CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2013, n. 14493
Tributi – Professionisti – Accertamento dei redditi professionali – Valore dei compensi medi di mercato – Legittimità – Esclusione
Osserva La CTR di Palermo ha respinto l’appello di G.S. -appello proposto contro la sentenza n.354/10/2009 della CTP di Palermo che aveva pure respinto il ricorso della parte contribuente- ed ha così confermato l’avviso di accertamento concernente IVA-IRPEF-IRAP per l’anno 2001 con cui è stato recuperato a tassazione il maggior reddito derivante da esercizio della professione di geometra. La predetta CTR ha motivato la decisione rilevando che l’Agenzia – ai fini dell’accertamento- aveva acquisito gli elenchi degli elaborati tecnici presentati a firma del contribuente negli uffici interessati all’attività di quest’ultimo ed ottenuto informazioni dallo stesso contribuente circa i compensi non ancora incassati per le anzidette prestazioni, sicché aveva poi “valorizzato le prestazioni rese, negli anni, secondo i compensi medi di mercato per le equivalenti prestazioni effettuate nello stesso contesto territoriale”. Poiché il contribuente si era limitato a contestare genericamente la metodologia accertativa (mentre avrebbe dovuto spiegare le ragioni della mancata fatturazione delle prestazioni eseguite e della “loro valorizzazione secondo i compensi medi applicati”) l’appello non poteva trovare accoglimento. G.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia non si è difesa.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis epe assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc. Infatti, con il primo motivo (improntato alla violazione di non meglio specificate norme di diritto) la parte ricorrente si duole di “carenza, nel caso di specie, sia dei presupposti giuridici legittimanti l’accertamento induttivo, sia delle presunzioni gravi, precise e concordanti previste dall’art.39 comma 1 let. d) del DPR 600/1973”.
Si tratta di censura non direttamente rivolta nei confronti della decisione impugnata ma del provvedimento impositivo, sicché è manifesto il difetto del requisito della “riferibilità” del motivo di impugnazione, perciò stesso inammissibile. Con il secondo motivo di ricorso (centrato sul vizio di insufficiente motivazione della sentenza impugnata) la parte ricorrente si duole della sentenza di secondo grado per essere stata questa redatta in modo tale che è impossibile determinare con sufficiente precisione le ragioni di fatto e di diritto che giustificano le determinazioni contenute nel dispositivo, in riferimento alle censure (proposte dalla odierna parte ricorrente con l’atto di appello) concernenti la determinazione dell’ammontare del maggior reddito accertato, alla luce del fatto che gli avvisi impugnati non contenevano nessun elemento per risalire alla valutazione fatta dall’Agenzia, se non quella di essere stati i corrispettivi determinati “sulla scorta di generici valori di mercato”, in difetto di qualsivoglia fonte e criterio di comparazione.
Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della pregressa giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2067 del 25/02/1998) secondo la quale:”È denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5 cod. proc. civ., il vizio di omessa motivazione della sentenza qualora la stessa si fondi su motivazione omessa o “apparente”, qualora, cioè, il giudice di merito pretermetta del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e giuridica”.
Nella specie di causa il giudicante (dopo avere correttamente dato atto che la parte appellante aveva espressamente formulato censura in ordine alla “applicazione di compensi medi di mercato senza tenere conto della realtà economica nella quale operava”) si è indotto ad respingere l’appello principale sulla scorta del puro e semplice rilievo delle modalità con le quali era stato determinato il maggior reddito e senza nulla argomentare in ordine alla fondatezza o meno della critica concernente lo specifico aspetto della vaghezza dei criteri di determinazione numeraria del reddito non dichiarato. Non par dubbio che siffatte motivazioni del provvedimento risultino apodittiche ed insufficienti a consentire a questa Corte di assolvere al dovere di controllo della coerenza logica del provvedimento giudiziale, a proposito del determinante elemento fattuale della consistenza numeraria del reddito accertato. Pertanto, si ritiene che la controversia possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza dell’impugnazione, con conseguente rinvio al giudice dell’appello in funzione di giudice del rinvio (da individuarsi nella CTR di Palermo) affinché riesamini l’aspetto del gravame concernente la determinazione numeraria del maggior reddito accertato.
Roma, 30 gennaio 2013
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso. Cassa la decisione impugnata, in relazione a quanto accolto, e rinvia alla CTR Palermo che, in diversa composizione, provvedere anche sulle spese di lite del presente grado.
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