Corte di Cassazione sentenza n. 11462 del 09 luglio 2012
LAVORO SUBORDINATO – RAPPORTO DI LAVORO – FERIE – MANCATO GODIMENTO DELLE FERIE – FRUIZIONE
massima
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Spetta al datore di lavoro, nei limiti indicati dalla Costituzione, dalle leggi ordinarie e dalla contrattazione collettiva, definire l’anno di riferimento e le modalità di fruizione, nell’arco temporale dello stesso anno, delle ferie annuali che possono essere, in tutto o in parte, anticipate, differite o concesse contestualmente alla maturazione del relativo diritto. Non ha, infatti, valore normativo il criterio del godimento posticipato delle ferie sebbene esso possa costituire un valido canone ermeneutico nella ricostruzione della volontà delle parti diretta ad assicurare al lavoratore il rigoroso rispetto del riposo annuale.
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Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Perugia, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da L.M. contro il Ministero della istruzione, università e ricerca e l’Istituto tecnico commerciale statale e per geometri “R.” di Assisi, diretta al riconoscimento del suo diritto all’indennità sostitutiva delle ferie che aveva maturato e non goduto, al momento del suo collocamento a riposo, a causa delle lunghe assenze per malattia che era stato costretto a fare nel corso degli ultimi anni di servizio.
La Corte d’appello affermava di fare applicazione della norma di cui all’art. 19 del CCNL 1994/1997, confermata dall’art. 49 del CCNL 1999/2001, secondo cui le “ferie non sono monetizzabili salvo quanto disposto dal successivo comma 15”, rilevando che secondo quest’ultima disposizione, in caso di mancato godimento delle ferie entro il termine contrattualmente previsto (dell’aprile dell’anno successivo), è possibile il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie nella sola ipotesi in cui all’atto della cessazione del rapporto residuino ferie non godute per “documentate esigenze di servizio”.
La Corte, ricordato in linea di fatto che, come era pacifico, il rag. M., direttore dei servizi amministrativi presso il suindicato istituto scolastico, non aveva goduto nell’anno scolastico 2000/2001 di 29 giorni di ferie, fruibili fino al 30.4.2002, e nell’anno scolastico 2001/2002 di 28 giorni di ferie (oltre 3 di festività soppresse), fruibili fino al 30.4.2003, rilevava in particolare che non risultava documentata al riguardo alcuna esigenza di servizio e che lo stesso ricorrente aveva precisato che la mancata fruizione era dovuta a lunghi periodi di assenza per malattia, assenza che alla fine si era protratta ininterrottamente dal 3 gennaio 2002 fino alla risoluzione del rapporto, avvenuta il 10 luglio 2002.
Il M. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria. Il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto scolastico resistono con controricorso.
Motivi della decisione
1.1. Il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., nonché contraddittorietà di motivazione, censura la sentenza per il suo contrasto con i principi di rango costituzionale e di legge ordinaria, relativi alla indisponibilità e irrinunciabilità del diritto alle ferie, o congedo ordinario, e al diritto ad un indennità sostitutiva, in ragione anche dei principi di proporzionalità della retribuzione, in caso di mancato godimento delle stesse per ragioni obiettive e in particolare in caso di assenze per malattia. Si sottolinea anche che non può essere posto a carico del lavoratore l’onere di organizzare le proprie ferie in maniera tale di fruirle tutte entro i limiti posti dal CCNL, gravando invece sul datore di lavoro l’onere di provare di avere adempiuto o offerto di adempiere il proprio obbligo di assicurare il godimento delle ferie.
1.2. Il secondo motivo, deducendo violazione del CCNL del comparto scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003, lamenta che la sentenza impugnata abbia erroneamente individuato la normativa contrattuale applicabile. Infatti, nella specie, il diritto alle ferie si era perfezionato ed era diventato azionabile solo alla fine del rapporto di lavoro, cessato per quiescenza d’ufficio nel luglio 2002. Peraltro già con il ricorso introduttivo del giudizio era stato invocato l’art. 13,comma 15, del CCNL sopra richiamato, secondo cui “all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse, sia per il personale a tempo determinato che indeterminato”.
1.3. Il terzo motivo, denunciando vizi di motivazione, lamenta il mancato esame delle circostanze di fatto allegate e documentate dal ricorrente circa le esigenze di servizio che gli avevano impedito la fruizione delle ferie nel periodo di presenza in servizio, e precisamente circa i disagi organizzativi e funzionali nello svolgimento delle varie attività di competenza della segreteria dell’istituto dovuti alle assenze dell’attuale ricorrente, direttore dell’ufficio, e alla mancanza di personale in grado di sostituirlo adeguatamente (nota del 15.5.2001 del dirigente scolastico).
2.1. Il ricorso, i cui motivi sono esaminati congiuntamente stante la loro connessione, merita accoglimento con riferimento alla censura di fondo e assorbente di cui al primo motivo.
Non può darsi invece positivo rilievo a quanto dedotto con il secondo motivo, in quanto il c.c.n.l. per il quadriennio giuridico 2002-2005 non è applicabile al rapporto di lavoro del ricorrente, in quanto è stato stipulato il 24.7.2003 e, secondo l’art. 1, i relativi effetti giuridici decorrono solo dal giorno della sottoscrizione, successivo alla data di conclusione del rapporto (10.7.2002).
2.2. La giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che il diritto alle ferie nel diritto italiano gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l’art. 36, terzo comma, Cost. prevede testualmente che “il lavoratore ha diritto al riposto settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. In particolare ha conseguentemente precisato che, in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost., ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato, per un altro verso costituisce un’erogazione di natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse (Cass. n. 13860/2000, 14070/2002, 19303/2004, 237/2007; cfr. anche Cass., sez. un., n. 24712/2008 sull’irrinunciabilità del diritto alla ferie e alla sua monetizzabilità solo al momento della fine del rapporto di lavoro).
Ne consegue (come del resto riconosciuto dai precedenti richiamati), l’illegittimità, per il loro contrasto con norme imperative, delle disposizioni di contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro.
2.3. La sentenza impugnata risulta in contrasto con gli esposti principi di diritto per avere fatto applicazione dell’art. 19, commi 8 e 15, del c.c.n.l per il quadriennio normativo 1994-1995, confermato – salvo una modifica che ora non rileva – dall’art. 49 del successivo c.c.n.l. per il quadriennio 1998/2001, secondo cui, rispettivamente, “le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto dal comma 15 (…)”, e “all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse”, mentre avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità di tali disposizioni nella parte in cui contrastano con i sopra esposti principi di diritto. Né vi è stato minimamente l’accertamento della ricorrenza delle condizioni effettivamente ostative del diritto alla c.d. indennità sostitutiva delle ferie.
2.4. È opportuno anche rilevare, visto che il normale godimento delle ferie da parte dall’attuale ricorrente è stato ostacolato dalle sue assenze per malattia – e ciò in maniera incontestabile quanto al periodo di malattia con il quale si è concluso il rapporto – che almeno in parte la sentenza impugnata si pone in contrasto anche con principi enunciati dalla Corte di giustizia della Unione europea in sede di interpretazione delle norme sul godimento delle ferie dell’art. 7 della direttiva dell’Unione 2003/88. Infatti tale Corte, pur riconoscendo che la normativa nazionale può contenere una disciplina relativa alle condizioni del godimento delle ferie e, in tale quadro, prevedere per esempio un periodo massimo per il godimento delle ferie successivamente al periodo della loro maturazione e normale fruizione cd. periodo di riporto delle ferie – , con una serie di pronunce ha individuato ipotesi in cui le restrizioni al diritto alle ferie sono incompatibili con un’adeguata salvaguardia del diritto previsto dalla direttiva. In particolare con la sentenza 20 gennaio 2009, pronunciata nei procedimenti riuniti C-350/06 e C-520/06, ha ritenuto che l’art. 7 della direttiva deve essere interpretato in un senso che osta a disposizioni o prassi nazionali le quali escludano il diritto ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute del lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento o di un periodo di riporto e per tale ragione non abbia potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, che si atterrà al principio enunciato al paragr. 2.2.
Al giudice di rinvio si demanda anche la regolazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.
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