CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 giugno 2013, n. 14942
Tributi – Accertamento – Atto impositivo – Firma del funzionario – Prova della delega del capo dell’ufficio – A carico dell’amministrazione
Svolgimento del processo
A. Con sentenza del 9 marzo 2009 la CTR-Puglia (sez. Foggia) ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della ristoratrice L.I. e ha rideterminato, ai fini delle imposte dirette per l’anno 1997, nella misura del 45% la percentuale di “scarto” per carne e pesce.
Ha motivato la decisione ritenendo che: (a) è ordinatorio il termine previsto dal 7° comma dell’art.12 dello statuto del contribuente; (b) è legittima la motivazione dell’atto impositivo mediante rinvio al p.v.c. della G.d.F.; (c) è legittimo l’uso indiziario delle dichiarazioni di terzi; (d) si deve presumere, fino a prova contraria, che il sottoscrittore dell’atto impositivo abbia avuto delega dal capo dell’ufficio finanziario; (e) la percentuale di “scarto” per carne e pesce va dedotta da accertamento in atti per altro similare contribuente; (f) nel resto, i dati dell’accertamento vanno confermati.
B. Propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la contribuente; l’Agenzia delle entrate e il Ministero dell’economia e delle finanze resistono con controricorso.
Motivi della decisione
C. In rito, preliminarmente, si rileva che il controricorso delle parti pubbliche è tardivo (così come ha eccepito nella discussione orale la difesa privata), atteso che è stato consegnato per la notifica il 3 maggio 2010, allorquando il termine di cui al combinato disposto degli artt. 370 e 369 c.p.c. era scaduto sin dal 19 aprile 2010, in relazione alle notificazione del ricorso perfezionatasi il 10 marzo 2010.
Comunque, la difesa erariale ha legittimamente partecipato alla discussione orale, per l’agenzia delle entrate, in virtù dell’art.370, co.1 — u.p., c.p.c.
Si rileva, però, la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto rappresentato dall’avvocatura dello Stato, il ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado (v. sent. appello) ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali.
D. Nel merito, il ricorso va accolto riguardo al pregiudiziale secondo mezzo, con assorbimento degli altri.
La contribuente denuncia violazioni di legge (artt.56 d.p.r. 633/72, 42 d.p.r.600/73 e 2697 c.c.), rilevando che le invocate disposizioni sanzionano di nullità quegli avvisi di accertamento che siano privi della sottoscrizione del capo dell’ufficio o di un dirigente da lui delegato e pongono in capo all’ufficio impositore l’onere di provare che il sottoscrittore sia realmente munito di poteri di firma. Lamenta che a fronte delle contestazioni formalizzate in entrambi i giudizi di merito, l’ufficio si è limitato ad affermare che il sottoscrittore apparteneva all’ufficio stesso e che era abilitato alla firma, senza aver mai documentato ciò.
Censura l’argomentare giuridico del giudice d’appello che, nel ritenere che fosse di per sé stessa presumibile l’esistenza di una delega del capo dell’ufficio a favore del sottoscrittore degli avvisi impugnati, non ha osservato i principi generali in tema di onere della prova che pone a carico di chi allega un fatto l’onere di provarne la sussistenza.
E. Il motivo è fondato. Da tempo, nella giurisprudenza di legittimità si è affermato l’orientamento secondo cui: “In tema di imposte sui redditi, deve ritenersi, in base all’art. 42, commi primo e terzo, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, che gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso (il capo dell’ufficio emittente)da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’articolo 42, commi primo e terzo, dinanzi citato” (Cass. 14195/00).
F. Analogamente, altra, decisione di poco posteriore, ha ritenuto: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma primo, lett. a) e b) del d.P.R. 8 maggio 1987 n. 266, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio” (Cass. 14626/00).
G. Recentemente questa Corte ha confermato tali principi riaffermando : “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio. (Cass. 17400/12).
H. A tale, oramai consolidato, orientamento si deve dare ulteriore continuità ribadendo che, nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, in forza dell’art. 42 d.p.r. 600/73, incombe all’Agenzia delle entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega. Tale conclusione è effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento (cfr. in materia di II.DD. Cass. 17400/12, 14626/00, 14195/00). Solo in diversi contesti fiscali — quali ad esempio la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora — opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (Cass. 11458/12, diniego di condono; 4283/10, avviso di mora; 8248/06, attribuzione di rendita; 13461/12, cartella- Cfr., in materia di lavoro e previdenza, Cass. 13375/09, ordinanza ingiunzione, e 4310/01, atto amministrativo).
Inoltre, per i tributi locali, è valida anche la mera firma “stampata” ex art.3 c.87 della legge 549 del 1995 (Cass. 9627/12).
l. invece, l’art.56 d.iva, nel riferirsi al comma 1 ai modi stabiliti per le imposte dirette richiama implicitamente il d.p.r 600 del 1973 e, quindi, anche il ridetto art.42 sulla nullità dell’avviso di accertamento, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (cfr., in materia di IVA, Cass. 10513/08, 18514/10 e 19379/12, in motiv.).
J. Infine, non può giovare al Fisco il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio, di cui all’art.7 proc. trib., al fine di acquisire la ridetta delega, sia perché si tratta dì documento (che se esiste è) già in possesso dell’amministrazione finanziaria, il che contrasta con l’art. 6 dello statuto del contribuente, (a) sia perché manca il presupposto, che consente di derogare al canone ordinario di distribuzione dell’onere della prova e legittima l’esercizio del potere di ufficio, costituito dall’impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell’altra, (b) sia in ragione della possibilità per le parti di produrre, anche in appello, nuovi documenti, nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell’art. 58, 2° comma, proc. trib. (cfr. in generale Cass. 26392/10).
K. L’accoglimento del pregiudiziale secondo mezzo, comporta la nullità radicale dell’avviso di accertamento, non avendo l’amministrazione offerto prova, con produzione di regolare delega, dei poteri di firma in capo al sottoscrittore dell’avviso di accertamento; il che, consente di accogliere immediatamente il ricorso ex art. 384 c.p.c, non essendo necessari altri accertamenti di fatto.
Tutto ciò assorbe, ovviamente, le altre censure per violazione dell’art.12 c.7 dello statuto del contribuente (motivo 1) e per vizi motivazionali sul medesimo “thema decidendum” del secondo mezzo (motivo 3) e sull’asserita inutilizzabilità dei dati reperiti presso terzi (motivi 4 e 5).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo (cfr. S.U. n. 17405 del 2012), mentre quelle dei gradi di merito restano compensate in ragione del progressivo formarsi della giurisprudenza sulla sottoscrizione degli atti del fisco.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il controricorso delle partì pubbliche e l’intervento ministeriale; accoglie il secondo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza d’appello; decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della parte contribuente; condanna le resistenti alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 12.000 per compensi e € 200 per esborsi, oltre agli oneri di legge; compensa le spese dei gradi di merito.
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