CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 29 MAGGIO 2013, N. 13323
Il processo
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma, sezione distaccata di Latina 15.7.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Latina n. 442/08/2005, ebbe ad accogliere l’appello del contribuente, così affermando la illegittimità del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso l’istanza di rimborso dell’IRAP per gli anni 1998-2004 (poi ridotti agli anni 1998-2002 dall’appellante), sul presupposto – diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.P. – della non significatività della collaborazione allo studio associato di un solo collaboratore, insufficiente a provare – con una disamina in concreto – l’esistenza di una organizzazione autonoma.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l’appello poteva essere accolto, ove fondato sulla tesi dell’assoggettabilità ad IRAP di ogni attività professionale ma solo se autonomamente organizzata, discendendo tale esclusione, quanto allo studio associato, dalla giurisprudenza costituzionale.
Il ricorso è affidato ad un unico motivo e resistito dal contribuente con controricorso.
I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione
Con l’unico motivo si deduce il vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. da un lato omesso di indicare la documentazione ritenuta rilevante al fine del proprio convincimento in ordine al requisito della autonoma organizzazione e, dall’altro, conferito contraddittoria significatività allo studio associato, quale struttura dell’attività professionale, senza dunque considerare gli specifici vantaggi organizzativi che ne derivano e la capacità produttiva così incrementata.
1. Il motivo è fondato. Preliminarmente se ne osserva la piena ammissibilità, per come enunciato e contrariamente all’eccezione di riferirsi esso, secondo la contro ricorrente, ad una richiesta valutazione dei fatti di causa. Il nucleo decisorio essenziale del ragionamento della corte di merito consiste infatti nell’aver proceduto, previa individuazione nell’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 della fonte del presupposto impositivo, ad identificare una fattispecie astratta per la quale la autonoma organizzazione sarebbe incompatibile in ogni caso con la titolarità di uno studio professionale gerito con beni irrisori e collaborazioni di terzi numericamente non consistenti, ciò non implicando la realizzazione del principio impositivo dell’IRAP, ma già le fonti di tale convincimento sono manifestamente non rappresentative, per come lacunosamente enunciate, di una logicità evidente delle conclusioni. La censura del tutto correttamente investe siffatto vizio della motivazione, dedotto in senso proprio come limite dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, cod.proc.civ. e dunque refluendo in una deduzione di carenza o contraddittorietà nella ricostruzione di essa. La C.T.R. invero non ha indicato né a quale documentazione abbia fatto riferimento l’attività istruttoria del merito, così da addivenire ad una ricostruzione controllabile circa l’affermata modestia della consistenza dei beni strumentali e spese per prestazioni di lavoro dipendente e collaboratori, né la portata dell’organizzazione dell’attività professionale in studio associato, omettendo così di spiegare per quali ragioni, ciononostante ed in ipotesi, il lavoro si prestava ad un giudizio di irrilevanza dei vantaggi competitivi che discendono da tale modello.
2. La sentenza va dunque cassata, in accoglimento del ricorso, con rinvio alla C.T.R. anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, dunque accolto, cassa per l’effetto la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla C.T.R. Lazio, in diversa composizione.
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