Corte di Cassazione sentenza n. 13986 del 13 aprile 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – DPI – PIANO DI SICUREZZA INCOMPLETO – RESPONSABILITA’ DI UN COORDINATORE PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI
massima
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Vi è la responsabilità di un coordinatore per l’esecuzione dei lavori per i reati di cui all’art. 91, comma 1 ed art. 92, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008: il coordinatore infatti veniva condannato perché il piano di sicurezza non era stato redatto conformemente a quanto indicato nell’allegato 15 stesso decreto, in quanto non era stata specificata la fase di lavoro che si stava eseguendo in cantiere e non erano indicati la stima dei costi per la sicurezza e dei nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici (capo a) e perchè non aveva verificato l’applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni, seppur generiche e generali, contenute nel PSC e relative al rischio di caduta lavoratori e cose.
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FATTO
1. Con sentenza in data 20.4.2011 il Tribunale di Trento, sez. dist. di Cles, in composizione monocratica, dichiarava (Omissis) colpevole del reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, art. 91, comma 1 “perché il piano di sicurezza non è redatto conformemente a quanto indicato nell’allegato 15 stesso decreto, in quanto non è specificato la fase di lavoro che si sta eseguendo in cantiere… non è indicata la stima dei costi per la sicurezza e l’indicazione dei nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici” (capo a) e del reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. a) “perché il coordinatore per l’esecuzione dei lavori non ha verificato l’applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni, seppur generiche e generali contenute nel PSC e relative al rischio di caduta lavoratori e cose, (capo b), unificati sotto il vincolo della continuazione, e, previo riconoscimento elle circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 1.800,00 di ammenda. Riteneva il Tribunale che la responsabilità dell’imputato emergesse pacificamente dal contenuto del verbale di ispezione e rilievi del 25.7.2008, cui rinviava per relationem.
2. Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’imputato, chiedendo di essere mandato assolto perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso o con altra formula.
Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, artt. 91 e 92, pur descrivendo condotte attinenti agli obblighi del coordinatore, non contengono indicazione della sanzione. All’imputato non è stata contestata la violazione dell’articolo 158, ovvero della norma incriminatrice. Tale norma, peraltro, sanziona la omessa redazione del piano di sicurezza e non la mera irregolarità dello stesso.
Quanto agli obblighi di cui all’art. 92, il coordinatore ha l’obbligo di verificare ma non di garantire gli adempimenti. Gli è richiesto di predisporre e verificare l’attuazione delle sole misure volte a neutralizzare o ridurre i cd. rischi interferenziali, cioè rischi diversi ed aggiuntivi rispetto a quelli delle imprese esecutrici (nel caso di specie vi era una sola ditta e l’obbligo di attuazione del PSC incombeva al responsabile di cantiere).
La motivazione della sentenza è comunque insufficiente ed illogica, essendosi limitata a rinviare al verbale di contestazione.
Con ordinanza in data 6.9.2011 la Corte di Appello di Trento, essendo la sentenza inappellabile (è stata inflitta la sola pena dell’ammenda), qualificata l’impugnazione come ricorso per cassazione, rimetteva ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, gli atti a questa Corte.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. L’art. 568 c.p.p., comma 5, stabilisce che l’impugnazione è ammissibile a prescindere dalla qualificazione ad essa data, per un ovvio principio di conservazione del mezzo di impugnazione impropriamente denominato.
La diversa “qualificazione” non comporta, però, la modificazione dei contenuti possibili dell’impugnazione (con i limiti, quindi, che caratterizzano le censure che possono formare oggetto del ricorso per cassazione).
Tanto premesso, il ricorrente non tiene conto che il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, artt. 91 e 92, descrivono la condotta, che è stata oggetto di puntuale contestazione, mentre l’articolo 158 prevede soltanto la sanzione. Il mancato richiamo della norma sanzionatoria nel capo di imputazione non viola certamente i diritti di difesa, avendo l’imputato potuto apprestare la sua difesa in ordine alla condotta che gli era stata, in modo preciso, contestata.
Non è esatto, poi, che l’art. 158 cit. sanzioni solo l’omessa redazione del piano di sicurezza, dal momento che la norma fa riferimento alla violazione dell’art. 91 comma 1 (“redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’art. 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell’allegato 15”) e quindi anche al “contenuto” dello stesso.
Quanto alle doglianze con riferimento al capo b), contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente non si era in presenza di una sola ditta, facendo lo stesso verbale di ispezione e rilievo” riferimento alle ditte (Omissis) e (Omissis).
Inoltre il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92, pone, espressamente, a carico del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, la verifica “dell’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti.” (e, appunto, l’omessa verifica di tale applicazione risulta contestata al capo b).
3. In ordine al dedotto vizio di motivazione il Tribunale, dopo aver dato atto che su richiesta concorde delle parti, si era proceduto all’acquisizione di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del P.M., ha richiamato integralmente il contenuto del verbale di ispezione e rilievo contravvenzione in data 25.7.2008 (in cui erano descritte, in modo articolato e completo, le violazioni riscontrate), aggiungendo che, a fronte di ciò, l’imputato non aveva addotto alcunché a sua discolpa.
Ed è pacifico che sia consentita la motivazione per relationem, purché: 1) faccia riferimento recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione;
3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica e, eventualmente, di gravame, e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione” Cfr. Cass. sez. un. n. 17 del 21.6.2010-Primavera ed altri.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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