CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 maggio 2013, n. 11344
Società di persone fisiche – Ricorso per cassazione proposto nei confronti di società di accomandita semplice cancellata dal registro delle imprese – Conseguenze – Inammissibilità dell’impugnazione – Sussistenza – Costituzione operata dai soci della società – Effetti per la società cancellata e gli altri intimati – Configurabilità – Fattispecie
Svolgimento del processo
La Comunità Montana Bellunese con delibera 55/2008 affidò a trattativa privata alla s.a.s. B.M. & C. la gestione biennale di un complesso turistico-sportivo-ricreativo con annesso bar ristorante sito in Pian dei Longhi di Belluno. Allo scadere del biennio la Comunità decise di indire una gara (pubblico incanto) per l’affidamento della gestione, gara che si svolse il 26.5.2010 e che si concluse con la aggiudicazione provvisoria alla s.a.s. P..
La soc. B. con atto 4.2.2011 impugnò l’aggiudicazione definitiva innanzi al TAR Veneto ma il ricorso venne respinto con sentenza 21.03.2011 la quale disattese il rilievo della prelazione pur concessa a B. sottolineando il valore assorbente delle sue inadempienze contrattuali (debiti insoluti e inesecuzione della manutenzione ordinaria). La B. propose quindi appello deducendo, tra l’altro, la sussistenza dell’eccesso di potere nel non avere la Comunità tempestivamente indicato ed allegato le inadempienze ostative alla aggiudicazione e nel non aver rispettato forme e termini per con sentire l’esercizio della prelazione. Costituitesi l’appellata Comunità e l’aggiudicataria, il Consiglio di Stato con sentenza 28.12.2011 ha invece accolto l’appello della soc. B. e la relativa domanda di annullamento della aggiudicazione, dichiarando anche l’inefficacia della aggiudicazione alla s.a.s. P.. Nella motivazione il giudice di appello ha preliminarmente accertato che la soc. B. non aveva partecipato alla gara essendo essa affidataria munita di prelazione e come tale legittimata alla gestione a seguito della reiterata offerta, essa avendo dichiarato l’8.7.2010 di voler esercitare il diritto come comunicatole dalla Comunità il 27.5.2010, ed ha poi considerato che dall’incontro tra i due atti discendevano gli effetti di cui all’art. 1380 c.c., che vi era stato un affidamento scaturente dalla precedente gestione, che l’Amministrazione non aveva affatto richiamato la cattiva gestione del complesso e che l’interpello del 27 maggio era incondizionato.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso ex art. 362 c. 1 c.p.c. la Comunità Montana con atto del 27.4.2012 articolato su quattro motivi, cui hanno opposto difese con atto di costituzione del 7.12.2012 (recante procura ad litem del difensore) la soc. B. ed i suoi tre soci.
Ricorrente e resistenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. Non hanno svolto difese gli intimati s.n.c. P. ed i suoi tre soci.
Alla fissata udienza sono comparsi ed hanno discusso i difensori di Comunità e dei quattro soggetti costituiti il 7.12.2012.
Motivi della decisione
Giova, preliminarmente, rilevare che, alla stregua delle dichiarazioni contenute nelle memorie e di quelle rese nelle difese orali della Comunità e degli intimati B. ed altri, emerge come dato incontestato che la s.a.s B.M. & C. venne cancellata dal registro delle imprese in data 19.12.2011 e quindi dopo l’udienza pubblica innanzi al Consiglio di Stato (6.12.2011) e prima tanto del deposito delle sentenza qui impugnata (28.12.2011) quanto della notificazione del ricorso di Comunità alla detta società cancellata (27.4.2012) ed agli altri intimati.
Comunità nella memoria ex art. 378 c.p.c.: 1) predica la indifferenza della cancellazione ( della quale essa si sarebbe avveduta in corso di giudizio) anche nel quadro dei principi di SU 6070 del 2013 che pur invoca, stante la sua ignoranza della vicenda estintiva (ex adverso sottaciuta), e pertanto afferma la ammissibilità del suo ricorso; 2) denunzia l’inammissibilità della “costituzione” della s.a.s. B. e di quella autonoma dei tre soci (stante la efficacia abdicativa di ogni pretesa trasmissibile, efficacia propria della avvenuta decisione di cancellare la società); 3) auspica – alla luce del citato intento abdicativo e dalla sua immediata operatività – pronunzia di cessazione della contesa, essa più non interessando alla società estinta e non essendo configurabile alcun sub ingresso dei tre soci nella posizione della estinta.
Di converso, nella memoria che segue il mero atto di costituzione notificato il 7.12.2012, la s.a.s. B. ed i tre soci B.M., B.Mo., T.E., dato atto della cancellazione del 19.12.2011: 1) affermano la inammissibilità del ricorso di Comunità alla stregua del principio posto dalle ex adverso invocate S.U. 6070/13, 2) predicano la loro legittimazione a costituirsi, come avvenuto, onde determinare la prosecuzione del giudizio di legittimità.
Su tali premesse il Collegio:
1. dichiara l’inammissibilità del ricorso di Comunità nei confronti della società estinta, nei suoi soli confronti l’impugnazione essendo stata proposta e non configurandosi in alcun modo – alla stregua dei principii posti dalle hinc et inde invocate pronunzie di queste Sezioni Unite – sia una esimente dall’obbligo di instaurare correttamente il rapporto di impugnazione sia una qualsivoglia “sanatoria” per effetto della costituzione dei soci (valida semmai ex nunc ma nella specie, per altro verso, inammissibile);
2. dichiara inammissibile la irrituale e tardiva costituzione non solo della società cancellata ma anche dei tre soci (costituzione avvenuta con atto notificato il 7.12.2012 a fronte del ricorso notificato alla società estinta il 27.4.2012) e pertanto dichiara inammissibile la loro memoria depositata ex art. 378 c.p.c.; dichiara anche inammissibile la stessa costituzione – anche ai limitati effetti del patrocinio in sede di discussione – dei tre soci B.- T., posto che nella posizione della s.a.s. B. innanzi al giudice amministrativo (deducente la illegittimità della aggiudicazione a P., in ragione della prelazione di essa B.) non è configurabile alcun profilo suscettibile di “trasmissione” ai soci, difettando anche il profilo di certezza e liquidità del pur prospettato credito risarcitorio;
3. esclude che possa procedersi alla sollecitata pronunzia di cessazione della contesa, invocata in memoria da Comunità proprio in ragione del preteso effetto abdicativo (a crediti rivenienti dalla prelazione) desumibile dal verbale di scioglimento della s.a.s.: siffatta pronunzia viene infatti sollecitata non già in ragione di un sopravvenuto proprio disinteresse alla definizione della impugnazione (sintomaticamente di contro chiedendosi la cassazione della sentenza impugnata) ma per far emergere il disinteresse “confessato” della controparte con riguardo al rapporto processuale svolto innanzi al giudice amministrativo;
4. afferma invece che, essendo stato il rapporto processuale in questa sede instaurato da Comunità anche nei confronti dell’aggiudicataria s.n.c. P. e dei suoi tre soci, e pertanto il rapporto processuale essendo integro anche per tal verso (i tre soci della società cancellata avendo svolto un inammissibile ma nondimeno efficace intervento nel giudizio), deve pronunziarsi sul ricorso ex art. 362 c. 1 c.p.c. e sulla sua richiesta di cassazione della sentenza del Consiglio di Stato alla stregua dei tre motivi in esso articolati da Comunità.
Esaminando, quindi, i primi due motivi del ricorso che denunziano sotto distinti profili un eccesso di potere giurisdizionale ai danni della P.A., della quale sarebbero state invase con pronunzia indebitamente “sostitutiva” le prerogative discrezionali, ritiene il Collegio che sia di tutta evidenza la infondatezza della prospettata violazione. Ed infatti, in primo luogo il richiamo al disposto dell’art. 38 lett. F) del d.lgs. 163 del 2006 ed al quadro di riserva di discrezionalità che al proposito queste Sezioni Unite hanno ritenuto di delineare (nella sentenza 2312 del 2012 ricordata in ricorso, e quindi nelle pronunzie 5942 del 2012 e 5949 del 2013), è privo di pertinenza posto che nella specie non è stato posto in rilievo alcun eccesso di potere nel far valere una sopravvenuta “sfiducia” nei riguardi della soc. B. e che la vicenda della prelazione a suo favore è stata posta in rilievo nella sentenza, secondo una chiara prima ratio decidendi, per escludere radicalmente la percorribilità (stante l’invocato art. 1380 c.c.) di una diversa aggiudicazione (alla soc. P.) e non per trarre da una distorta valutazione negativa del pregresso rapporto elementi per minare la correttezza della aggiudicazione stessa.
Ma va anche ed in secondo luogo considerato che il sindacato sulla aggiudicazione e la valutazione di sua illegittimità, oggetto in sentenza di una seconda ratio decidendi (vd. pag. 7 da “in ogni caso…”), è stato condotto all’approdo del ravvisato eccesso di potere senza la benché minima intrusione nelle valutazioni dell’appaltante:
– ad avviso della pronunzia, infatti, la Comunità era incorsa in evidente contraddizione là dove aveva consentito l’attivazione della prelazione (che semmai avrebbe dovuto escludere in radice, ove avesse ravvisato inadempienze ostative al suo esercizio) e poi rifiutato di darvi corso. E non si scorge come possa ritenersi “invasiva” una valutazione che si limita (a ragione od a torto, non rileva) a diagnosticare ab extrinseco un elemento sintomatico dell’eccesso di potere.
Quanto alla censura posta nel terzo motivo, per la quale la sentenza avrebbe segnato una indubbia invasione della sfera riservata alla cognizione del giudice ordinario, avendo ricavato dall’esercizio della prelazione un ostacolo alla stessa corretta scelta di procedere a nuova aggiudicazione ed avendo in tal guisa formulato valutazioni proprie del giudice dei diritti, essa è irrimediabilmente preclusa posto che – lungi dal poterla proporre secundum eventum litis – essa avrebbe dovuto essere formulata in sede di appello incidentale di Comunità Montana, alla stregua del fermo principio recepito dal vigente C.P.A. (da ultimo S.U. 7929 del 2013). Né si badi, a sottrarre il motivo dalla sorte della preclusione, giova ricorrere, come tenta di fare il ricorso, alla ipotesi di una domanda “nuova” evidenziante la prelazione e le sue conseguenze che sarebbe stata proposta in appello solo con la memoria 1.11.2011 di B.: traccia di aver scelto siffatta nuova prospettazione non è riscontrabile nella sentenza in disamina, la quale fa premettere al suo argomentare la scelta di accogliere il ricorso “data l’assorbente fondatezza dei primi due motivi”. E non è certo dato a queste Sezioni Unite in sede di ricorso ex art. 362 c. 1 c.p.c. scrutinare se vi sia stata una errata lettura dell’atto introduttivo e quindi una pronunzia viziata da ultrapetizione, trattandosi semmai di un errore di giudizio non sindacabile in questa sede (S.U. 8350 del 2013).
Pertanto, si dichiara inammissibile il ricorso di Comunità nei confronti della s.a.s. B. e si dichiara inammissibile la costituzione tanto di detta società quanto dei suoi tre soci. Provvedendo poi sul ricorso di Comunità nei confronti degli intimati, lo si rigetta per le esposte ragioni. Sulla base di tale esito, le spese del giudizio della parte ricorrente sono irripetibili.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla Comunità Montana nei confronti della s.a.s. B.M. & C. e dichiara inammissibile la costituzione e difesa di detta società e dei suoi soci; provvedendo sul rapporto processuale instaurato dalla ricorrente nei confronti degli intimati s.n.c. P. e soci, rigetta il ricorso; dichiara irripetibili le spese del giudizio.
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