CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 giugno 2013, n. 14376
Riscossione – Imposte dirette ed IVA – Liquidazione del tributo – Comunicazione – Art.36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973 – Risultato diverso da quello della dichiarazione – Obbligo per l’ufficio finanziario – Sussistenza – Tassazione separata – Dati rilevanti – Dichiarazione del sostituto d’imposta – Comunicazione al contribuente sostituito – Obbligo – Esclusione
Svolgimento del processo
La controversia concerne l’impugnazione di una cartella emessa ex art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 in base a controllo di mod. 770/2000 per l’annualità d’imposta 1999, relativamente a redditi soggetti a tassazione separata. La Commissione adita rigettava il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’Ufficio, in quanto il controllo riguardava il sostituto d’imposta e non si era proceduto ad una rettifica della dichiarazione del sostituto, ma solo ad una liquidazione delle imposte dovute dai sostituiti sulla base delle dichiarazioni presentate. La decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, che riteneva l’illegittimità della cartella, in quanto, carente di motivazione ed emessa senza la previa comunicazione dell’esisto del controllo al contribuente, che doveva ritenersi obbligatorio anche per gli anni precedenti al 2000.
Avverso tale sentenza l’amministrazione propone ricorso per cassazione con unico motivo.
Resiste il contribuente con controricorso.
Motivazione
Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, a spese compensate, in quanto il Ministero non ha partecipato al giudizio d’appello, al quale ha preso parte esclusivamente l’Agenzia delle entrate Ufficio Roma 1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 e 35, D.P.R. n. 602 del 1973, sostenendo che obbligo di comunicazione non vi fosse, ratione temporis, per i redditi soggetti a tassazione separata e che la norma prevedesse la possibilità di comunicazione alternativamente al sostituto (che nel caso era stata fatta) o al sostituito.
Chiamata la causa all’udienza del 22 settembre 2010, il collegio ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 36-bis, D.P.R. n. 600 del 1973 e successive modificazioni, «nella parte in cui pone alternativamente l’obbligo di comunicazione [dell’esito della liquidazione] nei confronti del sostituto d’imposta o del sostituito». Il collegio, che ha ritenuto “evidente” la rilevanza della questione nel giudizio, osservava in punto di fatto che:
«a) il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento relativa all’IRPEF dovuta a titolo di tassazione separata per l’anno 1999, adducendo sia la mancata comunicazione nei suoi confronti dell’esito del controllo automatico, sia la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di controllo, sia, infine, la carenza di motivazione dell’atto;
b) il giudice tributario di primo grado aveva rigettato il ricorso, affermando, tra l’altro, che non era necessaria detta comunicazione;
c) il giudice di appello aveva accolto l’impugnazione del contribuente, perché aveva interpretato l’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nel senso che la comunicazione è dovuta anche nei confronti del contribuente, al fine di porre quest’ultimo in grado di conoscere il contenuto e le ragioni della pretesa tributaria, mentre, nella specie, la comunicazione era stata effettuata al solo sostituto d’imposta;
d) l’amministrazione finanziaria aveva proposto ricorso per cassazione, deducendo che il menzionato art. 36-bis prevede l’obbligo di comunicazione alternativamente nei confronti del contribuente «o» del sostituto d’imposta e che pertanto, nella specie, detto obbligo era stato soddisfatto con la comunicazione a quest’ultimo».
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione il collegio osservava che:
«a) l’interpretazione dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 da cui muove il giudice di secondo grado «non è consentita dal tenore letterale della disposizione, che, ricorrendo alla disgiuntiva “o”, indica chiaramente come l’obbligo di comunicazione possa essere assolto in maniera soggettivamente alternativa» nei confronti del sostituito o del sostituto d’imposta; b) con riferimento all’art. 3 Cost., è «oltremodo irragionevole consentire -una volta affermato l’obbligo di comunicazione preventiva dell’esito del controllo – che la comunicazione stessa e la ricezione della cartella di pagamento riguardino soggetti diversi e, in particolare, che il sostituito d’imposta, “direttamente interessato a conoscere le ragioni della pretesa creditoria”, non venga “posto preventivamente in grado di ovviare a eventuali errori nella liquidazione o di comunicare elementi utili alla corretta valutazione dei dati resi nella dichiarazione».
La Corte costituzionale con ordinanza n. 288 del 18 ottobre 2011 riteneva la questione «manifestamente inammissibile per omessa motivazione sulla rilevanza».
Infatti, rileva il giudice delle leggi, «il giudice a quo non descrive la fattispecie oggetto di giudizio e non indica le conseguenze che deriverebbero, nel caso sottoposto al suo esame, dalla mancata comunicazione al contribuente dell’esito della liquidazione effettuata mediante controlli automatici»; e, in particolare, «non precisa se, nella specie, sia emerso da detti controlli un risultato diverso rispetto a quello indicato dal sostituto d’imposta nella dichiarazione relativa alle ritenute effettuate (situazione, questa, che la legge indica come uno dei presupposti dell’obbligo di inviare la comunicazione) oppure se sia stato riscontrato solo l’omesso versamento di dette ritenute». Inoltre, osserva la Corte costituzionale, «il giudice a quo non chiarisce, in punto di fatto, se l’effettuazione della comunicazione (anche) al contribuente avrebbe potuto soddisfare le finalità previste dal censurato art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 di “evitare la reiterazione di errori e … consentire la regolarizzazione degli aspetti formali», né fa cenno alcuno «alle ragioni per le quali il mancato invio della comunicazione alternativamente al contribuente od al sostituto d’imposta darebbe luogo non ad una mera irregolarità, ma all’invalidità della cartella di pagamento, e cioè ad un vizio tale da rendere tale omissione rilevante per la decisione del giudizio principale». A tale riguardo, osserva il giudice delle leggi, «il medesimo giudice non specifica neppure se, nella specie, ricorrano le condizioni per applicare il comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), secondo cui, “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, l’amministrazione finanziaria, a pena di nullità e prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalle liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni, deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti». Le ricordate lacune nella descrizione della fattispecie e dalla mancata individuazione delle ragioni di invalidità della cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui questa non sia preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, «rendono non motivata l’affermazione del rimettente circa l’evidenza del “carattere decisivo e di assoluta rilevanza” della sollevata questione.
Le osservazioni della Corte costituzionale circa le finalità previste dalla comunicazione di cui al censurato art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 di “evitare la reiterazione di errori e … consentire la regolarizzazione degli aspetti formali» e quelle relative alle conseguenze del mancato invio della comunicazione, se esse diano luogo a mera irregolarità o a all’invalidità della cartella, sembrano dare piena legittimazione all’orientamento espresso da questa Corte. Quest’ultima ha, invero, affermato che: «In tema di imposte sui redditi, è legittima la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, prevista dal comma 3 dell’art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sia perché la norma non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento, sia perché tale comunicazione, avendo la funzione di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento» (Cass. n. 26361 del 2010).
Il fatto che la mancata comunicazione non sia necessaria ad integrare i requisiti di validità della cartella, rende irrilevante la questione se destinatario di tale comunicazione debba essere il sostituto o (anche) il sostituito. Né, nel caso di specie, risulta eccepito, come sottolinea opportunamente il giudice delle leggi, che l’esito del controllo sia stato «un risultato diverso rispetto a quello indicato dal sostituto d’imposta nella dichiarazione relativa alle ritenute effettuate (situazione, questa, che la legge indica come uno dei presupposti dell’obbligo di inviare la comunicazione)»: sicché non è stata in buona sostanza dedotta la decisività dell’omessa comunicazione, anche in relazione ad una supposta violazione del diritto di difesa.
Quest’ultimo aspetto chiarisce anche quali possano essere i confini dell’obbligo di motivazione relativamente alla cartella in discussione, dato che, con costante orientamento, questa Corte ha escluso un particolare onere di motivazione per la cartella che chieda il pagamento delle imposte come dichiarate dal contribuente e non si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, che comporti una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria (v. Cass. nn. 8137 del 2012; 27140 dei 2011; 17396 del 2010; 28056 del 2009: v. in particolare Cass. n. 22035 del 2010, ove si rileva che «l’art.36-ò/s, mirante a disciplinare la liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni del contribuente, anche nel testo modificato dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 13, applicabile alle dichiarazioni successive all’I.1.1999, e successivamente dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 1, non prevede affatto l’obbligo, in capo all’Ufficio, di comunicare l’esito della liquidazione, sempre e comunque, ma solo quando dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione. E comunque, non è prevista in alcun modo la sanzione della nullità. Né alcun elemento di segno contrario alla censura in esame può essere tratto dall’art. 6 dello Statuto del contribuente giacché la disposizione citata trova applicazione solo quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», questione che nel caso di specie nemmeno è dedotta).
Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e, ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente. La formazione dei principi enunciati in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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