CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 giugno 2013, n. 14157
Tributi – Imposta di registro – Trasferimenti giudiziali conseguenti al divorzio – Divisione della casa coniugale – Esenzione – Sussiste
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 42/09/07, depositata il 7 maggio 2007, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, rigettato l’appello dell’Ufficio, confermava la decisione n. 61/04/06 della Commissione Tributaria Provinciale di Forlì, la quale aveva annullato l’avviso di liquidazione n. 2005/004/SC/306/002 2005, questo emesso nei confronti di B. F. a recupero dell’imposta di registrazione della sentenza del Tribunale di Forlì che, a seguito dell’intervenuto scioglimento della comunione per causa la cessazione degli effetti civili del matrimonio, al termine del separato giudizio di divisione, aveva attribuito la casa coniugale in proprietà esclusiva alla contribuente.
Secondo la CTR, era questa difatti la questione, il trasferimento giudiziale dell’ immobile non sarebbe stato da tassare perché, ai sensi dell’art. 19 l. 6 marzo 1987, n. 74, tutti i provvedimenti “relativi”.
Al procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, compresi quelli pronunciati fuori dallo stesso, erano previsti esenti da imposta.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato ad unico mezzo.
La contribuente resisteva con controricorso, anche avvalendosi della facoltà di depositare memoria.
Diritto
1. L’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per “falsa applicazione” dell’ art. 19 l. n. 74 del 1987, deducendo, a riguardo, che “Soltanto i trasferimenti immobiliari inerenti alla regolamentazione degli obblighi a contenuto patrimoniale disposti nell’ambito dei procedimenti di separazione o di divorzio, e in particolare degli obblighi connessi all’affidamento dei figli e al loro mantenimento, sono esenti dall’imposte di registro, ipotecarie e catastali”; laddove, invece, il beneficio non poteva riconoscersi per quei provvedimenti o atti che, fuori dei procedimenti di separazione e divorzio, come era in effetti quello all’esame, avessero semplicemente tenuto “conto della situazione di fatto creatasi a seguito di separazione e divorzio”. Il quesito era così formulato: “se l’esenzione da imposte (nel caso di specie, di registro, ipotecarie, catastali) di cui all’art. 19 l. 79 del 1987 (ndr art. 19 l. 74 del 1987) si applichi esclusivamente ai trasferimenti immobiliari attuati nel procedimento di scioglimento del matrimonio in ragione alla loro inerenza all’adempimento dei doveri discendenti dalla separazione o dal divorzio, e se debba conseguentemente escludersi che il trasferimento disposto con sentenza di scioglimento della comunione coniugale emessa in epoca successiva a quella di scioglimento del matrimonio in un ordinario giudizio di divisione goda della predetta esenzione”. Il motivo è infondato.
Deve esser invero osservato che la lettera dell’art. 19 l. n. 74 del 1987, laddove la norma parla lato di esenzione dall’ imposta dei provvedimenti “relativi” a procedimenti “divorzili”, sembra voler riconoscere il beneficio anche con riferimento a provvedimenti che, come quello pervenuto all’esame, pur se non pronunciati nel corso del giudizio di divorzio, siano comunque rivolti a regolare rapporti economici insorti tra i coniugi a cagione della lite matrimoniale (Cass. sez. n. 7493 del 2002). Ciò conformemente alla ratio dell’ agevolazione, la quale, come ben messo in evidenza da Corte cost. n. 154 del 1999, quando ha ampliato la platea del beneficio, deve andare ravvisata in quella di favorire la definizione delle controversie coniugali mediante l’incentivo fiscale, poiché non di rado l’onere economico da sostenersi per la sistemazione dei rapporti patrimoniali costituisce serio ostacolo. Il caso sottoposto alla Corte, da tale punto di vista, può aggiungersi, si dimostra addirittura paradigmatico. Di fatti, à sensi dell’ art. 191 c.c., la divisione giudiziale poteva radicarsi soltanto dopo lo scioglimento della comunione coniugale, quindi unicamente fuori del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cass. sez. I n. 4351 del 2003; Cass. sez. I n. 266 del 2000). Cosicché l’esclusione dall’esenzione, secondo la restrittiva interpretazione dell’art. 19 l. n. 74 del 1987 proposta dall’Ufficio, diverrebbe addirittura costituzionalmente incongrua. Questo perché, in effetti, un provvedimento di divisione giudiziale che termini una controversia patrimoniale insorta in “relazione” a procedimento “divorzile”, non verrebbe fiscalmente incentivata sol perché il rispetto della forma processuale ne impedisce la contestuale trattazione, con la conseguente irrazionale perdita della funzione assegnata all’art. 19 l. n. 74 del 1987 in un’ipotesi non diversa da altre per cui il beneficio viene dall’Amministrazione pacificamente accordato. Peraltro, pare utile avvertire, la positiva ricognizione che provvedimenti giudiziali come quello in parola definiscano rapporti patrimoniali dipendenti dalla lite “divorzile”, col derivato diritto all’esenzione ex art. 19 l. n. 74 del 1987, una ricognizione che deve essere attenta ad evitare facili abusi (Cass. sez. trib. n. 15231 del 2001), risolve una tipica questione di fatto sulla quale il giudice di legittimità non ha sindacato, a meno che, come noto, la motivazione sia omessa o insufficiente o contraddittoria.
2. Nella specificità della questione, debbono esser fatti consistere i giusti motivi che inducono la Corte a compensare integralmente le spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, con integrale compensazione delle spese processuali.
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