acclarato che la contribuente aveva trasferito la residenza anagrafica nel Comune di Vasto solo nell’anno 2000 e che, quindi, Ita comunicazione di variazione di residenza presentata dalla stessa contribuente ai fini IVA attestante la residenza in Vasto sin dal 5.10.1998 non avesse alcun rilievo in quanto la legge tributaria, e segnatamente gli artt.31 e 37 del d.p.r. n.600/73, assegnavano all’Amministrazione Finanziaria un potere-dovere di controllo e di verifica dei dati e delle notizie fornite dai contribuenti.
Avverso I detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Agenzia delle Entrate. La contribuente non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione.
l.Con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art.360 n.3 c.p.c, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.3, I e II comma, degliartt.31, 36, 37 e 58 del d.p.r. n.600/73 e dell’art.35 del d.p.r.633/72. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. avrebbe fatto erronea applicazione delle norme indicate nel ritenere irrilevante, ai fini della competenza territoriale dell’Ufficio ad emettere l’atto impositivo, la comunicazione del domicilio effettuata dalla contribuente seppure relativa a differente imposta (iva) rispetto a quella per cui si era proceduto (iperf).
2. Con il secondo motivo -afferente, in relazione sempre all’art.360 n.3 c.p.c, violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 36, 37 e 58 del d.p.r.633/72 e 1321 e 1324 c.c. la ricorrente denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel ritenere incombente sull’Ufficio l’obbligo di controllo in ordine al domicilio fiscale del contribuente.
3.1 motivi, che per la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati. 4.Come noto, ai sensi dell’art.31 d.p.r. n.600/73 lacompetenza territoriale dell’Ufficio distrettuale viene individuata con riferimento al domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata ed, ai sensi del successivo art.58 stesso d.p.r., il domicilio fiscale delle persone fisiche residenti è ilComune nella cui anagrafe sono iscritte. Infine l’art.35 del d.p.r.n.633/72 prescrive che dalla dichiarazione di inizio attività, ai fini del rilascio della partita iva, deve risultare, tra l’altro, per le persone fisiche il domicilio fiscale.
5. Nella fattispecie, come risulta dalla sentenza impugnata, è pacifico che, alla data in cui avrebbe dovuto presentare la dichiarazione dei redditi (oggetto di controversia) l’intimata risultava, sulla base delle risultanze anagrafiche, risiedere nel Comune di Bari ma è, altrettanto, incontroverso che la stessa contribuente, nella richiesta di variazione di partita iva nell’anno 1999, ebbe dichiarare di essere residente sin dal 1998 a Vasto.
6. Ciò posto, non si ravvisano ragioni idonee per non dare continuità al principio già espresso da questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 5358 del 10/03/2006) secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell’ufficio accertatore è determinata dall’art. 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.600 con riferimento al domicilio fiscale indicato dal contribuente, la cui variazione, comunicata nella dichiarazione annuale dei redditi, costituisce pertanto atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio non solo ai fini delle notificazioni, ma anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all’ufficio nella cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio. Tale “ius variandi” dev’essere peraltro esercitato in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario: pertanto, il contribuente che abbia indicato nella propria denuncia dei redditi il domicilio fiscale in un luogo diverso da quello precedente, non può invocare detta difformità, sfruttando a suo vantaggio anche un eventuale errore, al fine di eccepire, sotto il profilo dell’incompetenza per territorio, 1’invaliderai dell’atto di accertamento compiuto dall’ufficio finanziario del domicilio da lui stesso dichiarato”. Né appare rilevante, ai fini che qui interessano e data l’unicità del domicilio fiscale, che questo, diverso dalla residenza anagrafica, sia stato dichiarato ai fini di un’imposta diversa (iva) da quella oggetto di accertamento (irpef).
Infine, va rilevato che diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione Tributaria Regionale gli artt. 37 e 38 del d.p.r.n.600/1973, a fronte di una comunicazione effettuata, come nella specie, dalla stessa contribuente, non impongono alcun obbligo di accertamento a carico dell’Amministrazione finanziaria.
7.1 Giudici di appello non hanno fatto corretta applicazione della normativa di riferimento alla luce dei principi sopra illustrati onde la sentenza impugnata va cassata.
8.Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto può procedersi alla decisione nel merito della controversia con il rigetto dell’originario ricorso/ proposto dalla contribuente.
L’evoluzione processuale dei gradi di merito induce a compensare tra le parti le relative spese; mentre, in ossequio al principio di soccombenza, i compensi di lite di questo grado, liquidati in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M.n. 140/2012, vanno posti a carico dell’intimata.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivi* proposto dalla contribuente. Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.Condanna S. M. R. al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate dei compensi di questo grado che liquida in complessivi euro 2.000, oltre spese prenotate a debito.
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