Corte di Cassazione sentenza n. 11804 del 12 luglio 2012
LAVORO – PREVIDENZA (ASSICURAZIONI SOCIALI) – CONTRIBUTI ASSICURATIVI – SOGGETTI OBBLIGATI – IN GENERE – OBBLIGO DI ISCRIZIONE ALLA GESTIONE COMMERCIANTI – PRESUPPOSTI – ABITUALITA’ E PREVALENZA DELLA PARTECIPAZIONE AL LAVORO AZIENDALE – NOZIONE – FATTISPECIE
massima
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L’abitualità e la prevalenza della partecipazione al lavoro aziendale, richieste dall’art. 1, comma 203, della legge n. 662 del 1996 ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, si concretano nel carattere continuativo e non occasionale della partecipazione stessa. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C., cassando la decisione di merito, ha respinto l’opposizione alla cartella esattoriale per contributi alla gestione commercianti, proposta da soggetto adibito ad un’attività necessaria nel processo aziendale, quale la predisposizione dei documenti di vendita, a titolo non occasionale, considerata la struttura familiare dell’impresa).
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 9 gennaio 2009, la Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza del 29 novembre 2007, con la quale il Tribunale di Ivrea aveva accolto l’opposizione proposta da Q.A. avverso la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti, per l’importo di Euro 5.456,22, a titolo di contributi e somme accessorie dovute, per il periodo ottobre 1998 – marzo 2005, alla Gestione commercianti.
La Corte d’appello ha rilevato: che la sorella dell’opponente, amministratore delegato della società E., in sede di accertamento, aveva dichiarato agli ispettori che Q.A. si occupava, come lei, di redigere la documentazione necessaria alla vendita; che anche l’eventuale ammissione della prova richiesta dall’INPS non avrebbe consentito di dimostrare la partecipazione dell’opponente all’attività propriamente commerciale dell’azienda; che, peraltro, l’INPS avrebbe dovuto dimostrare non solo la partecipazione personale dell’opponente a lavoro aziendale, ma anche la prevalenza di tale attività rispetto a quella di amministratrice, dal momento che, nella specie, trovava applicazione di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208.
Avverso tale sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste la Q. con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203, 207 e 208, nonché vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), lamentando che la Corte territoriale erroneamente aveva fatto applicazione del criterio della prevalenza di cui al menzionato comma 208, art. 1, che riguarderebbe solo il caso, non ricorrente nella specie, in cui vengano in questione varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione, incompatibili tra di loro. L’Istituto ha formulato il seguente quesito di diritto: “Il socio amministratore di una società s.r.l. che, nel contempo, partecipi all’interno della stessa società, al lavoro aziendale con continuità e prevalenza è obbligato ad iscriversi alla Gestione commercianti, in forza della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, benché sia già iscritto, in quanto amministratore di una società s.r.l. alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26”.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’INPS lamenta violazione della L. n. 1397 del 1960, art. 1, così come modificato dalla L. n. 160 del 1975, art. 29, comma 1, e dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. L’Istituto sottolinea che il concetto di partecipazione al lavoro aziendale va individuato non solo negli atti di natura esecutiva o commerciale, ma anche in quelli di organizzazione e direzione dell’impresa, ove si consideri che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto al lavoro dell’azienda, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa.
All’esito di tali considerazioni, formula il seguente quesito di diritto: “Alla stregua della disciplina richiamata in epigrafe, deve considerarsi che venga ad esistenza il requisito della partecipazione personale all’attività aziendale con i caratteri della abitualità e della prevalenza da parte di un socio amministratore di s.r.l., in ipotesi, quest’ultimo svolga mansioni di redazione della documentazione necessaria alla vendita all’interno di una società il cui oggetto sociale consiste nella commercializzazione di prodotti”. 3. Con il terzo motivo di ricorso, l’INPS lamenta violazione dell’art. 421, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e formula il seguente quesito di diritto:
“Al fine di valutare la sussistenza di una partecipazione personale all’attività lavorativa aziendale da parte di un socio amministratore di s.r.l. con i caratteri dell’abitualità e della prevalenza, il giudice di merito deve esercitare i poteri istruttori, di cui all’art. 421 c.p.c., ove siano stati prodotti in giudizio accertamenti ispettivi da cui derivano significativi dati di indagine (nella specie, l’esplicazione di mansioni, ad opera del socio amministratore, consistenti nella redazione di tutta la documentazione necessaria per la vendita di prodotti costituente l’attività della s.r.l.)?”
4. I primi due motivi che, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Per quanto riguarda il rilievo che il requisito della “prevalenza” menzionato dal comma 208, L. n. 662 del 1996, art. 1 può assumere, va sottolineato che le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 17076 del 2011, hanno esaminato le questioni sollevate dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Tale disposizione prevede, con norma dichiaratamente di interpretazione autentica: “La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26”. A sua volta la disposizione interpretata prevede nel suo primo periodo: “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente”.
Quindi il criterio dell’attività “prevalente”, quale parametro di valutazione per individuare la gestione assicurativa dell’INPS alla quale versare i contributi previdenziali nel caso di svolgimento di plurime attività che, autonomamente considerate, comporterebbero l’iscrizione a diverse gestioni previdenziali, opera per le attività esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti. Per queste attività vale il criterio (semplificante) dell’attività prevalente per individuare l’unica gestione assicurativa alla quale versare i contributi previdenziali in riferimento anche all’attività non prevalente che, ove esercitata da sola, comporterebbe l’iscrizione in un’altra gestione assicurativa; ciò nel concorso con l’assenso dell’INPS che, in ragione del disposto del secondo periodo del medesimo art. 1, comma 208 cit., è chiamato a “decidere” sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente. Siffatto criterio dell'”attività prevalente” non opera invece – prevede la norma di interpretazione autentica sopra citata – per i rapporti di lavoro – quelli a carattere autonomo – per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26; disposizione quest’ultima che ha creato una nuova gestione assicurativa nel complesso sistema della previdenza obbligatoria introducendo l’obbligo assicurativo per i lavoratori autonomi. Ha infatti previsto che a decorrere dal 1 gennaio 1996, sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (Testo Unico delle imposte sui redditi), nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, art. 36.
Quindi la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208,) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è molto chiara: l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non fa scattare il criterio dell'”attività prevalente”; rimangono attività distinte e (sotto questo profilo) autonome sicché parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non opera il criterio “semplificante” (dell’art. 1, comma 208, cit.) e derogatorio – dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione con una sorta di fictio juris per cui chi è ad un tempo commerciante ed artigiano (o coltivatore diretto), con caratteristiche tali da comportare l’iscrizione alle relative gestioni assicurative, è come se svolgesse un’unica attività d’impresa – quella “prevalente” – con la conseguenza che unica è la posizione previdenziale. Si tratta non solo di un criterio di semplificazione – perché nelle attività “miste” può non essere agevole distinguere ciò che è da qualificare come impresa commerciale, o artigianale, o agricola (si pensi all’artigiano o al coltivatore diretto che abbia anche un’attività di vendita al minuto) – ma anche di un sostanziale beneficio previdenziale perché il soggetto obbligato vede tutti i suoi contributi accreditati in un’unica gestione, senza quindi che in seguito possa porsi un problema di trasferimento di contributi da una gestione ad un’altra.
Ciò posto, ritiene il Collegio che il carattere abituale e prevalente richiesto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, ai fini del sorgere dell’obbligo dell’iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, si concreti nelle attività di partecipazione continuativa e non occasionale al lavoro aziendale.
Ora, la dichiarazione della sorella dell’odierna resistente, acquisita nel corso dell’accertamento ispettivo, dimostra in modo evidente lo svolgimento da parte della seconda di un’attività (quella di predisposizione della documentazione necessaria alla vendita) necessaria all’interno del processo aziendale ed evidentemente non occasionale, tenuto conto della struttura familiare dell’impresa e del fatto che, solo in caso di impedimento delle due sorelle, esse erano sostituite dalla madre.
5. Il terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento dei primi due. 6. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.
7. Tenuto conto delle incertezze interpretative e delle innovazioni normative intervenute nel corso de procedimento, ritiene la Corte di compensare le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo.
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