Corte di Cassazione sentenza n. 1172 del 9 gennaio 2013
REATI TRIBUTARI – SEQUESTRO PREVENTIVO – IMPORTAZIONE DI VEICOLI IMMATRICOLATI A SAN MARINO – EVASIONE FISCALE – CONFIGURABILITA’ DEL REATO – NON SUSSISTE
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Rimini, quale giudice del riesame, ha respinto l’appello presentato nell’interesse della P. s.p.a. avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che rigettava l’istanza di revoca del sequestro preventivo emesso in data 18.1.2012 e concernente un’imbarcazione, ritenuta suscettibile di confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 301, comma 1 D.P.R. n. 43/973 in relazione al reato di cui agli artt. 292 e 295, comma 3 D.P.R. n. 43/973, oggetto di provvisoria incolpazione per una illecita operazione di leasing comportante la formale cessione del bene a cittadini della Repubblica di San Marino nonostante la permanenza degli stessi nella disponibilità di cittadini italiani, con conseguente violazione della disciplina in materia di IVA.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione la società predetta tramite il proprio difensore.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che la disciplina delle importazioni tra Italia e Repubblica di San Marino risulterebbe sottratta alla disciplina generale di cui a titolo V del D.P.R. n. 633/72, cosicché in detti rapporti, almeno per ciò che concerne gli acquisti di operatori economici nazionali o soggetti ad essi assimilati, non potrebbe farsi riferimento alle sanzioni previste per l’IVA all’importazione di cui all’art. 70 D.P.R. n. 633/72, bensì a quelle interne di cui all’art. 6, comma 9-bis del D.Lgs. n. 471/97.
Aggiunge che tale regime non potrebbe ritenersi limitato ai soli acquisiti propriamente detti, ma anche ad altre tipologie di contratti, in ragione del riferimento del legislatore, nell’art. 71, comma 2 del D.P.R. n. 633/72, al termine «introduzione» in luogo di quello, specifico, di «acquisti».
Date tali premesse, osserva che in ragione del particolare regime stabilito, l’eventuale mancato assolvimento del tributo non potrebbe farsi rientrare nella fattispecie penalmente sanzionata dall’art. 292 D.P.R. n. 43/73, mentre il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la stabile introduzione ed utilizzo nel territorio nazionale di un bene immatricolato in San Marino, senza versamento dell’IVA, configuri una violazione delle disposizioni dettate dal D.P.R. n. 633/72 e ciò in ragione di quanto disposto dall’art. 70 D.P.R. n. 633/72 e del rinvio alle leggi doganali in esso contenuto, operando, in tal modo, un’inammissibile analogia.
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta irrilevanza della qualificazione soggettiva del ricorrente nonostante il rilevo formulato nell’atto di appello circa la condizione attuale della società, sottoposta a liquidazione coatta amministrativa.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
In data 5.12.2012 la difesa ha depositato in cancelleria una memoria ad ulteriore sostegno dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è in parte fondato.
Occorre preliminarmente osservare che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’art. 606 lett. e) c.p.p. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (SS.UU. n. 5876, 13 febbraio 2004. Conf, Sez. V n. 35532, 1° ottobre 2010; Sez. VI n. 7472, 20 febbraio 2009; Sez. V n. 8434, 28 febbraio 2007).
Conseguentemente, vanno ritenute inammissibili tutte le deduzioni mosse dalla società ricorrente in punto di vizio di motivazione.
5. Così delimitato l’ambito di cognizione di questa Corte, deve rilevarsi la fondatezza del primo motivo di ricorso, il quale peraltro risulta assorbente rispetto all’ulteriore motivo che, pertanto, il Collegio è esonerato dall’esaminare.
Ciò premesso, va ricordato come questa Corte abbia già avuto modo di affermare, come ricordato in ricorso e nel provvedimento impugnato, che il reato di evasione dell’IVA all’importazione, con riferimento agli artt. 70, D.P.R, n. 633/72 e 292, D.P.R. n. 43/73 non è configurabile nel caso di merci importate dalla Repubblica di San Marino nel territorio italiano, in quanto, a seguito dell’Accordo di cooperazione e di unione doganale tra la Comunità economica europea e la Repubblica sammarinese, in vigore dal 28 marzo 2002, gli scambi doganali con l’Italia sono effettuati in esenzione da tutti i dazi all’importazione ed all’esportazione (Sez, III n. 42073, 16 novembre 2011).
Il Tribunale ha tuttavia ritenuto comunque assimilabile ex lege il trattamento sanzionatorio dell’IVA all’importazione a quello dei diritti di confine di cui all’art. 70 D.P.R. n. 43/73, con conseguente applicabilità dell’ipotesi di contrabbando di cui all’art. 292 del D.P.R. n. 43/73.
6. Una siffatta interpretazione risulta però smentita da una ancor più recente decisione di questa Corte (Sez. III n. 34256, 7 settembre 2012, non massimata) riguardante un caso analogo a quello oggetto del ricorso e concernente un’imbarcazione nella disponibilità di cittadino italiano e formalmente oggetto di locazione finanziaria con una società sammarinese.
In quell’occasione si è osservato, infatti, che l’IVA all’importazione non può farsi rientrare tra i diritti di confine come ritenuto dalla giurisprudenza più risalente nel tempo, che ipotizzava il contrabbando qualificando detta imposta come «uno dei diritti di confine, avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta esclusivamente alla dogana in occasione della relativa operazione di imputazione» ed aggiungendo che «la sottrazione dell’IVA all’importazione è, quindi, sottrazione ad un diritto doganale di confine, sanzionata esclusivamente dalla legge doganale come reato di contrabbando» (Sez. III n. 1298, 1.8.1992).
Si è invero rilevato che il principio come sopra affermato deve ritenersi superato perché in evidente contrasto con lo stesso dato normativo, il quale si riferisce alle leggi doganali riguardanti i diritti di confine solo quoad poenam, prevedendo l’art. 70 del D.P.R. n. 633/1972 l’applicabilità, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, delle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine.
Nella medesima decisione si è ulteriormente ricordato come, in precedenza, si sia costantemente affermato, in relazione alle merci importate dalla Confederazione Elvetica a seguito dell’Accordo 19.12.1992 tra la CEE e la Svizzera, con cui sono stati aboliti i dazi doganali in senso proprio e le tasse ad effetto equivalente, che l’imposta sul valore aggiunto ha natura di tributo interno che, è, comunque, dovuto anche nell’ipotesi di abolizione dei dazi doganali (veniva a tale proposito richiamato testualmente il contenuto di Sez. III n. 17432, 9 maggio 2005).
7. Quanto affermato nella menzionata pronuncia è pienamente condiviso dal Collegio, con la conseguenza che i suddetti principi devono essere nuovamente affermati ed il provvedimento impugnato annullato senza rinvio, con restituzione di quanto in sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata ed ordina la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.
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