Corte di Cassazione sentenza n. 12122 del 16 luglio 2012
RAPPORTO DI LAVORO – NON VEDENTI – IMPIEGO PUBBLICO – ASSUNZIONE IN STRUTTURA PUBBLICA O PRIVATA – ASSUNZIONI OBBLIGATORIE
massima
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L’art. 3, comma 1, della L. 113/1985 mira a garantire l’assunzione di centralinisti non vedenti in presenza di impianti che non possono funzionare se non con l’opera di un centralinista, ma non impone che, in presenza di un impianto gestibile in entrambi i modi, cioè in automatico o con operazioni manuali, si debba necessariamente assumere un centralinista non vedente, rendendo operativo il centralino funzionante con l’assistenza di un operatore.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 12 marzo 2010 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 1092/2003 che ha rigettato la domanda della (OMISSIS) s.p.a. proposta nei confronti della Provincia di Frosinone, di accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti adottati dalla stessa Provincia in data 22 dicembre 1999 e 17 maggio 2000 con i quali era stato avviato alle sue dipendenze (OMISSIS) come centralinista non vedente ex Legge n. 113 del 1985, ed ha condannato la ricorrente, previo accertamento del diritto dello stesso (OMISSIS) ad essere assunto alle sue dipendenze con decorrenza dal 22 dicembre 1999, a corrispondergli tutte le retribuzioni maturate da tale data fino all’effettiva assunzione. La Corte territoriale ha motivato tale decisione sulla base della consulenza tecnica disposta in grado di appello e dalla quale è emerso che l’impianto telefonico presente presso la sede di (OMISSIS) del (OMISSIS) presenta le caratteristiche previste dalla Legge n. 113 del 1985 per l’assunzione dei non vedenti, e cioè cinque linee telefoniche, previste dalla Legge cit., art. 3, comma 3, e un centralino telefonico tecnicamente attrezzato per l’impiego o comunque dotato di uno o più posti operatore, come previsto dal medesimo art. 3, comma 1.
La (OMISSIS) propone ricorso per cassazione avverso questa sentenza affidandolo a sei motivi.
Resiste con controricorso la Provincia di Frosinone.
La ricorrente ha presentato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta carenza o insufficienza della motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla natura dell’impianto telefonico oggetto di causa.
Con secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione della Legge n. 113 del 1985, art. 3. In particolare si lamenta che la Corte territoriale, dopo avere ritenuto applicabile la Legge n. 113 del 1985, art. 3 non è pervenuto ad una decisione coerente ritenendo sussistenti i requisiti dell’impianto previsto da tale norma che in realtà non sussisterebbero.
Con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1. In particolare si deduce che l’eccezione sollevata riguardo al risarcimento del danno e relativa al fatto colposo del creditore, non costituirebbe un’eccezione in senso stretto ma una mera difesa non soggetta alle preclusioni date dall’atto introduttivo del giudizio.
Con il quarto motivo si deduce omessa motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall’incidenza della eventuale condotta colpevole del danneggiato nella produzione dell’evento.
Con il quinto motivo si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia su una questione rilevabile d’ufficio e comunque sollevata dalla Banca nel corso del giudizio di appello e relativa all’incidenza causale della condotta colposa dello (OMISSIS) nella produzione dell’evento.
Con il sesto motivo su lamenta violazione o falsa applicazione degli articoli 1226 e 1227 c.c. anche in relazione all’art. 1206 c.c. e segg.. In particolare si assume che comunque la condanna al risarcimento del danno sarebbe dovuta essere limitata, dal punto di vista temporale, non alla data dell’effettiva assunzione, ma a quella della pronuncia di secondo grado.
I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente facendo entrambi riferimento alla natura dell’impianto telefonico ai fini dell’assunzione in questione. Le censure sono infondate in quanto questa Corte costantemente afferma che la valutazione delle risultanze probatorie rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata, essendo sufficiente, ai fini della congruità della motivazione, che da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti, considerati nel loro complesso, pur senza un’esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati e non accolti, anche se allegati, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati, non potendo, perciò, il giudice esimersi, con riguardo alla consulenza tecnica, da una puntuale e dettagliata motivazione, purché i rilievi mossi risultino specifici e argomentati, e non mere argomentazioni difensive di dissenso alle valutazioni compiute al fine di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice all’opinione che di essi abbia la parte (per tutte Cass. 23 novembre 2005 n. 24589). Nel caso in esame la ricorrente muove critiche alla valutazione delle prove con particolare riferimento alla consulenza tecnica d’ufficio alla quale il giudice di merito ha fatto riferimento in modo non acritico ma accettandone criticamente le risultanze con giudizio comunque logico non suscettibile di censure in sede di legittimità. Con particolare riferimento alla censura relativa alla applicazione della Legge n. 113 del 1985, art. 3, comma 1 basterà rilevare che la presenza accertata in un impianto idoneo alla prestazione del centralinista rende comunque legittimo l’avviamento del lavoratore non vedente. L’esistenza di un servizio, presupposto dell’obbligo di assunzione, costituisce poi accertamento di fatto riservato al giudice del merito.
Il terzo ed il quarto motivo possono pure trattarsi congiuntamente riferendosi entrambi all’asserita cooperazione colposa del creditore. Le censure sono generiche in quanto, pur ammettendo la tempestività dell’eccezione sollevata dalla ricorrente in riferimento alla asserita cooperazione colposa del creditore, non viene esplicitata l’attività che questi avrebbe dovuto compiere per limitare gli effetti dell’inadempimento.
Parimente infondato è il quinto motivo di ricorso. Come ricordato dalla stessa ricorrente il risarcimento va commisurato all’integrale pregiudizio patrimoniale subito dal lavoratore, e tale pregiudizio decorre dall’epoca in cui questi doveva essere avviato al lavoro indipendentemente dall’epoca della pronuncia che ha dichiarato il suo diritto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo a favore della Provincia seguono la soccombenza. Nulla con riferimento agli intimati in epigrafe.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 50,00 oltre euro 3.000,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A.
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