CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 maggio 2013, n. 11269
Lavoro – Lavoro subordinato – Costituzione del rapporto – Assunzione – Collocamento al lavoro – Lavoratori stagionali – Diritto di precedenza nell’assunzione – Estensione di tale diritto – Riferibilità ad ipotesi normativamente individuate.
Svolgimento del processo
1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 26 marzo 2009) in accoglimento dell’appello proposto da V. O. avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 563 del 31 agosto 2005, respinge le domande dei lavoratori E. B., C. R. e A. P. volte ad ottenere: 1) la dichiarazione della nullità delle clausole appositive del termine nei rispettivi contratti di lavoro; 2) la dichiarazione della sussistenza nei rispettivi confronti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal 21 agosto 2000; 3) l’illegittimità dei licenziamenti intimati in data 20 febbraio 2001; 4) la condanna della O.P.I. s.p.a. (oggi: V. O.) alla reintegrazione nel posto di lavoro e al consequenziale risarcimento del danno; 5) in via subordinata: previa dichiarazione della violazione del diritto di precedenza nell’assunzione, la costituzione nei loro confronti rispettivi di un rapporto di lavoro con le medesime caratteristiche del primo contratto stipulato in epoca successiva all’esercizio del diritto di precedenza e la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno, commisurato alle retribuzioni maturate dalla data della stipula del predetto contratto fino a quella della sentenza costitutiva.
La Corte d’appello di Bologna, per quel che qui interessa, precisa che:
a) è pacifico che i lavoratori di cui si tratta sono stati assunti in base a contratti a tempo determinato nel periodo 21 agosto 2000-20 febbraio 2001;
b) è anche incontestato che l’art. 1-6/5, punto B), 2), Disciplina generale, Sezione terza, del CCNL per i lavoratori addetti all’Industria metalmeccanica privata e alla Installazione di impianti dell’8 giugno 1999, richiamato dal contratto aziendale, autorizzava la datrice di lavoro alla stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine “per punte di più intensa attività derivanti dall’acquisizione di commesse o per lancio di nuovi prodotti che, per i volumi o per i termini di consegna, non sia possibile eseguire in base al normale organico e ai normali programmi di lavoro”;
c) dalle risultanze della prova testimoniale è emerso che nell’estate del 2000 e nei successivi mesi dell’autunno-inverno 2000-2001 la società V. ha lanciato nuovi prodotti i cui servizi di informazione e attivazione sono stati gestiti dal Cali center al quale erano addetti i ricorrenti, che è stato quindi interessato da un considerevole incremento di attività;
d) ne consegue che la sentenza di primo grado non è corretta sia dove ha escluso la ricorrenza di una punta più intensa di attività al momento della stipula dei contratti in oggetto, sia dove ha ritenuto che la legittimità dell’apposizione del termine dovesse essere subordinata all’inesistenza di “esigenze assolutamente ordinarie e normali” dello “specifico ramo produttivo”;
e) è noto che le assunzioni a termine per cd. “punte stagionali” di attività lavorativa, in un primo tempo ammesse solo per i settori commercio e turismo, a partire dall’art. 8-bis della legge 25 marzo 1983, n. 79 sono state consentite per tutti i settori economici;
f) si è molto dibattuto sulla definizione di “punte stagionali” di attività, ma nella specie la formulazione letterale della disposizione contrattuale che interessa porta a ritenere che essa non si riferisca propriamente a tale ipotesi (intesa dalla giurisprudenza di legittimità come riferita a fattori ricorrenti e prevedibili in determinati periodi dell’anno), quanto piuttosto ad una ipotesi ulteriore individuata dalla contrattazione collettiva, che riguarda intensificazioni di attività caratterizzate o dalla ricorrenza di particolari esigenze produttive limitate nel tempo e cicliche o stagionali oppure dalla correlazione con eventi isolati o eccezionali;
g) ne deriva che trattandosi di una ipotesi individuata dalle parti sociali nell’esercizio della loro ampia discrezionalità in materia, darne una interpretazione in senso riduttivo, come ha fatto il Tribunale, significa violare la lettera e la ratio dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, come inteso dalla giurisprudenza di legittimità;
h) è da escludere anche la violazione del diritto di precedenza, in quanto come ha precisato la giurisprudenza di legittimità nella sentenza 15 febbraio 2006, n. 3309, il diritto di precedenza nelle assunzioni in favore dei lavoratori assunti a tempo determinato, non è previsto in via generale per tutte le assunzioni a termine, ma solo con riguardo ad ipotesi ben specificate, ed in particolare soltanto in relazione alle assunzioni avvenute ai sensi della lettera a) dell’art. 1 della legge n. 230 del 1962 e di quelle previste dal d.l. n. 876 del 1977 e dalla legge n. 598 del 1979, cioè per le punte stagionali di attività;
i) poiché, nella specie, tale ipotesi non ricorre, per quel che si è detto, è da escludere l’operatività del diritto di precedenza nei confronti dei ricorrenti.
2.- Il ricorso di E. B., C. R. e A. P., illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per quattro motivi; resiste, con controricorso, V. O..
Motivi della decisione
I – Sintesi dei motivi di ricorso
1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nullità del procedimento per non avere la Corte d’appello di Bologna posto a fondamento della decisione tutte le risultanze istruttorie del giudizio di primo grado.
Si sostiene che la affermazione della Corte bolognese della sussistenza di un incremento dell’attività della società V. tale da legittimare – ai sensi dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, in combinato disposto con l’art. 1-bis, punto B), 2), Disciplina generale, Sezione terza, del CCNL applicabile nella specie – l’apposizione del termine ai contratti stipulati con i ricorrenti, risulta essere il frutto di una insufficiente e superficiale valutazione delle risultanze istruttorie e quindi supportata da un iter logico-giuridico viziato.
2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sottolinea che la Corte territoriale non solo ha analizzato superficialmente il materiale probatorio acquisito nel corso del giudizio di primo grado e richiamato sia nella sentenza del Tribunale sia nel giudizio di appello, ma non giustifica in alcun modo la scelta di non tenere conto proprio delle dichiarazioni – peraltro rese dai testi citati dalla V. – che il Tribunale ha considerato decisive al fine di escludere la sussistenza della “punta più intensa di attività”, per il lancio di nuovi prodotti o servizi legittimante le assunzioni a termine.
3.- Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1-bis, punto B), 2), Disciplina generale, Sezione terza, del suindicato CCNL per i lavoratori addetti all’Industria metalmeccanica privata e alla Installazione di impianti dell’8 giugno 1999, in relazione all’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56.
Si sostiene che – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello – in base alla giurisprudenza di legittimità, il riconosciuto conferimento alle parti sociali, con l’art. 23 della legge n. 56 del 1987, di una sorta di “delega in bianco” per l’individuazione di ipotesi di legittima apposizione del termine diverse da quelle previste dalla legge non esclude che si debba comunque tenere conto dei limiti dettati dalla disciplina generale in materia, al fine di evitare un uso abnorme e contra legem delle assunzioni a termine.
In tale ottica, la apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato è consentita anche nell’ipotesi di un incremento della normale e ordinaria attività di impresa, ma solo se si tratta di un incremento correlato ad eventi eccezionali e non ad una normale, prevedibile e programmata attività aziendale, quale è quella di cui si discute, che corrisponde ad eventi (lancio di nuovi prodotti) che, dalle risultanze della prova testimoniale, è stato accertato che si ripetevano (e tuttora si ripetono) con cadenze quasi mensili.
4.- Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 8-bis del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, dell’art. 1 del d.l. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18 nonché dell’art. 23, secondo comma, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, in materia di diritto di precedenza.
Si ricorda che, in subordine rispetto alle precedenti domande, i ricorrenti avevano chiesto il riconoscimento del diritto di precedenza nell’assunzione presso la V., avendo presentato la prescritta dichiarazione al riguardo presso il Centro per l’Impiego.
La Corte d’appello ha negato tale loro diritto perché ha ritenuto che le loro assunzioni non siano state fatte “per punte stagionali”.
Tale affermazione si pone in aperta contraddizione con quanto sostenuto nella sentenza impugnata a proposito dell’apposizione del termine ai contratti, che viene ritenuta legittima proprio in considerazione della stagionalità delle promozioni per far fronte alle quali gli attuali ricorrenti sarebbero stati assunti.
II – Esame delle censure
5.- Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, come si desume anche dal relativo quesito di diritto, con esso si avanzano censure che non hanno nulla che vedere con la fattispecie invocata della “nullità del procedimento”, essendo basate sulla denuncia di una insufficiente e superficiale valutazione delle risultanze istruttorie da parte della Corte bolognese, da cui sarebbe derivato un ragionamento approssimativo in merito alla sussistenza di una punta più intensa di attività al momento dell’assunzione a termine dei ricorrenti.
È noto infatti che perché possa configurarsi l’ipotesi di nullità del procedimento, rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., è necessario che sia stata omessa una formalità essenziale del procedimento, la cui mancanza sia sanzionata dalla legge con la nullità, perché sia in grado di incidere sulla validità dello svolgimento del rapporto processuale.
È, quindi, evidente che tale situazione – che non può verificarsi in relazione ad istanze istruttorie (per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, vedi, per tutte: Cass. 11 febbraio 2009, n. 3357; Cass. SU 18 gennaio 2001, n. 15982) – tanto meno può riguardare aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112).
6.- Il secondo motivo non è da accogliere perché con esso si prospettano censure che si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione, essendo pacifico che perché la motivazione adottata dal giudice del merito possa essere considerata adeguata e sufficiente non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. 2 luglio 2004, n. 12121; Cass. 20 gennaio 2010, n. 868).
La Corte territoriale ha, infatti, adeguatamente motivato la propria decisione di riformare la sentenza di primo grado sia dove essa aveva escluso la ricorrenza di una punta più intensa di attività al momento della stipula dei contratti in oggetto, sia dove aveva ritenuto che la legittimità dell’apposizione del termine dovesse essere subordinata all’inesistenza di “esigenze assolutamente ordinarie e normali” dello “specifico ramo produttivo”.
La Corte, infatti, sulla base di una corretta interpretazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, in combinato disposto con l’art. 1-bis, punto B), 2), Disciplina generale, Sezione terza, del CCNL applicabile nella specie, è pervenuta alla conclusione secondo cui, l’ipotesi prevista dalla suindicata norma contrattuale – “punte di più intensa attività derivanti dall’acquisizione di commesse o per lancio di nuovi prodotti che, per i volumi o per i termini di consegna, non sia possibile eseguire in base al normale organico e ai normali programmi di lavoro” – sia una ipotesi ulteriore rispetto a quella delle “punte stagionali” di attività, individuata dalla contrattazione collettiva, con riguardo ad intensificazioni di attività caratterizzate o dalla ricorrenza di particolari esigenze produttive limitate nel tempo e cicliche o stagionali oppure dalla correlazione con eventi isolati o eccezionali.
Sulla base di tale premessa, supportata da congrua e logica motivazione, la Corte bolognese ha ritenuto che, trattandosi di una ipotesi individuata dalle parti sociali nell’esercizio della loro ampia discrezionalità in materia, darne una interpretazione in senso riduttivo, come aveva fatto il Tribunale, significa violare la lettera e la ratio dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, come inteso dalla giurisprudenza di legittimità.
7.- Da quel che si è detto a proposito del secondo motivo emerge anche l’infondatezza del terzo motivo, con il quale, peraltro, si contestano affermazioni in parte, in realtà, non sono presenti nella sentenza impugnata e, in parte, del tutto conformi alla giurisprudenza di legittimità in materia.
Va, infatti, osservato che la Corte d’appello lungi dal legittimare “sempre (e senza alcun limite)” la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato da parte della V. O., si è limitata ad intendere la suindicata norma contrattuale come prevedente una specifica ipotesi di possibile stipulazione di contratti a termine, individuata dalle parti sociali nell’esercizio del potere loro attribuito dall’art. 23 della legge n. 56 del 1987 di definire nuovi casi di assunzione a termine, rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962, in conformità con l’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti.
Tale intento è stato ripetutamente posto in evidenza dalla giurisprudenza di legittimità, che con orientamento ormai consolidato, ha affermato il principio secondo cui l’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dall’art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modifiche nonché dall’art. 8-bis del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore dei sindacati, i quali, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti (vedi, per tutte: Cass. SU 2 marzo 2006, n. 4588, cui si è uniformata la successiva giurisprudenza).
Ne consegue che, sul punto, la sentenza impugnata non merita alcuna censura, tanto più che il suddetto orientamento ha ricevuto specifica applicazione anche con riguardo alle ipotesi delle assunzioni a termine per “punte di più intesa attività”, nel senso che, con le particolarità proprie dei diversi settori lavorativi di volta in volta esaminati, è stata riconosciuta la possibilità per la contrattazione collettiva di prevedere specifiche ipotesi di contratti a termine al riguardo, salva restando la verifica, da parte del giudice del merito, della sussistenza degli elementi di fatto idonei a supportare l’esistenza delle “punte” richieste dal CCNL (vedi, per tutte: Cass. 12 luglio 2010, n. 16302; Cass. 21 luglio 2000, n. 9617; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1845).
Tale verifica, nella specie, risulta effettuata in modo corretto e supportata da congrua motivazione.
8.- Il quarto motivo è, invece, da accogliere.
8.1.- Sul punto la sentenza impugnata appare basata su una lettura parziale della sentenza di questa Corte 15 febbraio 2006, n. 3309, che ha indotto la Corte d’appello ad effettuare una interpretazione erronea della normativa in materia di diritto di precedenza, che non trova riscontro nella stessa sentenza richiamata.
Da tale ultima sentenza risulta, infatti, che l’istituto del diritto di precedenza, attribuito ai lavoratori assunti a tempo determinato, è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 8-bis del d.l. 28 gennaio 1983, n. 17, convertito dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, il cui primo comma così dispone: “I lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa a carattere stagionale con contratto a tempo determinato, stipulato ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a), della legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni, hanno diritto di precedenza nell’assunzione con la medesima qualifica presso la stessa azienda, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro”.
Il successivo secondo comma precisa: “La condizione di cui al comma precedente si applica anche a lavoratori assunti a norma del d.l. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito con modificazioni dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18 e della legge 26 novembre 1979, n. 598, le cui disposizioni restano in vigore e sono estese a tutti i settori economici”.
Successivamente, l’art. 23, secondo comma, della legge 28 febbraio 1987, n. 56 aggiunge: “I lavoratori che abbiano prestato attività lavorative con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’art. 8-bis del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, hanno diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica quando per questa è obbligatoria la richiesta numerica e a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro”.
Infine – ed a prescindere dalla riforma attuata con il d.lgs. n. 368 del 2001 – l’art. 9-bis (Lavoratori stagionali) del d.l. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993 n. 236, ha sostituito il secondo comma dell’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, riproducendone il testo, con la sola eliminazione della dicitura: “quando per questa è obbligatoria la richiesta numerica”.
Orbene, da siffatta normativa emerge con sufficiente chiarezza che il diritto di precedenza nelle assunzioni non è previsto in via generale per tutte le assunzioni a termine, ma solo in relazione alle assunzioni avvenute ai sensi della lettera a) dell’art. 1 della legge n. 230 del 1962 e di quelle previste dal d.l. n. 876 del 1977 e dalla 26 novembre 1979, n. 598, cioè le così dette assunzioni per “punte stagionali”, le quali ultime due previsioni richiedono per la loro legittimazione l’intervento accertativo dell’Ispettorato provinciale del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative.
Appare, quindi, corretto affermare che il diritto di precedenza non è previsto con riferimento ad una categoria di contratti a termine, muniti di alcuni profili comuni, bensì con riguardo ad ipotesi ben specificate, trovando siffatta affermazione pieno fondamento nel citato art. 8-bis.
Vi è, poi, da considerare che con tale norma il legislatore, al primo comma, ha fissato il diritto di precedenza per gli assunti ex art. 1, lettera a), della legge n. 230 del 1962 e con il secondo comma ha esteso tale diritto agli assunti a termine ex d.l. n. 876 del 1977; sicché, tenuto conto che la lettera a) prevede la ipotesi di assunzione a termine per attività stagionale e che il d.l. n. 876 del 1977, prevede le assunzioni a termine per far fronte alle così dette punte stagionali, appare evidente che il legislatore non si è mai voluto riferire a tutte le assunzioni per attività cicliche o ripetitive ma solo a quelle specificamente indicate; diversamente non sarebbe stato necessario il chiarimento del secondo comma che, come si è rilevato, ha esteso la disciplina dettata per la lettera a) alle punte stagionali.
Va, inoltre, tenuto presente che – come chiarito da Cass. 20 agosto 2004, n. 16363 – in tema di diritto di prelazione dei lavoratori stagionali nelle nuove assunzioni, il quadro normativo profondamente mutato, prima con il riconoscimento, ad opera della legge n. 223 del 1991, di una facoltà generalizzata di richiesta nominativa, successivamente, con l’introduzione delle regole dettate dal d.l. n. 510 del 1996, convertito in legge n. 510 del 1996 – alla stregua delle quali si è avuta l’eliminazione di ogni intervento degli organi del collocamento pubblico nella fase precedente all’assunzione, effettuata direttamente dal datore di lavoro, tenuto soltanto ad una mera comunicazione successiva alla costituzione del rapporto, l’intervento pubblico non svolge alcun ruolo per l’attuazione del diritto di precedenza nell’assunzione previsto dalla disciplina invocata, che vede come unico soggetto obbligato il datore di lavoro al quale, soltanto, deve essere manifestata la volontà di avvalersi del beneficio, e per il quale non sussiste alcun obbligo di verificare, presso l’ufficio del lavoro, l’eventuale presentazione di domande per l’avviamento, nella stagione successiva, di lavoratori già assunti nella stagione precedente (Cass. 20 agosto 2004, n. 16363).
8.2.- Da tali premesse emerge che nella sentenza impugnata, sulla base di una non approfondita esegesi della normativa da applicare, non è stato adeguatamente valutato se i ricorrenti avessero o meno il diritto di precedenza, sicché la decisione di escludere il riconoscimento del diritto stesso risulta motivata in modo non soltanto poco chiaro ma anche poco coerente con quanto si afferma, in precedenza, nella sentenza stessa a proposito dell’apposizione del termine ai contratti.
Infatti, mentre tale apposizione viene ritenuta legittima proprio in considerazione della stagionalità delle promozioni per far fronte alle quali gli attuali ricorrenti sarebbero stati assunti (sia pure desunta da una ipotesi prevista dalla contrattazione collettiva), il mancato riconoscimento del diritto di precedenza sembra giustificato dal fatto che le assunzioni non sarebbero state effettuate “per punte stagionali” di attività, ipotesi che ai fini che qui interessano non sembra diversa da quella in base alla quale le assunzioni a termine sono state considerate legittime.
III – Conclusioni
9.- In sintesi il quarto motivo deve essere accolto mentre il primo, il secondo e il terzo motivo vanno rigettati.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11269 depositata il 7 aprile 2022 - In tema d'IVA, è precluso il diritto alla detrazione nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti anche solo sotto il profilo soggettivo, poichè l'indicazione…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
- Corte di Cassazione sentenza n. 17986 depositata il 4 luglio 2019 - In tema di estinzione della società, a seguito di cancellazione della stessa dal registro delle imprese ai sensi dell'art. 2495 c.c., ove il socio unico di società di capitali…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 29316 depositata il 23 ottobre 2023 - In tema di somministrazione irregolare, l'art. 80 bis del d.l. n. 34 del 2020, conv., con modif., dalla l. n. 77 del 2020 - ove è previsto che il secondo periodo del comma 3…
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 297 depositata il 9 gennaio 2023 - Le norme in tema di stabilizzazione non hanno previsto la continuazione, a tempo indeterminato, dello stesso rapporto di lavoro a tempo determinato, ma la conclusione di un nuovo…
- TRIBUNALE di UDINE - Sentenza n. 88 depositata il 23 marzo 2023 - Ove il contratto collettivo preveda per l'ipotesi di cessazione dell'appalto a cui sono adibiti i dipendenti un sistema di procedure idonee a consentire l'assunzione degli stessi, con…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: In tema di accertamento delle
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 33399 depositata il 30 novembre…
- L’anatocismo è dimostrabile anche con la sol
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 33159 depositata il 29 novembre 2023,…
- Avverso l’accertamento mediante il redditome
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31844 depositata il 15 novembre…
- Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti
Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti ogni qualvolta l’appaltatore…
- Per il provvedimento di sequestro preventivo di cu
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47640 depositata il…