Corte di Cassazione sentenza n. 1434 del 22 gennaio 2013
TRIBUTI – FUSIONE PER INCORPORAZIONE – ANNULLAMENTO DI TUTTE LE QUOTE RAPPRESENTATIVE DELL’INTERO CAPITALE SOCIALE DELL’INCORPORATA – DISAVANZO DA FUSIONE – ISCRIZIONE IN BILANCIO COME COSTO DI AVVIAMENTO – DEDUCIBILITA’ FISCALE PER AMMORTAMENTO – LEGITTIMITA’
massima
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L’avviamento deve ritenersi acquisito a titolo oneroso tutte le volte che il patrimonio delle società partecipanti alla fusione venga acquisito per un valore superiore a quello risultante dai rispettivi bilanci.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 22-2-1990 la “Immobiliare S.C. srl” acquistava dai soci V.M., V.I. e B.Z., al prezzo di lire 970.500.000, tutte le quote sociali (dal complessivo valore nominale di lire 20.000.000) della “Cinema A. srl”.
Con atto 11-4-1991 la “Cinema A. srl” sì fondeva per incorporazione nella “Immobiliare S.C. srl” e, in conseguenza della detta fusione, venivano annullate le quote costituenti il capitale sociale dell’incorporata (divenute di proprietà della incorporante per effetto del detto atto del 22-2-1990) e veniva iscritta tra le attività dell’incorporante la plusvalenza (lire 936.962.339) – c.d. disavanzo da fusione – pari alla differenza tra il predetto importo di lire 970.500.000 ed il patrimonio netto dell’incorporata pari a lire 33.537.661 (di cui lire 20.000.000 quale capitale sociale e lire 13.537.661 quale fondo riserva); siffatta plusvalenza veniva indicata come “costo di avviamento”, ripartito nel corso degli anni (in particolare: ammortamento in cinque rate con quota annua di lire 187.392.468), sicché la “Immobiliare S.C. srl” addebitava al conto economico per l’anno di imposta 1993 la detta quota di ammortamento di lire 187.392.468 e produceva la relativa dichiarazione dei redditi.
Con avviso di accertamento n. 5023002661 l’Ufficio delle Imposte Dirette di Napoli (ora Agenzia delle Entrate di Napoli) rilevava che l’immobiliare S.C. srl” aveva illegittimamente (ex artt. 2427 c.c., e 123 TUIR, netto formulazione all’epoca vigente) apposto in bilancio un costo per “avviamento” senza avere pagato una somma a tale titolo, e procedeva quindi a rettificate il reddito imponibile ed a determinare le conseguenti imposte IRPEG, ILOR 1994 e relative sanzioni.
La CTP di Napoli accoglieva il ricorso proposto dalla “Immobiliare S.C. srl” avverso detto avviso di accertamento.
La CTR Campania con sentenza n. 10/08/06 depositata l’8-2-2006 accoglieva l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto, confermava l’opposto avviso di accertamento; in particolare, rilevava che “dal contratto di compravendita della partecipazione nella società “Cinema A. srl” si evince(va) il mancato pagamento del prezzo, il che configura(va) un’operazione strumentale e di natura elusiva non ravvisandosi tra l’altro una finalità economica nell’operazione se non quella di beneficiare della possibilità offerta dalla normativa di cui all’art. 123 D.P.R. n. 917/86″
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Fallimento della Società Immobiliare S.C. srl, affidato a due motivi; resisteva l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo morivo il ricorrente, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 546/92, art. 360 c.p.c. in relazione agli artt. 2427 c.c. e 123 D.P.R. n. 917/86”, rilevava che la CTR era incorsa in un grave vizio di motivazione, in quanto aveva affermato che dal contratto di compravendita della partecipazione nella soci “Cinema A. s.r.l.” si evinceva il mancato pagamento del prezzo, quando invece dalla documentatone esibita, e dallo stesso contralto, risultava l’intero pagamento del previsto importo di lire 970.500.000 (in parte subito in costanti per lire 333.000.000 e in paste alle scadenze indicate).
Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2427 c.c. e 123 D.P.R. n. 917/86, rilevava che il prezzo pagato (lire 970.500.000) era riferibile certamente all’avviamento incamerato con la fusione, atteso che con il detto pagamento la società ricorrente aveva acquistato l’azienda della Cinema A. srl” (costituita essenzialmente da un immobile, riportato nel bilancio della “Cinema A. srl” al costo storico e precisamente descritto nell’atto di fusione), sicché la maggiore somma pagata non poteva che riferirsi all’effettivo valore dell’azienda.
Siffatti motivi , da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro correlati, appaiono fondati.
Va innanzitutto premesso che, in tema di fusione di società per incorporazione di una società interamente posseduta dall’incorporante (caso di specie), il cd. disavanzo da annullamento esprime la differenza tra il valore netto del patrimonio dell’incorporata ed il prezzo pagato per l’’acquisto delle partecipazioni che Io rappresentano, annullate per effetto della fusione.
Ciò posto, va precisato che con L. 23-12-1994 n. 724, entrata in vigore il 1°-1-1995, è stato previsto (art. 27, comma 1) che le fusioni e le scissioni di società sono, agli effetti delle imposte sui redditi, neutrali”, sicché “il disavanzo di fusione e di scissione non è utilizzabile per iscrizioni di valori in franchigia di imposta, a qualsiasi voce, forma o titolo operate”; con la stessa legge è stato poi espressamente precisato (art. 27, comma 2) che le detta disposizioni ‘”si applicano alle operazioni deliberate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”; ne consegue che alla fusione per incorporazione in questione, deliberata con atto 11-4-1991, non è applicabile il predetto nuovo regime della “neutralità fiscale delle operazioni societarie di fusione e scissione”, sicché il presente giudizio va esaminato in base alle normativa previgente.
Per costante giurisprudenza di questa Corte in materia, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, nel regime previgente al 1° gennaio 1995, il disavanzo da fusione, realizzato per incorporazione da parte di una società che già possedeva l’intero capitale sociale dell’incorporata e che procedeva alla fusione senza aumentare il proprio capitale sociale e annullando tutte le quote rappresentative dell’intero capitale sociale dell’incorporata, poteva essere iscritto in bilancio alla voce avviamento, con la conseguenza che, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 3, era da ritenersi legittima la deduzione fiscale della quota di ammortamento (v., tra numerose altre, Cass. n. 15093 del 2000; n. 8104 del 2003; n. 3413 del 2002; n. 2716 del 2002; n. 2697 del 2002; n. 20423/2007).
In particolare, al riguardo, va ribadito che;
– l’art. 2427 c.c., nel testo antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 9 aprile 1991 n. 127 (l’avviamento può essere iscritto all’attivo del bilancio soltanto quando è stata pagata una somma a tale titolo nell’acquisto dell’azienda, alla quale si riferisce e per un importo non superiore al prezzo pagato”), vieta l’iscrittone in bilancio solo dell’avviamento “originario” (cioè unicamente di quello dovuto all’attività del titolare dell’impresa), e ciò per la ragione che, in tal caso, l’iscrizione sarebbe effettuata, in contrasto con il principio di prudenza, sulla base di valori realizzabili solo in caso di cessione e quindi solo sperati; dal solo tenore letterale della nonna non può, invece, trarsi argomento, non ricorrendo invero la stessa ratio su menzionata, per negare l’iscrivibilità in bilancio anche dell’avviamento acquisito da terzi sulla base di un atto a titolo oneroso, anche se diverso dalla compravendita- quale appunto è da ritenere l’atto di fusione; non può, invero a quest’ultimo negarsi né l’efficacia traslativa (l’unificazione di più società, separate ed indipendenti, che tale operazione determina, comporta infatti la concentrazione -e quindi il trasferimento- dei loro rispettivi patrimoni in un’unica struttura produttiva) né il carattere oneroso (i trasferimenti delle masse patrimoniali delle singole società che partecipano alla fusione sono fra loro collegati ed interdipendenti); ciò, peraltro, in linea con quanto stabilito dall’art. 9 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, che, tacendo ricorso all’espressione più comprensiva di “acquisto a titolo oneroso”, ha fugato definitivamente i dubbi interpretativi ingenerati dalla formulazione originaria del citato art. 2427 c.c.
– l’avviamento deve dirsi acquisito a titolo oneroso tutte le volte che il patrimonio delle società partecipanti all’operazione di fusione venga acquisito per un valore superiore a quello risultante dai rispettivi bilanci (a meno che non vi siano elementi per ritenere che tale eccedenza debba essere diversamente imputata); quando la fusione avviene mediante incorporazione di una società interamente posseduta, il “costo di acquisizione” del patrimonio sociale dell’incorporata deve essere necessariamente riferito all’acquisto delle sue partecipazioni effettuato preventivamente dalla società incorporante; siffatto riferimento è possibile in quanto le partecipazioni sociali sono beni di secondo grado, e, come tali, sono rappresentative del patrimonio sociale, alla cui gestione ciascun socio è ammesso a partecipare, nei limiti e nelle forme stabilite dall’ordinamento; tra le partecipazioni al capitale di una società e i beni ricompresi nel suo patrimonio vi è quindi un collegamento (di cui il legislatore ha preso atto: art. 2426, n. 4, c.c.; art. 33, comma secondo, D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127), il quale autorizza a ritenere che, in caso di incorporazione di una società (totalmente o parzialmente) posseduta dell’incorporante, il patrimonio aziendale dell’incorporata possa essere iscritto in bilancio, invece che il valore indicato nel bilancio dell’incorporata, a quello attribuito alle partecipazioni che, prima della fusione, attribuivano alla società incorporante la qualità di socia della società incorporata;
– In tema di IRPEG e di ILOR, nell’ipotesi di fusione di società per incorporazione, la società incorporante, a norma dell’art. 123, comma secondo, T.U.I.R., come modificato dall’art. 7, comma sesto, della legge 11 marzo 1988, n.67, può compensare il disavanzo da fusione, in esenzione d’imposta fino a concorrenza del detto disavanzo, anche con il valore di avviamento della incorporata; il predetto articolo 123, invero, dopo aver stabilito nel comma 1, che fa fusione non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento”, dispone con il secondo comma che nella determinazione del reddito della società incorporante o di quella risultante dalla fusione “non si tiene conto … delle plusvalenze iscritte in bilancio fino a concorrenza della differenza tra il costo delle azioni o quote delle società incorporate annullate per effetto della fusione e il valore del patrimonio netto delle società stesse risultante dalle scritture contabili; siffatta espressione (“plusvalenze iscritte”) appare idonea a ricomprendere anche l’avviamento, posto che nel sistema del tu. delle imposte sui redditi approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come nella disciplina previgente (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 5, comma 3), il termine “plusvalenze” è utilizzato per designare qualsiasi entità, pertinente all’impresa, suscettibile di assumere un valore superiore a quello iniziale (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 16, comma 1, lett. g; 54, comma 6; art, 59, comma 8; art. 122, comma 1; art 123, comma 1); va, peraltro, rilevato che la possibilità di assorbire il disavanzo da annullamento non solo in caso di “rivalutazione effettiva e diretta di uno o più cespiti autonomamente individuati”, ma anche nell’ipotesi di “rivalutazione indiretta dell’intera azienda acquisita, mercé iscrizione di una posta a titolo di avviamento”, risponde a “principi … non solo affermati dalia giurisprudenza (e dalla, dottrina) precedenti l’entrata in vigore della, riforma tributaria, ma altresì … impliciti nella ricostruzione civilistica, prima ancora che fiscale, di quei particolare istituto che va sotto il nome di fusione per incorporazione senza cambio di azioni”.
La sentenza impugnata, incentrata esclusivamente sulla circostanza del supposto mancato pagamento del prezzo della compravendita in questione, non ha fatto corretto uso dei predetti principi, e va, quindi, cassata.
Considerato che, come detto, l’avviamento deve ritenersi acquisito a titolo oneroso tatto le volte che il patrimonio delle società partecipanti alla fusione venga acquisito per un valore superiore a quello risultante dai rispettivi bilanci (a meno che non vi siano elementi, non evidenziati nella fattispecie in questione, per ritenere che tale eccedenza debba essere diversamente imputata) e rilevato che non è mai stata contestata la sussistenza di un “disavanzo da fusione”, non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto, sicché, alla stregua dell’art. 384 c.p.c., va accolto il ricorso introduttivo del contribuente.
In considerazione dell’andamento dei giudizi di merito, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le relative spese processuali.
I compensi del presente giudizio di legittimità, liquidali come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; dichiara compensate tra le parti le spese relative ad entrambi i gradi del giudizio di merito; condanno l’Agenzia al pagamento dei compensi del presente giudizio di legittimità liquidati in Euro 2145,00 oltre accessori.
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