Corte di Cassazione sentenza n. 14290 del 08 agosto 2012
LAVORO (RAPPORTO DI) – IMPIEGO PUBBLICO – ACCORDI SINDACALI – BUONI PASTO – DIRITTI DEI LAVORATORI – LAVORO STRAORDINARIO (COMPENSO PER)
massima
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Il valore dei pasti o il c.d. buono pasto, salva diversa disposizione, non è elemento della retribuzione. Il valore del pasto, il cosiddetto buono pasto, che costituisce una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale ed è riconoscibile – Cass. civ., Sez. lavoro, 21/07/2008, n. 20087 – solo ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 4 dell’accordo di comparto del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali del 30 aprile 1996, che ne prevede l’attribuzione in caso di orario settimanale articolato su cinque giorni o su turnazioni di almeno otto ore e per le singole giornate lavorative in cui il dipendente effettui un orario di lavoro ordinario superiore alle sei ore.
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FATTO E DIRITTO
La Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza n. 399 del 2009, depositata il 7 luglio 2009, accoglieva l’appello proposto dal Ministero delle infrastrutture nei confronti di (omissis) avverso la sentenza emessa il 13 dicembre 2007 dal Tribunale di Campobasso.
Quest’ultima pronuncia statuiva che la (omissis) aveva diritto ad un buono pasto per ciascuna giornata lavorativa di 7 ore e 12 minuti in quanto tale diritto le veniva espressamente attribuito dall’art. 4 del CCNL Comparto Ministeri, non potendo assumere rilievo la previsione della pausa pranzo, contenuta nella norma.
Affermava il Tribunale che quest’ultima infatti, lungi dal costituire conditio sine qua non del beneficio, era funzionale alla regolamentazione dell’orario lavorativo, essendo irrilevante ai fini dell’attribuzione del buono pasto.
Nel riformare la suddetta sentenza, ha statuito la Corte d’Appello che il diritto alla corresponsione dei buoni pasto spetta solo nelle giornate lavorative in cui l’orario di lavoro (superiore a sei ore) viene svolto non in modo continuativo ma con pausa pranzo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Campobasso ricorre (omissis) (ric. notificato il 18 settembre 2009) prospettando un articolato motivo di ricorso, con il quale deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del CCNL del 1996, Comparto Ministeri, la violazione delle disposizioni di cui al verbale di contrattazione decentrata del 15 settembre 2009, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. è stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., che ha concluso per la manifesta inammissibilità in parte, e in parte infondatezza del ricorso.
Tali conclusioni sono condivise dal Collegio.
Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui è dedotta la violazione del verbale di contrattazione decentrata del 15 settembre 2003.
Ed infatti per tale atto della contrattazione collettiva non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, con la conseguenza che operano gli ordinari criteri di autosufficienza del ricorso, il quale risulta inammissibile ove il ricorrente, come nel caso di specie, non riporti testualmente il contenuto della normativa contrattuale collettiva integrativa richiamata (cfr. Cass., n. 8321 del 2011).
Per il restante profilo il motivo di ricorso è infondato.
Il giudice di legittimità, nel caso sia stata denunciata la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dalla Legge n. 40 del 2006, art. 27 può procedere alla diretta interpretazione del contenuto del contratto collettivo (Cass. n. 1582 del 2008).
Tanto premesso, come questa Corte ha già avuto modo di affermare di regola il valore dei pasti o il c.d. buono pasto, salva diversa disposizione, non è elemento della retribuzione concretandosi lo stesso in una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale (Cass., n. 20087 del 2008). Tuttavia, escluso che il valore di cui trattasi possa rientrare ontologicamente nella nozione di retribuzione “normale”, consegue (citata Cass., n. 20087 del 2008) che il buono pasto spetta nella ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 4 dell’Accordo di Comparto per la concessione dei buoni pasto al personale appartenente alle qualifiche dirigenziali del 30 aprile 1996 il quale dispone al comma 1, che hanno titolo all’attribuzione del buono pasto i dipendenti di cui all’art. 1, comma 1, aventi un orario di lavoro settimanale articolato su cinque giorni o su turnazioni di almeno otto ore, ed al comma 2, che il buono pasto viene attribuito per la singola giornata lavorativa nella quale il dipendente effettua un orario di lavoro ordinario superiore alle sei ore, con la relativa pausa prevista dall’art. 19, comma 4, del CCNL, all’interno della quale va consumato il pasto.
Ritiene questa Corte che in ragione del contenuto del citato art. 4, comma 2, che l’effettuazione della pausa pranzo non è solo funzionale alla regolamentazione dell’orario di lavoro, ma è condizione espressamente posta dal CCNL per poter usufruire del buono pasto.
La ricorrente non indica alcun errore argomentativo ma, solamente, si limita a prospettare una diversa lettura della disposizione contrattuale, così venendo a contrapporre ad un giudizio di fatto altro giudizio di fatto di segno contrario (Cass., n. 18934 del 2004), inammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.. Nulla spese in mancanza di attività difensiva del Ministero delle infrastrutture intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese
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